Facebook strumento omicidiario? Dopo Vittorio Arrigoni i siriani lealisti

Facebook strumento omicidiario? Dopo Vittorio Arrigoni i siriani lealisti

Immagine tratta dalla pagina FB “Boicottiamo Informare Per Resistere”

Facebook come strumento non solo di socialità ma anche di barbarie?
Facebook come punto di partenza non solo di “character
assassinations” ma anche di omicidi
veri e propri?
Continua a succedere, a quanto pare, anche adesso, anche in Italia: a fare da bersaglio, in
questo caso, i siriani lealisti “colpevoli” di testimoniare alla luce del sole
la propria fedeltà alla patria assediata dai terroristi nordatlantici. Al
riguardo, mi sembra doveroso condividere qui quanto letto sulla bacheca del mio
amico Facebook Fulvio Grimaldi:
VI SEGNALO QUESTA DENUNCIA DELLA COMUNITA’ SIRIANA NON
CORROTTA E NON VENDUTA. AUTORITA’, MEDIA, ASSOCIAZIONI, DIRITTOUMANISTI, LAICI,
DEMOCRATICI, SINISTRE, PACIFISTI, EMETTERANNO UN BISBIGLIO DI PROTESTA?
Che in Siria sia in corso una lotta per imporre libertà e
democrazia, è
 finalmente messo in
dubbio da molti.
 Che in Siria sia in
corso una vergognosa battaglia mediatica che non si ferma
 davanti allo
stravolgimento degli eventi pur di attirare l’opinione pubblica, non
 è oramai un mistero.
 In Siria, come
all’estero, vengono spesso denunciate le presunte persecuzioni
 degli oppositori del
governo da parte dei servizi segreti siriani. Amnesty
 International la
scorsa estate aveva rimediato titoloni su tutti i media
 internazionali a
questo riguardo.
 Ma dei perseguitati,
in Siria esattamente come all’estero, tra i filogovernativi
 non se ne parla mai.
Eppure ce ne sono, molti, anche qui in Italia.
 Basta farsi un rapido
giro sulle pagine di Facebook per trovare molte
 cosiddette
“liste della vergogna” con foto, nomi e dati personali di presunti
 “shabbiha”,
così vengono definiti dagli oppositori coloro che sostengono
 apertamente il
governo, con inviti anche espliciti ad attaccarli, colpirli,
 perseguitarli e, una
volta uccisi, viene messo un timbro sul loro volto. Nel
 silenzio e
nell’indifferenza generale, con il beneplacito di media, associazioni e
 istituzioni.
 A queste pagine, in
Siria, già più volte gli estremisti hanno attinto le loro
 vittime designate, è
accaduto a Damasco a fine dicembre, quando sono morti
 due studenti
universitari, e successo qualche mese fa con un’insegnante di
 Deir ez-Zor. Apici di
una situazione grave perché largamente diffusa e
 sottovalutata nella
sua pericolosità.
 Anche l’Italia ha la
sua “lista della vergogna” e le sue “vittime predestinate”.
 Si tratta di siriani
– cristiani, sunniti e alauiti – accomunati dalla volontà di
 sostenere apertamente
il governo siriano e di non aver timore di dichiararlo in
 manifestazioni e
conferenze.
 L’ultimo attacco
mirato è avvenuto ieri sera (venerdì 17 agosto), quando un
 siriano che si fa
chiamare “Ahmed Sara” ha postato sul suo profilo delle foto di
 alcuni di questi
sostenitori del governo (siriani e italiani), accompagnate da

 informazioni infamanti
sul loro conto e dati strettamente personali

 (appartenenza
religiosa, indirizzo di casa, numero di cellulare, targa e modello
 dell’auto), ledendo
così allo stesso tempo la loro privacy e la loro moralità.
 Non contento, le
immagini sono state diffuse sulla pagina “Vogliamo la Siria
 libera”, che
conta quasi 6.000 sostenitori, e su “Boicottiamo Informare per
 Resistere” che
ha realizzato un vergognoso album dal titolo “A.A.A. cercasi
 shabbiha” [l’album c’è ancora!]e ora
stanno circolando impunemente per la rete.
 Primo esito di questo
abuso della rete sono state le molestie telefoniche: il

 telefono di queste
vittime è squillato a ogni ora del giorno e della notte con

 nuovi insulti,
intimidazioni e minacce, sempre in arabo, da parte di ignoti.
 Ma questo è solo
l’ultimo, gravissimo, episodio di una lunga serie di
 aggressioni iniziate
oltre un anno fa contro questi stessi soggetti.
 Eccone una sintesi:
 Il primo esempio
risale al 6 luglio 2011 quando un bar di Cologno Monzese è
 stato semi-distrutto
da un gruppo composto da una ventina di persone guidate
 da esponenti
dell’opposizione, che già da tempo minacciavano i proprietari
 colpevoli di essersi
recati, proprio la sera stessa, a una manifestazione a
 sostegno del
presidente Al-Assad e del suo programma di riforme contro ogni
 ingerenza straniera.
I due siriani cristiani, oltre agli ingenti danni morali e
 economici, sono stati
pesantemente malmenati dal gruppo e uno dei due ha
 riportato ben undici
punti di sutura alla nuca. Colpito anche un altro amico
 siriano alawita che
li accompagnava e che ha rimediato anche l’auto distrutta.
 E’ bene ricordare che
quel locale, fino a pochi mesi prima (prima che in Siria
 scoppiasse quella che
molti si ostinano a definire “primavera”) era un punto di

 ritrovo per l’intera
comunità siriana che conviveva, in Italia esattamente come

 in Siria, senza
screzi.

 Dopo un periodo di
calma apparente, durante il quale il gruppo di oppositori si

 limitava a
frecciatine, più o meno velate minacce durante le manifestazioni di
 piazza o sulla rete,
la situazione è andata acuendosi nelle ultime settimane e
 si è palesata in due
nuove spregevoli aggressioni.
 La prima risale alla
sera del 25 febbraio quando un gruppo di cinque persone
 si è recato sotto
casa di un sostenitore del governo “colpevole”, dal loro punto
 di vista, di essere
sunnita e non appartenere alle fila degli oppositori e, con un
 tranello, lo hanno
invitato a scendere e tentato di aggredire armati di
 manganelli e
coltelli; non riuscendo a colpire la vittima predestinata – che
 fortunatamente è
riuscita a riparare in casa per tempo – si sono sfogati sulla
 sua auto (mezzo che,
come gli aggressori ben sapevano, gli è fondamentale
 per poter lavorare)
distruggendone i vetri, ammaccando la carrozzeria e
 tagliando tutte e
quattro le gomme. Non contenti il giorno seguente lo hanno
 nuovamente minacciato
al telefono, dicendogli che sarebbero tornati quella
 sera per finire
quanto avevano lasciato in sospeso.
 A un altro ragazzo,
sempre in prima fila nelle manifestazioni pro-governo, è
 stato riservato un
altro trattamento: invece di prendersela direttamente con
 lui, cercano di
convincere il responsabile del luogo di lavoro che se non lo
 licenzia ne subirà le
conseguenze.
 Il secondo atto,
invece, si è consumato nuovamente di fronte al locale di
 Cologno Monzese,
intorno alla metà di marzo questa volta a farne le spese è
 stato un siriano
alawita (tengo a precisare ogni volta l’appartenenza religiosa
 non perché i siriani
ci tengano particolarmente, ma solo perché da quando è
 scoppiato questo caos
per una parte dell’opposizione il credo sembra essere

 diventato
fondamentale), promotore delle manifestazioni nel nord Italia a

 sostegno del governo
di Assad. Dopo le bestemmie religiose e le pesanti
 minacce, un gruppo –
che in questo caso si è trasformato in vero e proprio
 branco – di centinaia
di individui ha cercato di attaccarlo, provvidenziale è
 stata la possibilità
di rifugiarsi nel bar fino all’intervento delle forze dell’ordine.

 Ne sono seguite
ulteriori minacce personali e a tutti i partecipanti – siriani –

 delle manifestazioni
milanesi contro la rivolta (“Non organizzate altre
 manifestazioni a
Milano, altrimenti, a chiunque parteciperà, noi taglieremo le
 gambe”, è stato
dichiarato al telefono).
 Aggressioni vili ed
agghiaccianti, soprattutto se si pensa che a perpetrarle
 sono state le stesse
persone che si ergono continuamente a difesa dei vessilli
 di libertà e
democrazia, ma che poi, nottetempo, cercano di toglierle a quanti
 non la pensano come
loro vorrebbero.
 E, purtroppo, non si
tratta di casi isolati: moltissimi, infatti, sono gli esempi di
 siriani in Italia
che, dopo aver preso parte a manifestazioni filogovernative ed
 essersi esposti
personalmente senza paura di esprimere il loro punto di vista,
 sono poi stati
minacciati o aggrediti telefonicamente o via web da questi
 “pacifici e
democratici” esponenti della corrente opposta.
 Ma questi casi,
chissà come mai, non interessano le grandi associazioni che
 operano per la difesa
dei diritti, le istituzioni e i media che operano nel nostro
 territorio. Peccato,
perché potrebbero aiutare ad aprire nuovi spiragli per
 analizzare in modo
più completo e oggettivo la crisi siriana, o, forse, è proprio
 questo che si sta
cercando di evitare?
 Pierangela Zanzottera
 18.08.2012

FINE DEL CONTRIBUTO DI PIERANGELA ZANZOTTERA

L’album “A. A. A. Cercasi Shabbiha” c’è ancora sulla pagina del gruppo in questione: https://www.facebook.com/#!/media/set/?set=a.353559504721105.83744.345570488853340&type=1
La polizia postale che fa, dorme?

Altro logo della pagina FB “Boicottiamo Informare Per Resistere”

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