La resurrezione di Gesù e l’immortalità nell’Antico Testamento: l’errore di Jan Assmann

Ho appena finito di leggere il libro Dio e gli dèi[1], del famoso egittologo tedesco Jan Assmann. Assmann, recentemente scomparso, ha scritto innumerevoli libri, molti dei quali sono stati tradotti in italiano. Quello che ho letto io è sicuramente pregevole, soprattutto quando delinea la differenza (e l’inconciliabilità) tra la cosmologia politeista egizia e, più in generale, pagana (il mondo visto come emanazione e trasformazione del dio) e la cosmologia monoteista ebraica (il mondo come creazione ex nihilo, dal nulla, da parte di Dio).

Tuttavia, pur non negando gli (indubbi) meriti del suo libro, a me sembra che Assmann sia incorso in un (grave) errore quando, a pagina 39, egli approva l’affermazione di Spinoza secondo cui, nell’Antico Testamento, non c’è traccia del concetto di immortalità, come pure di quelli di ricompensa e castigo nell’aldilà. Secondo Spinoza (e secondo Assmann), “in luogo dell’immortalità e dell’oltretomba vi è la sequenza delle generazioni, e il giudizio dei defunti è sostituito dal verdetto della storia… la storia sostituisce l’immortalità o il paradiso”.

A mio giudizio, Assmann qui ha detto una cosa non vera: il concetto di immortalità nell’Antico Testamento non ricorre frequentemente ma è indubbio che ci sia. Basti pensare al libro del profeta Daniele, capitolo 12, versetti 2 e 3:

“E quei molti che riposano nella polvere della terra si risveglieranno, altri per la vita eterna e altri per la confusione che sempre vedranno con sé. Coloro che saranno stati saggi rifulgeranno come il fulgore del firmamento e quelli che istruiscono molti alla giustizia, saranno come astri nell’eternità senza fine”.

Sui predetti versetti, è indicativo il commento della Bibbia curata da mons. Salvatore Garofalo: “Nel versetto 2 l’affermazione più chiara e completa dell’A.T. sulla risurrezione dei morti e la retribuzione finale, a conclusione di una rivelazione graduale; cfr. 2 Mac 7, 9; Mt 25, 46; Gv 5, 29”.

Da parte mia, osservo che la primizia della vita eterna menzionata da Daniele è la Resurrezione di Gesù. A questo proposito, è opportuno far notare che il Salmo 16 parla eloquentemente della futura Resurrezione di Cristo: ce lo ricorda San Pietro negli Atti degli Apostoli. Atti 2, 25-32:

“Dice infatti Davide nei suoi riguardi: Sempre contemplavo davanti a me il Signore, perché egli è alla mia destra affinché io non mi turbi. Per questo il mio cuore si è rallegrato e ha esultato la mia lingua e persino il mio corpo riposerà nella speranza, perché non mi abbandonerai nell’Ade, né permetterai che il tuo adoratore vada in corruzione. Mi mostrerai invece strade di vita e mi colmerai di gioia accanto a te. Fratelli, si può dire liberamente davanti a voi che Davide nostro progenitore morì e fu sepolto, per cui ancora oggi la sua tomba è presso di noi. Per conseguenza, essendo profeta e sapendo che il Signore gli aveva solennemente giurato di far sedere sul suo trono uno dei suoi discendenti, egli previde e predisse la risurrezione del Messia, nel senso che questi non fu abbandonato nell’Ade e il suo corpo non andò in corruzione. Questo Gesù, Dio lo ha risuscitato. E di ciò siamo testimoni noi tutti”.

Poi, va rilevato che anche Isaia parla, sia pure implicitamente, della resurrezione del Messia nei versetti conclusivi del capitolo 53. I versetti 11 e 12 sono emblematici del destino del servo di Jahve, destino che non si conclude con la morte ma che si prolunga gloriosamente nel regno messianico eterno:

“Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà la loro iniquità. Pertanto io gli darò in premio la moltitudine, dei potenti egli farà bottino, perché si è offerto da sé alla morte e perché fu computato fra gli empi. Egli portò il peccato di molti, per gli scellerati intercedette”.

A questo punto, mi preme rilevare quella che secondo me è una contraddizione in cui è incappato Assmann: a partire dalla pagina 172 del suo libro egli cita ripetutamente i maccabei e, in particolare, il primo libro dei Maccabei. Dal contesto risulta che, a giudizio di Assmann, la narrazione delle gesta dei maccabei e delle loro battaglie rientra nel canone della Bibbia, non è un racconto apocrifo. Ricordiamo a questo proposito che i libri dei Maccabei sono cinque: i primi due sono considerati canonici dai cattolici e dagli ortodossi, e apocrifi da ebrei e protestanti. Il terzo e il quarto sono considerati apocrifi da cattolici, ebrei e protestanti, canonici dagli ortodossi. Il quinto libro è considerato da tutti come apocrifo. Ma se i libri dei Maccabei (mi riferisco ai primi due libri) fanno parte della Bibbia diventa vieppiù insostenibile affermare che nella Bibbia la prospettiva della vita eterna non c’è. Nel secondo libro dei Maccabei infatti, non è menzionata solo la risurrezione dei morti ma anche la necessità di pregare per i defunti. Cito a seguire i passi corrispondenti:

2 Maccabei 7, 9: “Giunto all’ultimo respiro, disse: «Tu, o scellerato, ci strappi dalla vita presente; ma il re del mondo farà risorgere per una vita eterna noi che siamo morti per le sue leggi»”.

2 Maccabei 7, 13-14: “Morto costui, tormentarono e torturarono il quarto che, mentre moriva, disse: «È meglio morire per mano degli uomini, quando si ha la speranza in Dio di essere di nuovo risuscitati da Lui; per te, però, non ci sarà risurrezione alla vita»”.Commento della Bibbia Garofalo: “Il martire si fonda sulle promesse di Dio, Is. 26, 14-19; Ez 37, 1-14; Dan 12, 1-3. La dottrina sulla risurrezione dei morti è qui chiaramente affermata”.

2 Maccabei 12, 43-46: “Dopo aver raccolto quasi 2.000 dracme d’argento, secondo la possibilità di ognuno, le inviò a Gerusalemme affinché fosse offerto un sacrificio per il peccato. Questa fu una buona e nobile azione, perché ispirata dal pensiero della risurrezione. Infatti, se non avesse sperato che coloro i quali erano morti sarebbero risorti, sarebbe stato superfluo e vano il pregare per i morti. Inoltre, egli pensava alla magnifica ricompensa riservata a coloro che si addormentano nella pietà. Santo e pio pensiero! Perciò egli fece compiere un sacrificio espiatorio per i morti, affinché fossero assolti dal peccato”. Commento della Bibbia Garofalo: “In questo brano, importantissimo dal punto di vista teologico, l’autore sacro approva (v. 45) l’offerta del sacrificio (cfr. Lev 4, 2-5, 13) per i defunti, che suppone la sopravvivenza dopo la morte e la risurrezione dei morti, con la ricompensa per il bene operato a coloro che muoiono piamente. Il sacrificio può espiare i peccati dei defunti e ottenerne il perdono. È la base della dottrina cristiana del Purgatorio e della pratica dei suffragi per i defunti”.

In conclusione, nell’Antico Testamento, contrariamente a quanto affermato da Spinoza (e da Assmann) non solo è presente la prospettiva dell’immortalità e del Paradiso ma c’è un brano in cui è chiaramente supposta l’esistenza del Purgatorio!

 

[1] Jan Assmann, Dio e gli dèi – Egitto, Israele e la nascita del monoteismo, Società editrice il Mulino, Bologna 2009.

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