Quando Pio XII temeva più Hitler di Stalin

Quando Pio XII temeva più Hitler di Stalin

Myron Taylor a colloquio con Pio XII, 1940

QUANDO PIO XII TEME
PI
Ù HITLER DI STALIN[1]

Di Yves-Marie Hilaire

CITTÀ DEL VATICANO, martedì 26 febbraio 2002 (http://www.zenit.org/)

Nel suo articolo intitolato: Quand Pie XII redoute
Hitler plus que Staline! [Quando Pio XII teme Hitler più
di Stalin!], Yves-Marie Hilaire, professore emerito di storia contemporanea
all’università Charles-de-Gaulle, Lille III, e consigliere editoriale della
rivista Histoire du christianisme, rivela,
a partire dai rapporti inediti degli ambasciatori di Francia presso la Santa
Sede, lo stato d’animo del Vaticano sull’evoluzione della guerra in Europa. Un
articolo pubblicato oggi dal Figaro e
che riproduciamo con l’amabile autorizzazione della rivista Histoire du christianisme.

Quando Pio XII teme
Hitler più di Stalin!

“Temo Hitler anche più di Stalin”. Due mesi dopo
l’aggressione nazista contro l’Unione sovietica, in una lettera del 21 agosto
1941, l’ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, Léon Bérard, riferisce
all’ammiraglio Darlan questa confidenza di Pio XII. Bérard racconta la scena:
“Un membro del Sacro Collegio si è complimentato con il papa per non aver fatto
la minima allusione alla guerra contro l’URSS durante la consegna delle
credenziali del nuovo ministro della Romania (in guerra contro l’URSS a fianco
della Germania, ndlr). Il papa ha risposto al cardinale: “Non abbiate timore,
io temo Hitler anche più di Stalin”. Aggiunge Bérard: “Questa valutazione è
tanto più rimarchevole in quanto il pericolo comunista non ha mai cessato di
essere in cima alle preoccupazioni del Vaticano”. I rapporti dei due
ambasciatori di Francia, Wladimir d’Ormesson (da maggio a ottobre del 1940) e
poi Léon Bérard (fino all’agosto del 1944) forniscono delle informazioni
inedite sullo stato d’animo del Vaticano di fronte all’evoluzione della guerra
in Europa. Vi si apprende che Hitler è considerato come il nemico della civiltà
cristiana e che il papa ripone tutte le speranze nella resistenza inglese e
nell’aiuto americano. E soprattutto: che l’attacco contro l’URSS non è affatto
considerato come una “crociata”. Questi rapporti sono disponibili negli archivi
del ministero degli Affari esteri, serie Z, Europa-Santa Sede 1939-1945.

Il 24 luglio 1940, dopo aver incontrato Mons. Tardini,
sostituto della segreteria di Stato, d’Ormesson scrive: “Per la Santa Sede, il
bolscevismo resta evidentemente il nemico numero uno, ma tutto ciò non la rende
molto più indulgente per il nazismo, che la tratta con riguardo perché è vicina
e perché la si teme ma la si detesta. A tale riguardo, Mons. Tardini, che
definisce Hitler “Attila motorizzato”, mi ha egualmente confidato che egli
ritiene che tanto la Spagna come l’Italia siano più che mai in questo momento
nelle mani della Germania”.

Il 21 agosto 1940, Myron Taylor, inviato del Presidente
degli Stati Uniti Roosevelt, viene ricevuto dal papa: “Il papa ritiene che solo
la resistenza dell’Inghilterra sarebbe capace di bloccare l’egemonia tedesca, e
non ha nascosto a Myron Taylor tutta la speranza che ripone in essa”, scrive
ancora l’ambasciatore di Francia.

Il 13 settembre 1940, d’Ormesson viene ricevuto la mattina
dal papa. Egli racconta: “Chiedo quale sia la posizione attuale della Chiesa in
Germania. Il papa risponde che è la peggiore possibile, che la scristianizzazione
viene perseguita con metodo e con un’asprezza particolare in Austria. (…) Il
papa non ha nascosto l’ammirazione che gli ispira la tenuta morale della
nazione inglese, malgrado i bombardamenti a cui viene sottoposta. Mi ha fatto
un vivo elogio del re e della regina, che sono restati nella capitale e che
danno l’esempio”.

Il 28 ottobre 1940, d’Ormesson consegna il suo rapporto
complessivo sulla sua missione. Riguardo all’attitudine della Santa Sede, egli
scrive: “Essa è molto favorevole all’Inghilterra e agli Stati Uniti, nettamente
ostile alla Germania, ancora di più all’URSS, affettuosa e desolata verso
l’Italia. (…) La Santa Sede teme soprattutto il trionfo totale della Germania.
Per l’Europa, per l’Italia e infine per la Chiesa. (…) La Santa Sede riteneva
che l’Inghilterra avesse degli atout per una trattativa dopo la disfatta
francese … Quando ha visto affermarsi e prolungarsi la resistenza inglese, ha
pensato che l’Inghilterra potrebbe forse ancora salvarsi, il Vaticano ha
riposto tutte le sue speranze in questa resistenza e nell’aiuto degli Stati
Uniti. (…) Nessuna traccia di simpatia per il nazismo in Vaticano: Hitler è
davvero considerato come il nemico della civiltà cristiana”. L’ambasciatore
ritiene che solo una cosa potrebbe modificare questa situazione (…) Un
cambiamento radicale dell’atteggiamento della Germania verso l’URSS e un
conflitto tra queste due potenze. Poiché il bolscevismo è il nemico principale
della Chiesa, la Germania ne verrebbe riabilitata”. In questo caso, potrebbe
esservi un’eventuale “crociata” contro l’URSS.

Quando, il 22 giugno 1941, i nazisti scatenano l’operazione
Barbarossa, il Vaticano cambia la propria linea di condotta? La corrispondenza
del petainista Léon Bérard prova il contrario.

Il 22 febbraio 1941, Bérard redige un grande rapporto
destinato a Darlan, intitolato Le
Saint-Siège et la guerre, rétrospective.
Estratti: “La Santa Sede vede
un’opposizione fondamentale, teoricamente irriducibile tra la dottrina della
Chiesa e quella cui si ispira il nazionalsocialismo” (quattro pagine
sull’argomento). Bérard ricorda poi l’enciclica Mit brennender Sorge (1937) e la “Lettera della
congregazioni romane dei seminari e università” (1938) che condannano il
razzismo. Secondo lui: “La Santa Sede ritiene che il nazismo per come si è
manifestato al mondo implica una confusione totale del temporale e dello
spirituale. E oltre a ciò, la Chiesa non potrebbe transigere che al prezzo di
quella che ai suoi occhi sarebbe un’abdicazione”.

Il 4 settembre, Bérard riferisce a Darlan di un colloquio
con Mons. Tardini. Costui fa notare la delusione delle potenze dell’Asse (in
guerra con la Russia, ndlr), soprattutto in Italia (…) per il fatto che nessuna
delle parole della Santa Sede dopo due mesi contiene allusioni alla “crociata”
contro il bolscevismo”. Da parte sua, sempre secondo Bérard, il cardinal
Maglione, segretario di Stato, non nasconde la sua ammirazione per il
patriottismo, la tenuta e la tenacia del popolo inglese.

Il 21 gennaio 1942, Bérard riferisce le frasi di diversi
diplomatici tedeschi di stanza a Roma nell’una o nell’altra delle due
ambasciate (presso la Santa Sede e presso l’Italia): “Non vi sarà posto per la
Santa Sede nell’Europa dell’ordine nuovo”. E ancora: “Si farà del Vaticano un
museo, avrebbe dichiarato uno di loro, e non dei meno importanti”. Bérard
aggiunge ancora: “In Vaticano non si fanno illusioni: in piena guerra, il fatto
che il regime hitleriano abbia così pochi riguardi verso le confessioni
cristiane nel Reich … è considerato come un’indicazione delle misure radicali
che verrebbero prese all’indomani di una vittoria”.

[1] Traduzione
di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.zenit.org/article-2406?l=french
.
Sull’argomento, vedi  anche:
Le révisionnisme de Pie XII (Il revisionismo di Pio XII) di
Robert Faurisson
il mio post  Pio XII e le camere a gas
e il paragrafo Pio
XII: più antinazista che anticomunista
, dal post FATIMA O L’ALIBI DELL’ANTICOMUNISMO :

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