La “memoria” della Shoah è l’amnesia di tutto il resto

La “memoria” della Shoah è l’amnesia di tutto il resto

Dalla nostra
corrispondente
Bocage ricevo e
traduco
:
Lette sul settimanale “Rivarol” (nuovo indirizzo: 82 boulevard
Masséna, 75013 Paris), n°3077 del 18.1.2013 (p. 12), nel post scriptum di un
articolo del giornalista Hannibal avente per titolo “Homo nesapius” (nello
stesso tempo, l’uomo che non sente e l’uomo che non è saggio) queste
affermazioni che, con molto umorismo, si riferiscono alle cifre ufficiali
fornite dalle autorità sul numero dei partecipanti alla manifestazione del 13
gennaio a Parigi contro il “matrimonio per tutti”:
Sapendo,
da un lato che la superficie utile del Champs-de-Mars[1] è di
243.000 metri quadrati e, dall’altro, che secondo l’ex barbiere di Treblinka
interrogato da Claude Lanzmann [nel film di quest’ultimo intitolato Shoah] 70 donne sedute su delle panche e
17 barbieri che le rasano stanno, con i mobili, in una camera di 16 metri
quadrati[2],
calcolare il numero dei manifestanti di domenica scorsa.
Utilizzando
il rapporto di occupazione del suolo fornito da Kurt Gerstein per Belzec – 32 persone
per metro quadrato[3]
– rifare il calcolo, al milione circa.
Comparare
con le cifre[4]
della prefettura della polizia del pensiero.

La manifestazione parigina dello scorso 13 gennaio

È precisamente presso questo stesso Hannibal che si poteva
trovare la risposta alla domanda posta recentemente dal revisionista italiano
Carancini che si interrogava sui possibili legami tra gli oppressori di oggi e
coloro che brandiscono la Shoah in ogni momento[5].
In effetti, nel suo libro appassionante “A quoi sert
l’histoire?” (“A che serve la storia?”), Hannibal scrive, tra l’altro:
Mentre
ci si ricorda della Shoah, si scorda il resto. Il mito del crimine unico sfocia
nell’amnesia organizzata. […] Il dovere della memoria è il nostro professore di
amnesia. L’idolo della Shoah è l’Attila della pubblica istruzione: là dove
passa, l’erba della cultura generale non ricresce (p. 160).
Lungi
dall’essere un dettaglio della storia, la Shoah [che l’autore definisce altrove
“il crimine unico a testate multiple”] è oggi al centro della storiografia
occidentale. Essa riveste un peso politico decisivo, anche se non occupa tutto
lo spazio, [anche] se altri racconti, altre controversie agitano i media. Per
dirigere un gruppo industriale, è sufficiente detenere la maggioranza delle
azioni della società Holding che ne è responsabile. I racconti della Shoah sono
la società Holding del nostro mondo occidentale. Essi permettono di controllare
gli altri racconti di cui si avvale la storia-azione. E come la nostra morale
riposa sulla storia, essa riposa sulla Shoah. Ora, i governi moderni si fondano
su una morale accettata da tutti. Dunque, CONTROLLANDO I RACCONTI DELLA SHOAH,
SI REGNA SUL MONDO [sottolineato da noi] (p. 198).

Bertrand Herz, Angela Merkel, Barack Obama e Elie Wiesel a Buchenwald

Quanto ai mezzi per combattere questa falsa storia, Hannibal
ci fornisce qualche consiglio, tra cui questo:
L’azione
diretta mi sembra la migliore. Bisogna fare uso del nostro diritto di genitori
degli allievi per ricondurre i nostri docenti ad un uso più giusto della loro
cattedra di professori.
“A quoi sert l’histoire?” (220 pagine, 25 euro) è un libro
da leggere, un libro di riflessioni, da ordinare presso Akribeia  (45/3 Route de Vourles, 69230 St Genis-Laval,
o su internet: www.akribeia.fr ).


[2] Vedi
l’articolo (in inglese) Abraham Bomba,
Barber of Treblinka
(“Abraham Bomba, barbiere di Treblinka”), di Bradley
Smith: http://www.ihr.org/jhr/v07/v07p244_Smith.html
[3] Vedi il
riferimento a Gerstein nel paragrafo “4. L’evoluzione delle testimonianze
oculari” in Jürgen Graf, CONFERENZA PER
IL CONVEGNO DI TEHERAN SULL’OLOCAUSTO
: http://ita.vho.org/031Graf_Conferenza.htm
[4] 340.000
manifestanti, secondo la polizia, contro il milione stimato dagli
organizzatori: http://it.euronews.com/2013/01/13/huge-turnout-for-french-anti-gay-marriage-rally/
[5] Vedi il
post Giuliano Amato e le pensioni d’oro:
https://www.andreacarancini.it/2012/12/giuliano-amato-e-le-pensioni-doro/

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