John Wear: Testimoni oculari delle “camere a gas” di Treblinka

TESTIMONI OCULARI DELLE “CAMERE A GAS” DI TREBLINKA

Di John Wear

Gli storici tradizionali dell’Olocausto affermano che Treblinka fu un campo di puro sterminio in cui vennero uccisi circa 870.000 ebrei. Si ritiene che il numero dei sopravvissuti ebrei a Treblinka sia tra i 40 e i 70, e probabilmente più vicino alla cifra più bassa[1]. Quest’articolo esaminerà la credibilità di diversi sopravvissuti ebrei di Treblinka.

Chil Rajchman

Chil Rajchman fu un sopravvissuto ebreo di Treblinka che venne interrogato nel 1980 dal US Office of Special Investigation. In seguito, viaggiò negli Stati Uniti per comparire come testimone dell’accusa nel processo per l’estradizione di John Demjanjuk. Rajchman salì sul banco dei testimoni anche a Gerusalemme dove Demjanjuk era stato messo sotto processo per essere stato presuntamente un guardiano omicida a Treblinka[2]. La corte suprema israeliana sentenziò che la colpevolezza di Demjanjuk non era stata provata, e che le testimonianze oculari di Rajchman e di altri quattro testimoni non erano riuscite a identificare Demjanjuk in modo credibile[3].

Rajchman descrisse le camere a gas di Treblinka nelle sue memorie:

La strada Schlauch non è lunga. In pochi minuti vi trovate in una struttura bianca, su cui è dipinta una stella di Davide. Sui gradini della struttura sta un tedesco, che indica l’ingresso e sorride: Bitte, bitte! I gradini portano ad un corridoio ornato di fiori e con lunghi asciugamani appesi ai muri.

Le misure della camera a gas sono di sette metri per sette. Nel mezzo della camera vi sono docce attraverso cui il gas viene introdotto. Su uno dei muri un grosso tubo funge da scarico per rimuovere l’aria. Uno spesso feltro attorno alle porte le rende ermetiche.

In questo edificio vi sono 10 camere a gas. Ad una breve distanza dalla struttura principale ve ne è una più piccola con tre camere a gas. Agli ingressi si trovano diversi tedeschi che spingono dentro le persone. Le loro mani non si fermano neppure per un attimo mentre gridano orribilmente: più veloce, più veloce, continuate a camminare![4]  

Rajchman scrisse che il gas di scarico di un motore diesel veniva convogliato nelle camere a gas[5]. Tuttavia, l’ingegnere austriaco Walter Lüftl e il tecnico americano Friedrich Paul Berg hanno entrambi documentato che i gas dei motori diesel non avrebbero potuto essere usati per esecuzioni di massa a Treblinka. Lüftl conclude nel suo rapporto che le storie delle camere a gas con motori diesel e furgoni a gas in luoghi come Treblinka possono essere solo disinformazione[6].

Scrive Berg: “Tuttavia, la storia [delle gasazioni di massa] diventa persino più incredibile quando si scopre che fonti molto migliori, migliori persino dei motori a benzina, erano facilmente accessibili ai tedeschi. Queste altre fonti non richiedevano combustibile diesel né a benzina”[7].

Rajchman nelle sue memorie riferisce anche il seguente incidente orripilante:

Una volta accadde che venne portato un forno vicino ad un’enorme fossa comune, dove forse erano sepolte un quarto di milione di persone. Come al solito il forno venne caricato con il giusto numero di cadaveri e alla sera venne acceso. Ma un forte vento portò il fuoco sopra l’enorme fossa e la sommerse di fiamme. Il sangue di circa un quarto di milione di persone iniziò a divampare, e così bruciò per una notte e un giorno. L’intera amministrazione del campo venne a osservare questa meraviglia, fissando l’incendio con soddisfazione. Il sangue affiorava e bruciava come se fosse combustibile[8].

Poiché il sangue consiste in massima parte di acqua e non è infiammabile, la storia di Rajchman che il sangue bruciava come se fosse combustibile è totalmente assurda[9].

Rajchman riferì anche altri casi in cui il sangue delle vittime gasate affluiva in superficie: “Ricordo che ogni mattina, quando andavamo al lavoro, osservavamo che la superficie delle fosse era scoppiata in dozzine di punti. Di giorno il terreno era saldamente calpestato, ma di notte il sangue erompeva in superficie … Il sangue di decine di migliaia di vittime, incapace di riposare, erompeva in superficie”[10].

La storia di Rajchman che il sangue “erompeva in superficie” di notte ma veniva calpestato durante giorno è ridicola. Le memorie di Rajchman della sua permanenza a Treblinka non sono più credibili della sua testimonianza al processo Demjanjuk.

Richard Glazar

Richard Glazar era un ebreo inviato a Treblinka all’inizio dell’ottobre 1942. Egli disse di aver trascorso 10 mesi a Treblinka prima di fuggire dal campo[11]. Glazar nelle sue memorie afferma anche che a Treblinka venivano usati gas di scarico da motori:

Le camere a gas sono gli unici edifici in mattoni dell’intero campo. In realtà, esse comprendono due strutture. All’inizio venne costruita – un po’ più lontano dall’entrata – una struttura più piccola con tre camere a gas, ognuna misurante circa cinque metri per cinque. Nell’autunno del 1942 venne ultimato il secondo edificio, contenente 10 camere a gas. Questo edificio è ubicato molto vicino al Tubo, nel punto in cui esso si apre sulla seconda zona del campo. C’è un corridoio che corre fino in fondo al nuovo edificio.  Si entra nelle camere a gas, cinque su ciascun lato, da questo corridoio. Le nuove camere a gas misurano circa sette metri per sette. La sala macchine è costruita sulla parete di fondo, dove termina il corridoio. I gas di scarico dei motori vengono pompati nelle camere a gas attraverso dei condotti nei soffitti delle camere. Questi condotti sono camuffati da docce[12].

Glazar nel suo libro ha commesso due errori fondamentali. Primo, Glazar ha scritto che i tedeschi iniziarono a cremare i cadaveri “in un nuvoloso pomeriggio di novembre” del 1942[13]. Questa affermazione contraddice la letteratura standard dell’Olocausto, che sostiene che l’incenerimento dei cadaveri non iniziò fino al marzo/aprile del 1943[14].

Secondo, Glazar ha detto che egli faceva parte di un’unità di mimetizzazione che svolgeva lavori forestali nelle vicinanze di Treblinka. Glazar ha scritto:

L’unità di mimetizzazione è l’unica delle vecchie squadre di lavoro che ha ancora abbastanza lavoro da fare … Diverse volte al giorno … una parte dell’unità di 25 uomini deve uscire nella foresta, arrampicarsi sugli alberi, raccogliere rami di grandi dimensioni, e portarli nel campo, dove saranno usati per le riparazioni. L’altra parte dell’unità raddrizza e fissa i pilastri, stringe il filo spinato e intreccia i nuovi rami di pino nella recinzione fino a quando non vi sono più vuoti nella densa parete verde[15].

Così, secondo Glazar, 25 detenuti rifornivano Treblinka di legname per l’occultamento. L’”unità di mimetizzazione” sarebbe stata molto più numerosa se il legname della foresta fosse stato usato per cremare i 870.000 cadaveri di Treblinka. L’unità di mimetizzazione avrebbe anche abbattuto gli alberi e poi tagliato i rami invece di impegnarsi in attività di arrampicata sugli alberi. Tuttavia Glazar a quanto pare sostiene che questo abbattimento di alberi non sia mai avvenuto durante il suo periodo a Treblinka. Poiché gli storici affermano universalmente che a Treblinka non c’erano crematori, questo esclude la cremazione di circa 870.000 cadaveri usando legna da ardere[16].

Anche le foto aeree indicano che la massiccia deforestazione necessaria per cremare 870.000 corpi non ebbe mai luogo vicino a Treblinka. Thomas Kues scrive:

Confrontando una mappa dettagliata del 1936 della zona di Treblinka con le foto aeree prese dalla Luftwaffe nel maggio e nel novembre 1944, possiamo valutare l’ampiezza della deforestazione effettuata nell’area all’epoca. Se 870.000 cadaveri fossero davvero stati cremati a Treblinka, allora il fabbisogno di combustibile avrebbe spogliato l’intera area boschiva a nord del sito del campo. Le foto aeree mostrano che questo chiaramente non è il caso. Al contrario, le zone visibili deforestate – equivalenti a meno di 10 ettari – indicano la cremazione di al massimo alcune decine di migliaia di corpi[17].

L’argomento che solo una parte dei cadaveri vennero cremati non è valido, poiché le indagini forensi sovietiche e polacche di Treblinka avrebbero scoperto centinaia di migliaia di cadaveri. Gli Alleati avrebbero mostrato questi cadaveri al mondo come prova del genocidio tedesco.

La sola conclusione rimanente è che la maggior parte degli ebrei a Treblinka vennero inviati altrove, molto probabilmente nei territori sovietici occupati dai tedeschi. Le memorie di Richard Glazar hanno inavvertitamente confermato la tesi revisionista che Treblinka fu un campo di transito[18].

Jankiel Wiernik

Jankiel Wiernik fuggì da Treblinka e nel 1944 pubblicò un documento che descriveva le sue esperienze a Treblinka. Wiernik scrive:

Un ebreo era stato selezionato dai tedeschi per fungere da presunto “bagnino”. Egli stava all’ingresso dell’edificio che ospitava le camere e spingeva tutti a correre dentro prima che l’acqua diventasse fredda. Quale ironia! Tra urla e botte, le persone venivano spinte dentro le camere.

Come ho già detto, non c’era molto spazio nelle camere a gas. Le persone rimanevano soffocate semplicemente a causa del sovraffollamento. Il motore che generava il gas nelle nuove camere era difettoso, e così le vittime impotenti dovevano soffrire per ore prima di morire. Satana stesso non avrebbe potuto escogitare una tortura più terribile. Quando le camere venivano aperte di nuovo, molte delle vittime erano ancora moribonde e dovevano essere finite con il calcio dei fucili, con pallottole o con potenti calci.

Spesso le persone venivano tenute nelle camere a gas di notte con il motore spento. Il sovraffollamento e la mancanza d’aria uccideva molti di loro in un modo molto doloroso. Tuttavia, molti sopravvivevano al calvario di queste notti; soprattutto i bambini mostravano uno straordinario livello di resistenza. Essi erano ancora vivi quando venivano tirati fuori dalle camere al mattino, ma i revolver usati dai tedeschi li finivano…[19]

Così secondo Wiernik, le camere a gas di Treblinka non erano molto efficienti. Molte vittime soffocavano o dovevano essere uccise con pallottole, con il calcio dei fucili o con potenti calci.

Jankiel Wiernik scrive: “Venivano gasate ogni giorni tra le 10.000 e le 12.000 persone”[20]. Wiernik scrive anche: “Il numero dei trasporti cresceva quotidianamente, e c’erano periodi in cui in un giorno venivano gasate 30.000 persone”[21]. Questo è un numero incredibilmente grande di persone uccise da un motore difettoso che impiegava “ore” per uccidere le vittime e che era spesso lasciato spento di notte.

Wiernik scrive anche che alcuni ebrei bulgari vennero perseguitati in modo particolare: “A questi begli ebrei non fu permessa una morte facile. Venivano lasciate nelle camere solo piccole quantità di gas cosicché la loro agonia durava tutta la notte[22]. Tutto ciò avrebbe reso il processo di gasazione a Treblinka ancora più inefficiente. Mi chiedo come 870.000 ebrei abbiano potuto essere uccisi con tali metodi inefficienti.

Wiernik ha descritto i cadaveri delle vittime presuntamente gasate: “Erano tutte uguali. Non c’era più né bello né brutto, perché erano tutte gialle a causa del gas”[23]. In realtà, le vittime di avvelenamento da monossido di carbonio mostrano una colorazione rosso ciliegia o rosa[24]. L’affermazione di Wiernik che le vittime erano “tutte gialle a causa del gas” è ovviamente falsa.

Wiernik ha scritto riguardo alla cremazione dei cadaveri: “Risultò che i corpi delle donne bruciavano più facilmente di quelli degli uomini. Di conseguenza, i corpi delle donne venivano usati per accendere i fuochi … Quando i cadaveri delle donne incinte venivano cremati, le loro pance si aprivano. Il feto diventava visibile e poteva essere visto bruciare dentro l’utero materno”[25]. Le assurdità diffuse da Wiernik sono davvero indescrivibili, eppure costui è probabilmente il testimone più importante delle presunte gasazioni di Treblinka[26].

Abraham Goldfarb

Abraham Goldfarb arrivò a Treblinka il 25 agosto 1942 e fuggì durante la rivolta del 1943[27]. Goldfarb ha descritto le gasazioni a Treblinka:

Sulla strada per le camere a gas, i tedeschi con i cani stavano lungo la recinzione su entrambi i lati. I cani erano stati addestrati ad attaccare le persone. Mordevano i genitali degli uomini e i seni delle donne, strappando pezzi di carne. I tedeschi colpivano le persone con fruste e con sbarre di ferro per farle entrare dentro in modo che arrivassero alle “docce” il più velocemente possibile. Le urla delle donne potevano essere ascoltate molto lontano, anche nelle altre parti del campo. I tedeschi guidavano le vittime che correvano con grida di “Più veloce, più veloce, l’acqua sta diventando fredda e altri ancora devono fare la doccia!”. Per sfuggire ai colpi, le vittime entravano nelle camere a gas più veloci che potevano, i più forti spingendo di lato i più deboli. All’entrata delle camere a gas stavano i due ucraini, Ivan Demjanjuk e Nikolai, uno di loro armato con una sbarra di ferro, l’altro con una spada. Anche loro guidavano le persone dentro con colpi…

Quando le camere a gas erano piene, gli ucraini chiudevano le porte e accendevano il motore. Circa 20, 25 minuti dopo una SS o un ucraino guardavano attraverso una finestra nella porta. Quando erano sicuri che tutti erano stati asfissiati, i prigionieri ebrei dovevano aprire le porte e rimuovere i cadaveri. Poiché le camere erano sovraffollate e le vittime erano attaccate l’una all’altra, stavano tutte in piedi ed erano come una singola massa di carne[28].

Goldfarb ha affermato che i cani a Treblinka attaccavano i genitali degli uomini e i seni delle donne mentre le vittime correvano verso le camere a gas. Mi chiedo perché gli altri sopravvissuti non abbiano riferito di questi malefici attacchi dei cani alle vittime delle gasazioni. Il racconto di Goldfarb è altamente sospetto.

Anche l’affermazione di Goldfarb che “le vittime erano attaccate l’una all’altra ed erano come una singola massa di carne” non è credibile. Molte delle vittime morte sarebbero cadute sul pavimento a prescindere da quanto fossero affollate le camere a gas. Le vittime morte non sarebbero state “come una singola massa di carne”.

Conclusione

Non esiste nessuna traccia documentaria o materiale credibile delle presunte camere a gas di Treblinka. Non sappiamo nulla sulle camere a gas di Treblinka tranne la testimonianza di pochi testimoni oculari.

Un rapporto del 15 novembre 1942 prodotto dal movimento di resistenza del ghetto di Varsavia affermava originariamente che per uccidere gli ebrei a Treblinka venivano usate camere a vapore. Nel 1944, Jankiel Wiernik convertì le imbarazzanti “camere a vapore”, che caratterizzarono la prima fase della propaganda di atrocità su Treblinka, in “camere a gas”. Ora la storiografia ufficiale considera le camere a gas di Treblinka come un fatto storico accertato[29].

Tuttavia, come abbiamo dibattuto in questo articolo, le testimonianze oculari delle camere a gas di Treblinka non sono credibili. Tali testimonianze non possono essere usate per provare che la Germania sterminò gli ebrei a Treblinka. Germar Rudolf scrive:

Così, se 100 testimoni e 100 confessioni affermano che la luna è fatta di formaggio verde o che 870.000 cadaveri possono essere cremati in pochi mesi senza combustibile e senza lasciare tracce, essendo entrambe le asserzioni di analoga qualità intellettuale, allora dobbiamo concludere – alla luce di tutte le prove forensi – che i testimoni e gli imputati hanno torto. Piaccia o no![30]

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://inconvenienthistory.com/10/3/6243

 

 

 

 

[1] Willenberg, Samuel, Surviving Treblinka, New York: Basil Blackwell Inc., 1989, p. 2.

[2] Kues, Thomas. “Chil Rajchman and His Memoirs.” Inconvenient History, Vol.2, No. 1, Spring 2010. https://inconvenienthistory.com/2/1/1916

[3] Un eccellente resoconto del processo di John Demjanjuk viene fornito in Sheftel, Yoram, Defending “Ivan the Terrible”: The Conspiracy to Convict John Demjanjuk, Washington, D.C., Regnery Publishing, Inc., 1996.

[4] Rajchman, Chil, The Last Jew of Treblinka: A Survivor’s Memory 1942-1943, New York: Pegasus Books, 2011, pp. 11-12.

[5] Ivi, p. 58.

[6] Lüftl, Walter, “The Lüftl Report,” The Journal of Historical Review, Vol. 12, No. 4, Winter 1992-1993, pp. 391-406.

[7] Berg, Friedrich Paul, “The Diesel Gas Chamber: Ideal for Torture—Absurd for Murder,” in Gauss, Ernst (ed.), Dissecting the Holocaust: The Growing Critique of Truth and Memory, Capshaw, Ala.: Theses and Dissertations Press, 2000, p. 456.

[8] Rajchman, Chil, The Last Jew of Treblinka: A Survivor’s Memory 1942-1943, New York: Pegasus Books, 2011, pp. 91-92.

[9] https://inconvenienthistory.com/2/1/1916.

[10] Ivi, p. 79.

[11] Glazar, Richard, Trap with a Green Fence: Survival in Treblinka, Evanston, Ill.: Northwestern University Press, 1995, p. VIII.

[12] Ivi, p. 37.

[13] Ivi, p. 29.

[14] Mattogno, Carlo and Graf, Jürgen, Treblinka: Extermination Camp or Transit Camp?, Washington, D.C., The Barnes Review, 2010, p. 39.

[15] Glazar, Richard, Trap with a Green Fence: Survival in Treblinka: Evanston, Ill.: Northwestern University Press, 1995, pp. 127-128.

[16] Mattogno, Carlo and Graf, Jürgen, Treblinka: Extermination Camp or Transit Camp?, Washington, D.C., The Barnes Review, 2010, pp. 39-40.

[17] https://inconvenienthistory.com/1/2/1912.

[18] Ibidem.

[19] Donat, Alexander (editor), The Death Camp Treblinka: A Documentary, New York: Holocaust Library, 1979, pp. 163-164.

[20] Ivi, p. 159.

[21] Ivi, p. 164.

[22] Ivi, p. 172.

[23] Ivi, p. 159.

[24] Mattogno, Carlo and Graf, Jürgen, Treblinka: Extermination Camp or Transit Camp?, Washington, D.C., The Barnes Review, 2010, p. 73.

[25] Donat, Alexander (editor), The Death Camp Treblinka: A Documentary, New York: Holocaust Library, 1979, p. 170.

[26] Mattogno, Carlo and Graf, Jürgen, Treblinka: Extermination Camp or Transit Camp?, Washington, D.C., The Barnes Review, 2010, p. 154.

[27] http://www.holocaustresearchproject.org/ar/treblinka/treblinkarememberme.html.

[28] Kogon, Eugen, Langbein, Hermann, and Rückerl, Adalbert (editors), Nazi Mass Murder: A Documentary History of the Use of Poison Gas, New Haven, Conn.: Yale University Press, 1993, pp. 126-127.

[29] Mattogno, Carlo and Graf, Jürgen, Treblinka: Extermination Camp or Transit Camp?, Washington, D.C., The Barnes Review, 2010, pp. 51-62, 299.

[30] Ivi. P. 307.

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