Gianfranco la Grassa: Basta anche il semplice buon senso

Gianfranco la Grassa: Basta anche il semplice buon senso

Gianfranco la Grassa

BASTA ANCHE IL SEMPLICE BUON SENSO[1]

Di Gianfranco la Grassa

1. Non ho intenzione di mettermi a discutere se le stragi di massa, ormai
piuttosto frequenti, siano attribuibili a settori islamici o a folli o a
neonazisti. Fra l’altro, l’informazione è completamente fasulla ormai, in mano
a falsificatori, qualcuno magari anche in buonafede. E comunque, anche se non
fosse alterata, ritengo importante, ma fino ad un certo punto, sapere chi ha
commesso l’atto stragista. Sia anche chiaro che non giustifico in nulla
l’atteggiamento stupidamente buonista (non buono, buonista cioè ipocrita) di
tanti “sinistri” che vorrebbero sempre maggiore indulgenza verso i cosiddetti
diseredati, accogliendoli in massa. Intanto, non sono affatto i più poveri che
scappano dal loro paese poiché hanno ben pagato gli scafisti che li trasportano
qui. Inoltre, non si possono accogliere masse di migranti in una situazione di
stagnazione strisciante come l’attuale, in cui nei nostri paesi le occasioni di
occupazione diminuiscono o cresce il lavoro precario, la richiesta di
competenze inferiori a quelle conseguite dai nostri giovani. Non convince la
scusa che allora queste occupazioni, rifiutate dai nostri connazionali, possono
essere affidate a chi arriva da un altro paese. Sono moltissimi i nostri
giovani che accettano soluzioni insoddisfacenti (anche come retribuzione); e
semmai dovranno abituarsi ancora di più a tale situazione, non certo però
trovare i posti occupati da altri. Si raccontano inoltre balle colossali anche
in un altro senso; perché una gran parte dei nuovi arrivati si dà alla malavita
o ad organizzazioni di mendicanti, la cui ben scarsa positività sociale era già
raccontata nel 1931 nel capolavoro di Fritz Lang: “Il mostro di Düsseldorf”.
Gli attuali buonisti di sinistra non lo sanno, ma guarda un po’! Coglioni o
maledetti imbroglioni?
Sono poi vivamente irritato dagli stupidi discorsi intorno alla diversità che
arricchisce. Arricchisce (e nemmeno sempre) se gruppi di popolazioni diverse
s’incontrano senza tuttavia essere sradicati dal loro territorio, dalla loro
cultura e modo di vita e via dicendo. L’incontro di diversità è un conto; la
mescolanza confusa e indifferenziata impoverisce culturalmente, crea attriti e
conflitti, impoverisce e abbrutisce sotto tutti i punti di vista. Gli Usa da
quasi due secoli ricevono migranti di tutti i colori e culture. Si è ben visto
proprio in questi giorni come si sono ben integrati neri e bianchi, ecc. E gli
Usa reggono perché sono ancora, e già da un secolo o poco meno, la più grande
potenza mondiale, quella con più ampie sfere d’influenza. Se dovessero
conoscere un periodo di vero declino, i loro guai in tema di convivenza sociale
diverrebbero traumatici. E poi basta con questa storia dell’amor cristiano,
della misericordia, ecc. Serve ormai a minare società già stabilizzate da
secoli. Che questo Papa se ne vada al diavolo, seguirlo ci fa andare incontro
ad una catastrofe sociale di primaria grandezza. In definitiva, ritengo utile difenderci
dalle invasioni, è necessario strabattere “sinistre”, buonisti, pieni d’amore.
Sarei d’accordo con chi introducesse misure di difesa dure e poco pietose.
Verrò definito da emeriti irresponsabili e incoscienti fascista? Non
m’interessa. So che oggi non c’è più quel fenomeno storico così definito,
malgrado alcuni pochi individui (in genere non del tutto normali) che ancora lo
coltivino. So invece che dietro il termine antifascista si nascondono i
peggiori nemici della nostra civiltà, del nostro modo di vivere, della nostra
cultura ormai ridotta ad un colabrodo dove penetra ogni possibile orrore. E
desidero ricordare che, anche quando si parla di rivoluzione, non si parla di
distruzione di tutto ciò che è stato, di tutto ciò che appartiene alla storia di
un popolo. Nel caos di una rivoluzione s’introducono certo anche elementi
malsani che vorrebbero fare piazza pulita di ogni e qualsiasi tradizione.
Tuttavia, nelle rivoluzioni riuscite, questi settori vengono alla fine ridotti
a tacere con mezzi “poco gentili”; e così si salvano le vere rivoluzioni che
altrimenti conducono poi al disastro un paese o alla loro ripulsa violenta per
poter salvare il salvabile.

2. Ciò premesso – e acclarato che il “fascista”, cioè in realtà
l’anti-antifascista, GLG è per difendersi dall’aggressione stragista (da
qualsiasi parte venga) e dall’invasione di migranti non soltanto “poveri
diavoli” – affermo altrettanto esplicitamente che terrorismo islamico e
migrazioni non sono il problema cruciale, in quanto sono effetti di ben altri
processi. E sono effetti i cui autori, orientati da altri, vengono magari
cambiati; così come il gruppo terroristico sulla cresta dell’onda fu fino
all’epoca di Bush jr. Al Qaeda mentre adesso è divenuto l’Isis. Organizzazione
finanziata direttamente da Arabia Saudita e Qatar (ma sicuramente anche dalla
Turchia almeno fino a poco tempo fa) con alle spalle, tuttavia, gli Stati
Uniti. Cosa stia accadendo ultimamente – con l’apparenza di una veemenza
dell’Isis contro Erdogan (sunnita come loro) e uno strano golpe militare, mal
fatto e non riuscito, in Turchia con chiare connivenze statunitensi – non è del
tutto spiegabile con le conoscenze che possiedo. In ogni caso, all’origine di
tutto sta la principale potenza mondiale.
Già nell’epoca bipolare, abbastanza cristallizzata malgrado il sorgere e
crescere della terza potenza, la
Cina, si constatarono talvolta dualismi strategico-tattici
nei gruppi dirigenti statunitensi. Per esempio, nell’epoca Kennedy quando vi fu
la nota crisi dei missili (sovietici) a Cuba. Fu fatto un grande battage sul
pericolo di scontro mondiale e mai si rivelò quanto è assai più probabile che
fosse accaduto. Krusciov era in difficoltà ed era l’uomo (cioè il gruppo
dirigente) preferito dall’ambiente kennediano per la direzione dell’Urss. Gli
si permise di mettere quei missili per contrastare chi all’interno del partito
comunista nutriva contrarietà verso i suoi cedimenti in politica estera. Si
opposero però altri gruppi Usa, evidentemente forti, e Kennedy fece marcia
indietro mettendo il capo sovietico nella condizione di doversi ritirare,
scelta che provocò la sua liquidazione nel giro di un anno e mezzo.
Qualcosa di simile accadde all’inizio degli anni ’70 con la mossa Nixon
(Kissinger) di aprire alla Cina (e di conseguenza anche al Vietnam) allo scopo
di accentuare lo scontro tra le due potenze sedicenti “socialiste”, già
avversarie dall’inizio degli anni ’60 (anzi l’urto iniziò subito dopo il XX
Congresso del Pcus nel 1956, ma si acuì appunto nel 1963 e anni seguenti).
Altri ambienti americani, convinti che fosse meglio non indebolire troppo
l’Urss (e non farle perdere l’influenza preminente in Vietnam), organizzarono
il Watergate e liquidarono Nixon. Gli Usa dovettero accettare un’umiliazione
nel sud-est asiatico e tuttavia gli ambienti in questione, evidentemente, non
volevano rafforzare Mao in Cina (forse non compresero bene che l’era maoista
stava per finire) mentre probabilmente erano al corrente che in Urss, sotto la
cristallizzazione brezneviana, esistevano gruppi kruscioviani che sarebbero
tornati alla ribalta, ancora più liquidatori della potenza sovietica, con la
corrente gorbacioviana. Difficile dire se questi ambienti statunitensi fecero
bene o male i loro calcoli; io continuo a credere che con la mossa di Nixon
forse si sarebbe accelerato l’indebolimento sovietico e si sarebbe anticipato
l’89-91. Posso però sbagliarmi, non lo sapremo mai.
E’ certo che, con la dissoluzione dell’Urss, gli Usa godettero di un periodo
(un decennio o forse un po’ di più) di sostanziale monocentrismo. Indi, iniziò
quel movimento multipolare che viviamo tuttora con accentuazione del disordine
negli “affari mondiali”. E’ indubbio che vi sono, come al solito,
differenziazioni strategiche (o forse sarebbe meglio dire tattiche) all’interno
della potenza al momento ancora preminente, ma senza più la possibilità di
attribuire vero ordine a nessuna parte del mondo. In particolare, secondo me,
l’intero establishment americano sa che l’area di influenza principale per il
paese, e per la sua forza ancora prevalente, è quella europea, unificata sotto
il suo tallone dopo il crollo dell’Urss. Esso sa anche che la Russia è, nonostante il
rafforzamento della Cina, il principale avversario poiché l’influenza cinese in
Europa, pur con i vari investimenti di capitali, non può eguagliare quella
potenziale russa, che è eminentemente politica e, appunto, “d’area”. In Europa,
si notano rispetto ad un tempo malumori e la presenza di settori, molto ridotti
ancora, critici verso gli Stati Uniti quali affossatori di ogni nostro
possibile ordine, economico come politico. Non parliamo della nostra cultura in
via di disfacimento sotto l’assalto delle “modernità” provenienti dagli Usa.
A questo punto, dobbiamo prendere atto che la nostra servitù di europei (in
specie occidentali) è lunga di molti decenni e si è nettamente accentuata dopo
la fine del mondo bipolare (perfino nell’area sempre stata sotto l’influenza
americana). Dovremmo certo avere il coraggio di difenderci dal terrorismo,
dalla massiccia invasione di altri popoli, ma questi sono eventi inevitabili
fin quando non avremo sconfitto il nemico principale, cioè appunto
l’asservimento di cui sopra. Il pericolo fondamentale che ci sovrasta proviene
dagli Stati Uniti; e a causa di tutte le sue strategie, della politica di tutti
i suoi diversi “ambienti”, che comunque saranno sempre alla ricerca del
mantenimento della supremazia mondiale; senza la quale, quel paese corre il
rischio di disfarsi. Smettiamola di rimanere attoniti davanti alle trombonate
di Trump. Intendiamoci bene, mi farebbe piacere che vincesse lui contro la Clinton. Qualche
“novità” potrebbe pur esserci; tuttavia, non cominciamo a credere che andremmo
incontro al nostro affrancamento né alla fine di un conflitto multipolare che,
pur tra sinuosità e giri e rigiri vari, andrà ineluttabilmente accentuandosi.
Gli Stati Uniti non sono però in pappe come qualcuno crede o comunque con le
idee confuse, con sulla groppa una serie di fallimenti delle loro operazioni.
Hanno creato un gran disordine, ma questo si sta riversando soprattutto in
Europa, l’area che deve essere tenuta alle loro dipendenze e che dunque non
deve veder crescere forze con idee troppo chiare di liberazione dalle stesse. E
tale disordine tiene pure all’erta e in parte in scacco la principale
avversaria, la Russia;
e forse la costringe anche a qualche sotterraneo “pourparler” con gli Usa, che
ne diminuisce la forza e soprattutto frappone ostacoli a suoi possibili
rapporti con certi paesi europei. Quindi gli Stati Uniti non solo finanziano
forze politiche e culturali apertamente filo-americane, ma anche altre che
emettono brontolii, che li tirano talvolta in ballo come organizzatori di
manovre contrarie ad ogni nostra autonomia, sempre poi ricadendo nella critica
più netta alla Germania, paese che certo ha grandi torti ma in funzione della
subordinazione europea ai prepotenti d’oltreoceano.
Quella che viene ancora detta “sinistra” è da sempre – e oggi con nuove svolte
ulteriormente peggiorative – la forza più filo-americana che ci sia in Europa.
E’ quella che attacca tutti gli altri come fascisti, razzisti, xenofobi e chi
più ne ha più ne metta; ed è la raccolta dei peggiori servi. Non c’è nemmeno
inizio di una speranza di affrancamento se non la si distrugge fino all’ultimo
suo dirigente. Quanto a quella che viene detta “destra”, è a volte più ambigua,
ogni tanto critica direttamente gli Usa, ma sempre con poca forza e spesso
dirottandosi verso il cosiddetto “maggiordomo” del padrone. Direi poi che le
sue “rimostranze” si sono assai indebolite negli ultimi tempi, salvo alcune
lodevoli eccezioni, che non mi sembra possano fare testo. La conclusione è
quindi al momento poco confortante. Certamente, non accettiamo buonismo,
misericordia, pietà, verso chi ci uccide. Tuttavia, si deve combattere in primo
luogo la causa di tutto ciò, situata nel paese più volte nominato.

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