Parla Julie K. Brown, la giornalista che ha fatto scoppiare il caso Epstein

Jeffrey Epstein, center, appears in court in West Palm Beach, Florida, July 30, 2008. (Uma Sanghvi/Palm Beach Post via AP)(Uma Sangvi/Palm Beach Post via AP)

PER LA SCRITTRICE CHE HA FATTO SCOPPIARE IL CASO EPSTEIN, UN VOCIFERATO LEGAME CON IL MOSSAD MERITA DI ESSERE SCAVATO[1]

La reporter Julie K. Brown non è convinta che l’accusato trafficante di sesso si sia suicidato, e dice che il socio Robert Maxwell potrebbe non essere l’unico legame con l’intelligence israeliana

Di JP O’ Malley, 26 luglio 2021

Aveva il finanziere caduto in disgrazia e condannato per reati sessuali, ora deceduto, Jeffrey Epstein legami con la comunità dell’intelligence israeliana? Una giornalista investigativa del Miami Herald sostiene che dettagli credibili riguardanti il legame “non sono gratuiti e devono essere approfonditi ed esaminati”.

“Non è impossibile che Epstein avesse connessioni con la [comunità dell’intelligence israeliana]”, dice Julie K. Brown, il cui libro “Perversion of Justice: The Jeffrey Epstein Story” è stato messo in commercio il 20 luglio.

“Robert Maxwell certamente aveva quel genere di connessioni, e Epstein aveva uno stretto rapporto con Robert Maxwell”, ha detto la cinquantanovenne giornalista americana al Times of Israel tramite chiamata Zoom dalla sua casa di Hollywood, in Florida.

Brown sottolinea appassionatamente le straordinarie somiglianze tra la morte di Jeffrey Epstein nell’agosto 2019 e la morte di Robert Maxwell nel novembre 1991. Si disse che il sessantottenne magnate dei media britannico era annegato dopo essere caduto dal suo lussuoso yacht, il Lady Ghislaine, vicino le Isole Canarie. La polizia spagnola sostenne di non sospettare nessun omicidio nella morte di Maxwell, ma le voci su come esattamente Maxwell morì non sono mai svanite. Una teoria indica un possibile suicidio. Un’altra sostiene che Maxwell venne assassinato dall’agenzia di intelligence israeliana Mossad, per la quale egli segretamente lavorava.

Maxwell è sepolto sul Monte degli Olivi a Gerusalemme. Molti membri della comunità dell’intelligence israeliana parteciparono al suo funerale. Così fece anche Yitzhak Shamir, che allora era il Primo Ministro di Israele. Shamir elogiò il magnate britannico per i rapporti politici che egli guadagnò a Israele durante gli anni ’80, e per il denaro che egli investì in esso.

Due anni fa, mentre era in attesa di essere processato con accuse di traffico sessuale, il sessantaseienne finanziere americano Epstein fu trovato impiccato nella sua cella nel Metropolitan Correctional Center di Manhattan. Da allora, numerose teorie sono circolate sulla vera causa della morte di Epstein, facendo il salto da alimento per complottisti a mainstream culturale.

Julie K. Brown (foto di Eileen Soler)

Secondo Brown, “né l’FBI né il Ministero della Giustizia degli Stati Uniti mi hanno convinto che Jeffrey Epstein si suicidò”.

“Perché Epstein avrebbe dovuto cedere persino prima di mettere piede in tribunale?”, chiede Brown. Ella indica anche un certo numero di altri dettagli tenebrosi: Epstein che si rompe tre ossa del collo prima di morire, e il fatto che le due guardie carcerarie che avrebbero dovuto essere vigilanti su Epstein nella sua prigione di Manhattan misteriosamente si addormentarono nello stesso momento.

“Ciò sfida il buon senso”, dice Brown. “E perché le autorità [americane] non rendono pubbliche le informazioni di cui sono a conoscenza sulla morte di Epstein?”.

La connessione israeliana

In un capitolo dell’ultimo libro di Brown si sostiene che il complesso rapporto che Jeffrey Epstein aveva con la famiglia Maxwell potrebbe fornire ulteriori risposte. Questa storia risale alla metà degli anni ’80, quando Epstein presuntivamente iniziò ad aiutare Robert Maxwell a nascondere denaro in numerosi conti bancari registrati all’estero.

Maxwell, un miliardario che si era fatto da sé, nacque Ján Ludvík Hyman Binyamin Och, in una povera famiglia ebraica ortodossa di lingua yiddish in Cecoslovacchia nel 1923. Maxwell perse entrambi i genitori nell’Olocausto, e in seguito fece la sua fortuna come editore di libri e di giornali.

Proseguì diventando un rappresentante parlamentare del Partito Laburista britannico, ma gli anni conclusivi della vita di Maxwell furono afflitti da guai finanziari e gli guadagnarono il soprannome di “truffatore del secolo”. Maxwell fu inadempiente per una cifra di due miliardi di dollari di prestiti e successivamente razziò milioni di sterline dai fondi pensione della sua compagnia, arrivando persino a rubare dalle pensioni e dalle azioni del suo staff nel britannico Gruppo Mirror poiché si rifiutò di affrontare la propria inevitabile bancarotta.

Robert Maxwell (foto AP)

Dopo la morte di Robert Maxwell trent’anni fa, Epstein divenne un’importante figura per certi membri della famiglia Maxwell, che erano stati all’epoca lasciati nel fallimento e pieni di debiti. Brown osserva, per esempio, che Epstein partecipò ad un evento all’Hotel Plaza di New York il 24 novembre 1991, in cui il YIVO Institute for Jewish Research rese omaggio a Robert Maxwell.

L’autrice ipotizza anche che Epstein potrebbe aver persino offerto assistenza finanziaria alla moglie di Robert Maxwell, Elizabeth, quando ella divenne vedova. Epstein all’epoca diventò romanticamente coinvolto con Elizabeth e con la nona figlia di Maxwell, Ghislaine.

Conosciuta per essere la figlia prediletta del padre e la sua più fidata confidente, Ghislaine Maxwell potrebbe aver conosciuto molti dei segreti che il padre si portò nella tomba relativi alla sua controversa vita politica, finanziaria e spionistica, ritiene Brown.

I funerali di Robert Maxwell in Israele (foto AP/Michel Euler)

Una relazione intima

Dopo la morte di suo padre, Ghislaine Maxwell si trasferì da Londra a New York, in parte per sfuggire a tutta la pubblicità negativa che circondava il caso, ma anche per reinventarsi nell’eccitante cerchia sociale delle celebrità della città. Questa fu una componente cruciale nella complessa relazione tra Epstein e Maxwell: ella lo mise in relazione con potenti figure che erano fuori della portata di lui quali i Clinton, Donald Trump e il Principe Andrea. Dal canto suo, Epstein la finanziò.

Brown ritiene che Maxwell fosse innamorata di Epstein, ma che Epstein la manipolasse per gratificare l’ossessione sessuale che egli aveva per le donne minorenni, che la giornalista descrive come una “malattia”.

“Epstein era un [sociopatico] che sentiva di avere potere e denaro sufficienti per essere al di sopra della legge”, dice Brown. “E riteneva di essere brillante a sufficienza per manipolare chiunque in modo da ottenere quello che voleva”.

“Quanto denaro Ghislaine Maxwell aveva quando suo padre morì è sempre stato un mistero”, dice Brown. “Ma [Ghislaine] Maxwell si godeva l’alta società, e non ha mai avuto una vera carriera o un vero lavoro, così Epstein la sosteneva finanziariamente”.

Ghislaine Maxwell, in auto con il Principe Andrea (Chris Ison/PA via AP, File)

Ghislaine Maxwell è attualmente accusata negli Stati Uniti di aver mentito sotto giuramento e di aver reclutato, manipolato e trafficato ragazze affinchè venissero abusate da Epstein dagli anni ’90 fino al 2004. La cinquantanovenne mondana britannica senza peli sulla lingua si è dichiarata non colpevole, ed è attualmente detenuta in una prigione di New York in attesa del processo, il cui inizio è previsto per il prossimo novembre. Se condannata, Maxwell potrebbe scontare fino a 80 anni di prigione.

“Finora, Maxwell sta giocando con i suoi [avvocati] difensori lo stesso gioco che fece Epstein: stanno presentando tutte le istanze che possono contro questi pubblici ministeri per cercare di sfiancarli”, dice Brown. “Ma probabilmente non funzionerà perché i pubblici ministeri che stanno gestendo il caso questa volta sono molto più motivati e non cederanno facilmente”.

Il meglio del peggio

Brown si è resa conto molto bene di come i pubblici ministeri possono essere corrotti in una causa importante relativa ad accuse di traffico sessuale: il suo libro da poco pubblicato iniziò come una serie di articoli investigativi in tre parti che ella scrisse per il Miami Herald nel 2018. In essi, ella denunciava un accordo segreto messo a punto dai legali di Epstein, che minava e manipolava il sistema giudiziario penale americano in modo che il loro cliente, Epstein, potesse ottenere una condanna più mite e infine sfuggire all’incriminazione per reati di competenza federale.

Brown ha mostrato come nel 2007 Epstein venne accusato di aver costituito una rete, simile a un culto, di ragazze minorenni – con l’aiuto di giovani donne reclutatrici – per indurle a fare sesso dietro i muri della sua lussuosa magione sul lungomare di Palm Beach, in Florida, fino a tre volte al giorno.

Gli articoli di Brown osservavano anche come i registri dell’FBI e del tribunale mostravano che Epstein venne sospettato di trafficare ragazze minorenni, spesso da oltreoceano, per party a base di sesso nelle sue case di Manhattan, del Nuovo Messico, e dei Caraibi.

(New York State Sex Offender Registry via AP, File)

“Questa ossessione tenebrosa e profonda che Epstein aveva [per donne minorenni] era una dipendenza”, dice Brown. “E le vittime [che ho intervistato] mi hanno detto che se esse non gli portavano una [altra] ragazza, egli si arrabbiava con loro. Immagino che Epstein facesse la stessa cosa con Ghislaine Maxwell, dicendo: ‘Mi devi portare più ragazze’”.

“Una delle ironie di questo caso è che Maxwell sembrò distaccarsi da Epstein proprio quando la mia serie [di articoli] uscì”, dice Brown. “Ma poi tutta [la storia] ritornò di nuovo nella vita di lei”.

In base a un atto di accusa federale di 53 pagine, Epstein già nel 2008 avrebbe potuto finire in una prigione federale per il resto della sua vita. Invece, l’accordo di non incriminazione che i legali di Epstein strapparono segretamente ai pubblici ministeri federali chiuse un’indagine che all’epoca era in corso da parte dell’FBI e che riguardava se ci fossero più vittime e altre persone potenti che avevano preso parte ai crimini sessuali di Epstein.

L’accordo esigeva che Epstein si dichiarasse colpevole di due accuse relative a prostituzione in un tribunale statale e che accettasse di scontare solo 13 mesi nella prigione di una contea a Palm Beach, in Florida. Questo [accordo] essenzialmente presumeva che Epstein avesse solo pagato per fare sesso, quando in realtà era stato accusato di aver abusato sessualmente di minorenni.

“Vedere pubblici ministeri, che si presume sostengano le vittime, lavorare così strettamente con i legali di Epstein per fare in modo che questo caso svanisse è stato molto sorprendente”, dice Brown.

La giornalista denunciò anche come l’enorme ricchezza e prestigio di Epstein gli avevano garantito dei privilegi straordinari mentre scontava la sua condanna al carcere in una prigione di contea della Florida. Il libro di Brown rivela come a Epstein venne permesso di visitare il suo ufficio di West Palm Beach per diverse ore ogni giorno. Inoltre, durante le ore in cui stava in carcere, a Epstein venne permesso l’utilizzo di un computer. Almeno in un’occasione, un guardiano della prigione vide Epstein che si masturbava mentre guardava una delle sue assistenti che si spogliava nuda per lui su Skype.

Domino che si rovesciano

Non era di pubblico dominio che a Epstein e a quattro dei suoi complici nominati nell’accordo segreto era stata garantita l’immunità da tutte le accuse penali federali fino a quando l’esplosiva ricostruzione di Brown venne pubblicata tre anni fa.

Quando la storia esplose, essa indusse i pubblici ministeri federali di New York ad aprire una nuova indagine penale, grazie alla quale Epstein venne di nuovo arrestato e accusato nell’estate del 2019. Essa indusse anche R. Alexander Acosta a dare le dimissioni come Ministro del Lavoro dell’amministrazione Trump nel luglio 2019. Particolare cruciale, la ricostruzione di Brown ha spiegato come Acosta aveva contribuito a concertare l’opaco accordo con la squadra di avvocati di Epstein nel 2008, quando egli era un pubblico ministero federale a Miami.

“Quando [il presidente] Donald Trump nominò Alex Acosta come Ministro del Lavoro all’inizio del 2017, io immediatamente riconobbi il nome di Acosta come il pubblico ministero responsabile dell’accordo [di non incriminazione]”, dice Brown. “E mi chiesi come le vittime [di Epstein] si sentivano riguardo a ciò – perché Acosta era il responsabile del Ministero del Lavoro, che supervisiona le leggi sul traffico degli umani e sul lavoro minorile”.

Brown osserva che la grande ricchezza di Epstein (all’epoca stimata a circa 500 milioni di dollari) gli permise di ingaggiare un cosiddetto dream team legale – che includeva avvocati come Kenneth Starr e Alan Dershowitz – con le necessarie capacità, connessioni politiche e tattiche aggressive per fare in modo che egli potesse ottenere l’immunità.

“Dershowitz aveva i suoi rapporti politici e conosceva tante persone nel sistema giudiziario penale americano”, dice Brown. “Ma egli controllerà l’[imminente] causa penale di Maxwell molto attentamente per vedere chi saranno coloro di cui ella farà il nome, e quali informazioni ha davvero”.

Il libro di Brown indica anche le accuse fatte da Virginia Giuffre che sono successivamente emerse in rapporto al caso Epstein, che presuntivamente collegano il nome di Dershowitz allo schema piramidale sessuale di Epstein.

La trentenne Giuffre sta dalla parte delle vittime di traffico sessuale e sostiene che Maxwell la addestrò quando era ancora un’adolescente per essere una delle schiave sessuali di Maxwell, Epstein, il Principe Andrea e altri uomini eminenti – incluso Dershowitz.

Virginia Giuffre (BBC Panorama via AP)

Questa storia è riemersa anche recentemente in un documentario Netflix intitolato “Jeffrey Epstein: ricco sudicio”. Esso ha indotto Dershowitz a fare causa a Netflix per quelle che egli ritiene siano delle false accuse fatte contro di lui in relazione a questi presunti crimini.

Altre figure politiche di alto profilo nominate nel libro di Brown accusate di aver partecipato all’operazione di traffico sessuale internazionale di Epstein includono accuse contro il 10° primo ministro di Israele Ehud Barak.

Brown dice che tutti gli accusati hanno il diritto di essere innocenti fino a quando non sia dimostrata la loro colpevolezza, sebbene ella sottolinei che data la complessità del caso Epstein e le coperture che la riguardano, queste accuse devono essere investigate con urgenza.

“L’FBI, le autorità federali [americane], e le autorità deputate all’applicazione delle leggi in Europa dovrebbero tutte esaminare i rapporti finanziari e sociali che Epstein aveva con tutte queste persone”, dice Brown. “Epstein aveva un intero gruppo di persone che lo aiutavano a [compiere questi crimini]”.

“[Epstein] non fece tutto questo da solo”, ella dice. “C’erano tante persone che sapevano ciò che Epstein stava facendo, o che addirittura vi parteciparono. Questa è stata un’organizzazione di traffico sessuale internazionale simile ad una famiglia del crimine organizzato – così non dovrebbe finire solo con il perseguimento di [Ghislaine Maxwell]”.

 

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.timesofisrael.com/for-writer-who-broke-epstein-case-a-rumored-mossad-link-is-worth-digging-into/?fbclid=IwAR0U1mGwM5Sp2CFItpgjK9yClumpFwk6SgcQA35ljkkhnuC1oKB5LS8-MYM

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