Apocalisse di Giovanni: è Nerone la Bestia che viene dal mare?

Oggi vorrei parlare ancora della prima Bestia dell’Apocalisse, quella che “viene dal mare”. Su questo argomento, mi sembrano davvero significativi i contributi forniti negli anni scorsi dal preterista americano Kenneth Gentry. Gentry si è occupato più volte del tema della Bestia apocalittica nei suoi libri[1]. In questa occasione seguirò il filo della sua esposizione, così come è stata argomentata nel terzo capitolo (The Beast and His Fury, “La Bestia e la sua furia”[2]) del libro The Book of Revelation Made Easy. Un’esposizione che sarà integrata dalle mie osservazioni e dai miei commenti.

Prima di identificare la (prima) Bestia dell’Apocalisse è opportuno fare una premessa: nell’Apocalisse la Bestia oscilla tra un’identità generica e un’identità specifica. A volte la Bestia è riferita ad un’entità collettiva, altre ad un’identità individuale. Nell’identificare la Bestia, poi, è essenziale prendere in considerazione gli indicatori temporali di Giovanni. Giovanni prevede che le sue profezie si realizzino nell’arco temporale della sua vita. Egli sta scrivendo a dei destinatari che sono a lui contemporanei. Non sta scrivendo qualcosa per una “capsula” temporale che dovrà essere aperta successivamente. E dichiara dogmaticamente che gli eventi da lui descritti dovranno “avvenire presto”:

“Beato colui che legge e coloro che ascoltano le parole della profezia e osservano le cose scritte in essa! Il tempo infatti è vicino” (Ap 1, 3).

Un secondo passo nell’identificazione della Bestia consiste nel precisare la sua ubicazione geografica. La Bestia sorge dal mare se la si vede dal punto di osservazione di Israele: Roma è ubicata a nordovest di Israele lungo il mare Mediterraneo.

La Bestia è provvista anche di un grande potere politico. Giovanni sottolinea il suo potere con l’immagine delle sue “dieci corna” e dei suoi “dieci diademi”. Nell’antichità, le corna degli animali raffiguravano l’autorità politica e la forza militare:

“Dio che lo fece uscire dall’Egitto è per lui come corno di bufalo; divora i suoi avversari, frantuma le loro ossa, spezza ad essi le reni” (Numeri 24, 8).

Egli ha la maestà del primogenito di un toro e corna di bufalo sono le sue corna: con esse colpisce i popoli fino all’estremità della terra. Questi sono i diecimila di Efraim, questi i mille di Manasse” (Deuteronomio 33, 17).

Poi stavo osservando nelle visioni della notte, ed ecco una quarta bestia terribile, spaventosa e straordinariamente forte: aveva enormi denti di ferro, mangiava, stritolava e calpestava il resto con i suoi piedi. Questa era diversa da tutte le bestie precedenti e aveva dieci corna” (Daniele 7, 7).

La forza e il potere di Roma nel primo secolo sono ben conosciute. Flavio Giuseppe parla dei Romani come dei “padroni del mondo” (Guerra giudaica, IV, 3, 10; Antichità giudaiche, XV, 11, 1). Egli definisce Roma come la città “più grande del mondo” (Guerra giudaica, IV, 11, 5). L’angelo ermeneuta di Giovanni fornisce un’ulteriore evidenza in questa direzione. Dopo aver affermato che le sette teste (della Bestia) rappresentano sette monti, egli aggiunge che tali teste rappresentano parimenti sette re:

“Qui occorre l’intelletto che ha sapienza. Le sette teste sono sette monti, sui quali siede la donna, e sono sette re. Di questi, cinque sono caduti, uno esiste, l’altro non è ancora venuto, e quando verrà deve rimanere poco tempo” (Apocalisse 17, 9-10).

I cinque re, secondo Gentry, rappresentano i primi cinque imperatori di Roma: basta seguire l’elenco fornito da Svetonio nelle sue Vite dei Cesari. Giulio Cesare, Augusto, Tiberio, Gaio (Caligola) e Claudio. Questi sono morti quando Giovanni scrive, quindi sono “caduti”. Il sesto re è quello che “esiste” nel momento delle visioni di Giovanni: è Nerone. Il settimo che “deve rimanere poco tempo” è Galba, che regnò dal giugno del 68 al gennaio del 69. E Nerone non è solo il primo imperatore che perseguita la Chiesa di Cristo ma è anche colui che ordina al generale romano Vespasiano di attaccare e distruggere Gerusalemme. E tutto ciò quadra con la descrizione della Bestia fornita da Giovanni: l’entità che perseguita i cristiani e che, ad un certo punto, rivolge la sua furia contro la Prostituta/Babilonia:

“E le dieci corna che vedesti, e la fiera, avranno in odio la prostituta, e la faranno deserta e nuda, e mangeranno le sue carni, e la bruceranno col fuoco” (Apocalisse 16, 16).

A questo punto, occorre dire che nei tre commenti all’Apocalisse di autori italiani da me finora consultati (Corsini[3], Lupieri[4] e Tripaldi[5]) costoro rifiutano sia l’identificazione dei “monti” con i colli di Roma sia quella dei sette “re” con i primi sette imperatori romani. Della posizione di Corsini mi sono già occupato in un precedente articolo. Adesso vorrei trattare, sia pur brevemente, quella di Lupieri e di Tripaldi. Secondo Lupieri, i predetti “monti” si riferiscono ai “sovrani demoniaci che apparentemente reggono le sorti della storia umana… Giovanni (a parte l’uso di numeri simbolici) non sembra avere in vista questo o quel determinato sovrano, ma i regni della terra in generale, in quanto espressione del potere degli angeli malvagi” (p. 272). Secondo Tripaldi, invece, i sette “monti” corrispondono a sette regni: Assiri, Babilonesi, Medi, Persiani, Greci o Macedoni, Romani, più un regno imprecisato che, quando Giovanni scrive, non è ancora arrivato (pp. 203-204).

La lettura di Lupieri e di Tripaldi non mi convince. Questi due studiosi hanno ragionato come due eruditi del 21° secolo, quando invece avrebbero dovuto maggiormente calarsi nella mentalità di un pio ebreo del I secolo quale era Giovanni. Giovanni aveva, tra i propri punti di riferimento, più che gli Oracoli sibillini (citati da Tripaldi) il libro del profeta Daniele. Ora, è proprio la soluzione proposta da Lupieri e da Tripaldi a non collimare con la profezia di Daniele. Daniele ci presenta quattro regni (Daniele 2), non sette, che corrispondono a quattro bestie (Daniele 7), regni e bestie che sono destinati ad essere cancellati dall’avvento del regno messianico, che è un regno eterno. Il regno “futuro”, per Daniele (e per Giovanni), è appunto il regno messianico, che entra in scena al tempo della quarta bestia, non un ipotetico quanto effimero “settimo regno” destinato a subentrare all’Impero romano (come sostiene Tripaldi). Perché per Giovanni, il futuro (come già il presente) appartiene a Gesù Cristo, non agli angeli malvagi e ai sovrani demoniaci. Personalmente, rimango quindi convinto della validità della tesi preterista: i “monti” di Apocalisse 17, 9-10, sono “re”, non regni. Se Giovanni nel capitolo 17 avesse avuto in mente dei “regni” non avrebbe mai fatto iniziare il loro conteggio dagli Assiri (come sostiene Tripaldi) ma dai Babilonesi, conformemente al libro di Daniele. E si sarebbe fermato ai Romani, perché è al tempo dei Romani che nasce il Messia Gesù, l’Alfa e l’Omega della storia. Infine, osservo che Giovanni, quando scrive l’Apocalisse, si rivolge innanzitutto ai suoi contemporanei seguaci nella fede, e il destino terreno dei suoi contemporanei dipendeva dagli imperatori romani dell’epoca, piuttosto che da fantomatici “monti demoniaci”.

Detto questo, torniamo all’esposizione di Gentry. È certo che Nerone possedeva un carattere immorale e bestiale. Uccise la madre, il fratello, la zia e la moglie – come pure molti importanti cittadini di Roma. Tacito parla della “natura crudele” di Nerone, che “mise a morte così tanti uomini innocenti”. Plinio il Vecchio descrive Nerone come “il distruttore della razza umana” e “il veleno del mondo”. Giovenale lamenta la “tirannia crudele e sanguinaria di Nerone”. Nel primo secolo, Apollonio di Tiana definisce Nerone quale “bestia”. A questo si aggiunge l’idolatria: Nerone coniò monete con un’immagine della propria testa che irraggia i raggi del sole. In tal guisa, egli imitava il dio romano Apollo. Un’iscrizione in Atene lo elogia come il “potentissimo Nerone Cesare Sebasto, nuovo Apollo”. Nell’Anno Domini 66, Nerone venne pubblicamente adorato come dio dal re di Armenia, Tiridate, come riferisce lo storico Dione[6]. Quindi abbiamo una personalità caratterizzata da crudeltà, magniloquenze e orgoglio forsennato, il che lo accomuna indubbiamente alla ferocia e alle “bestemmie” della Bestia. (Ap 13, 5).

Anche il numero della Bestia, il famoso “666”, sembra ricondurre a Nerone. Gentry definisce come “ragionevole” il presupposto che la lingua in cui cercare il significato del numero della Bestia sia la lingua ebraica. La compitazione ebraica del nome di Nerone, risalente al primo secolo è: Nrwn Qsr (pronunciato: “Neron Kaiser”). Gli archeologi hanno documentato questa compitazione ebraica che ci fornisce esattamente il valore di 666. Il lessico di Jastrow del Talmud contiene questa stessa compitazione. I valori numerici sono i seguenti: n=50, r=200, w=6, n=50, q=100, s=60, r=200. Il totale è appunto 666. Preciso che, dal mio punto di vista, la compitazione in questione non è, di per sé, una prova conclusiva per identificare la Bestia con Nerone. È però un ulteriore indizio che si va ad aggiungere agli altri elementi che ci permettono di ravvisare un nesso significativo tra l’imperatore romano e il libro dell’Apocalisse. Nell’Apocalisse si parla ripetutamente di “uccisi”, di “sgozzati” e di “decapitati”. Il clima di persecuzione incombente è palpabile. E Nerone è stato appunto il primo imperatore romano a perseguitare ferocemente i cristiani. Come sappiamo dal libro degli Atti degli Apostoli, il cristianesimo, nei primi decenni della sua esistenza, non fu preso di mira dall’impero romano. È piuttosto la persecuzione ebraica che i cristiani si trovarono a dover affrontare. Questa situazione durò fino ai primi anni del regno di Nerone.

La persecuzione neroniana inizia nel novembre dell’anno 64. Tacito parla del “numero immenso” di cristiani uccisi da Nerone. Clemente Romano, nella sua Lettera ai Corinzi, parla di “una grande moltitudine di eletti” che patirono sotto Nerone[7]. È in questi anni che vengono martirizzati sia Pietro che Paolo. Così, è ragionevole ipotizzare che è proprio alla persecuzione di Nerone che faccia riferimento l’Apocalisse quando, parlando della Bestia, dice che “le fu dato di fare guerra contro i santi e di vincerli” (Apocalisse 13, 7).  

A tal proposito bisogna inoltre osservare che anche il periodo di tempo menzionato da Giovanni come durata della guerra intrapresa dalla Bestia contro i “santi” – i famosi quarantadue mesi – quadra significativamente con i limiti temporali della persecuzione di Nerone: sappiamo infatti che la persecuzione iniziò, come detto, alla metà di novembre del 64 e finì il 9 giugno del 68, con il suicidio di Nerone. Si tratta appunto di quarantadue mesi.

A questo punto Gentry passa ad esaminare un’obiezione riguardante proprio l’identificazione della Bestia con Nerone. Gentry inizia la sua argomentazione partendo dal versetto dell’Apocalisse 13, 3:

E vidi una delle sue teste come uccisa, colpita a morte; ma la sua ferita mortale fu guarita. E l’intera terra fu mossa di ammirazione dietro la fiera”.

Come si può spiegare questa visione senza assumere che Nerone morì e poi risorse dai morti? È questa un’obiezione fatale all’identificazione della Bestia con Nerone (e con Roma)? Non esattamente.

Nerone governa Roma dal 54 al 68. Nelle sue ultime settimane di vita scoppia a Roma la guerra civile. Preso dalla disperazione, Nerone si suicida prima che le truppe del generale Galba lo catturino. L’impero è trascinato in uno sconvolgimento profondo. Roma venne devastata dai combattimenti e, ad un certo punto, sembrò che non solo Nerone ma addirittura lo Stato dovesse perire. Secondo Flavio Giuseppe, i tumulti della guerra civile costrinsero persino i comandanti romani Vespasiano e Tito a interrompere le ostilità contro i giudei ribelli. Giuseppe riferisce che Vespasiano riuscì infine a salvare lo Stato romano “contro ogni speranza” (Guerra giudaica, IV, 11, 5). Alla morte di Nerone, era sembrato al mondo intero che la stessa Roma stesse morendo. A detta di Gentry, Giovanni allude proprio a questa situazione quando descrive una delle teste della Bestia come “uccisa, colpita a morte”. Almeno su questo punto, anche Tripaldi sembra pensarla allo stesso modo, quando sostiene che la ferita mortale potrebbe alludere alla crisi seguita al suicidio di Nerone, mentre il ritorno alla vita corrisponderebbe invece all’ascesa dei Flavi[8].

Così, dopo il periodo terribile della guerra civile, l’Impero si riprende e torna inaspettatamente a vivere (e i popoli sottoposti a Roma ritornano sotto il giogo dei Romani, dopo le rivolte dei Galli e dei Germani). Come dice Giovanni:

“… ma la sua ferita mortale fu guarita. E l’intera terra fu mossa di ammirazione dietro la fiera… dicendo: «Chi è simile alla fiera, e chi può guerreggiare contro di essa?»” (Ap 13, 3-4).

C’è infine un particolare, non rilevato da Gentry, che a me sembra importante. L’unica vera, grande, persecuzione contro i cristiani del primo secolo avviene per volere di Nerone. Ed è questa persecuzione che viene adombrata (e prevista) nelle pagine dell’Apocalisse. La persecuzione di Domiziano, che sarebbe avvenuta circa 30 anni dopo, mi sembra molto meno rilevante. Anzi, secondo alcuni storici è persino errato parlare di una persecuzione domizianea. A questo proposito, mi sembra sufficiente citare il giudizio di Tertulliano: “secondo Tertulliano Domiziano «tentò di comportarsi» come Nerone, ma «si tirò subito indietro, richiamando anche coloro che aveva condannato all’esilio»”[9].

Quindi, in conclusione, il legame tra l’Apocalisse e Nerone sembra proprio che ci sia. Il suo impero appare sorgere dal mare, visto dal punto di osservazione di Israele (Ap 13, 1). L’Impero romano possiede un’incredibile autorità politica e potenza militare (Ap 13, 2, 4). Nerone, appare sulla scena come il sesto degli imperatori, secondo l’elenco di Svetonio, un elenco che sembra coincidere con quello di Apocalisse 17, 10, e mostra una personalità crudele e bestiale (Ap 13, 5-6, 8). Nerone ha anche un nome che quadra con il misterioso numero della Bestia (Ap 13, 18). All’azione della Bestia, che è quella di “fare guerra contro i santi e di vincerli” (ucciderli) (Ap 13, 7), corrisponde il comportamento di Nerone, che fu il primo persecutore imperiale della Chiesa – e per lo stesso periodo di tempo indicato da Giovanni (Ap 13, 5). Possiamo persino applicare l’aspetto più (apparentemente) problematico della profezia di Giovanni a Nerone e all’Impero romano: la morte e la “rinascita” della Bestia (Ap 13, 3). Infine, la Bestia che uccide i santi è la stessa Bestia che finisce per rivoltarsi contro la Prostituta (Ap 17, 16), e anche questa visione ci riporta a Nerone, che ordinò a Vespasiano di reprimere la rivolta giudaica.     

 

[1] A questo proposito, ne voglio citare due: The Beast of Revelation (“La Bestia dell’Apocalisse”), pubblicato nel 2002, e The Book of Revelation Made Easy (“Il Libro dell’Apocalisse reso facile”), pubblicato nel 2019.

[2] pp. 57-72.

[3] Eugenio Corsini, Apocalisse di Gesù Cristo secondo Giovanni, Società Editrice Internazionale, Torino 2002.

[4] L’Apocalisse di Giovanni, a cura di Edmondo Lupieri, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore, 1999.

[5] Apocalisse di Giovanni, Introduzione, traduzione e commento di Daniele Tripaldi, Carocci editore, Roma 2018.

[6] Kenneth Gentry, op. cit., pp. 63-64.

[7] La lettera di Clemente ai Corinzi, in: Seguendo Gesù – testi cristiani delle origini, a cura di Emanuela Prinzivalli e Manlio Simonetti, Fondazione Lorenzo Valla/Arnoldo Mondadori Editore, 2010, p. 189.

[8] Daniele Tripaldi, op. cit., p. 176. Tripaldi vede quella che lui chiama “la teoria” dei sette imperatori ineluttabilmente connessa alla leggenda del Nerone redivivo e quindi inattendibile ma, in realtà, tale teoria è legata piuttosto al fatto che numerosi storici, sia dell’antichità che contemporanei, elencano i Cesari proprio a partire da Giulio Cesare. Tra le fonti storiche antiche i cui elenchi degli imperatori iniziano con Giulio Cesare – e sono quindi compatibili con i sette “re” menzionati da Giovanni – vi sono proprio gli Oracoli sibillini a cui Tripaldi ha prestato tanta attenzione nel corso del suo volume. A me sembra che, se la “ferita mortale” della Bestia menzionata da Giovanni allude al suicidio di Nerone, si tratti di un particolare che rafforza l’ipotesi che la “sesta testa” della Bestia sia proprio Nerone.

[9] https://it.wikipedia.org/wiki/Domiziano#La_persecuzione_religiosa

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