Gilad Atzmon parla su Atene e Gerusalemme

Gilad Atzmon parla su Atene e Gerusalemme

PARLARE AD ATENE SU ATENE E GERUSALEMME

Di Gilad Atzmon, 19 Maggio 2010[1]

Alla vigilia della missione della Flottiglia di Gaza. Conferenza tenuta al Kyttaro di Atene, 19.5.10

C’è spesso una notevole discrepanza tra quello che si dice di essere e quello che si è realmente.

Hegel ci ha insegnato che la percezione di noi stessi è un amalgama fragile e in evoluzione del modo in cui ci piace vedere noi stessi e del modo in cui siamo rispecchiati dagli altri.

Io, per esempio, tendo a considerarmi un sassofonista jazz. La mia autopercezione è intrinsecamente dipendente dal desiderio degli altri di ascoltarmi e di comprare la mia musica. La mia visione di me stesso come scrittore è anch’essa sottoposta alle reazioni degli altri ai miei pensieri e alle mie idee. Sembra che l’uomo non sia esattamente un’isola. Noi viviamo in mezzo agli altri e siamo modellati da un processo di rispecchiamento.

In termini di storia ebraica, possiamo individuare un vero dilemma riguardo a questo rispecchiamento. In quanto gli ebrei tendono a considerarsi (tradizionalmente) un popolo eletto, sono stati in gran parte confusi con il rifiuto della loro ‘grandezza’ da parte degli altri popoli.

Il sionismo voleva correggere questo dilemma. Esso promise di reinventare l’ebreo come un essere umano orgoglioso, autentico, etico, universale, produttivo, umile e civile.

Se Atene rappresenta l’universalismo e le ideologie inclusive e Gerusalemme rappresenta il pensiero tribale ed esclusivista, il sionismo costituiva la promessa di iniziare ad Atene i gerosolimitani.

Si pensava che l’ebreo sionista alla fine si guardasse allo specchio con orgoglio.

Il sionismo avrebbe potuto essere, in una certa fase, un tentativo onesto di realizzare tutto ciò. Ma era destinato al fallimento. Entrò in conflitto con la popolazione palestinese indigena. Si ispirò all’ideologia predatoria biblica. Era essenzialmente immorale. Il sionismo è, in pratica, la ripetizione di un peccato biblico.

In quanto gli israeliani si presentavano come esseri morali che celebravano il loro progetto di rinascita nazionale, milioni di palestinesi sradicati stavano lì a ricordare a tutti noi che il concetto di un “nuovo ebreo sionista” morale era solo una manipolazione mediatica.

In quanto possiamo ricordare di aver visto il fosforo bianco lanciato sui rifugi delle Nazioni Unite, in quanto abbiamo visto bambini massacrati, in quanto continuiamo a vedere Gaza trasformata nella più grande prigione della storia dell’umanità, anche gli israeliani vedono tutto ciò da se stessi. Ma per loro è molto più preoccupante il fatto che vedono se stessi osservati da tutti noi.

Vedono se stessi rispecchiati nel nostro sguardo come il male del nostro tempo.

Lacan ci insegna che ‘l’inconsapevolezza è il discorso dell’altro’. L’inconsapevolezza è la paura di diventare l’argomento di un discorso pubblico. Da una prospettiva lacaniana, la paura dell’impotenza dovrebbe essere compresa come la minaccia di essere riconosciuti ‘sessualmente inetti’ invece di aver semplicemente fatto fiasco a letto.

Similmente, l’inconsapevolezza collettiva israeliana può essere compresa come la paura di essere percepiti come una società collettivamente omicida invece che come l’ovvia preoccupazione di rimanere coinvolti nell’atto omicida stesso.

Questa paura è maturata nel corso degli anni in una forma eccezionale di nevrosi collettiva israeliana. In realtà, quando i sionisti vi incolpano di essere antisemiti, esprimono fondamentalmente il profondo disagio che siate riusciti a capirli.

Così come stanno le cose, la distanza tra ‘quello che l’israeliano dice di essere’ e ‘quello che l’israeliano è davvero’ è già diventata un abisso insormontabile.

Di conseguenza, la distanza tra Atene e Gerusalemme è più evidente che mai.

Dal 1948, gli israeliani e i sionisti continuano a dipingere Israele come una nazione come le altre. Ma dopo la guerra contro il Libano del 2006 e il massacro di Gaza del 2009, un tale sforzo è inutile.

Il tentativo ingannevole di dipingere lo stato ebraico come una società normale è destinato a fallire.

L’attuale governo di falchi israeliano sa molto bene tutto ciò. Costoro conoscono la distanza insormontabile tra Atene e Gerusalemme. Conoscono l’inevitabile nevrosi, ma sanno anche come risolverla. Come possiamo constatare, Israele ha rinunciato ad Atene.

Il ministro degli esteri israeliano Avigdor Lieberman sa che, affinché Israele possa sopravvivere come “Stato solo per ebrei”, la minaccia demografica posta dai palestinesi deve esserer risolta una volta per tutte.

Israele si sta preparando per una seconda Nakba. Per quelli che non capiscono, la pulizia etnica attualmente in corso a Gerusalemme fa parte di questo programma sinistro. Israele vuole anche conservare il proprio status di esclusiva potenza nucleare della regione. Ha voglia di prendersi il rischio di un attacco all’Iran.

Come sappiamo da diverso tempo, Israele è la più grande minaccia alla pace nel mondo.

Israele sa anche che non potrà realizzare i propri scopi senza il sostegno americano.

In termini politici, il comportamente di Israele è totalmente imprevedibile.

La storia della civiltà occidentale può essere compresa come una continua battaglia tra Atene e Gerusalemme. Tra l’universale e il tribale. Tra l’etico e il predatorio.

I nostri beni conosciuti come umanesimo sono tutti legati ad Atene. Curiosamente, gli ebrei che hanno contribuito all’umanesimo, come Gesù, Spinoza e Marx, e molti altri, erano persone che aprirono il loro cuore alla filosofia ateniese. Gesù, Spinoza e Marx ruppero con Gerusalemme.

Combattere contro Israele vuol dire combattere contro l’invasione di Gerusalemme. Combattere contro Israele vuol dire combattere per la rinascita di Atene. Tenendo presente tutto ciò, non è così sorprendente trovare il popolo greco in prima linea nel movimento di solidarietà con i palestinesi.

Di conseguenza, la prossima missione della flottiglia per Gaza non è solo una missione umanitaria. In realtà, sta lì per ricordarci cos’è davvero l’umanesimo. Sta lì per ricordarci quello che Atene rappresenta.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.gilad.co.uk/writings/talking-about-athens-and-jerusalem-in-athens-by-gilad-atzmon.html

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