Robert Faurisson: Il caso Gregory Chelli

Robert Faurisson

IL CASO GREGORY CHELLI (ALIAS ULCAN, ALIAS VIOLVOCAL) OVVERO L’INAZIONE, FINORA, DELLA POLIZIA FRANCESE DI FRONTE A UNA FORMA DI TERRORISMO EBRAICO.

Di Robert Faurisson, lunedì 25 agosto 2014

Residente, pare, ora a Parigi dove è nato, ora da qualche parte in Romania, ora in Israele, precisamente a Ashdod, ai margini della Striscia di Gaza, il Franco-Israeliano Gregory Chelli, di una trentina d’anni, membro della Lega di Difesa Ebraica, si adopera, in particolare attraverso Internet, per rovinare la vita di coloro che considera antisemiti. Monta delle provocazioni mediante le quali irride i servizi di polizia. Finora sembra aver goduto di un’impunità paragonabile, fatte le debite proporzioni, a quella dello stesso Stato d’Israele. Tra i suoi bersagli più noti sono comparsi, fino adesso, Alain Soral e Dieudonné e le loro rispettive famiglie.

A nostra volta, mia moglie, alcuni membri della mia famiglia e io stesso abbiamo fatto le spese delle sue provocazioni. Io ho 85 anni e mia moglie, che ne ha quasi 83, è di salute cagionevole: la sua vista diminuisce, è soggetta a cadute e quando cade a terra non riesce a rialzarsi senza essere aiutata, necessita quasi costantemente della mia presenza al suo fianco; se devo assentarmi per più di mezza giornata, devo provvedere affinché non resti sola a casa. A partire dall’8 marzo 2012 come minimo, fintantoché ha potuto chiamarci al nostro vecchio numero di telefono, G. Chelli ci ha assaliti con un centinaio di telefonate di insulti, ingiurie, minacce, anche di morte e, insisto su questo punto, talvolta ha moltiplicato le aggressioni di cui si troveranno i dettagli qui di seguito. Si è impunemente preso gioco della polizia in genere e in particolare della Brigata anticrimine (BAC) che costa cara al contribuente. La polizia prende nota delle nostre denunce ma la cosa non ha alcun seguito o quasi.

Per incominciare, ecco un florilegio delle parole proferite dal mascalzone nei confronti di mia moglie e che talvolta è possibile ascoltare nelle registrazioni che diffonde su Internet, non senza prenderne gusto: “Puttana, ti cago e ti piscio sopra… mi fa piacere vedere la testa fracassata di tuo marito… Ti inculo, vi renderò la vita impossibile, chiamerò i vicini.” “La testa fracassata” allude a delle foto in cui mi si vede su un letto d’ospedale a seguito della sesta aggressione da parte di tre “giovani attivisti ebrei parigini”, avvenuta il 19 settembre 1989 a Vichy, dove abito. Dal novembre 1978 al maggio 1996 ho quindi subito dieci aggressioni, in particolare al palazzo di Giustizia di Parigi, dove la guardia del palazzo mi ha sistematicamente negato, expressis verbis, qualsiasi protezione: “Noi non siamo le Sue guardie del corpo!” oppure “Lei può certo recarsi da una parte o dall’altra [del palazzo] ma è a Suo rischio e pericolo!” o ancora da parte del tenente colonnello responsabile della Guardia: “Mio nonno era a Dachau…!” Neanche uno dei miei aggressori o degli organizzatori di queste aggressioni è stato mai arrestato. In un solo caso – quello del settembre 1989 – il responsabile ebreo di un’aggressione, nel corso della quale ci ho quasi rimesso la vita, è stato solamente interrogato; ha sostenuto che, il giorno in questione, si trovava molto lontano dal luogo dell’aggressione, presso un amico ebreo di cui ha fatto il nome; alla richiesta di fornire altri nomi, ha risposto che non poteva, perché il giorno in esame era quello di un… ballo in maschera al quale l’aveva invitato il suo amico.

La mia prima denuncia contro G. Chelli per molestie telefoniche e aggressioni è stata registrata presso il commissariato di polizia di Vichy il 9 marzo 2012 (verbale di Guy Dablemont, agente di polizia). Ho precisato allora che, il giorno prima, l’individuo aveva anche telefonato in piena notte a due miei vicini, dicendo al primo che c’era una fuga di gas a casa mia e che bisognava venire ad avvertirmi (cosa che il vicino, completamente in preda al panico, ha fatto) e annunciando al secondo che io ero un terrorista. Entrambi mi hanno dichiarato che restavano a disposizione della polizia, qualora fossero state richieste le loro testimonianze. Ma la polizia, a cui, previo consenso da parte loro, ho poi comunicato le loro rispettive identità nonché i loro indirizzi, non ha mai chiesto niente.

Già il 10 marzo 2012, lo storico Paul-Eric Blanrue, che sapevo essere notevolmente edotto in materia di attivismo ebraico, mi rivelava l’identità di G. Chelli e mi forniva una quantità di informazioni sull’individuo, che poi ho comunicato alla polizia. Domenica 11 marzo, nostro nipote B., di vent’anni, ci telefonava per informarci che, per ordine di suo padre, che abita nei pressi di Vichy, né lui né suo fratello gemello sarebbero più venuti a casa nostra, visto che il loro padre aveva ricevuto una telefonata [da G. Chelli] che gli annunciava che sarebbe stata incendiata casa sua. Bisogna dire che, in gioventù, il padre di questi gemelli aspirava a diventare magistrato ma aveva dovuto rinunciare ai suoi studi di giurisprudenza a causa dei guai che gli procurava la disgrazia di portare il mio cognome. In seguito, per lo stesso motivo, aveva altresì rinunciato ad altre due possibili carriere e viveva ossessionato dall’idea di perdere l’impiego che aveva comunque finito per ottenere. Alla fine, ha annunciato a parenti, amici e conoscenti che mi avrebbe ammazzato. Lo capisco e gli perdono.

Continuando la sua campagna, G. Chelli non la smetteva con le sue aggressioni telefoniche: “Figlio di puttana, figlio di puttana, figlio di puttana, un giorno ti faremo fuori… Aspettiamo che tu venga a Parigi a trovare Dieudonné, Soral. Fai schifo”. Mi rivolgo allora al commissariato e chiedo quando saranno convocati i miei due vicini e testimoni, cosî come desiderano. Risposta: saranno convocati. In realtà, come ho appena precisato, non lo saranno mai. Secondo verbale firmato M. Guy Dablemont il 12 marzo 2012. Al verbale non viene dato alcun seguito. Il 19 marzo ottengo un colloquio con il comandante Janiszewski del commissariato di Vichy. Quest’ultimo si mostra gentile e interessato, ma la questione resta senza seguito. Il 21 marzo gli scrivo. Invano. Durante tutto il mese di maggio, ho a che fare, per quattro volte, negli uffici del commissariato, con il maggiore Gay, il quale mi fa una strana obiezione; poiché la questione chiama in causa YouTube, mi dichiara senza pensarci su: “La polizia non può nulla con [contro] YouTube. Il 21 giugno mi promette che si occuperà dei numeri telefonici dai quali sono stato chiamato ma mi avverte che non avrò il diritto di prendere nota di questi numeri né di ottenere i nomi e gli indirizzi dei titolari. Il 30 giugno, G. Chelli imbattendosi al telefono in mia moglie, le annuncia: “Ti metteremo dei vetri rotti nella figa”. Il 9 gennaio 2013, il farabutto si fa passare per medico e mi comunica: “Qui l’ospedale di Chabanais [Charente]. Sua moglie è morta”.

Il 9 febbraio 2013, mentre le molestie continuano, accade un grave incidente. Verso le tre del mattino, tre poliziotti della BAC si presentano a casa nostra. Pare che al telefono una voce che sembrava la mia abbia detto loro: “Sono appena stato aggredito da tre Neri; si trovano nella mia cantina e stanno violentando mia moglie”. Tento di ottenere un appuntamento con il comandante Janiszewski. Impossibile. Mi promettono che mi telefonerà. Non lo farà. Nel recarmi al commissariato, sono passato per il Boulevard de la Salle sul marciapiede sinistro. Un vecchietto che poco tempo prima se ne era uscito con: “Oh! Lei, Lei andrà all’inferno” e che, senza che io gli avessi risposto, mi aveva seguito dandomi della “carogna”, si trova sul marciapiede destro intento a conversare con il meccanico del quartiere e un’altra persona. Mi scorge. Parla forte, ma io non distinguo le sue parole che sono manifestamente rivolte a me e sono infuocate. Questa volta decido di andare a chiedergliene conto. Mi avvicino a lui e gli chiedo la ragione del suo atteggiamento. Mi risponde: “Dovrebbe vergognarsi di negare l’esistenza dei campi di concentramento”, dimostrando così che non ha letto niente dei miei scritti! È un pensionato della scuola pubblica: un ex ispettore scolastico dal nome di Jacques Thierry.

Vorrei parlare della questione al comandante Janiszewski, ma non riesco a mettermi in contatto on lui.

Il 21 febbraio finalmente lo vedo. Mi annuncia: “Hanno il numero [di telefono di G. Chelli]” ma, naturalmente, tale numero non mi viene rivelato e io non saprò mai quale sia stato il seguito dato a questa scoperta. Per quanto riguarda gli incidenti con l’ex ispettore scolastico, mi dice: “Ne parleremo dopo” ma “dopo” non abbiamo parlato di niente. Altro verbale di denuncia, questa volta a firma di Bernard Manilère, agente di polizia.

Altre chiamate, altri insulti il 14, 16 e 17 marzo: “Sei ancora vivo, figlio di puttana!” “Allora, schifoso, vecchia ciabatta, vecchia ciabatta, vecchia ciabatta”. Il 19 marzo, invio un’altra lettera al comndante Janiszewski, segnalandogli che le molestie subite fino a quel giorno durano da più di un anno e che non so nulla dell’inchiesta salvo che sarebbe stato trovato il numero di telefono del farabutto. Nessuna risposta.

Il 3 aprile 2013: “Andrò a urinare sulla tua tomba… Gran figlio di merda… Tua figlia… Tuo figlio ti ha rinnegato come un cane… Tua moglie vende i suoi quadri. Sono Gregory Chelli… Ho chiamato il tuo vicino per la fuga di gas… Farò dei video YouTube”.

Dato che ho finito per cambiare numero di telefono, il che mi ha arrecato un danno considerevole, mia moglie e io non riceveremo più insulti, ingiurie o minacce che potrebbero portare a vie di fatto. Ma la situazione si aggraverà all’improvviso.

Il giornale che più mi ha calunniato in Francia a partire dalla fine degli anni ’70 e che mi ha dato in pasto ai cani, “Le Monde”, oggi di proprietà di Louis Dreyfus, quest’estate si mette a denunciare le pratiche di G. Chelli, perché quest’ultimo rimprovera ai suoi giornalisti le loro critiche nei riguardi dell’attuale comportamento dello Stato d’Israele in Palestina, in particolare a Gaza. Il capovolgimento della situazione è curioso. La vittima del mascalzone non è più Faurisson di cui il giornale non riportava quasi nulla in merito alle aggressioni che doveva subire; al contrario, “Le Monde” capeggiava le campagne mediatiche condotte contro i revisionisti chiamati “i cocciuti della menzogna, i gangster della storia” di cui io sarei il prototipo. Questa volta la vittima è innanzi tutto un settimanale di sinistra che beneficia di lauti contributi dell’alta finanza, “Le Nouvel Observateur” o il suo sito Internet chiamato Rue89. Vedere «Qui est le hacker sioniste soupçonné d’avoir piraté Rue89?» (“Chi è l’hacker sionista sospettato di aver violato Rue89?) (“Le Monde” 10-11 agosto 2014, pag. 7 oppure http://www.lemonde.fr/societe/article/2014/08/08/ouverture-d-une-information-judiciaire-apres-le-piratage-de-rue89_4469405_3224.html). Vedere anche: « ‘Le Monde’ e ‘Le Nouvel Observateur’ solidaires de Rue89 » (“Le Monde” e “ Le Nouvel Observateur” solidali con Rue89”),  12 agosto 2014, pag. 7 o http://www.lemonde.fr/actualite-medias/article/2014/08/10/attaques-informatiques-le-monde-et-le-nouvel-observateur-solidaires-de-rue89_4469720_3236.html. Più in particolare, il giornalista preso di mira è Benoît Le Corre; a tal  proposito racommando il video https://www.youtube.com/watch?v=Cg-EFZkj7nI. Il padre del giornalista, sentendo le parole del farabutto, ha un attacco cardiaco e i medici lo pongono in stato di coma farmacologico; vedere  http://rue89.nouvelobs.com/2014/08/14/vengeance-dun-pseudo-hacker-contre-rue89-vire-tragique-254205. Che in tale circostanza la faccenda abbia avuto un risvolto tragico non mi stupisce; io stesso ho avuto un infarto il 16 ottobre 2012 in circostanze analoghe.

Ho una lunga esperienza delle aggressioni ebraiche; spesso mirano alla zona del cuore. Il 12 luglio 1987, sono stato picchiato con una violenza incredibile dall’ebreo Nicolas Ullmann allo Sporting-Club di Vichy senza avere la minima possibilità di difendermi: tutti i colpi sono stati allora inferti al petto che, quattro giorni dopo, era diventato un enorme livido. “Il tipo che L’ha ridotta così era un bombardiere!”: tale é stata la riflessione del medico di origine camerunese dell’ospedale di Confolens (Charente) alla vista dei danni. Come ho fatto spesso, non ho sporto denuncia, perché non avevo abbastanza denaro da permettermi i servigi di un avvocato e l’esperienza mi aveva insegnato che in caso di processo il mio aggressore sarebbe stato assolto a beneficio della buona fede oppure condannato a versarmi una somma irrisoria come risarcimento. Per molti magistrati francesi, la buona fede dei miei avversari è automatica. Nel 2007, l’ex ministro della Giustizia Robert Badinter, che aveva avuto la shutzpah di affermare alla televisione che in qualità avvocato della LICRA mi aveva fatto condannare nel 1981 come “falsario della storia”, nel corso del processo che allora gli intentavo per diffamazione si era dimostrato incapace di fornire la prova della sua asserzione. E giustamente: mai in vita mia sono stato condannato per aver falsato o falsificato qualcosa; il tribunale aveva dovuto constatarlo e dichiarare che R. Badinter “non era riuscito a fornire la prova” (pag.16 della sentenza) ma, avevano osato aggiungere i magistrati, R. Badinter era stato in buona fede! E, avendo perso il mio processo, avevo dovuto allora versare 5 000 euro al mio ricchissimo “diffamatore in buona fede”. L’anno precedente, lo storico Pierre Vidal-Naquet, il più inetto dei miei avversari aveva scritto, il 6 gennaio 2006, sul sito di “Libération”: “Se avessi avuto Faurisson tra le mani, non avrei esitato a strangolarlo”.  Sapeva che, oppresso dalle multe e da altre pene pecuniarie, non mi sarei affatto arrischiato a promuovere delle azioni giudiziarie e che in caso di processo avrebbe potuto contare su un tribunale con Nicolas Bonnal come presidente e François Cordier come sostituto, due complici che avevano seguito dei corsi speciali di storia della Shoah organizzati dal Centro Simon Wiesenthal di Parigi e dal Consiglio rappresentativo delle istituzioni ebraiche di Francia (CRIF).

All’improvviso, sabato 16 agosto 2014, mezz’ora dopo mezzanotte, spuntano a casa nostra, in preda a una forte tensione nervosa, quattro membri della BAC e due poliziotti in divisa. I membri della BAC sono giunti sul posto in tenuta antisommossa. L’ufficiale responsabile non si presenta né dice il proprio nome. Un vicino, non coinvolto nell’episodio dell’anno precedente, è uscito di casa in pigiama. Ha teso a un poliziotto il cellulare con il quale era ancora in conversazione con Chelli. È quest’ultimo che si sente in una lunga registrazione.  Il vicino, quanto a lui, non è completamente in sè. Non avrebbe dovuto seguire le istruzioni del delinquente e uscire quindi di casa in piena notte.

Ma moglie è sconvolta. Non riesce più a dormire. Personalmente mi rifiuto di soffermarmi troppo a lungo sulle conseguenze di ciò che io chiamo “il supplizio ebraico”. Non so cosa sia il supplizio cinese ma conosco il supplizio ebraico: è particolarmente vizioso. La mia mente si sforza di cancellare queste contingenze, ma il fisico, da parte sua, non dimentica niente. Da molti lunghi anni non mi lascia proprio in pace, soprattutto la notte quando le grida che lancio nei miei incubi svegliano chi mi sta intorno. Sorrido e mi capita persino di ridere. Questione di temperamento. Rido ad esempio con il mio amico Dieudonné e faccio mio il verdetto di Pierre Guillaume: “La risata suscitata da Dieudonné è la soluzione finale della questione ebraica” (Si tratta qui di un gioco di parole intraducibile in italiano; poiché Dieudonné – Dieu donné – significa letteralmente “donato da Dio” al pari del cognome italiano Deodato; la frase in francese suona come segue: “La risata donata da Dio è la soluzione finale della questione ebraica” N.d.T.).

Apprendo che il mio nuovo fascicolo è nelle mani, guarda caso, del maggiore Gay. L’individuo non ha fatto nulla in passato e non farà nulla in futuro. Per tre volte, verso le ventuno, ora alla quale prende servizio, mi reco al commissariato per tenerlo informato di ciò che ho raccolto, nel corso della giornata, sul conto di G. Chelli, ma palesemente il caso non lo interessa e mi prega di riportare a casa i miei resoconti scritti. Alla mia terza visita infine una sorpresa: mi informa che il mio fascicolo viene trasmesso al Servizio regionale di polizia giudiziaria (SRPJ) di Clermont-Ferrand. Guarda caso, ancora una volta il fascicolo è nelle mani di un comandante che, qualche giorno prima, su denuncia della LICRA di Strasburgo, è venuto a Vichy per pormi, presso il commissariato, quindici domande riguardanti due articoli apparsi sul “Blog non ufficiale di Robert Faurisson”. Ciononostante, mi sono essenzialmente permesso di far registrare nel verbale la mia frase rituale: “Rifiuto di collaborare con la polizia e la giustizia francesi nella represssione del revisionismo storico”. Cortese e sorridente non mi è sembrato avercela con me, perché in tale circostanza ho esercitato un diritto previsto dalla legge.

Mi sorprendono, tutti questi ebrei così come tutte quelle persone che vivono nel timor panico che ispirano loro, a buon diritto, coloro che io chiamo “gli ebrei più ebrei degli altri”. Pensano che mi si possa intimidire; ora, posso dire che se spesso ho avuto paura, sono stato scoraggiato, angosciato, non conosco la ritrosia. Mi credono francese e intelligente. Per loro, dopo quarant’anni di lesioni personali, di processi, di oltraggi di ogni tipo, e soprattutto dopo tante rappresaglie contro mia moglie, i miei figli e i miei nipoti, sarebbe strano se non crollasi. Si sbagliano. Vanno avanti accecati dall’odio. Io no. Certo, sono francese da parte di padre ma, da parte di madre, sono britannico o, piuttosto, scozzese. A differenza del Francese purosangue, nato scaltro, con l’occhio che brilla d’intelligenza, io non vedo alcun motivo di pensare che la mia battaglia sia persa in partenza. Sono addirittura convinto del contrario. Ricordiamoci dei Britannici nel 1940. Erano perduti. Ottusi, non l’hanno capito. Allora, con l’appoggio decisivo, surrettizio in principio, dei loro cugini d’oltre Atlantico, hanno continuato la battaglia ed è così che hanno vinto. Ma, mi raccomando, che non mi si prenda per questo per un ammiratore dell’alcolizzato Winston Churchill! Sotto la sua guida, gli Alleati, da perfetti “democratici”, hanno regalato a Stalin gran parte dell’Europa, hanno accumulato i peggiori crimini in Europa e altrove, mentre i loro specialisti della propaganda, come all’epoca della prima guerra mondiale, hanno mentito a più non posso, attribuendo, ad esempio, ai Tedeschi l’invenzione di “officine di cadaveri” che, durante la seconda guerra mondiale, sarebbero diventate “officine della morte [con il gas]” edificate ad Auschwitz o altrove. La loro propaganda ha avallato al contempo la gigantesca mistificazione ebraica del preteso sterminio degli ebrei (che ha prodotto milioni di miracolati), delle pretese camere a gas naziste e dei pretesi sei milioni. Infine, dopo gli Americani, incorrono in una pesante responsabilità nel crimine per antonomasia costituito dalla pagliacciata giudiziaria del Tribunale militare internazionale (tre menzogne in tre parole) di Norimberga, presieduto da un magistrato britannico; l’articolo 19 dello statuto di questo tribunale rende noto che “il Tribunale non sarà legato dalle regole tecniche relative all’amministrazione delle prove…” mentre l’articolo 21 specifica che “Il Tribunale non esigerà che sia prodotta la prova di fatti di notorietà pubblica ma li riterrà acquisiti. Considererà anche come prove autentiche [una serie interminabile di documenti e rapporti firmati dai vincitori in merito ai crimini del vinto]…”. È così che il rapporto sovietico sul massacro di migliaia di soldati polacchi di Katyn attribuito ai Tedeschi avrà, come una miriade di altri rapporti, uno più assurdo dell’altro, valore di prova autentica senza possibilità di appello e per l’eternità. Un triplo applauso per gli Alleati in generale e anche per quei Francesi alla Fabius che hanno basato la loro legge antirevisionista del 1990 sul… processo di Norimberga!

Sul piano strettamente storico e scientifico, noialtri revisionisti, abbiamo fatto mordere la polvere a tutti i nostri avversari, senza eccezione. Per non citare che questi esempi, i Raul Hilberg, Léon Poliakov, Georges Wellers, Pierre Vidal-Naquet, Jean-Claude Pressac, Robert Jan van Pelt sono stati annientati. Per R. Hilberg, rivedendo da cima a fondo la sua prima tesi, sotto l’influenza, come da lui ammesso, di “Faurisson e altri”, non esiste in fin dei conti alcun documento che attesti uno sterminio perché, pare, in seno alla “vasta burocrazia” tedesca i burocrati hanno deciso di non procedere allo sterminio degli ebrei che “attraverso un incredibile incontro di spiriti, una trasmissione consensuale del pensiero” e senza lasciare alcuna traccia scritta della loro gigantesca impresa. Per L. Poliakov, “non è rimasto alcun documento, né forse è mai esistito”. Per G. Wellers, le camere a gas naziste sono state il più grande dei segreti possibili, “un segreto di Stato”. Per P. Vidal-Naquet, non bisogna credere al suo correligionario Arno Mayer, professore a Princeton, che ha scritto: “Le fonti per lo studio delle camere a gas sono rare e dubbie al contempo” ma è opportuno fidarsi di J.-C. Pressac e delle sue “elucubrazioni sulle gasazioni” (il termine “gazouillages” è un gioco di parole coniato dal Prof. Faurisson, fusione di gazage = gasazione + gazouiller = balbettare = gazouillage ed è intraducibile in italiano N.d.T.); ora, come si sarebbe scoperto in seguito, proprio Pressac doveva finire per capitolare in aperta campagna e sentenziare infine che, “imputridita” da troppe menzogne, la storia ufficiale dei campi tedeschi era destinata alla “spazzatura della storia”. Per R. van Pelt, “l’ultimo dei Mohicani ebrei”, Auschwitz-Birkenau, visitato da milioni di turisti, non contiene alcuna prova fisica (physical evidence) di uno sterminio degli ebrei.

Ancora poco tempo fa il grande pubblico ignorava queste “vittorie del revisionismo” (vedere online, con tutti i riferimenti necessari, i due studi che ho dedicato all’argomento, rispettivamente su  http://robertfaurisson.blogspot.it/2006/12/les-victoires-du-revisionnisme.html e   http://robertfaurisson.blogspot.it/2011/09/les-victoires-du-revisionnisme-suite.html) ma grazie a Internet e soprattutto all’arrivo della terza generazione dopo la mostruosa carneficina del 1939-1945, cominciano ad apparire alla luce del giorno le più grandi menzogne dei vincitori della seconda guerra mondiale. Incontestabilmente il tam-tam olocaustico o shoahtico nonché la denuncia del revisionismo da parte delle forze di cui dispone il pensiero unico non fanno che aggravarsi. E allora? Una folta schiera di giovani di questa terza generazione scopre con entusiasmo le conquiste del revisionismo storico.

Ebreo, socialista e milionario, l’ex primo ministro Laurent Fabius si è illustrato per la sua attività in favore della sua “comunità” a livello nazionale e internazionale. Si è distinto, in particolare, per il suo ruolo personale nella repressione esercitata contro coloro che osano rimettere in discussione la Santa Trinità della religione dell’”Olocausto” o della “Shoah”. In base a una legge del 13 luglio 1990, spesso chiamata “legge Fabius-Gayssot” ma che dovrebbe portare semplicemente il nome di “legge Fabius”, i magistrati francesi condannano pesantemente i revisionisti che dai loro lavori di ricerca e dalle loro indagini, simili a quelle dei tecnici della polizia scientifica, hanno concluso che non è mai esistito 1) un crimine eccezionale chiamato “sterminio degli ebrei d’Europa” con un ordine di sterminare e un piano di sterminio, 2) un’arma altrettanto eccezionale chiamata “camera a gas” (o “camion a gas), 3) un totale di sei milioni di vittime ebree.

Quanto all’ex moglie di L. Fabius, Signora Françoise Castro, ebrea, ci ha rivelato già nel 1986 che “Straordinaria novità nel comportamento politico, la sinistra ha permesso a delle milizie ebraiche di insediarsi in determinati quartieri di Parigi, ma anche a Tolosa, a Marsiglia a Strasburgo [e di avere] contatti regolari con il ministro dell’Interno (“Le Monde” 7 marzo 1986, pag. 8). Sugli impressionanti trascorsi di queste milizie, rimando il lettore a uno studio di diciotto pagine dal titolo “Milices juives. Quinze ans – et plus – de terrorisme, en France” (“Milizie ebraiche. Quindici anni – e più – di  terrorismo in Francia”) che ho pubblicato il 1° giugno 1995 (Ecrits révisionnistes pagg. 1694-1712 e  che si trova su http://robertfaurisson.blogspot.it/1995/06/milices-juives-quinze-ans-et-plus-de.html).

In molte altre parti dei miei Ecrits révisionnistes (sette volumi pubblicati e almeno altri due di prossima pubblicazione) si troveranno degli esempi concreti dei privilegi di cui beneficiano i malfattori ebrei, in particolare al palazzo di Giustizia di Parigi. Con la complicità delle istanze superiori della Guardia del palazzo nonché di magistrati quali il sostituto François Cordier e il presidente della XVII sezione penale Nicolas Bonnal (entrambi menzionati in precedenza), senza dimenticare il presidente Jean-Yves Monfort (avendo osato quest’ultimo fare appello, in diretta alla radio, ai bravi cittadini a provocare “disordini” [sic] se non sommosse per manifestare il proprio sostegno alla giustizia francese contro i revisionisti). Si sono svolte vere e proprie sedute di linciaggio, nonostante la presenza della Guardia del palazzo, dei revisionisti o dei loro simpatizzanti, nel cuore del palazzo. E non si è trovato un solo giornalista della grande stampa per denunciare questa caccia all’uomo in cui le guardie e più raramente i gendarmi recitavano la stessa spaventosa commedia: lasciare gli ebrei riunirsi e colpire, poi permettere loro di fuggire, a costo di vedere queste guardie e questi gendarmi prodigarsi in seguito per le vittime – scene grottesche di pura sceneggiata – come delle bambinaie con i pargoli affidati alla loro custodia.

A coloro ai quali interessa l’eterna “questione ebraica”, che personalmente non mi appassiona affatto, raccomando la lettura degli scritti di Hervé Ryssen. Per quanto mi riguarda, ho concentrato la mia attenzione sulla religione dell’”Olocausto” o della “Shoah”, una religione con pretese storiche che è certameente di origine ebraica ma che regna in tutto il mondo occidentale tanto presso gli ebrei che presso i Goim o Gentili. Tale religione è in crisi. Troppi storici hanno finito per mostrare il carattere fallace delle affermazioni di questo preteso tribunale, nel quale, a Norimberga, i vincitori coalizzati si permettevano di giudicare un nemico che avevano sgominato e tenevano alla loro mercè nelle peggiori condizioni. Questa religione si è data un carattere ufficiale in molti paesi democratici tra cui la Francia, le sue affermazioni in materia di storia hanno acquisito forza di legge.

Ora, se il dovere di un cittadino è quello di rispettare la legge, è anche quello di lottare contro “la forza ingiusta della legge”, cioè la tirannia. Il nostro dovere è dunque quello di opporre “resistenza” (maiuscolo nel testo francese in riferimento alla Resistenza francese durante la seconda guerra mondiale N.d.T.) alla più gigantesca impostura dei tempi moderni anche e soprattutto se questa è protetta dai poliziotti, dai gendarmi, dai magistrati e dalle guardie carcerarie.

In un prossimo futuro, sarà interessante vedere la polizia e la giustizia francesi all’opera, così attive quando si tratta di prendersela con la libertà di ricerca e d’espressione di intellettuali revisionisti e così passive quando bisognerebbe far cessare le attività criminali di un delinquente ebreo che, oltre tutto, prende in giro i poliziotti e i magistrati francesi.

Io sto di vedetta, osservo, ne renderò conto.

25 agosto 2014

Integrazione del 30 agosto 2014: un altro mio vicino, restauratore in città, mi ha appena rivelato che, nella notte del 16 agosto, volendo rientrare al proprio domicilio, si è visto impedire l’accesso dai poliziotti che, in preda all’agitazione e pronti a sparare, gli hanno intimato, armi in pugno, di allontanarsi perché il suo vicino Faurisson era estremamente pericoloso. C’è da credere che questi poliziotti, riuniti negli uffici del commissariato di polizia di Vichy prima di partire per l’operazione, non sono stati informati del trattamento che da due anni e cinque mesi mi faceva subire impunemente un mistificatore che, già il 9 febbraio 2013, aveva preparato un copione identico a quello che aveva appena ripetuto quel 16 agosto 2014. Se lo avessero saputo, forse non avrebbero manifestato tanto nervosismo. Ma forse le autorità superiori cercavano l’incidente. Dopo tutto, da una quarantina d’anni, a Vichy, né le autorità di polizia né le autorità municipali hanno manifestato, salvo in un caso, alcun interesse per la sicurezza di un Faurisson.

Un gang sioniste a terrorisé ma mère : que va faire la police?

Gregory Chelli

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