Gli pseudo-profeti nella storia di Israele: da Ezechiele all’Apocalisse

Qualche settimana fa mi ha scritto un lettore manifestando il suo scetticismo riguardo alla mia proposta di lettura della seconda bestia dell’Apocalisse: la bestia che sale “dalla terra”. Secondo il lettore in questione Giovanni, nel raffigurare la seconda bestia, non intendeva prendere di mira l’aristocrazia sacerdotale ebraica del I secolo, come invece è stato sostenuto da illustri studiosi. Penso quindi che sia opportuno riprendere e cercare di approfondire l’argomento. A tal proposito, ritengo sia necessario ripartire da una considerazione espressa dal professor Edmondo Lupieri nel suo commento all’Apocalisse pubblicato nel 1999. Scrive il prof. Lupieri:

“lo «pseudoprofeta» compare in modo inatteso e Giovanni non chiarisce chi egli sia; la sua identità con «la bestia che sale dalla terra» apparirà solo a 19, 20. Per un ebreo convertito al cristianesimo, è scontato che quella dei giudei non cristiani è una «falsa profezia»; l’epiteto di «pseudoprofeta», anzi, pare specializzarsi per personaggi del giudaismo (Act. Ap. 13, 6) o, comunque, per avversari religiosi che costituiscono un pericolo, contemporaneo o escatologico, rispetto all’autore (Eu. Marc. 13, 22; Eu. Matth. 7, 15; 24, 11.24; 2 Ep. Pet. 2, 1) …Lo scadimento d’Israele (sempre in termini giudeocristiani) fa sì che a rappresentare spiritualmente il giudaismo non sia più «il» Michele o un angelo di Dio, ma una «bestia», simile a quella che rappresenta il potere politico pagano, o uno «pseudoprofeta»”[1].

Dunque, secondo Lupieri, la seconda bestia, o “pseudoprofeta” rappresenta l’Israele che ha rifiutato Cristo, il giudaismo del I secolo ostile ai cristiani. Per verificare questo assunto mi sembra utile riportare a seguire i passi del Nuovo Testamento citati da Lupieri in cui compare l’appellativo di “pseudoprofeta”.

Matteo 7, 15: “Guardatevi dai falsi profeti [ψευδοπροφητῶν] che vengono a voi sotto la spoglia di pecore, ma di dentro sono lupi rapaci”.

Matteo 24, 11: “E sorgeranno molti falsi profeti [ψευδοπροφῆται] che sedurranno molta gente”.  

Matteo 24, 23-24: “Se qualcuno allora vi dirà: “Ecco, il Messia è qua” oppure: “È là” non ci credete; perché sorgeranno falsi Messia e falsi profeti [ψευδοπροφῆται], e faranno grandi miracoli e prodigi sì da ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti”.

Marco 13, 21-22: “Se allora vi sarà detto: “Ecco, il Messia è qui… ecco, è là” non ci credete, poiché si leveranno falsi Messia e falsi profeti [ψευδοπροφῆται] e faranno prodigi e portenti al fine di ingannare, se fosse possibile, anche gli eletti”.

Atti degli Apostoli 13, 6-7: “Traversata tutta l’isola fino a Pafo, là incontrarono un mago e falso profeta [ψευδοπροφήτην] ebreo, certo Bar-Jesus, il quale era al seguito del proconsole Sergio Paolo, persona intelligente”.

2 Pietro 2, 1: “Ci furono però tra il popolo anche falsi profeti [ψευδοπροφῆται]; così pure tra voi ci saranno falsi maestri che introdurranno dannose fazioni e rinnegheranno il Padrone che li acquistò, attirando su sé stessi una pronta rovina”.

Innanzitutto, una considerazione: la presenza dei falsi profeti è una costante nella storia di Israele, basti pensare al capitolo 13 del libro di Ezechiele, incentrato appunto sui falsi profeti (e sulle false profetesse).

Una seconda considerazione riguarda la menzione dei falsi profeti nel capitolo 24 del Vangelo di Matteo e nel capitolo 13 del Vangelo di Marco: entrambi gli evangelisti riportano il famoso discorso “escatologico” di Gesù. Prendiamo, in particolare, i versetti 11 e 24 del capitolo 24 di Matteo: in entrambi i versetti sono menzionati i falsi profeti (ψευδοπροφῆται). Secondo i fautori dell’esegesi escatologica, il versetto 11 si riferisce alla fine di Gerusalemme mentre il versetto 24 riguarda la fine del mondo. Ricordo invece che, secondo l’esegesi dell’autorevole Francesco Spadafora, il discorso “escatologico” di Gesù riguarda esclusivamente la fine di Gerusalemme e non la fine del mondo. Secondo Spadafora, entrambi i versetti di Matteo (il versetto 11 e il versetto 24) trovano un preciso riscontro storico nella guerra giudaica e nell’assedio di Gerusalemme per come sono stati descritti da Flavio Giuseppe. I primi pseudo-cristi e pseudo-profeti (versetto 11) appartengono ai prodromi della guerra giudaica e trovano un riscontro nel Libro II (capitolo 13) dell’opera di Flavio Giuseppe, mentre i secondi (versetto 24) appartengono all’assedio di Gerusalemme propriamente detto e trovano un riscontro nel Libro VI (capitolo 5).

Leggiamo allora cosa scrive Flavio Giuseppe sui prodromi della guerra (grassetti miei)[2]:

“Oltre a questi, si formò un’altra banda di delinquenti: le loro mani erano meno lorde di sangue ma le loro intenzioni non erano meno empie, sì che il danno da essi inferto al benessere della città non restò inferiore a quello arrecato dai sicari. Individui falsi e bugiardi, fingendo di essere ispirati da dio e macchinando disordini e rivoluzioni, spingevano il popolo al fanatismo religioso e lo conducevano nel deserto promettendo che ivi dio avrebbe mostrato loro segni premonitori della liberazione. Contro costoro Felice, considerandoli come istigatori alla ribellione, mandò truppe a cavallo e a piedi e ne fece gran strage (13, 4). Ma guai ancor maggiori attirò sui giudei il falso profeta egiziano. Arrivò infatti nel paese un ciarlatano che, guadagnatasi la fama di profeta, raccolse una turba di circa trentamila individui che s’erano lasciati abbindolare da lui, li guidò dal deserto al monte detto degli ulivi e di lì si preparava a piombare in forze su Gerusalemme, a battere la guarnigione romana e a farsi signore del popolo con l’aiuto dei suoi seguaci in armi. Felice prevenne il suo attacco affrontandolo con i soldati romani, e tutto il popolo collaborò alla difesa sì che, avvenuto lo scontro, l’egizio riuscì a scampare con alcuni pochi, la maggior parte dei suoi seguaci furono catturati o uccisi mentre tutti gli altri si dispersero rintanandosi ognuno nel suo paese (II, 13, 4-5)”[3].  

Leggiamo adesso cosa scrive Flavio Giuseppe riguardo alla presenza degli pseudo-profeti nella fase finale dell’assedio di Gerusalemme:

“I Romani, considerando inutile risparmiare gli edifici circostanti ora che il tempio bruciava, appiccarono il fuoco a tutti, e così anche ai resti dei portici e alle porte tranne due, una a oriente e un’altra a mezzogiorno; ma più tardi distrussero anche queste. Incendiarono inoltre le stanze del tesoro, in cui erano riposti un’infinità di denaro, di vesti preziose e altri oggetti di valore: in una parola tutta la ricchezza dei giudei, avendovi i signori trasferito tutto ciò che tenevano nelle loro case. Arrivarono poi al portico superstite del piazzale esterno, su cui avevano cercato scampo donne e bambini del popolo e una massa confusa di seimila persone. Prima che Cesare prendesse una deliberazione a loro riguardo o desse ordine ai comandanti, i soldati travolti dal furore incendiarono il portico, e quelli perirono, alcuni precipitandosi a terra per sfuggire alle fiamme, altri ghermiti dal fuoco: di tanti nemmeno uno si salvò. A causare la loro morte fu un falso profeta che in quel giorno aveva proclamato agli abitanti della città che il dio comandava loro di salire al tempio per ricevere i segni della salvezza. E in verità allora, istigati dai capi ribelli, si aggiravano tra il popolo numerosi profeti che andavano predicando di aspettare l’aiuto del dio, e ciò per distogliere la gente dalla diserzione e per far coraggio a chi non aveva nulla da temere da loro e sfuggiva al loro controllo. Nella disgrazia l’uomo è pronto a credere, e quando l’ingannatore fa intravvedere la fine dei mali incombenti, allora il misero s’abbandona tutto alla speranza” (VI, 5, 2)[4].

Se ha ragione Spadafora, e io ritengo che abbia ragione, gli pseudo-profeti menzionati nel discorso di Gesù cosiddetto “escatologico” rappresentavano per i cristiani del I secolo un pericolo non escatologico ma imminente e concreto, come testimonia la narrazione di Flavio Giuseppe.

Riassumendo: a parte il ciarlatano egizio, gli pseudo-profeti menzionati da Flavio Giuseppe sono evidentemente ebrei. Come erano ebrei i falsi profeti menzionati da Ezechiele. I falsi profeti ebrei hanno avuto un’influenza nefasta sul popolo ebraico, sia nell’Antico Testamento, sia nel Nuovo. A questo proposito però bisogna ricordare un’altra citazione, questa volta dal Vangelo di Giovanni. Leggiamo cosa scrive Giovanni nel capitolo 19, versetti 14 e 15:

“Era la Preparazione della Pasqua, verso l’ora sesta, quando Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro re!». Allora quelli gridarono: «Via, via! Crocifiggilo!». Dice loro Pilato: «Devo crocifiggere il vostro re?». Risposero i gran sacerdoti: «Non abbiamo altro re che Cesare!»”.

I gran sacerdoti che affermano di non avere altro re che Cesare si rivelano essere precisamente degli pseudo-profeti, ostili a Dio e al suo Messia. Sono gli stessi rappresentanti di quel potere religioso corrotto e degenerato che ritroviamo nell’Apocalisse intento a perseguitare i cristiani. Nell’Apocalisse, i cristiani vengono martirizzati dalle due bestie: quella che sale “dal mare” e quella che sale “dalla terra”. E negli anni ’60 del I secolo sono appunto le autorità romane, istigate dalle autorità ebraiche (Apocalisse 2, 9), che perseguitano e uccidono i cristiani.

[1] L’Apocalisse di Giovanni, a cura di Edmondo Lupieri, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore, marzo 1999, pp. 242-243.

[2] Flavio Giuseppe, Guerra giudaica, a cura di Giovanni Vitucci, Fondazione Lorenzo Valla 1974, I edizione Oscar storia gennaio 1991.

[3] Ivi, pp. 154-155.

[4] Ivi, pp. 438-439.

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