Un libro per i nostri lettori: “A quoi sert l’histoire?”

Un libro per i nostri lettori: “A quoi sert l’histoire?”

In Francia è uscito un libro: “A quoi sert l’histoire?” (A che serve la storia?), firmato Hannibal (edizioni DIE, collezione Histoire, Parigi, Novembre 2009, 215 pagine, 20 euro). E’ in vendita su Amazon, che lo presenta come segue:

“Dopo la Grecia antica due storie coabitano: l’una cerca di somigliare a una scienza, l’altra è un’azione. E’ la storia-azione che riempie la testa della gente, con tutti i mezzi della comunicazione. Ora, la storia giudica. Essa forma la nostra morale, prescrive certi comportamenti, ne proibisce degli altri. E’ dunque fondamentale sapere chi è che scrive la storia ad uso del popolo, e con quali fini”.

http://www.amazon.fr/quoi-sert-lHistoire-Hannibal/dp/291429526X/ref=sr_1_4?ie=UTF8&s=books&qid=1258724784&sr=8-4

L’autore: sotto lo pseudonimo di Hannibal si nasconde un noto giornalista della grande stampa. Per i nostri lettori, abbiamo scelto dalla terza parte dell’opera qualche passaggio:

· “L’amnesia dona ai miti una velocità di propagazione folgorante – essi corrono indefinitamente senza trovare ostacoli (…) Un mito storico si propaga più veloce nel vuoto” (pp. 125-126).
· “Questa ossessione memoriale è altresì una selezione. Mentre ci si ricorda della Shoah, ci si dimentica del resto. Il mito del crimine unico sfocia nell’amnesia organizzata. (…) Il dovere della memoria è il nostro professore di amnesia. L’idolo della Shoah è l’Attila dell’istruzione nazionale, là dove passa, l’erba della cultura generale non cresce più” (p. 160).
· “La strumentalizzazione della Shoah non è più soltanto retrospettiva, diventa dinamica, volta verso l’avvenire. Non è più soltanto un’operazione che liquida la seconda guerra mondiale, protegge delle reputazioni e degli interessi, giustifica un sistema politico in via d’estinzione, è un idolo che fonda un mondo, il mondo dell’”antirazzismo”, è la Shoah per mille anni” (p. 190).
· [La petizione degli storici del 16 Dicembre 2005[1]] “pretendeva di restituire la storia ai suoi studi, di limitarla alle sue indagini, di limitare le pretese della storia-azione per lasciar sbocciare la storia-conoscenza. Il desiderio era lodevole. Non è durato che lo spazio di un’alzata di sopracciglia della storia-azione. Gli universitari che l’avevano firmata sono tornati alla loro cuccia e al loro pastone ammettendo quello che sono: i preti di un sistema” (p. 210).

Nondimeno, l’opera termina su una nota ottimista la cui scoperta lasciamo ai lettori
[1] http://www.lph-asso.fr/doc.html

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