“Plan A”: un film su un gruppo ebraico che aveva come obbiettivo l’avvelenamento di 6 milioni di tedeschi

‘An eye for an eye’: The post-war Jewish avengers who plotted to murder 6mn Germans by poisoning their water supplies

Da Bocage-Info ricevo e traduco:

“OCCHIO PER OCCHIO”: I VENDICATORI EBREI POST-BELLICI CHE COMPLOTTARONO PER UCCIDERE 6 MILIONI DI TEDESCHI AVVELENANDO LE LORO EROGAZIONI DI ACQUA

Di Andrew Dickens, 12 settembre 2021

Un nuovo film, Plan A, rievoca come un gruppo di ebrei complottarono poco dopo la fine della seconda guerra mondiale per uccidere milioni di tedeschi come vendetta per l’Olocausto. Questa è l’incredibile storia vera che sta dietro di esso.

La vendetta, dicono, è un piatto che va servito freddo. Ma nel 1945, un gruppo di sopravvissuti ebrei dell’Olocausto escogitò una grande e orribile vendetta alimentata da un sentimento bruciante di ingiustizia e di odio. Prendendo l’orientamento dall’antico editto dell’”occhio per occhio”, il gruppo, conosciuto come Nakam o “i Vendicatori”, progettò di uccidere sei milioni di cittadini tedeschi avvelenando le loro erogazioni di acqua, un atto di sterminio che, se fosse riuscito, avrebbe potuto porre termine allo stato di Israele prima ancora che fosse stato persino creato.

Un nuovo film, “Piano A”, è un racconto drammatico di questo complotto, che utilizza una mescolanza di personaggi reali e immaginari, ma basandosi in gran parte “su una storia vera”. Una storia davvero straordinaria che fino ad anni recenti non era stata mai raccontata – una situazione che ha sbalordito i registi del film, i fratelli Yoav e Doron Paz.

Ha colpito la mia mente perché crescendo in Israele, non avevamo mai sentito queste storie”, mi dice Yoav Paz. “Penso che vi siano un paio di ragioni. Una è che, per molti anni, i Vendicatori stessi non vollero parlarne. Sapevano come essa appare oggi, quanto orribile appaia alla gente. Poi 10 anni fa circa iniziarono. Penso che sentissero il bisogno di parlarne prima di morire”.

Prima di entrare nel vivo del complotto, è meglio delinearne lo scenario.

Quando la seconda guerra mondiale finì e i campi di concentramento nazisti vennero svuotati, gli ebrei d’Europa, meno i sei milioni che erano stati uccisi, non furono magicamente riportati alle loro vite precedenti. Le loro proprietà erano state portate loro via e i beneficiari di questo furto non erano disposti a restituire questi beni mal-acquisiti. Né il diffuso antisemitismo in Europa che aveva alimentato e facilitato l’ascesa di Hitler era sparito. Scampati all’inferno, rimasero bloccati nel purgatorio.

La sete di vendetta era comune, ma anche la stanchezza e la debolezza provocate dalle atrocità. Alcuni di coloro che speravano di trasferirsi, letteralmente e psicologicamente, andarono in una Palestina pre-israeliana, allora chiamata Palestina mandataria e sotto il dominio inglese – sebbene questo viaggio non fosse accessibile a tutti. Molti tentarono di riscostruire le loro vite in Europa o nell’America del Nord.

Ma per alcuni ebrei, la vendetta era un dovere.

Sebbene uomini ebrei avessero combattuto per varie nazioni alleate nella guerra, essi non avevano avuto una forza tutta loro fino alla prossimità della sua conclusione, quando venne formata la Brigata Ebraica nell’ambito dell’esercito britannico. Guidata da ufficiali sia ebrei che non ebrei – e con molti soldati provenienti dalla Palestina mandataria che erano rimasti relativamente al riparo dagli orrori – la brigata vide poca azione in prima linea, ma un piccolo numero al suo interno si fece una reputazione di spietati vendicatori.

Costoro iniziarono a giustiziare soldati tedeschi catturati, in particolare quelli che avevano fatto parte delle SS. Essi poi estesero la medesima punizione, anche dopo la guerra, ai civili, ancora una volta per la maggior parte ex SS, che avevano ritenuto colpevoli di crimini di guerra. Paz e suo fratello affrontano questo argomento nella prima parte del film, incluso un macabro montaggio di uomini e donne dall’aspetto ordinario uccisi con una sola pallottola in testa.

La Brigata Ebraica è rappresentata [nel film] in modo molto accurato”, egli dice. “Questi soldati provenienti da Israele, che erano forti, impavidi – niente a che vedere con gli ebrei che erano sopravvissuti all’Olocausto fisicamente e mentalmente. Essi vennero in Europa negli ultimi giorni della guerra, così non affrontarono nessun vero combattimento. Fu un piccolo gruppo segreto – penso che fossero 200 o poco più – a condurre queste operazioni.

“Condussero delle operazioni segrete di notte principalmente sulla frontiera austriaca, e nell’Italia del nord. Davano la caccia ai criminali di guerra, controllando due volte le informazioni – ottenevano certe informazioni dai servizi segreti britannici, altre già le avevano. Si potrebbe fare un intero show televisivo solo sulla Brigata Ebraica”.

Ma per i Vendicatori tutti i tedeschi erano colpevoli. Quanto meno avevano cospirato o patteggiato con quello che era probabilmente il peggior regime della storia dell’umanità. Chiudere un occhio sull’Olocausto non era una giustificazione.

Ho visto negli occhi di quelli che erano stati uccisi, che chiedevano vendetta”, ha detto Yehuda Maimon, un sopravvissuto polacco di Auschwitz e Vendicatore, nel documentario di Channel 4, “Holocaust: The Revenge Plot”, nel 2017. “Non avevo bisogno di filosofeggiare, la vendetta era il mio diritto basilare”.

Così nacque il loro terribile piano. Piani, in realtà: il Piano A era di avvelenare le erogazioni dell’acqua, uccidendo milioni di persone. Sei milioni, speravano. Il Piano B era di avvelenare migliaia di ex SS tenuti prigionieri nei campi statunitensi per prigionieri di guerra. Dirette dalla sede del Nakam a Parigi, delle cellule tedesche vennero messe all’opera per effettuare il Piano A.

Pensavo: come loro hanno ucciso i nostri figli, noi possiamo uccidere i loro”, ha detto Maimon.

Il loro leader, il poeta e partigiano Abba Kovner, una delle poche persone reali ritratte in “Piano A”, approcciò la Brigata Ebraica per chiedere aiuto ma venne respinto. Non solo la loro versione della giustizia era vista come troppo brutale, ma erano in corso colloqui internazionali per costituire uno stato ebraico dove questo popolo oppresso, perseguitato e massacrato potesse vivere in sicurezza: un atto di ferocia su questa scala, molti ritenevano, poteva far cessare queste trattative.

Il Nakam scelse Norimberga come bersaglio a causa del suo ruolo famigerato nell’ascesa del nazismo e del fatto che aveva ospitato i processi postbellici che, dal loro punto di vista, erano di dimensioni insufficienti. I cineasti hanno scelto di ambientare il loro film nella città, non solo per queste ragioni, ma perché fu lì che il gruppo arrivò più vicino a conseguire il proprio obbiettivo.

Abbiamo deciso di concentrarci sulla cellula di Norimberga perché furono loro a portare più a fondo il piano”, dice Paz. “Avevano persone che lavoravano sotto copertura nel sistema delle acque e nel sistema di fognatura, erano solo in attesa che arrivasse il veleno”.

Il piano ovviamente fallì – nemmeno il più censorio dei governi avrebbe potuto cancellare le morti di sei milioni di persone dai libri di storia. Kovner, che si era procurato una certa dose di veleno nella Palestina mandataria, ma sufficiente solo per il Piano B, fu arrestato dai britannici al suo ritorno in Europa. Egli si sbarazzò di metà del veleno mentre stava a bordo mentre l’altra metà venne portata a Parigi da un amico.

Il Piano A fu accantonato, così passarono al Piano B – e questo venne attuato.

I suoi bersagli erano molto più specifici e, qualcuno sosterrebbe, più giusti. L’attenzione venne rivolta ai campi per prigionieri di guerra che ospitavano i prigionieri SS vicino alle cellule del Nakam a Norimberga e a Dachau. Queste cellule venivano tenute attive, mentre tutti gli altri membri del Nakam restavano in disparte.

Il piano doveva servire la vendetta letteralmente come un piatto freddo, aggiungendo il veleno alle pagnotte di pane che erano destinate a nutrire solo i prigionieri. Poiché Kovner non aveva più la metà del veleno che aveva ottenuto nella Palestina mandataria, non ce n’era abbastanza nemmeno per questo sforzo su scala ridotta e così venne sviluppata a Parigi una tossina insapore e inodore a base di arsenico.

La missione di Dachau abortì dopo che venne fuori che i membri della cellula erano ricercati dalla polizia. Tuttavia, il 13 aprile 1946, i membri del Nakam che avevano trovato lavoro nella panetteria che riforniva il campo per prigionieri di guerra Stalag 13 di Langwasser, vicino Norimberga, riuscirono a intossicare 2,283 prigionieri tedeschi con 3,000 pagnotte prima di fuggire in Cecoslovacchia con l’aiuto di Maimon.

Un’altra piega sorprendente di questa storia, è che non vi furono morti registrate – un fatto che non è mai stato spiegato in modo adeguato. In realtà, un rapporto declassificato americano scoperto di recente dall’Associated Press ha mostrato che nel campo c’era arsenico sufficiente per uccidere 60,000 uomini.

Alcuni [dei Vendicatori] hanno detto che riuscirono ad uccidere dei criminali di guerra, ma le forze americane tennero la cosa nascosta perché non volevano suscitare il panico”, dice Paz. “Ma gli storici sono ancora divisi su questo argomento. Alcuni dicono che essi riuscirono [ad uccidere] in piccole quantità, altri dicono che non riuscirono affatto. Ma quando ci parlammo [con gli ex membri del Nakam] tutti loro dissero che hanno rimpianto fino ad oggi che il Piano B non fosse stato attuato. Perché per loro, il Piano B è pura, pura giustizia. Tutte le potenziali vittime erano soldati delle SS, soldati nazisti che avrebbero dovuto morire. Riguardo al Piano A, è molto più complicato”.

Questa complessità all’epoca provocò disaccordi tra i membri del Nakam. Molti abbandonarono a causa delle dimensioni del Piano A, ritenendo che fosse un atto di vendetta troppo sanguinario, anche per qualcosa di così inumano e impensabile come l’Olocausto. Ma altri non si facevano scrupoli.

Nel 2016, Joseph Harmatz, che all’epoca aveva 91 anni ed era uno dei pochi Vendicatori allora sopravvissuti, parlò all’Associated Press riguardo ai complotti – le sue parole suggerivano che egli avesse ancora dei rimpianti per il fallimento di entrambe le missioni.

Non volevamo tornare [in quello che sarebbe diventato lo stato di Israele] senza avere fatto qualcosa, ed è per questo che eravamo motivati”, egli disse. “Non capivamo perché non dovesse essere ripagato con la stessa moneta”.

Alla domanda su quale fosse la missione del gruppo, Harmatz, che aveva perso la maggior parte della propria famiglia nell’Olocausto e che aveva fatto parte degli avvelenatori di Norimberga, replicò: “Uccidere i tedeschi…il maggior numero possibile”.

Anche Maimon parlò all’AP. All’epoca novantaduenne, anch’egli non si sentiva colpevole.

Era imperativo formare questo gruppo”, disse. “Se sono orgoglioso di qualcosa è di aver fatto parte di questo gruppo. Dio ce ne guardi se dopo la guerra fossimo solo tornati alla routine senza pensare di ripagare quei bastardi. Sarebbe stato orribile non rispondere a quegli animali”.

Dovremmo essere felici che la loro storia è una di quelle di “cosa sarebbe stato se”, almeno quando si trattò del Piano A. Il popolo del moderno Israele, dove Harmatz venne a vivere, dovrebbe essere particolarmente sollevato. Paz ritiene che se il piano avesse avuto successo, il paese quasi certamente non sarebbe esistito nella sua forma attuale.

Penso che [il Piano A] fosse orribile, egli dice. “Penso che fosse una cosa terribile. Le Nazioni Unite fecero di Israele una nazione a causa di ciò che il popolo aveva sofferto, a causa dell’Olocausto, perché capirono che avevamo bisogno di un posto sicuro che fosse nostro. Penso che se anche centinaia o migliaia di ragazzi e di famiglie tedesche innocenti fossero rimaste vittime di questa operazione, essa avrebbe potuto mettere a repentaglio tutto. Penso che avrebbe avvelenato le fondamenta di questo stato”.

Le autorità tedesche indagarono Harmatz e Leipke Distal, che avevano operato sotto copertura nella panetteria, dopo che essi avevano rivelato nel 1995 le loro azioni nel corso di alcune interviste per un documentario. Comprensibilmente, le autorità non erano desiderose di perseguire dei sopravvissuti dell’Olocausto per aver cercato di vendicarsi dei nazisti e decisero di accantonare le accuse a causa delle “circostanze straordinarie”.

E allora, come ricordare i Vendicatori? Come giudicare uomini e donne morti quando nessuno di costoro venne giudicato in un’aula di tribunale? Alcune persone li considerano terroristi, altri eroi; la maggior parte avranno opinioni che si situano tra questi due estremi.

Una discussione se i loro scopi e metodi fossero giustificabili o comprensibili è un labirinto morale. La vendetta non è solo un istinto ma un istinto che ha formato le basi della punizione legale per millenni – anche se non si tratta sempre dell’“occhio per occhio”, si ritiene che dobbiamo pagare per i nostri crimini. Ma l’omicidio è sempre duro da giustificare – anche quando si tratta di infliggerlo agli assassini stessi.

Quello che cerchiamo di gettare al pubblico è: ‘se voi foste nei panni di queste persone, se avete perso tutto, quale potere vi controllerebbe?”, dice Paz. “Sarebbe il potere di ricominciare da capo, di proseguire con la vostra vita, o il potere che vi affonda? La vendetta è una cosa viziosa e che ancora guida il mondo attorno a noi”.

Anche nell’Israele moderno di oggi, questi circoli viziosi tra Israele e i palestinesi, dove ciascun lato non può andare avanti perché l’altro lato ha fatto questo o quello. Lo puoi trovare in tutte le zone di conflitto, che le persone purtroppo non possono dimenticare il passato e non possono andare avanti perché la vendetta è una cosa così primaria”.

Harmatz, nel documentario di Channel 4, spiega questa trappola perfettamente, mentre ci ricorda che è impossibile per ognuno di noi, come dice Paz, metterci nei panni di queste persone. Parlando dell’Olocausto, dell’aver visto le uccisioni di uomini, donne, bambini e neonati, dell’aver dovuto seppellire i loro corpi mutilati, egli ha detto:

Quando lo hai visto con i tuoi occhi allora ti invade così profondamente che, anche se vuoi liberarti da ciò, non puoi liberartene”. 

https://www.rt.com/op-ed/534441-germany-jews-second-world-war/

FINE DELL’ARTICOLO PUBBLICATO SU RUSSIA TODAY

Commento di Bocage-Info:

Questi Vendicatori erano dei dilettanti perché sei milioni di tedeschi sono morti lo stesso DOPO LA GUERRA, secondo il cancelliere Adenauer.

Il 23 marzo 1949, il cancelliere tedesco Konrad Adenauer fu ricevuto a Berna dal Consiglio federale in visita ufficiale. Fatto rarissimo negli annali della Confederazione, egli pronunciò nel Palazzo federale davanti alle due Camere riunite un’allocuzione storica che è magicamente scomparsa dalla memoria.

Ecco un estratto particolarmente eloquente di questo discorso:

«Secondo le cifre accertate dalle autorità americane, sui 13,3 milioni di tedeschi espulsi dalle loro regioni di origine, 7,3 milioni si sono attualmente rifugiati nella zona orientale [sotto il controllo sovietico] e soprattutto nelle tre zone occidentali. Sei milioni sono scomparsi dalla faccia della terra – sono morti, sono marciti. Dei 7,3 milioni rimasti in vita, la maggior parte sono donne, bambini e vecchi. Una gran parte degli uomini e delle donne capaci di lavorare sono stati deportati nei campi di lavoro sovietici. Lo sfollamento di questi 13-14 milioni di esseri umani, strappati da un paese che i loro antenati abitavano sovente da secoli ha provocato delle miserie senza fondo. Sono stati perpetrati dei crimini che meritano di essere posti a fianco di quelli dei nazionalsocialisti tedeschi. Ora, queste espulsioni in massa si basano sugli accordi di Potsdam del 2 agosto 1945. Sono convinto che la storia mondiale pronuncerà un giudizio molto duro su questo documento. […] Gli anni della fame, 1946 e 1947, hanno provocato enormi devastazioni dal punto di vista fisico e morale. […] La guerra è stata troppo atroce, le devastazioni del paese troppo terribili, la miseria fino al 1948 troppo pesante perché le popolazioni potessero già uscire dallo stupore in cui tutte queste disgrazie le avevano sprofondate».

(Konrad Adenauer, Mémoires 1945-1953, Hachette, 1965, pp. 190-191).

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