La recensione di Panagiotis Heliotis al libro “L’Olocausto. Una nuova storia”, di Laurence Rees

L’OLOCAUSTO. UNA NUOVA STORIA[1]

Recensione di Panagiotis Heliotis, 2017

Riassunto

Lo storico britannico Laurence Rees, già Direttore Creativo dei programmi di storia per la BBC, ha scritto un nuovo “opus magnum”: L’Olocausto. Una nuova storia. Questa recensione presenta solo alcuni dei difetti di questo “vino vecchio in botti nuove”.

Salve, cari lettori, siamo di nuovo qui con un nuovo episodio del nostro amabile storico e vincitore di premi Laurence Rees (per il primo episodio vedere qui). Questa volta daremo uno sguardo al suo ultimo contributo all’arsenale dell’Olocausto: il suo opus magnum The Holocaust: A New History (Penguin Books 2017) (traduzione italiana: L’Olocausto. Una nuova storia – Einaudi 2018). Così allacciate le cinture perché il viaggio sta per cominciare!

La prima impressione

Il libro non è impressionante. Piuttosto piccolo nel formato (20×13 cm), 509 pagine, copertina dal design semplice, carta di bassa qualità. Non esattamente quello che ci si aspetterebbe da un opus magnum. Ma forse all’interno c’è qualcosa di più. Ecco i contenuti:

  1. Le origini dell’odio
  2. La nascita del nazismo (1919-1923)
  3. Dalla rivoluzione alle urne (1924-1933)
  4. Il consolidamento del potere (1933-1934)
  5. Le leggi di Norimberga (1934-1935)
  6. L’istruzione e il consolidamento dell’Impero (1935-1938)
  7. La radicalizzazione (1938-1939)
  8. L’inizio della guerra di razza (1939-1940)
  9. La persecuzione in Occidente (1940-1941)
  10. La guerra di sterminio (1941)
  11. La strada per Wannsee (1941-1942)
  12. Cercare e uccidere (1942)
  13. I campi della morte nazisti in Polonia (1942)
  14. Uccidere e persuadere altri a collaborare (1942-1943)
  15. L’oppressione e la rivolta (1943)
  16. Auschwitz (1943-1944)
  17. La catastrofe ungherese (1944)
  18. Uccidere fino alla fine (1944-1945)

Rees inizia con il primo antisemitismo in Germania, l’ascesa al potere di Hitler, le leggi di Norimberga, i primi campi di concentramento, e le deportazioni. Questi aspetti non sono in discussione, così possiamo saltarli. Ciò che vogliamo sapere è quello che Rees ha da dire sulle tesi riguardanti lo sterminio. Soprattutto, c’è in questo libro qualcosa di veramente nuovo?

Datemi un ordine

Poiché non c’è un ordine scritto riguardante l’Olocausto, gli storici si sforzano da anni di aggirare questa impasse. Rees conclude la sua disamina con la seguente considerazione:

Fin dall’inizio della mia interazione con questa storia, vidi come alcune persone avevano deciso che, poiché il crimine dello sterminio degli ebrei era stato così orrendo, avrebbe dovuto essere stato orchestrato e pianificato in un preciso momento gravido di conseguenze. Ma mi è sembrato che questo fosse un passo sbagliato. Come spero che questo libro dimostri, quello verso l’Olocausto fu un percorso graduale, pieno di curve e di svolte, fino a quando trovò la sua espressione finale nelle fabbriche naziste della morte“ (p. 429).

Così esaminiamo alcuni punti specifici riguardanti questa affermazione. Riguardo alla profezia di Hitler, un discorso che egli diede il 30 settembre 1939 (dove egli dichiarò che se i finanziari ebrei avessero fatto piombare il genere umano in un’altra guerra mondiale, il risultato sarebbe stato l’annientamento della razza ebraica in Europa), Rees commenta nel modo seguente:

Che cosa Hitler esattamente intendeva dire con questo? Una seria minaccia contro gli ebrei, certo. Ma egli intendeva dire esplicitamente che voleva uccidere gli ebrei nel caso di una guerra mondiale? Ciò è discutibile, specialmente poiché non vi sono prove che egli avesse in mente un piano dettagliato di distruzione degli ebrei mentre si esprimeva con queste parole. Un’interpretazione alternativa, più convincente, è che per ‘annientamento’ Hitler intendesse ‘eliminazione’, e così una possibile ‘soluzione’ al ‘problema’ ebraico per i nazisti rimaneva la distruzione degli ebrei in Europa rimuovendoli forzosamente dal continente” (p. 147).

Rees sostiene questa valutazione con altre dichiarazioni di Hitler, facendo così un altro buco nella trama dell’Olocausto. Parole aspre come queste appaiono sempre come una prova, ma chiaramente non sono affatto sufficienti. Ma Rees deve ancora spiegare l’assenza di un ordine scritto. Egli ci prova con il trucco seguente:

Una soluzione molto migliore, dalla prospettiva di Hitler, era fare in modo che nessun ordine a suo nome su questo delicato progetto fosse mai esistito. Egli era ben consapevole che ordini scritti potevano tornare indietro e perseguitare il mittente. Questa è una delle ragioni che egli rimarcò nell’ottobre 1941: è molto meglio incontrarsi che scrivere, almeno quando si tratta di questioni di capitale importanza” (p. 230).

Questa affermazione proviene dalle Conversazioni a tavola di Hitler (2000, p. 56). Ma se controlliamo la fonte, capiremo che Hitler non parlava affatto di ordini, ma di come egli…gestisse la propria posta! Ecco il passaggio integrale:

Io detto la mia posta, poi passo una dozzina di ore senza preoccuparmene. Il giorno dopo, faccio una prima serie di correzioni, e forse una seconda serie il giorno successivo. In tal modo, sono molto prudente. Nessuno può usare una lettera scritta da me contro di me. Inoltre, è mia opinione che, in un’epoca in cui abbiamo risorse come il treno, l’automobile e l’aereo, è molto meglio incontrarsi che scriversi, almeno quando si tratta di questioni di capitale importanza”.

Ohhh Rees, che imbroglione. E non finisce qui. È solo l’inizio. Poche pagine dopo arriviamo a questo:

Ma tutto questo significa che Hitler prese la decisione nell’autunno del 1941 di sterminare gli ebrei? È qui che iniziò l’Olocausto come lo conosciamo? Un certo numero di iniziative certamente risalgono a quest’epoca, inclusa non solo la decisione di deportare gli ebrei dal Vecchio Reich e dal Protettorato all’est, e la costruzione di installazioni di sterminio a Chelmno e a Belzec in Polonia, ma anche i commenti di Hitler in privato quell’ottobre sugli ebrei. Sinistramente, egli citò il discorso sullo ‘sterminio’ che egli aveva pronunciato nel gennaio 1939. ‘Dalla tribuna del Reichstag’, egli disse il 25 ottobre 1941, ‘profetizzai agli ebrei che, nel caso la guerra fosse inevitabile, l’ebreo sarebbe scomparso dall’Europa. Questa razza di criminali ha sulla coscienza i due milioni di morti della prima guerra mondiale, e ora ulteriori centinaia di migliaia…Non è una cattiva idea, a tale proposito, che le dicerie pubbliche ci attribuiscano un piano per sterminare gli ebrei’” (p. 237).

Questa è la citazione dalle Conversazioni a tavola di Hitler (p. 87) che Rees aveva in precedenza falsificato nel suo libro su Auschwitz. Questa volta egli la cita correttamente ma come si può vedere egli omette qualcosa. Egli la cita anche in un precedente capitolo con la stessa omissione (p. 32). Il lettore ignaro non noterà tutto ciò, ed è la parte in effetti più importante:

Che nessuno mi dica che allo stesso modo non possiamo collocarli nelle regioni paludose della Russia!”.

Poiché questa frase non quadra con la tesi dello sterminio, doveva sparire. Nello stesso libro troviamo anche la dichiarazione di Hitler sugli ebrei una settimana dopo la Conferenza di Wannsee:

Gli ebrei devono fare i bagagli, scomparire dall’Europa. Che vadano in Russia. Quando si tratta degli ebrei, non ho la minima pietà” (p. 260).

Questa è la prima tattica degli storici ufficiali: cancellare le prove quando è possibile. L’altra? Quale altra? Il “linguaggio in codice”:

Il 19 luglio 1942, in una visita in Polonia, Himmler ordinò che il ‘reinsediamento dell’intera popolazione ebraica del Governatorato Generale’ dovesse essere ‘effettuata e completata entro il 31 dicembre 1942’. Secondo Himmler, uno ‘sgombero completo’ era necessario. Questo era un modo di dire eufemistico per intendere che egli voleva che tutti questi ebrei venissero uccisi entro la fine dell’anno” (p. 295).

Nessuno storico si prende mai la briga di spiegare questa semplice contraddizione (costoro semplicemente sperano che non la noterete). Che senso aveva per i tedeschi nascondere le proprie parole ma non le proprie azioni? Lo stesso Rees ammette:

I nazisti non nascosero i campi di concentramento. La loro esistenza era ben nota e i giornali di tutto il mondo riportavano storie su di essi” (p. 73).

E se supponiamo che nessuno vi prestasse attenzione:

I cadaveri venivano bruciati in fosse e il fumo che riempiva i cieli era percepibile per chilometri attorno” (p. 305).

Semplici fatti come questi sono sufficienti per gettare qualunque affermazione su un linguaggio in codice nella spazzatura.

I campi della morte

Una nota veloce sui campi della morte. Chelmno, Belzec e Sobibor vengono brevemente trattati nel capitolo 11 (2 o 3 pagine ognuno). Il capitolo 13 concerne i campi della morte in Polonia, ma è focalizzato principalmente su Treblinka e Majdanek. Auschwitz riceve la fetta più grande della torta, con gli eventi riguardanti la sua crescita dal Capitolo 11 al Capitolo 17. Ma Rees non presenta nulla di nuovo. Egli semplicemente ripete quello che si può trovare in tutti gli altri libri.

Le foto

Nel libro vi sono 49 foto. Esse sono le seguenti:

  • 27 foto di Hitler, dei nazisti o di altri tedeschi.
  • 6 foto di prigionieri o di deportati nei campi.
  • 4 foto di ebrei nei ghetti o altrove.
  • 1 foto di un negozio distrutto dopo la Notte dei Cristalli.
  • 1 foto di una sinagoga in fiamme.
  • 1 foto di una carta d’identità ebraica.
  • 1 foto di Chaim Rumkowski (leader del ghetto).
  • 1 foto di Papa Pio XII.
  • 1 foto di una fucilazione sul fronte dell’est.
  • 1 foto di soldati sovietici catturati.
  • 1 foto di Auschwitz (ingresso principale).
  • 3 foto di Birkenau (una foto aerea e due dei crematori).
  • 1 foto di Bergen Belsen (una fossa con cadaveri).

Per l’evento più documentato della storia umana ci saremmo potuti aspettare qualcosa di più. Ma di nuovo, questo è meglio di niente, giusto?

Testimoni please!

I testimoni sono naturalmente indispensabili nella storia ufficiale. E allora che uso fa Rees di loro? Questo è molto interessante. Innanzitutto, egli cita pochi testimoni conosciuti come Rudolf Reder, Samuel Willenberg e Jan Karski. Ma altri testimoni importanti sono totalmente assenti. Nomi come Kurt Gerstein, Henryk Tauber, David Olère e Elie Wiesel risultano assenti. E anche per quelli che riescono ad avere i loro 15 secondi di fama non va molto meglio.

Rudolf Höss compare in diverse pagine, ma quando si tratta delle camere a gas (dettagli, costruzione, esecuzioni) la sua testimonianza è semplicemente inesistente. Miklos Nyiszli, un altro testimone top, compare tre volte. Ma cos’è che Rees considera meritevole di essere menzionato? Una cena (p. 326), una partita di calcio (p. 328) e un esperimento di Mengele (p. 359). Avete letto bene. Altro testimone, Yankel Wiernik: solo una citazione (p. 345), e questa in relazione alla fuga dal campo. Trattamento analogo per Rudolf Vrba, dove troviamo il seguente passaggio:

Ma il rapporto Vrba-Wetzler non lasciava adito a dubbi sullo scopo reale di Auschwitz. Esso descriveva accuratamente l’apertura dei nuovi complessi comprendenti i crematori e le camere a gasa Birkenau nel 1943 e il modo in cui gli omicidi venivano effettuati. Non era sorprendente che il rapporto fosse così autentico, perché uno dei Sonderkommando che lavorava nei crematori, Filip Muller, aveva detto ai due slovacchi esattamente cosa succedeva lì” (p. 400).

Nulla potrebbe essere più lontano dalla verità, poiché tale rapporto è pieno di errori e presenta una planimetria dei crematori completamente inventata. Naturalmente, il vincitore di premi storiografici Rees non ve lo dice. Per quanto riguarda Müller, (il testimone star di Hilberg che tra le altre cose vide dei secchi saltellare in giro a causa di pezzi di carne ancora vivi al loro interno), egli compare ancora una volta associato ad una frase insignificante (p. 406) prima di scomparire nell’oblio. Questo è tutto, ragazzi.

E allora, cosa c’è di nuovo? Poche testimonianze inedite qui e lì. Queste sono fondamentalmente le ragioni per cui Rees ha scelto il titolo Una nuova storia. Ma in realtà non vi sono nuove informazioni che vi si possano desumere. Sono le solite vecchie, le solite vecchie.

Il testamento di Hitler

Una nota finale. Scrive Rees sul testamento politico di Hitler:

Egli parimenti accennò di essere responsabile – e orgoglioso – dello sterminio degli ebrei. Disse che non aveva ‘mai lasciato alcun dubbio’ che il ‘partito realmente responsabile’ di aver iniziato la guerra sarebbe stato ‘ritenuto responsabile’. Questo partito era costituito, secondo lui, ‘dagli ebrei’. ‘Inoltre’, disse, ‘Non ho mai lasciato nessuno all’oscuro del fatto che questa volta, milioni di uomini adulti non sarebbero morti, e che centinaia di migliaia di donne e di bambini non sarebbero stati bruciati o bombardati a morte nelle città, senza che i veri colpevoli, benché mediante mezzi più umani, dovessero pagare per la loro colpa’ […] Hitler non era dispiaciuto per la distruzione che aveva portato nel mondo. Lungi dall’esserlo […] Era compiaciuto, persino mentre la Germania gli crollava intorno, di aver provocato la morte di 6 milioni di ebrei” (p. 421).

Naturalmente, Rees cita ancora una volta a sproposito. Ecco come recita il passaggio effettivo (3569-PS):
Io misi anche in chiaro che, se le nazioni d’Europa fossero state ancora considerate come mere quote da venir comprate e vendute da questi cospiratori internazionali del denaro e della finanza, allora questa razza, gli ebrei, che sono i veri criminali di questa lotta omicida, sarebbero stati inchiodati alle loro responsabilità. Inoltre non ho lasciato a nessuno il dubbio che questa volta non solo milioni di figli dei popoli ariani d’Europa sarebbero morti di fame, non solo milioni di uomini adulti avrebbero patito la morte, e non solo centinaia di migliaia di donne e bambini sarebbero stati bruciati e bombardati a morte nelle città, senza che i veri criminali dovessero espiare per questa colpa, sia pure con mezzi più umani”.

Trovate la differenza.

Riepilogo

Per chiunque sia ignorante della trama ufficiale, questo libro è un buon luogo da dove incominciare. Poco costoso, non molto lungo, e facile da leggere. Per quelli che conoscono già l’argomento, sembrerebbe che gli storici abbiano raggiunto un punto morto. Non possono fare nemmeno un passo oltre Hilberg e Pressac. Così, questo è un buon libro olocaustico. Ma come libro di storia, direi che le iniziali dell’autore possono suggerire qualcosa: L. R.= LiaR (mentitore).      

  

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.inconvenienthistory.com/9/4/4989

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