Il peso di Israele (e dei mega-donatori) nella politica americana

Non è stata la Russia a interferire nelle ultime elezioni presidenziali americane vinte da Trump nel 2016: è stato Israele.

Ma negli Stati Uniti questo non si può dire: è un argomento tabù. Negli Stati Uniti, il sostegno della politica e dell’informazione mainstream a Israele è praticamente incondizionato.

E, d’altra parte, il sostegno a Israele in America non può che essere incondizionato: se un politico di qualche ambizione si avventurasse a criticare Israele rischierebbe di venire escluso dall’imponente flusso di denaro che gli ebrei miliardari – i cosiddetti mega-donatori – fanno affluire sulla politica

Tutto questo si può leggere su alcuni coraggiosi organi informativi non allineati con il mainstream.

Ma certe notizie circolano anche su Facebook.

Riguardo al legame degli ebrei americani con Israele ho appreso ad esempio una notizia interessante dalla mia amica Betty Molchany, che da diversi anni è impegnata in una meritoria opera di controinformazione proprio su Facebook.

Nel marzo 1978, Israele aveva invaso il Libano. L’allora Presidente degli Stati Uniti Jimmy Carter non l’aveva presa bene: tra l’altro, in quell’invasione Israele aveva fatto uso delle bombe a grappolo, vietate dalle convenzioni internazionali. Carter aveva ingiunto a Israele di ritirarsi, altrimenti avrebbe tagliato gli aiuti allo Stato ebraico. A causa di quello “sgarbo”, due anni dopo, gli ebrei americani votarono in maggioranza per il vittorioso candidato repubblicano alla Presidenza Ronald Reagan. Solo il 48% degli ebrei americani votò per Carter: la più bassa percentuale di voto ad un candidato democratico di sempre. Per fare un raffronto, nel 1972, otto anni prima, la percentuale di voto ebraica al candidato democratico McGovern (strabattuto da Nixon) era stata del 61%.

Why Jimmy Carter is not an anti-Semite - The Jerusalem Post

Ecco un esempio di come l’ebraismo americano mainstream sia legato a Israele, pur di fronte alle violazioni dei diritti umani perpetrate da quest’ultimo (e di come Israele, pur rappresentando gli ebrei americani poco più del 2% della popolazione del loro paese, riesca a orientare a proprio favore le scelte dell’opinione pubblica americana).

Per quanto riguarda invece le interferenze di Israele nelle elezioni vinte da Trump nel 2016, è emerso pochi giorni fa che in quell’anno esponenti di alto livello del governo israeliano contattarono un responsabile della campagna presidenziale di Trump offrendo il loro aiuto. Per esponenti di alto livello qui si intendono ministri: ben tre ministri più il Primo Ministro, che nel 2016 era Benjamin Netanyahu.

Tutto ciò è emerso da documenti dell’FBI recentemente desecretati. Documenti ignorati dalla stampa americana ma non da quella israeliana: ne hanno parlato infatti nei giorni scorsi i24 News, Haaretz, e il Times of Israel.

Ecco cosa ha scritto quest’ultimo:

“Un affidavit cita il confidente di Trump Roger Stone interloquito da un contatto di Gerusalemme: ‘Egli [Trump] verrà sconfitto a meno che non interveniamo. Disponiamo di informazioni critiche. La chiave è nelle tue mani!”.

Prosegue l’articolo:

“Il materiale dell’FBI, che è stato pesantemente censurato, include un riferimento esplicito a Israele e uno a Gerusalemme, e una serie di riferimenti a un ministro, a un ministro che fa parte del gabinetto, a un ministro senza portafoglio nel gabinetto coinvolto in questioni concernenti la difesa e gli affari esteri, e al Primo Ministro”.  

Nel 2016, il Primo Ministro israeliano era Benjamin Netanyahu (e il governo israeliano comprendeva un ministro senza portafoglio, Tzachi Hanegbi, che aveva responsabilità nella difesa e negli affari esteri).

Netanyahu con Tzachi Hanegbi

Ma, ancor prima di ciò che è emerso nei giorni scorsi, era stata l’indagine di Robert Muller sul cosiddetto “Russiagate” a rivelare le interferenze israeliane nelle elezioni americane del 2016. Haaretz ha scritto che “riferimenti ad una qualche sorta di coinvolgimento israeliano nella campagna del 2016 di Trump erano saltati fuori durante l’indagine ufficiale sull’affare della cosiddetta collusione della Russia, ma erano stati accuratamente censurati”.

Se tali legami diretti con il governo israeliano sono stati raramente provati, non è una novità il ruolo esercitato dai mega-donatori miliardari – che ad ogni elezione presidenziale elargiscono somme imponenti sia al Partito Repubblicano che al Partito Democratico – nella politica del governo americano in Medio Oriente.

I primi nomi che vengono in mente sono quelli del mega-donatore Sheldon Adelson (per il Partito Repubblicano) e del mega-donatore Haim Saban (per il Partito Democratico). Adelson una volta disse di rimpiangere di aver prestato servizio nell’esercito americano invece che nell’esercito israeliano.

Qualche volta i donatori democratici e repubblicani uniscono le forze a beneficio di Israele. Adelson e Saban, proprio loro, organizzarono un summit nel 2015 a Las Vegas per raccogliere denaro per lo stato ebraico. La partecipazione era limitata a coloro che potevano contribuire con almeno un milione di dollari.

Haim Saban e Sheldon Adelson

Molti degli ultimi candidati democratici alle prossime presidenziali hanno fatto affidamento su donazioni provenienti da ferventi sostenitori di Israele. Pete Buttigieg, ad esempio, ha goduto del sostegno di ben 18 miliardari pro-Israele.

Proprio il caso di questi 18 miliardari dimostra che costoro esercitano un’influenza concreta sulle scelte politiche dei candidati da loro beneficiati.

Buttigieg ha infatti modificato la sua posizione su Israele: se prima si era ripromesso – nel caso fosse stato eletto Presidente – di ritenere Israele responsabile di almeno alcune delle sue condotte riprovevoli, ultimamente ha promesso di lasciare inalterati gli aiuti americani allo stato ebraico, a prescindere dai comportamenti da questo tenuti.

Penso a questo punto che sia utile conoscere un po’ più da vicino questi mega-donatori (quasi tutti ebrei) di Buttigieg. Per ognuno di loro, il blog americano “If Americans Knew” ha tracciato un breve profilo. Vediamo chi sono:

Len e Emily Blavatnik

Len Blavatnik è un miliardario russo-israeliano (la moglie è americana) che finanzia l’istruzione dei veterani dell’esercito israeliano; è un membro del “club dei miliardari” del Primo Ministro israeliano Netanyahu (una lista che comprende Sheldon Adelson – ancora lui! – Charles Kushner, e Donald Trump).

In un articolo intitolato “U. S. Politicians Can’t Stop Taking Len Blavatnik’s Money” (“I politici americani non possono smettere di prendere il denaro di Len Blavatnik”), il giornale Bellingcat riferiva che egli “ha offerto donazioni record a politici americani e a comitati politici di entrambi gli schieramenti”. Nel 2016, donò 6 milioni di dollari ai repubblicani e un milione al comitato inaugurale di Trump. Quando un sospetto di corruzione iniziò a circolare su di lui, le organizzazioni iniziarono a rifiutare le sue donazioni.

Jo Carole Lauder (moglie di Ronald Lauder)

Il marito Ron Lauder è ferventemente pro-Israele. È il presidente del Congresso ebraico mondiale e presidente emerito del Jewish National Fund, che sostiene Israele.

Seth Klarman

Militarist Monitor riferisce che “nel 2012, Klarman ha aiutato a fondare il giornale israeliano The Times of Israel. È stato il principale finanziatore del giornale ed è il presidente del suo consiglio di amministrazione…Klarman è anche un importante finanziatore di The Israel Project (TIP), un’organizzazione di sostegno aggressivo allo stato ebraico [ora defunta]. Egli ha dato a questo gruppo circa 4 milioni di dollari tra il 2008 e il 2011”.

Klarman ha finanziato altri gruppi di sostegno a Israele, inclusi il Washington Institute for Near East Policy (un’emanazione dell’American Israel Public Affairs Committee), la neocon Foundation for Defense of Democracies, il Media East Media Research Institute, e il Middle East Forum di Daniel Pipes.

Mondoweiss riferisce che Klarman ha dato oltre 1 milione e mezzo di dollari a CAMERA, il Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America: un’organizzazione americana, non profit e pro-Israele, che monitora i media.

David Geffen

David Geffen ha fondato la David Geffen Foundation, tramite la quale finanzia i “Friends of the Israel Defense Forces” (gli amici dell’esercito israeliano), e organizzazioni di sostegno a Israele come l’American Jewish Committee e il Jewish Federation Council.

Jennifer Pritzker

La famiglia Pritzker è una delle famiglie più ricche degli Stati Uniti. È conosciuta per essere pro-Israele. Il Chicago Tribune riferiva nel 1985: “La famiglia Pritzker compra ogni anno bond israeliani per 500.000 dollari e, oltre alle altre attività filantropiche, fa anche donazioni a università e istituzioni in Israele (Penny Pritzker ha contribuito all’ascesa di Barack Obama).

Il di lei cugino Thomas Pritzker (parimenti miliardario) era anche amico di Jeffrey Epstein e volavano insieme sul suo aereo.

William Ackman e Neri Oxman

William Albert Ackman è un investitore americano e gestore di hedge fund. È fondatore e CEO di Pershing Square Capital Management, una società di gestione di hedge fund. Ackman ha fondato la Pershing Square Foundation, che ha effettuato donazioni alla Birthright Israel Foundation e a The Israel Project. Ed è marito di Neri Oxman.

Neri Oxman è una cittadina israeliana che ha prestato servizio nell’esercito israeliano.

Jeffrey Epstein aveva donato al gruppo di ricerca Mediated Matter di Neri Oxman, nel prestigioso Media Lab del MIT, 125.000 dollari (ella in seguito si rammaricò di aver accettato la donazione).

Marc e Cathy Lasry

“È stato in Israele molte volte sia per motivi di lavoro sia perché è coinvolto in una serie di organizzazioni benefiche lì, anche se non direbbe quali perché ‘lo stiamo facendo in modo anonimo’”. il genero è un israeliano appartenente a una famiglia che finanzia gruppi estremisti in Israele.

Connessi a Harvey Weinstein.

Wendy Schmidt (moglie di Eric Schmidt)

Eric Schmidt, già presidente di giganti come Google e Alphabet, non ha avuto altro che elogi per Israele quando l’ha visitata nel 2012: “Non vi sono svantaggi nell’investire in Israele – solo vantaggi. Israele ha il più importante centro di high-tech nel mondo dopo gli Stati Uniti”. Il giornale Algemeiner ha fatto notare che “Critiche favorevoli e approvazioni … da leader come Schmidt contribuiscono molto a ispirare la fiducia degli investitori globali nei mercati israeliani “.

Barry Diller

Il Jewish Standard ha riferito che il sito web della sua fondazione di famiglia (con la moglie Diane von Furstenberg) ha elencato un certo numero di organizzazioni ebraiche da essa beneficiate: il Temple Sholom a New Milford, in Connecticut, l’Henry Street Settlement nel Lower East Side di New York, gli American Friends of the College of Judea, l’Anti-Defamation League, e lo U. S. Holocaust Memorial Museum. Organizzazioni che, per la maggior parte, sono apertamente filo-israeliane.

Amy Goldman Fowler

Nel corso degli anni Fowler ha fatto donazioni a politici di 100.000 dollari o più, per un totale di quasi 10 milioni di dollari, oltre a centinaia di donazioni più piccole.

La famiglia Goldman fornisce anche un sostegno sostanzioso a selezionate organizzazioni ebraiche.

Fowler ha guidato nel 2012 un gruppo di filantropi ebrei che ha dichiarato tra i propri scopi il “sostegno a Israele”.

Una fondazione della famiglia Goldman ha donato 500.000 dollari ai “Friends of the Israeli Defense Forces”.

La famiglia Tisch

Miliardari: Steven, Jonathan e Laurie Tisch sono fratelli. Il loro cugino James Tisch venne eletto presidente della Jewish Agency for Israel nel 2011, ed è attualmente un suo membro onorario.

Jonathan Tisch

Tisch è comproprietario dei New York Giants (squadra di football americano) e co-presidente di Loews Corporation. Nel 2016, ha donato 15 milioni di dollari alla Tufts University. Questo college promuove viaggi studenteschi in Israele e conferenze di alto livello pro-Israele nell’ambito delle “Tisch College Distinguished Speaker Series”. Ad esempio: “L’ex ambasciatore americano in Israele Daniel Shapiro ha parlato alla Tufts University nell’ambito della Tisch College Distinguished Speaker Series” e “Il Trattato di pace tra Israele e Giordania nel 25° anniversario: una conversazione con l’ambasciatore Dennis Ross”.

Laurie Tisch

Laurie Tisch è la figlia del co-fondatore di Loews Preston Robert Tisch.

Ella ha un dottorato onorario dalla Yeshiva University (i cui campus si trovano sia negli Stati Uniti che in Israele). La sua fondazione, The Illumination Fund, supporta progetti sia negli Stati Uniti che in Israele. Uno dei suoi progetti, la Laurie M. Tisch Gallery, ha ospitato numerose mostre da e su Israele.

Tisch ha donato oltre un milione di dollari a candidati, partiti e PAC (comitati elettorali).

Steven Tisch

Come comproprietario dei New York Football Giants, Tisch ha vinto due aneli del Super Bowl; come produttore di Forrest Gump, ha vinto l’Oscar per il Miglior Film nel 1994.

Tisch ha fatto una donazione di 10 milioni di dollari per creare la “Steve Tisch School of Film and Television” alla Tel Aviv University in Israele, che “aiuterà a cementare ulteriormente la crescente reputazione di Israele come la ‘Hollywood del Mediterraneo’”. Nel 2014, aveva donato 2 milioni di dollari ai Friends of the IDF (gli Amici dell’esercito israeliano).

Tisch ha donato oltre 500.000 dollari a candidati e comitati elettorali (tutti appartenenti al Partito Democratico).

Daryl Roth, moglie di Steven Roth (partner in affari di Trump)

Inside Philanthropy riferisce che la fondazione dei Roth sostiene “cause ebraiche: i beneficiari includono la UJA Federation of New York, l’Anti-Defamation League, il Jewish Center of the Hamptons, e il Chabad Center for Jewish Discovery”. Tutti sostenitori di Israele.

Steven Roth è un amministratore del Jewish Seminary of America, un’istituzione fortemente pro-Israele.

Mimi Haas

Haas è la vedova di Peter E. Haas, pronipote di Levi Strauss, fondatore della Levi Strauss & Co. Nel luglio 2004, Haas è diventata direttore di Levi Strauss & Co. Ella è stata presidente del Miriam and Peter Haas Fund dall’agosto 1981.

Il fondo, con una disponibilità finanziaria superiore a 200 milioni di dollari, sostiene molte cause ebraiche in Israele e negli Stati Uniti. Suo figlio è il presidente del progressista, pro-Israele New Israel Fund, il cui motto è: “Prendere posizione per un Israele migliore”. Esso opera per eguali diritti per i palestinesi all’interno di Israele.

Haas ha elargito 600.000 dollari a PACRONYM, il super pac affiliato con il pac Acronym, un’organizzazione non profit con sede a Washington. L’organizzazione possiede Shadow, Inc., una compagnia tecnologica che ha realizzato il software applicativo mobile che non ha funzionato correttamente durante il conteggio dei voti nei caucus democratici dell’Iowa nel 2020. Acronym è stato ampiamente descritto come un gruppo di dark money (organizzazioni che non hanno l’obbligo legale di rivelare i propri donatori).

Questi dunque sono i 18 miliardari che hanno versato contributi a Peter Buttigieg. Ma Buttigieg è un candidato di secondo piano: si è già ritirato dalla corsa alle presidenziali. Ma allora, perché ha ricevuto così tanti appoggi?

Risposta: perché nella politica americana tutto ciò che si muove deve essere ricondotto agli immutabili binari del sostegno a Israele e non deve attecchire nessuna critica, nemmeno a livello embrionale, ai comportamenti dello stato ebraico.

E a questi binari finiscono per conformarsi di fatto anche gli alleati europei del governo americano che pure qualche critica ancora la fanno.

Ad esempio, ecco cosa è successo nei giorni scorsi:

gli ambasciatori di ben undici paesi europei (Regno Unito, Germania, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Italia, Spagna, Svezia, Belgio, Danimarca, Finlandia) e il responsabile degli esteri della UE giovedì hanno ammonito formalmente Israele delle gravi conseguenze che comporterebbe l’annessione di parti della Cisgiordania nell’ambito dell’accordo di coalizione di governo.

“L’annessione di qualsiasi parte della Cisgiordania costituisce una chiara violazione del diritto internazionale”, hanno affermato gli ambasciatori. “Tali misure unilaterali danneggeranno gli sforzi per rinnovare il processo di pace e avranno gravi conseguenze per la stabilità regionale e per la posizione di Israele nell’ambito internazionale”.

Bene, possiamo stare sicuri che questa presa di posizione non sortirà nessun effetto, perché – ormai ritiratosi Bernie Sanders dalla corsa alle primarie – i candidati che si contenderanno le elezioni presidenziali americane del prossimo novembre appoggiano Israele senza riserve.

C’è da scommettere che di fronte all’immarcescibile sostegno del governo americano alle politiche dello stato ebraico, le obiezioni della UE e degli stati europei finiranno per scemare. Come sempre.

A questo serve il mare di quattrini che i mega-donatori riversano nella politica americana.

E così il corso delle politiche dei due paesi – Stati Uniti e Israele – può continuare normalmente, sui consueti binari di arroganza e di brutalità.

L’America Latina e il Medio Oriente sono sempre sotto attacco. Ecco cosa è accaduto e cosa sta, verosimilmente, per accadere:

  1. Colpi di stato guidati dagli Stati Uniti in Bolivia e in Venezuela (quest’ultimo per fortuna è fallito);
  2. Bombardamenti israeliani in Siria e consolidamento del controllo americano sulle risorse petrolifere siriane a est dell’Eufrate;
  3. Annessione della Cisgiordania anche in assenza di uno stato palestinese;
  4. Espropriazione delle terre palestinesi in massa e conseguente trasferimento di proprietà dai palestinesi allo stato israeliano.

Tutto ciò ha delle pesanti ripercussioni anche sul fronte della libertà di espressione: l’accusa di antisemitismo (e di antiamericanismo), per chi protesta contro l’imperialismo, è sempre in agguato.

Da questo punto di vista non è che i comportamenti delle istituzioni europee siano molto diversi da quelli della classe politica americana.

Tanto i politici europei che quelli americani, infatti, utilizzando l’accusa di antisemitismo come un’arma impropria, sono impegnati in un’attiva opera di repressione di studenti, attivisti dei diritti umani e giornalisti.

Ad esempio, l’ordine esecutivo di Trump per combattere l’antisemitismo ha favorito gli attacchi, nei campus americani, agli studenti impegnati a denunciare gli abusi di Israele e a sostenere i diritti dei palestinesi.

Ma c’è di più: tutte le sacche superstiti di antagonismo sorte in Medio oriente per resistere alle prepotenze dello stato ebraico vengono regolarmente bollate come “terroriste”, anche quando, come è il caso di Hezbollah, hanno svolto una meritoria opera di contrasto proprio nei confronti del vero terrorismo, come quello dell’ISIS in Siria.

La Germania vieta Hezbollah, raid della polizia nelle moschee per arrestare militanti”, titolava il 30 aprile scorso La Stampa.

Ricordiamo che Hezbollah è il più grande partito politico libanese.

“Definire Hezbollah un’organizzazione terroristica è un errore strategico da parte della Germania”.

Lo ha dichiarato il consigliere per gli affari internazionali del presidente del Parlamento iraniano, Hossein Amir Abdollahian che ha aggiunto: “Hezbollah è una parte importante della società libanese e una garanzia per la sicurezza e l’integrità territoriale di questo Paese. È pure una componente importante del governo e del Parlamento del Libano. Seguire le sporche politiche sioniste e americane nei confronti di Hezbollah, non farà altro che minacciare gli interessi della Germania nella regione”.

E, sempre dalla Germania, è giunta la notizia che la Conferenza dei rettori universitari tedeschi (HRK) ha sposato la definizione di “nuovo antisemitismo” propugnata dall’IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance).

Quella che equipara, in sostanza, l’antisionismo all’antisemitismo.

Così anche nelle università tedesche non sarà più possibile criticare Israele.

Dall’Inghilterra giunge invece la notizia che un editore ha ritirato dal commercio un libro di testo di storia in seguito ad un reclamo di un gruppo pro-Israele.

Il gruppo è quello dell’UK Lawyers For Israel (UKLFI) (Avvocati Inglesi Per Israele). Al libro in questione è stata imputata la definizione di “terroristi ebrei” data alle bande sioniste che combattevano in Palestina negli anni precedenti alla nascita dello stato ebraico, quando invece, secondo l’UKLFI, “le loro azioni erano contro obbiettivi militari”.

In realtà, come fa giustamente notare il sito che ha riferito di questa controversia, è risaputo che estremisti ebrei furono responsabili di odiosi attacchi terroristici.

Ad esempio, nel novembre 1944, la Banda Stern uccise il Ministro inglese per il Medio Oriente, Lord Moyne.

Due anni dopo, un gruppo di terroristi ebrei fece esplodere il King David Hotel di Gerusalemme, uccidendo oltre 91 persone e ferendone 46.

L’attentato venne eseguito da membri dell’Irgun guidato da Menachem Begin, che in seguito divenne Primo Ministro di Israele.

Un altro attentato terrorista vide la morte del mediatore delle Nazioni Unite, e aristocratico svedese, il Conte Folke Bernadotte. Il suo “crimine”, agli occhi dei terroristi sionisti, era stato quello di aver suggerito di porre Gerusalemme sotto la giurisdizione giordana, poiché tutta l’area intorno alla città era stata designata dal Piano di Spartizione delle Nazioni Unite come facente parte del proposto stato arabo. In realtà, il piano del 1947 chiedeva che Gerusalemme diventasse una città internazionale che non fosse amministrata né dagli arabi né dagli ebrei.

Il capo della banda che assassinò Bernadotte fu Yitzhak Shamir, della banda Stern, che nel 1983 fu il secondo noto terrorista a diventare Primo Ministro di Israele.

Questi sono i fatti. È antisemita dire anche questo? In Inghilterra, a quanto pare, sì.

Mala tempora currunt.

Un’ultima cosa: Israele ha fatto uso massiccio di bombe a grappolo in Libano non solo nel 1978 ma anche nel 2006: il sito “PeaceLink” riferì all’epoca che dopo la fine dei combattimenti rimasero sul territorio libanese un milione di bombe a grappolo, principalmente di fabbricazione statunitense ma anche israeliana.

Le vittime di queste bombe nell’immediato dopoguerra superarono il centinaio. Per la maggior parte bambini.

Un milione di bombe: una cifra che superava di gran lunga il numero dei 650.000 abitanti della regione. Rimasero incastrate tra gli alberi degli olivi, sui tetti, sparse tra le macerie e sui campi, nelle fattorie, lungo le strade, i sentieri e nei cortili delle scuole.

Ecco come venne descritto all’epoca il loro funzionamento:

“Gran parte delle bomblets inesplose sono state fabbricate in America e solo alcune in Israele. Ognuno di queste ha una specie di cordina bianca, come la coda di un aquilone. Quando cadono a terra, la cordina comincia a ruotare, svitando il percussore. Quando questo entra in funzione, dalla parte anteriore viene sparata una carica potente e l’ogiva della munizione esplode, schizzando intorno una pioggia mortale di frammenti metallici. Quando non riescono ad esplodere, rimangono conficcate nel terreno e con le loro cordine possono facilmente dare l’impressione di essere dei giocattoli. È per questo motivo che ad essere colpiti più di frequente sono i bambini”.

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