Neal Ascherson e la miccia di piazza Fontana

Neal Ascherson

Ho deciso di ripubblicare qui lo storico articolo dell’”Observer” del 14 dicembre 1969. Si trova anch’esso infatti, come allegato, alla fine del libro già menzionato di Vincenzo Nardella “Noi accusiamo! Contro requisitoria per la strage di stato”. Questo articolo è diventato famoso perché fu il primo a usare il termine “strategia della tensione”. Ma c’è anche un altro motivo per cui penso sia meritevole di una (ri)lettura: le informazioni che fornisce sull’esplosivo che agì a piazza Fontana. Neal Ascherson, questo l’autore dell’articolo in questione, ricevette a caldo due rilevanti informazioni che in seguito si persero per strada, nel corso delle varie perizie e dei vari processi. La prima è che vennero utilizzati sei chili (almeno) di esplosivo. La seconda è che subito dopo la strage, nel salone della Banca Nazionale dell’Agricoltura, vennero ritrovati dei frammenti di miccia. Forse, tra i tecnici consultati da Ascherson vi fu Teonesto Cerri, il primo perito di piazza Fontana. Fu proprio lui infatti a dire ai giornalisti di aver ritrovato quei frammenti (12-13 centimetri). Poi però, non sapendo come spiegare la presenza contemporanea di resti di miccia e di resti di timer, gli esperti (periti e magistrati) pensarono bene di eliminare uno dei termini del problema: relegarono la miccia nell’oblio, come se non ci fosse mai stata. Stessa cosa per quanto riguarda la quantità dell’esplosivo: nelle perizie ufficiali si passò dai sei chili valutati inizialmente a circa 1300-1500 grammi. Eppure, le primissime conclusioni erano quelle giuste: a confermarlo è stata nel 2009 la perizia commissionata dal giornalista Paolo Cucchiarelli all’esplosivista Fernando Termentini. La presenza della miccia nel salone della BNA dimostra che la tesi di Cucchiarelli della doppia bomba a piazza Fontana non nasce da una farneticazione ma da un dato reale, per quanto dimenticato. Purtroppo, la storia della strage non è solo una storia di depistaggi e di sentenze controverse: è anche una storia di ricostruzioni inadeguate, che hanno reso impossibile un’esaustiva comprensione dei fatti, a tutto vantaggio degli stragisti.      

«OBSERVER» — Londra

Domenica 14 dicembre 1969

150 arresti nella caccia alla banda dei terroristi

(traduzione integrale a cura de «Il Giorno», Milano 16 dicembre 1969)

Più di centocinquanta arresti sono stati compiuti nella sola Milano dalla polizia che da la caccia a coloro che hanno deposto la bomba esplosa alla banca dell’agricoltura alle 16,37 di venerdì, uccidendo quattordici persone e ferendone novanta. Una seconda bomba collocata nell’ascensore della vicina banca commerciale non è esplosa.

Gli arresti consistono in una retata fra tutti i gruppi di azione radicali di sinistra e di destra che hanno proliferato a Milano. Alla sinistra, i colpiti sono stati il gruppo di «potere operaio» e gli anarchici. Alla destra sono stati fermati giovani neofascisti e dirigenti della gioventù nazionalista.

A Roma ottanta persone sono state fermate per essere interrogate in relazione alle esplosioni di ieri.

A Milano la polizia almeno sembra sospettare i gruppi di sinistra. Il dottor Calabresi, dell’ufficio politico della questura ha detto: «ciò che noi dovremmo cercare è l’estremismo di sinistra. A Roma è stato danneggiato il monumento al milite ignoto, il che certamente non avrebbero fatto le destre. Si tratta di radicali di sinistra: anarchici, maoisti e potere operaio».

Tale opinione è furiosamente respinta dai comunisti e dalle sinistre che sono convinti che le esplosioni sono una provocazione neofascista. Essi ricordano la recente esplosione alla fiera di Milano che in un primo tempo si ritenne fosse opera di anarchici, ma che poi fu dimostrato dai documenti sulle attività greche in Italia pubblicati dall’«Observer» essere opera di neofascisti. La sinistra sottolinea che la polizia di Milano è ancora sotto l’impressione della recente morte di un poliziotto che fu ucciso da una sbarra di ferro in uno scontro con maoisti. Ciò condusse ad un ammutinamento in una caserma della polizia. Il presidente Saragat in un telegramma di condoglianze espresse la convinzione che questo era un omicidio ad opera dei gruppi di sinistra.

La polizia afferma di avere una pista. Questa può essere stata fornita dalla seconda bomba inesplosa, che fu fatta saltare senza danni dopo essere stata rimossa da una borsa. Della prima bomba nulla rimase, salvo minuti frammenti che sono esaminati dalla polizia scientifica.

Allarmante atmosfera di crisi

I tecnici hanno constatato che la carica era composta di circa 6 kg di esplosivo ad alto potenziale avvolto in un foglio di alluminio e nascosto a sua volta in una borsa. Non c’è dubbio che il terrorista dovesse avere nervi d’acciaio: egli portò la borsa alla banca, la sistemò sotto un tavolo ottagonale in mezzo alla folla dei clienti e diede fuoco ad una miccia[1] che certamente non gli concedeva più di dieci secondi per uscire dalla banca prima dell’esplosione. Si pensò in un primo momento che egli potesse essere fra i morti o i feriti, ma un attento controllo ha confermato che tutte le vittime erano innocenti.

In qualsiasi altro paese europeo, gli avvenimenti che hanno scosso l’Italia nelle ultime settimane e che sono culminati nei brutali attentati di venerdì, potrebbero essere interpretati come una sicura premessa ad un mostruoso rivolgimento nazionale: come l’annaspare di un nuotatore che vada sott’acqua per la seconda volta.

Nel caso dell’Italia nessuno può essere sicuro. Il solo fatto certo è che gli attentati hanno aggiunto un’improvvisa, un’imprevista ed allarmante atmosfera di crisi in un paese già irritabile e nervoso.

Per tre mesi l’Italia ha sperimentato ogni genere di sommovimento: scioperi, occupazioni, serrate, «contestazioni», un ammutinamento della polizia, disordini che hanno comportato vittime. Questa settimana gli scioperi hanno coinvolto gli insegnanti, i telefonisti, gli impiegati del ministero delle finanze, gli agenti delle tasse, gli impiegati delle intendenze di finanza, la marina mercantile. Tuttavia, nonostante l’enorme agitazione popolare ed il diffuso sia pur generico malcontento in merito all’urgente necessità di riforma per quanto riguarda gli ospedali, le scuole, le università, il sistema fiscale, la burocrazia «bizantina», l’irresoluto governo centrale sembrava aver superato il peggio.

Nuova esplosione di timore e di odio. Quasi tutti i venti milioni circa di lavoratori del paese hanno scioperato man mano che i loro contratti di lavoro venivano a scadere: ma la maggior parte dei contratti di maggiore importanza sono stati rinnovati, e gli altri erano ben avviati a soluzione. Sembrava che l’Italia fosse passata attraverso l’autunno caldo bruciacchiata ma intatta. Poi vennero le bombe.

Chi aveva interesse a riacutizzare la crisi? Forse l’estrema sinistra nichilista, per quanto il coordinamento delle esplosioni sembra essere al di là dei loro impacciati schemi di azione. La teoria che si sta facendo strada per ora è che sono riconoscibili i segni del terrorismo di destra, ma che da esso possono trarre vantaggio anche le destre «moderate».

Nessuno è tanto pazzo da far colpa degli attentati al presidente Saragat. Ma l’intera sinistra sta dicendo oggi che la sua «strategia della tensione» ha indirettamente incoraggiato l’estrema destra a passare al terrorismo[2].

Fu in luglio che Saragat provocò la scissione dei socialisti italiani. La famosa coalizione di centro-sinistra cadde lasciando Mariano Rumor e i democristiani soli in un governo di minoranza e portando alla tempesta delle rivendicazioni salariali dell’autunno caldo.

I motivi di Saragat per creare la scissione erano evidentemente più sottili. Egli stava cercando, più che di influenzare i socialisti, di spostare i democristiani verso la destra. Il calcolo era che il governo Rumor sarebbe caduto a causa delle agitazioni nel settore dell’industria e che le elezioni di emergenza si sarebbero tenute agli inizi del nuovo anno e che la paura del comunismo avrebbe spazzato via alle elezioni la forte corrente di sinistra dei democratici cristiani.

Questo avrebbe eliminato la possibilità di una coalizione con i comunisti.

Ma la predizione non si è avverata. Coloro che l’hanno fatta hanno sottovalutato la cautela dei comunisti. Ben lontani dall’incoraggiare il caos, i comunisti italiani sono emersi come «il partito dell’ordine». Le grandi richieste salariali sono state quasi tutte negoziate pacificamente. La marcia dei metalmeccanici su Roma si è svolta tanto tranquillamente quanto la processione della Pentecoste a Manchester; il gruppo rivoluzionario del Manifesto alla sinistra del partito è stato sospeso.

Il paragone col 1968 in Francia è sempre presente. Quest’anno si è aperto con selvaggi scoppi rivoluzionari fra i lavoratori, i contadini, e gli studenti di tutta Italia, una specie di «maggio di Parigi» prolungato. Gradualmente, come in Francia, il partito comunista ha deviato quest’ondata di energie e massiccia rivendicazione salariale. Viene ora la reazione di pubblico stupore e di stanchezza che ha fatto vincere a De Gaulle le elezioni. Ma può Saragat fare lo stesso?

Per l’intero schieramento della destra, dai socialisti di Saragat ai neofascisti, l’inattesa mitezza dell’autunno caldo, ha minacciato di ridimensionare il timore della rivoluzione sul quale esso contava. Coloro che hanno collocato le bombe hanno riportato questo timore in Italia.

Anche prima delle esplosioni la generale fiducia per ogni soluzione politica ha agevolato lo svolgimento di azioni sempre meno ortodosse condotte al di fuori del contesto politico normale. L’anno scorso è stato l’anno degli studenti. Quest’anno è stato l’anno dei lavoratori. I comunisti, timorosi di essere aggirati alla sinistra dal crescente clamore dei maoisti e da altri estremisti di sinistra, hanno per la prima volta condotto i loro sindacati ad una alleanza coi sindacati cattolici.

Questo accordo, aumentando il loro potere contrattuale, ha messo in grado i comunisti di mantenere sia pure a stento il controllo degli scioperanti attivisti. Ciò non di meno, i comunisti hanno appoggiato gli scioperi e non soltanto per aumentare la pressione delle loro rivendicazioni salariali, ma anche per protestare su questioni sociali (alloggio, scuole, ospedali) sapendo al tempo stesso che il Governo attuale è troppo debole per soddisfare le loro richieste.

Contemporaneamente la destra ha parlato con sempre maggior fiducia di soluzioni extra-parlamentari. Una settimana fa l’uomo chiave del più noto partito neofascista, il signor Giorgio Almirante, del m.s.i., ha dichiarato di ritenere che tutti i mezzi sono giustificati nella lotta contro il comunismo. «Non si può in questa situazione distinguere fra misure politiche e misure militari. L’ultima speranza dell’Italia è una soluzione greca»[3].

Durante tutto l’autunno gruppi di estrema destra sono intervenuti nelle proteste delle sinistre, spesso, secondo queste ultime con la connivenza della polizia. Si è parlato di gruppi di azione di destra e di comitati civici di salute pubblica pure di destra. La forza dell’estrema destra alla camera è di 61 deputati su un totale di 630. Alle ultime elezioni la destra ha avuto l’11 per cento dei voti.

La maggior parte degli osservatori imparziali – rari in tempi normali e particolarmente ora che quindici milioni di italiani sono colpiti dall’influenza – considerano la destra italiana semplicemente una parte dello spiacevole sottobosco della democrazia: posatori e romantici perduti in violenti sogni ad occhi aperti, capaci di attrarre solo quel tipo di studente dai capelli tagliati alla militare che aderisce alla organizzazione studentesca neofascista del F.U.A.N., alcuni membri della quale usano portare larghe cinture che nascondono all’interno delle catene di bicicletta.

La scorsa settimana, tuttavia, Mauro Ferri, il segretario generale dei socialisti moderati, ha dichiarato di essere convinto che «l’estrema destra è potenzialmente più forte di quanto non indichi il numero dei suoi rappresentanti in Parlamento. La situazione non deve essere sottovalutata». Per sei mesi coloro che sono alla sinistra di Ferri non hanno fatto che dire: «attenzione alla destra», nel convincimento che i suoi membri siano portati a reagire duramente all’influenza crescente dei comunisti.

Osservatori moderati escludono qui la possibilità di qualsiasi genere di colpo proveniente dalla destra. L’esercito italiano non ha tradizioni di azione politica, non ha seguito nel paese ed è comunque un esercito di leva, pieno di uomini che erano lavoratori ieri e che saranno nuovamente lavoratori domani. Né, essi dicono, vi è alcuna prova concreta che la polizia nutra ambizioni politiche. Nulla di tutto questo rassicura la sinistra. Essa si richiama agli strani e tuttora oscurissimi eventi del 1964 allorché fu rivelato che il S.I.F.A.R., come era allora chiamato in Italia il servizio militare di informazioni, stava compilando una lista nera segreta e fascicoli su uomini politici e stava registrando migliaia di telefonate. Danaro era stato consegnato a uomini politici. Era stato pianificato un colpo di stato?

La sinistra ritiene di sì ed il fatto che esso non abbia avuto luogo non l’ha mai tranquillizzata.

Questa è la situazione nella quale si ebbero dapprima le notizie di un complotto greco in Italia (riportate dall’Observer domenica scorsa e riprese quindi, con diverso entusiasmo, dalla stampa italiana) e, poi, fatto molto più serio, i molteplici attentati di venerdì.

La sinistra, sempre in attesa di cospirazioni, ha in generale accettato la notizia del complotto come del tutto fondata. Gli osservatori cauti hanno riservato il loro giudizio.

Interrogati al riguardo, i ministri si sono mostrati propensi a considerare la cosa come una completa montatura: il governo, essi aggiungevano (prima degli attentati), era completamente sotto controllo. Tuttavia, il governo ha aperto – abbiamo appreso – una speciale indagine da parte della polizia.

Comunque, indipendentemente dalla notizia del complotto, la mano dei colonnelli era già visibile in Grecia. Studenti greci nelle università italiane hanno ricevuto spietate pressioni perché si associassero a nuove organizzazioni studentesche, ivi compresa la lega nazionale degli studenti greci in Italia, istituita in appoggio ai colonnelli. La loro corrispondenza fu intercettata e i loro passaporti non rinnovati dall’ambasciata di Grecia nei casi in cui non avevano aderito, oppure venivano richiamati in Grecia per prestare servizio militare.

Studenti greci che vengono ora in Italia sono spesso collegati strettamente con un’organizzazione greca che ha un giornale grossolanamente fascista intitolato «il quattro di agosto», una data chiave nella carriera del dittatore greco generale Metaxas. Uno dei suoi leader visse in passato in Italia, ha una moglie italiana ed un figlio che ha frequentato l’università italiana. Si ritiene che egli sia molto vicino ai colonnelli e all’ambasciatore greco a Roma.

Nel maggio scorso egli ha fatto un discorso ad Atene dicendo che la delusione nei confronti della democrazia parlamentare era condivisa da tutti i paesi dell’Europa occidentale, particolarmente dall’Italia, ed auspicando l’avvento del giorno in cui una grande alleanza fra tutti gli europei occidentali benpensanti possa creare un nuovo ordine in Europa. Egli è riuscito ad ottenere un cambiamento del regolamento di ammissione alle università greche, in base al quale il 30% dei posti sono riservati agli studenti con vedute da «quattro agosto».

Ma in verità ben poca gente ritiene che i colonnelli possano realmente ottenere qualche cosa se non forse aiutare a rafforzare fra i romantici di destra il sentimento che ciò che è stato fatto con successo in Grecia potrebbe essere realizzato di nuovo in Italia.

Risultati immagini per moro rogers saragatSaragat e Moro con il segretario di Stato americano William Rogers in un’immagine del 1971

   

[1] Grassetti miei.

[2] Grassetti miei.

[3] Grassetti miei.

One Comment
    • Gengè
    • 3 Gennaio 2020

    Cito “a tutto vantaggio degli stragisti”.
    La doppia bomba è esplosa per “simpatia” in una frazione di tempo non distinguibile l’una dall’altra (la cit. perizia Cucchiarelli – Termentini)… e per la “simpatia” c’erano sia timer che miccia.
    C’è un’altra “simpatia” altrettanto esplosiva (ma in senso allegorico e non materiale come la prima) … a tutto vantaggio degli stragisti… e del presente a sovranità ZERO assoluto.
    Per esempio Freda gira libero perché “ne bis in idem”, non si può processare due volte per lo stesso motivo.
    Faccio un esempio così diventa chiaro quello che voglio dire.
    Per la strage di Alcamo mare del 1972 fu incastrato Giuseppe Gullotta, allora 19venne, e altri suoi amici.
    Per quattro o sei volte fu condannato a Palermo e assolto in Cassazione. All’ultima volta fecero pari e patta e gli diedero l’ergastolo. Dopo 22 anni carcere un ex brigadiere, che “non sapeva” della sorte di Gullotta e che si era dimesso dalla “benemerita” un paio di mesi dopo l’arresto, ebbe un rimorso di coscienza e disse che la confessione della strage gliela estorsero puntandogli la pistola alla tempia e altre “amenità” simili.
    Ci fu il processo di revisione e G.G. è ora libero (e ha fondato una fondazione per chi è “vittima” di “errori giudiziari”).
    Il principio della revisione che si può leggere su ogni vocabolario è «Nuovo esame inteso ad accertare e a controllare, ed eventualmente a correggere o a modificare, i risultati e le valutazioni dell’esame già operato, oppure la situazione iniziale o precedente»
    Si diceva Freda … e domandiamoci chi e da cosa è stato assolto… e non sono gli stessi che poi dicono non si può processare?
    Nel precedente articolo “La maledizione di piazza Fontana: una recensione” è riferito che Giraudo chiedeva la riapertura delle indagini sulla scorta della indagine Cucchiarelli.
    Ora si suppone che Giraudo nel chiedere la riapertura delle indagini avesse presente cosa sia il principio di Revisione, a meno che Giraudo non fosse uno sprovveduto ma sprovveduto esageratamente…
    Che risposta ebbe da Spataro? indagini inibite mica che fossero illegittime per il “ne bis in idem” (e fu l’“impertinenza” di Giraudo ad essere indagata).
    Attenzione alle “simpatie” perché si può morire come in Piazza fontana e una nazione e un popolo può civilmente, civicamente… morire (un lento omicidio da quella data…a poco a poco per avere dopo 50 anni ciò che avviene alle rane bollite lentissimamente con l’aumento di temperatura di un grado all’anno…) …
    Detto pure che il raffronto biennio rosso e anni sessanta è confermato…
    A chi viaggia in direzione ostinata e contraria… ricorda o signore.
    Un saluto.

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