Apocalisse di Giovanni: la Gerusalemme terrena è il nuovo Egitto

In un precedente post[1] mi sono posto il quesito di quando è stata scritta l’Apocalisse. Oggi rimango in tema e, nel contempo, mi pongo altri due quesiti: chi sono i 144.000 “segnati col sigillo” del capitolo 7? E chi sono i soggetti verso i quali si indirizza la collera divina? Per chi vengono aperti i sigilli, per chi vengono suonate le trombe, su chi vengono versate le coppe dell’ira di Dio?

Penso di poter dare una risposta, almeno parziale, a questi quesiti. I 144.000 segnati col sigillo sono i cristiani, i seguaci del Nuovo Israele che è la Chiesa, mentre i reprobi castigati sono “coloro che si dicono Giudei e non lo sono, ma sono una sinagoga di Satana” (Apocalisse, 2, 9).

Come sono giunto a queste conclusioni? Per spiegarlo è opportuno fare un passo indietro.

Nel Vangelo di Giovanni, l’evangelista utilizza un termine preciso per designare i nemici di Gesù e dei suoi discepoli: li chiama “i Giudei”, οἱ ̓Ιουδαῖοι. Sono gli esponenti della classe dirigente ebraica del tempo di Gesù, in primis i farisei.

Nell’Apocalisse, però, i nemici di Gesù e dei suoi discepoli non vengono più chiamati Giudei bensì “coloro che si dicono Giudei e non lo sono”. Si tratta di un indubbio cambio di paradigma. A cosa è dovuto? È dovuto al fatto che il Vangelo di Giovanni e l’Apocalisse, pur essendo separati nella loro stesura da pochi, forse pochissimi anni (parliamo degli anni 60 del primo secolo), appartengono a due momenti diversi della storia della salvezza.

Mentre nel Vangelo i nemici di Gesù possono essere ancora chiamati – e chiamarsi – Giudei, nell’Apocalisse non più, perché la pazienza di Dio nei loro confronti si è definitivamente esaurita: i veri (e nuovi) Giudei ormai sono solo i cristiani.

È indubbio infatti che nell’Apocalisse si respiri un’aria da resa dei conti nei confronti del giudaismo istituzionale. Nei Vangeli sinottici, con la messa a morte di Gesù, viene lasciato un conto in sospeso tra il Messia e i suoi nemici. L’Apocalisse annuncia che il conto verrà saldato di lì a poco: nel 70 le truppe romane distruggeranno Gerusalemme e il suo Tempio. Riporto a seguire i passi corrispondenti del Vangelo di Matteo e dell’Apocalisse che fanno il punto della questione.

Matteo 26, 63-64:

“E il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro per il Dio vivente di dirci se tu sei il Messia, il Figlio di Dio». Gesù gli risponde: «Tu l’hai detto; anzi io vi dico: ormai rivedrete il Figlio dell’uomo sedere a destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo»”.

Apocalisse 1, 7:

“Ecco, viene con le nubi, e lo vedrà ogni occhio e quanti lo hanno trafitto, e gemeranno su di lui tutte le tribù della terra; sì, amen”.

Apocalisse 14, 14-16:

“E vidi: ed ecco una nube bianca, e sopra la nube uno seduto simile a un figlio d’uomo, avente sopra la sua testa una corona d’oro e nella sua mano una falce affilata. E un altro angelo uscì da santuario, gridando a gran voce a colui che sedeva sopra la nube: «Manda la tua falce e mieti, perché è venta l’ora di mietere, perché è disseccata la messe della terra». E colui che sedeva sulla nube gettò la sua falce sulla terra, e fu mietuta la terra”.

Chi è il personaggio “simile a un figlio d’uomo”? Così commenta la Bibbia Garofalo: “È Cristo. La mietitura, versetto 15, è lo sterminio dei pagani”. Sul fatto che il mietitore sia Cristo, concordo. Sul fatto che ad essere sterminati siano i pagani, nego. E vado a spiegare perché.

A proposito dell’Apocalisse, il noto esegeta Giuseppe Ricciotti aveva detto quanto segue:

“Di questo misterioso libro alcuni tratti si possono interpretare con approssimativa precisione e certezza; ma la serie generale, e specialmente i riferimenti cronologici, rimangono arcani ancora oggi come per i Padri e gli antichi scrittori cristiani, che li hanno interpretati in maniere diverse”[2].

Ora, a me sembra che uno di questi tratti, che aiutano a fare luce sul contesto dell’Apocalisse, sia quello costituito dalla descrizione della “città grande” che troviamo nel capitolo 11 (quello che ha per oggetto i “due testimoni”):

“E il loro cadavere rimarrà sulla piazza della città grande, la quale è chiamata spiritualmente Sodoma ed Egitto, ove anche il loro Signore fu crocifisso” (Apocalisse, 11, 8).

La citta grande è, evidentemente, Gerusalemme. Che viene paragonata a Sodoma e all’Egitto. Perché? Perché, come Sodoma ed Egitto, subirà presto una tremenda punizione.

Questo è un passo cruciale dell’Apocalisse, a cui gli esegeti – perlomeno quelli cattolici da me consultati – non hanno dato il peso dovuto. Grandi esegeti, come Ernest Bernard Allo e Francesco Spadafora hanno infatti ritenuto di identificare la Babilonia dell’Apocalisse con Roma, e secondo me hanno sbagliato. Perché nel libro di Giovanni a essere paragonata ai reprobi del Vecchio Testamento è Gerusalemme, non Roma.

Nell’Apocalisse, Gerusalemme/Babilonia è il nuovo Egitto, da cui i cristiani – il nuovo Israele – devono uscire:

“E udii un’altra voce dal cielo, che diceva: «Uscite, o popolo mio, da essa, per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli; poiché i suoi peccati si sono accumulati fino al cielo e Dio ha ricordato le sue iniquità” (Apocalisse 18, 4-5)

Tale uscita, come sappiamo, fu non soltanto metaforica ma anche fisica, perché, come leggiamo nella Storia ecclesiastica di Eusebio di Cesarea, i cristiani gerosolimitani fuggirono da Gerusalemme poco prima dell’inizio della guerra giudaica (che iniziò nell’anno 66) per rifugiarsi in una città della Perea chiamata Pella[3].

Colpito da tutto ciò, sono andato a verificare la descrizione delle piaghe subite dall’Egitto narrate nel libro dell’Esodo e le ho confrontate con i castighi descritti dall’Apocalisse e mi sembra che la somiglianza sia innegabile.

Dal libro dell’Esodo:

L’acqua mutata in sangue (Esodo 7, 14ss.).

Le rane (Esodo 7, 26ss.).

Le zanzare (Esodo 8, 12ss.).

I mosconi (Esodo 8, 16ss.).

Morte del bestiame (Esodo 9, 1ss.).

Gli ascessi (Esodo 9, 8ss.).

La grandine (Esodo 9, 13ss).

Le cavallette (Esodo 10, 1ss.).

Le tenebre (Esodo 10, 21ss.).

La morte dei primogeniti (Esodo 12, 29ss.).

Dal libro dell’Apocalisse:

Le prime quattro trombe: grandine e fuoco, mescolati con il sangue – e la terra, gli alberi e l’erba che vengono bruciati (Apocalisse 8, 7).

La terza parte del mare che diventa sangue (Apocalisse 8, 8-9).

La terza parte delle acque che diventa assenzio (Apocalisse 8, 11).

La terza parte del sole, della luna e delle stelle che si ottenebrano (Apocalisse 8, 12).

La quinta tromba – le cavallette (Apocalisse 9, 1ss.).

La sesta tromba – la terza parte degli uomini viene uccisa (Apocalisse 9, 13ss.). Ma i rimanenti tra gli uomini non si ravvedono (come il Faraone che rimane ostinato).

La settima tromba: terremoto e grandine grande (Apocalisse 11, 19).

Le sette coppe

l’ulcera maligna e cattiva (Apocalisse 16, 2).

Il mare mutato in sangue (Apocalisse 16, 3).

I fiumi e le sorgenti mutati in sangue (Apocalisse 16, 4)

Il sole che brucia gli uomini (Apocalisse 16, 8-9)

Il regno della fiera tramutato in tenebre, e i seguaci della bestia che non si ravvedono e che bestemmiano Dio (Apocalisse 16, 10-11).

L’Eufrate che si secca (Apocalisse 16, 12).

La settima coppa: il terremoto e grandine “grande di circa un talento” (Apocalisse 16, 21).

Un’altra somiglianza è la seguente: come i figli di Israele si premuniscono nell’Esodo dall’azione dell’angelo sterminatore segnando con il sangue gli stipiti delle porte delle loro case, così i 144.000 (numero simbolico) dell’Apocalisse vengono risparmiati dall’azione degli angeli sterminatori grazie al sigillo che recano sulla loro fronte.

Esodo 12, 7-13:

“Devono prendere un po’ di sangue e metterlo sui due stipiti e sul frontone della porta di quella casa in cui mangeranno…Il sangue sarà per voi un segno distintivo, sopra le case nelle quali siete: vedendo il sangue io vi salterò”.

Apocalisse 7, 3:

“Non danneggiare la terra né il mare né gli alberi, finchè non abbia segnato col sigillo i servi di Dio nostro sulle loro fronti”.

Apocalisse 9, 4:

“E fu detto ad esse di non danneggiare l’erba della terra né qualsiasi verdura né qualsiasi albero, ma soltanto gli uomini, i quali non hanno il sigillo di Dio sulla fronte”.

C’è poi un ulteriore dettaglio che ci rimanda all’identificazione di Babilonia con Gerusalemme. Perché, vedendo “Babilonia” (Apocalisse 17, 5-6), Giovanni si meraviglia “di meraviglia grande”? Se la città in questione fosse stata una città pagana come Roma, un ebreo timorato di Dio come Giovanni non avrebbe avuto motivo di meravigliarsi. La meraviglia è data dal fatto che la città sede del Tempio, quel Tempio dove anche gli apostoli continuavano ad andare a pregare dopo la morte di Gesù, la “città santa”, si è ormai irrimediabilmente trasformata nel suo contrario: nella “sinagoga di Satana” da cui bisogna fuggire ad ogni costo.

Dal mio punto di vista, l’Apocalisse di Giovanni è una profezia a distanza ravvicinata: descrive, con le modalità dello stile profetico, i guai che la nazione giudaica ebbe a sperimentare in seguito alla ribellione contro i Romani negli anni 66-70. I castighi inviati da Dio contro la “sinagoga di Satana” vengono descritti da Giovanni con un linguaggio figurato e simbolico, ma che ebbe all’epoca un riscontro terribilmente reale: basta leggere “La guerra giudaica” di Flavio Giuseppe per rendersene conto.

A questo proposito, c’è da fare un’ulteriore osservazione riguardo ai versetti di Apocalisse 6, 3-4:

“E quando aprì il secondo sigillo udii il secondo vivente che diceva: «Vieni!». E uscì un altro cavallo, rosso fuoco, e al cavaliere fu dato di togliere la pace dalla terra, affinché si sgozzino a vicenda; e gli fu data una spada grande”.  

Quello descritto da Giovanni è uno scenario da guerra civile, e noi sappiamo da Flavio Giuseppe che la guerra giudaica non fu solo una guerra degli Ebrei contro i Romani ma anche una guerra civile, che dilaniò le varie fazioni che nella seconda metà degli anni 60 si fronteggiavano in Giudea e a Gerusalemme.

In conclusione, possiamo dire che gli eventi descritti nell’Apocalisse segnano il ripudio da parte di Dio della Gerusalemme terrena, che viene sostituita dal nuovo Israele che è la Chiesa: l’Apocalisse di Giovanni è il più grande monumento alla teologia della sostituzione che sia mai stato scritto.

 

[1] https://www.andreacarancini.it/2023/11/davvero-lapocalisse-e-stata-scritta-nellepoca-dellimperatore-domiziano/

[2] Giuseppe Ricciotti, La Sacra Bibbia, Salani Editore, 1991, p. 1761.

[3] Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, III, 5, 3.

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