Furio Colombo: giornalista, “and not only this”

Furio Colombo: giornalista, “and not only this”

 

Ve li ricordate i migranti africani riconsegnati alla Libia
quando ancora c’era Gheddafi?[1]

 

All’epoca si indignarono in molti, a cominciare da Furio
Colombo, acerrimo nemico di quel trattato con la “Grande Jamahiria popolare e socialista” da lui definito “di smodata
amicizia”[2].

 

E avete presenti i drammi relativi al Centri di Permanenza
Temporanea[3]
altrimenti detti Centri di detenzione per stranieri in Italia?

 

Non è difficile trovare chi si indigna, a
cominciare, anche qui, da Furio
Colombo[4].

 

Più difficile però è trovare qualcuno che si ricordi degli
orrori compiuti sui detti migranti da parte dei “ribelli” di Bengasi[5].

 

Come è pure difficile trovare chi si indigni per il centro di detenzione per immigrati
illegali approvato in Israele alla fine del 2010[6].
Immigrati africani detenuti in Israele

I professionisti dell’indignazione in questi casi latitano,
a cominciare, naturellement, da Furio
Colombo.

Silenzio di tomba anche sulla motivazione addotta in
proposito da Netanyahu: “l’ondata di immigrati minaccia i posti di lavoro
israeliani e potrebbe cambiare il
carattere del paese
[7] che, se
espressa da qualunque altro premier del mondo avrebbe fatto stracciare le vesti
ai detti professionisti.

 

Quando si dice lo strabismo ideologico…
Tel Aviv: manifestazione di immigrati africani tenutasi il mese scorso
Su questo centro di detenzione giungono ora informazioni
aggiornate dal sito Electronicintifada.net[8]:

 

“La
settimana scorsa il parlamento israeliano ha aggiornato una legge risalente a
59 anni fa che aveva originariamente lo scopo di impedire a centinaia di
migliaia di rifugiati palestinesi di ritornare nelle case e nelle terre da cui
erano stati espulsi quando venne fondato Israele. Lo scopo della draconiana Prevention of Infiltration Law[9] [Legge di
prevenzione dell’infiltrazione] del 1954 era di rinchiudere tutti i palestinesi
che fossero riusciti a sfuggire ai cecchini posti a guardia dei confini del
nuovo stato. Israele riteneva che solo atroci punizioni e la deterrenza le
potessero assicurare il mantenimento della schiacciante maggioranza ebraica che
aveva da poco creato attraverso una campagna di pulizia etnica.

 

“Sono
trascorsi sei decenni ed ecco che Israele si affida di nuovo alla legge
sull’infiltrazione, questa volta per impedire una nuova presunta minaccia alla
sua esistenza: l’arrivo, ogni anno, di diverse migliaia di africani disperati in cerca di asilo[10]. Come fece
con i palestinesi molti anni fa, Israele ha criminalizzato questi nuovi
rifugiati – rifugiati, nel loro caso, per essere fuggiti dalla guerra, dalle
persecuzioni o dal crollo economico.

 

“Intere
famiglie possono essere ora internate, senza processo, per tre anni in attesa
dell’esecuzione dell’ordine di espulsione, e gli israeliani che offrono loro
aiuto rischiano condanne al carcere fino a 15 anni. L’intenzione di Israele è a
quanto pare di mettere il maggior numero possibile di questi rifugiati dietro
le sbarre, e di dissuadere gli altri dal seguirne le orme.

 

“A tale
scopo, le autorità hanno approvato la costruzione di un enorme campo di
detenzione, diretto dalle autorità
carcerarie
di Israele, per contenere 10.000 di questi nuovi arrivati
indesiderati. Questo farà di tale struttura la più grande del mondo nel suo
genere: secondo Amnesty International, essa sarà tre volte più grande di quella
che era stata la più grande finora, nel molto più popoloso – nonché amante del
castigo divino – stato americano del Texas.

 

FINE DEL TESTO DI ELECTRONICINTIFADA.NET

 

Una conferma – se ve ne fosse bisogno – che nello stato ebraico
avere la pelle nera comporti dei grossi problemi non solo per i migranti ma per gli stessi cittadini israeliani,
giunge poi dalla notizia della manifestazione
tenutasi a Gerusalemme lo scorso 18 gennaio da parte di israeliani di origine etiopica per protestare contro la
discriminazione razziale[11]
:

 

“Diverse
migliaia di israeliani, essenzialmente di origine etiopica, hanno manifestato
il 18 gennaio a Gerusalemme per denunciare il razzismo e le discriminazioni di
cui si dicono vittime. Dopo tre decenni, lo stato ebraico ha organizzato delle
grandi ondate di immigrazione degli ebrei etiopici – i Falasha – ma la loro integrazione resta difficile”.

 

Manifestanti israeliani di origine etiopica contro il razzismo in Israele

 

Come dare loro torto? Ve  la
ricordate quella canzone, “Vorrei la pelle nera”?

 

 

Non sembra molto di moda in Israele, anche a giudicare da immagini
come questa:
Massiccia protesta in Israele per tenere fuori gli ebrei di pelle scura dalle scuole per ebrei bianchi

Di tutto ciò, negli articoli di Furio Colombo non si trova mai
traccia.

Come mai?

 

Forse perché, come rilevava a suo tempo Paul Grubach[12]
a proposito dell’Anti-Defamation League, le motivazioni umanitarie di Furio
Colombo sono “in massima parte, una facciata ideologica, un metodo per
promuovere furtivamente gli interessi ebraico-sionisti sotto le vesti della
moralità”?

 

Forse perché, Furio Colombo – come l’ADL – ”predica
l’uguaglianza universalistica e la mescolanza razziale per i non ebrei mentre
conserva un’identità di gruppo esclusivista/separatista per gli ebrei”[13]?

 

Non è così? Non è forse vero che l’”unica democrazia del
Medio Oriente” è fondata proprio sulla predetta identità
esclusivista/separatista?

 

Insomma, per dirla ancora con Paul Grubach, “è difficile
credere che costoro credano sinceramente negli ideali dell’uguaglianza e del
multiculturalismo quando essi sono i sostenitori più ardenti d’Israele, una
società separata e diseguale in cui la discriminazione è parte dell’ordine
costituito e la supremazia ebraica è fissata per legge”[14].

 

Certo, non si può negare a Furio Colombo di portare avanti
il proprio “ardente sostegno” a Israele in modo molto professionale. Talmente
professionale da aver fatto dire a qualcuno che quella del giornalista non è la sola professione di Colombo (a parte
ovviamente il suo impegno da parlamentare).

 

Ne
scrisse a suo tempo Maurizio Blondet nel suo Gli «Adelphi» della dissoluzione[15]
(il passo è quello del dialogo tra Blondet e il suo “anonimo” informatore nel
capitolo XXI: SCRIVERE UN ROMANZO?)

 

 “Sospira. Si china, e
tira fuori da quella sua borsa un volumetto. Un tascabile Mondadori. Lo mette
sul tavolino e lo spinge col dito davanti a me. Leggo: Marc Saudade, Bersagli mobili.

 

“L’ha letto, questo?

 

“Anni fa. Mi pare.

 

“«Marc Saudade», naturellement,
è uno pseudonimo. Anni fa Enrico Filippini, su Repubblica, ha fornito dati sicuri per identificarlo in Furio
Colombo.

 

“Furio Colombo?

 

He lives in New York.
Fiduciario della Fiat in Usa. Giornalista.
And not only this. Lo conosce?”.

 

…And not
only this
. E non solo questo.

 

Nel prosieguo del dialogo con Blondet l’”anonimo” in questione
adombra l’appartenenza di Colombo a qualche “servizio”:

 

The
intelligence agencie
s. Scrivono romanzi e li
pubblicano, non sapeva? E li leggono: in tutti i servizi c’è un ufficio che non
fa altro che leggere novels. Gialli,
romanzetti d’azione, a volte best-sellers[16].

 

Il passo suddetto non era forse ignoto a Giancarlo Perna
che, nel 2008, ribatteva argutamente il tasto “Saudade”:

 

“La fissazione di Colombo
per gli pseudonimi è antica. Negli anni ’80, quando viveva a New York ed era
responsabile delle pubbliche relazioni della Fiat Usa, Furio scrisse con lo
pseudonimo di Marc Saudade tre romanzetti osé (Mondadori), con sesso, sadismo e
un pizzico di pedofilia. Il più noto, “Bersagli mobili”, parlava di funzionari
Onu coinvolti in traffici di bambini laotiani e cambogiani”[17]

 

Vecchi sospetti, vecchie ombre che si ripropongono a distanza di anni: Furio
Colombo fa forse parte di qualche servizio, magari straniero?

 

Io suggerirei ai lettori di domandarglielo direttamente: in tempi
come questi di complotti alla luce del sole può darsi persino che vi risponda,
in senso affermativo.

 

E la domanda, è bene precisarlo, sarebbe assolutamente lecita, anche alla luce delle campagne
non solo decisamente contrarie all’interesse nazionale ma spiccatamente diffamatorie condotte negli ultimi anni dal “Fatto
Quotidiano”, il giornale di cui Colombo è una delle figure-guida (la campagna
diffamatoria contro Putin a causa del gasdotto South Stream, la campagna
diffamatoria contro Gheddafi a causa del Trattato di amicizia con l’Italia, la
campagna diffamatoria contro i coniugi Guarguaglini[18],
rei di aver reso Finmeccanica competitiva a livello internazionale).

 

Certo, l’eventualità non sarebbe priva di una sua – sinistra – suggestione
(considerati i seguaci che in questi anni Colombo si è cresciuto in redazione):
nel Bosco di Betulle[19]
del giornalismo italiano, accanto ai vecchi tronchi, pullulano funghi e
funghetti…

 

 

[5] Gli orrori dei ribelli di Bengasi omessi da
Furio Colombo
: https://www.andreacarancini.it/2011/06/gli-orrori-dei-ribelli-di-bengasi/
[7] Ibidem,
grassetti miei. All’epoca, vi scrissi il post Israele approva campo di detenzione per migranti africani: https://www.andreacarancini.it/2010/12/israele-approva-campo-di-detenzione-per/
[8]
Dall’articolo Bunker state cemented by
new Israeli law against refugees
(Lo stato bunker cementato dalla nuova
legge israeliana contro i rifugiati), del 19 gennaio 2012 (http://electronicintifada.net/content/bunker-state-cemented-new-israeli-law-against-refugees/10834
), traduco il brano che qui ci interessa.
[11] Des Israéliens d’origine éthiopienne  manifestent contre la discrimination raciale
[Degli israeliani di origine etiopica manifestano contro la discriminazione
razziale]: http://www.rfi.fr/afrique/20120119-milliers-israeliens-origine-ethiopienne-manifestent-contre-le-racisme-subi
[13] Ivi.
[14] Ivi.
[15]
Edizioni Ares, Milano, 1994, p. 223 e seguenti.
[16] Ivi, p.
224.
[18] Sulla “character
assassination” dei Guarguaglini, vedi Guarguaglini
«Una campagna diffamatoria»: http://archiviostorico.corriere.it/2010/novembre/23/Guarguaglini_Una_campagna_diffamatoria__co_9_101123030.shtml
e, anche, Prove tecniche di distruzione
di Finmeccanica
: http://www.ilfoglio.it/soloqui/11256
[19] Il bosco di betulle, metafora dell’odierno
giornalismo italiano
: https://www.andreacarancini.it/2011/12/il-bosco-di-betulle-metafora/

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Recent Posts
Sponsor