Le operazioni nascoste degli americani, dei britannici e dei francesi in Siria

LE OPERAZIONI NASCOSTE DEGLI AMERICANI, DEI BRITANNICI E DEI FRANCESI IN SIRIA

Di Shane Quinn, 8 aprile 2021

Nell’ottobre 2011 e nel febbraio 2012 l’alleanza Stati Uniti-NATO, con il sostegno delle autocrazie del Golfo, cercò di ottenere dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite delle risoluzioni, che con ogni probabilità avrebbero funto da pretesto per un’invasione della Siria.

Questi sforzi replicavano il subdolo gioco che l’America, la Gran Bretagna e la Francia avevano esercitato nell’assicurarsi una risoluzione riguardante la Libia, il 17 marzo 2011, che essi immediatamente violarono bombardando quel paese. Nell’autunno 2011, i russi e i cinesi sapevano che gli Stati Uniti e la NATO stavano tentando di nuovo lo stesso inganno, nel loro desiderio di rovesciare il presidente siriano Bashar al-Assad. Mosca e Pechino perciò opposero il veto alle risoluzioni.

Non scoraggiata da questa battuta d’arresto, la Segretaria di Stato americana Hillary Clinton fece pesanti pressioni nel 2012 per un intervento militare contro la Siria. Clinton disse di avere l’appoggio dell’ex direttore della CIA Leon Panetta, e che gli americani avrebbero dovuto essere “più volenterosi di contrastare Assad”; ella ribadì: “Io credo ancora che avremmo dovuto fare una no-fly zone”, la luce verde per un’invasione Stati Uniti-NATO come fu il caso in Libia.

Clinton disse che ella voleva “muoversi aggressivamente” in Siria e redasse un piano in tal senso, ma esso non venne mai attuato[1]. Ella aveva in precedenza appoggiato le invasioni – guidate dagli Stati Uniti – della Jugoslavia (1999), dell’Afghanistan (2001), dell’Iraq (2003), e della Libia (2011).

Nel loro atteggiamento verso la Siria, Washington e la NATO adottarono una posizione simile a quella di organizzazioni terroristiche come Al Qaeda, che sin dall’inizio sostennero l’iniziativa di rimuovere Assad. Il 27 luglio 2011, il nuovo capo di Al Qaeda Ayman al-Zawahiri sottolineò la sua solidarietà con i jihadisti. Zawahiri auspicò che Assad se ne andasse, ed espresse il rammarico di non poter essere presente egli stesso in Siria. “Vorrei essere tra di voi e con voi”, egli disse, ma continuò dicendo che “vi sono abbastanza mujahidin e coscritti” già in Siria. Egli descrisse Assad come “un partner dell’America nella guerra all’Islam”[2].

Zawahiri dimenticava che il presidente siriano si era opposto alla invasione americana dell’Iraq del 2003. Assad fu, in realtà, il primo leader arabo oltre a Saddam Hussein a condannare l’attacco. Meno di 10 giorni prima dell’invasione, Assad predisse che “gli Stati Uniti e la Gran Bretagna non riusciranno a controllare l’Iraq. Vi sarà una resistenza molto più dura”. Egli, riferendosi alle forze anglo-americane, disse “speriamo che in Iraq non abbiano successo e dubitiamo che l’avranno – vi sarà una resistenza popolare araba e questa è iniziata”[3].

Le rivolte che iniziarono in Siria, durante la primavera del 2011, sarebbero durate solo un paio di mesi se non fosse stato per l’intervento esterno che le radicalizzò[4]. La Siria non avrebbe dovuto sopportare i susseguenti anni della guerra, ma le potenze straniere – in particolare il trio imperiale di America, Gran Bretagna e Francia – le diedero forza [alla guerra] con l’assistenza dei loro alleati dell’Arabia Saudita, del Qatar e della Turchia, per non parlare dei gruppi jihadisti. Le proteste iniziali del marzo 2011 non furono contro Assad, ma erano dirette contro le inadeguatezze del livello provinciale.

Neil Quilliam, uno studioso specializzato in Medio Oriente, ha detto a proposito della sollevazione in Siria che iniziò nella città meridionale di Daraa: “La ribellione all’inizio era molto localizzata. Aveva molto più a che fare con lagnanze locali contro i responsabili locali della sicurezza – riguardava la corruzione a livello locale”[5]. Il malcontento venne erroneamente raffigurato in Occidente come diretto contro l’amministrazione di Assad. Venne quindi sfruttato dalle potenze Stati Uniti-NATO per cercare il cambio di regime in Siria per scopi geopolitici.

Il sito web israeliano di intelligence militare, Debkafile, riferì che dal 2011 le forze speciali britanniche SAS e MI6 addestrarono combattenti antigovernativi all’interno della Siria. Sempre a partire dal 2011, personale britannico appartenente allo Special Boat Service (SBS) e allo Special Forces Support Group (SFSG), unità delle Forze Armate britanniche, addestrò i rivoltosi in Siria. Inoltre, quello stesso anno, agenti francesi appartenenti alla Direction générale de la sécurité exterièure (DGSE) e lo Special Operations Command [americano] incoraggiarono la rivolta contro Assad[6].

Durante il 2011, le rivolte contro Assad vennero infiltrate sempre più da membri di Al Qaeda. Il 12 febbraio 2012, in un video di otto minuti, Zawahiri esortò i jihadisti di Turchia, Iraq, Libano e Giordania a venire in aiuto dei loro “fratelli in Siria”, e a fornire loro “denaro, opinioni, come pure informazioni”. Zawahiri disse che gli Stati Uniti erano insinceri nell’esprimere loro solidarietà[7].

Sempre nel febbraio 2012, Hillary Clinton ammise che Zawahiri “sta sostenendo l’opposizione in Siria”, ed ella lasciò capire che gli Stati Uniti stavano dalla sua stessa parte[8]. Clinton promise che gli americani avrebbero continuato a fornire aiuto logistico ai rivoltosi, così come a coordinare le questioni militari sul terreno.

La richiesta di Zawahiri per la jihad contro la Siria venne sostenuta dal numero due di Al Qaeda, Abu Yahya al-Libi. Egli era un terrorista proveniente dalla Libia che aveva partecipato al recente conflitto contro Muammar Gheddafi, insieme a numerosi altri estremisti. Al-Libi disse in un video del 18 ottobre 2011: “Ci appelliamo ai nostri fratelli in Iraq, Giordania, e Turchia di venire ad aiutare i loro fratelli [in Siria]”[9]. Alla fine del 2011, c’erano dei legami tra i jihadisti che avevano rovesciato Gheddafi, e coloro che cercavano di infliggere un simile destino ad Assad.

A causa dei veti russo e cinese alle risoluzioni delle Nazioni Unite, Washington non potè lanciare un’invasione su vasta scala della Siria, ma la meta dell’amministrazione di Barack Obama e dei suoi alleati rimaneva quella del cambio di regime. Nel corso del 2011 e anche dopo, i leader dell’America (Obama), della Gran Bretagna (David Cameron), della Francia (Nicolas Sarkozy), e della Germania (Angela Merkel), chiesero separatamente ad Assad di lasciare, esprimendo disonestamente preoccupazioni per i guai del popolo siriano.

Merkel, per esempio, che aveva approvato l’invasione americana dell’Iraq, affermò il 18 agosto 2011 che Assad dovrebbe “affrontare la realtà del completo rifiuto del suo regime da parte del popolo siriano”. Questa accusa venne ripetuta da altri leader occidentali, e parimenti dall’Alto Rappresentante dell’Unione Europea Catherine Ashton. Erano ovviamente affermazioni del tutto insensate.

Meno di sei mesi dopo il corrispondente inglese Jonathan Steele, nel citare un sondaggio attendibile, aveva osservato che il 55% dei siriani volevano che Assad rimanesse come presidente. Steele osservò quanto questa scomoda realtà “fosse ignorata da quasi tutti gli organi di informazione in tutti i paesi occidentali i cui governi hanno chiesto ad Assad di andarsene”[10]. Non corrispondeva esattamente alle fantasie fatte girare dai politici e ripetute a pappagallo dalla stampa.

Un grande gioco veniva dispiegato sul suolo siriano, oscurato dalle prestazioni teatrali dei diplomatici alle Nazioni Unite. Come previsto, la caduta di Assad avrebbe aumentato il potere americano nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, mentre avrebbe assestato un colpo alle influenze russa, iraniana e cinese. Il Cremlino avrebbe dovuto abbandonare la sua vecchia base navale di Tartus, nella Siria occidentale, spingendo la Russia fuori del Mediterraneo. Le vie di rifornimento attraverso le quali le armi venivano consegnate a Hezbollah nel vicino Libano sarebbero state parimenti troncate.

Con un’organizzazione [criminale] amica dell’Occidente in Siria, l’anello avrebbe potuto soltanto essere stretto maggiormente attorno all’Iran. Vi sono grandi quantità di petrolio e di gas a cavallo della costa siriana, nel Bacino del Levante, come le grandi potenze sanno.

Tuttavia, la Siria è stato un problema più difficile e complesso per l’alleanza Stati Uniti-NATO rispetto alla Libia: in Siria l’Occidente stava sfidando gli interessi strategici di Russia, Cina e Iran, tre paesi con grandi risorse ed eserciti potenti.

Nel frattempo, i jihadisti stavano iniziando a provocare devastazioni. L’agenzia di intelligence tedesca BND informò il Bundestag (Parlamento) che, dalla fine del dicembre 2011 al luglio 2012, vi furono 90 attacchi terroristici effettuati in Siria da organizzazioni legate ad Al Qaeda e ad altri gruppi estremisti[11]. I “moderati” stavano effettuando attentati suicidi e con autobombe contro le forze governative e contro i civili siriani. Un attentato suicida il 18 luglio 2012 uccise il cognato di Assad, il Generale Assef Shawkat, e il ministro della difesa siriano, il Generale Dawoud Rajiha. L’Esercito siriano libero, sostenuto dagli Stati Uniti, dalla NATO e dalle dittature del Golfo, rivendicò questo attacco terroristico[12].

La jihad è servita solo a danneggiare e a delegittimare gli scopi dei rivoltosi, e in modo eloquente quelli dell’Occidente. I siriani poterono vedere, dopo solo un anno di conflitto, che numeri considerevoli di coloro che cercavano di eliminare la Repubblica Araba Siriana erano degli estremisti. Con una doppia batosta, il terrorismo ebbe l’effetto di porre quasi fine alle defezioni in favore dell’opposizione.

Da quel momento in poi, la maggioranza del personale dell’esercito rimase leale ad Assad. Ulteriori attacchi terroristici all’inizio di ottobre del 2012 uccisero 40 persone, mediante quattro autobombe che danneggiarono il distretto governativo di Aleppo. Questo delegittimò ulteriormente i rivoltosi. Il Fronte Al-Nusra, legato ad Al Qaeda, rivendicò questi atti scellerati che non avevano altro scopo se non quello di infliggere un bagno di sangue a persone innocenti. Gli attentati suicidi crebbero in frequenza.

Quando i generali del Giappone scatenarono gli squadroni dei kamikaze contro gli Alleati a partire dall’autunno del 1944, essi potevano almeno accampare la disperazione; il Giappone imperiale combatteva per la propria vita. Essi non avevano mai sognato di utilizzare i piloti kamikaze due anni prima, nel 1942. Nel 1944, tuttavia, le forze di Tokyo erano posizionate decisamente in ritirata. I terroristi che hanno invaso la Siria non avevano tali scuse, il che mostra quanto più estremisti siano i jihadisti islamici persino rispetto agli intransigenti militari giapponesi.

Le atrocità scioccarono la popolazione siriana e rafforzarono la solidarietà per Assad. Il presidente siriano indubbiamente reagì allo scatenarsi del terrore con il pugno di ferro; la sua dura risposta può essere stata influenzata anche dalla perdurante minaccia di un’invasione Stati Uniti-NATO, poiché i politici occidentali continuavano a chiedere le sue dimissioni.

Il capo dei servizi segreti miliari di Israele, il generale di divisione Aviv Kochavi, disse al parlamento israeliano alla metà di luglio del 2012 che l’”Islam radicale” stava costituendo un punto di appoggio in Siria. Disse Kochavi: “Possiamo vedere un flusso in corso di attivisti di Al Qaeda e della jihad globale in Siria”. Egli era preoccupato che “le Alture del Golan potrebbero diventare un’arena di attività contro Israele”, che era “come una conseguenza del crescente movimento della jihad in Siria”[13]. Le Alture del Golan, 40 miglia a sud di Damasco, sono un territorio siriano sotto occupazione israeliana dal 1967. Kochavi riteneva che Assad “non sopravvivrà allo sconvolgimento”.

L’Esercito siriano libero sostenuto dall’Occidente consisteva in parte di mercenari reclutati dalla Libia, insieme ad estremisti di Al Qaeda, wahabiti e salafiti. Come il capo di Al Qaeda aveva chiesto, i radicali si riversarono in Siria dal vicino Libano e dalla Turchia – che è uno stato membro della NATO – ed erano intenti ad attuare una guerra settaria: mediante il massacro dei gruppi etnici della Siria come gli alauiti, i cristiani, gli sciti e i drusi; vale a dire, coloro che generalmente sostengono Assad e che i jihadisti considerano eretici.

Il Consiglio Nazionale Siriano, una coalizione anti-Assad con sede a Istanbul, in Turchia, venne fondato nell’agosto 2011. Era stato organizzato dai servizi segreti delle potenze occidentali, e venne sostenuto dall’Arabia Saudita e dal Qatar. Il capo della Turchia, Recep Tayyp Erdogan, continuò a sostituire il secolarismo con l’islamismo in Turchia, e venne coinvolto con un ruolo centrale nell’alimentare le fiamme della guerra in Siria. i turchi agivano come una forza mandataria dello schieramento Stati Uniti-NATO.

Erdogan permise all’Esercito siriano libero di usare le basi turche di Antakya e di Iskenderun, ubicate nell’estremo sud della Turchia e vicine al confine siriano. Con l’assistenza della Turchia, le armi della NATO venivano consegnate ai terroristi che conducevano la guerra santa contro i siriani. Agenti dei servizi segreti americani erano attivi all’interno e nei dintorni della città turca di Adana[14].

I jihadisti islamici arrivarono in Siria da lontani paesi europei, come la Norvegia e l’Irlanda; 100 di loro entrarono in Siria dalla sola Norvegia. Musulmani radicali di etnia uigura provenienti dalla provincia dello Xinjiang, nella Cina nord-occidentale, combatterono in Siria a fianco di Al Qaeda dal maggio 2012. I militanti uiguri appartenevano all’organizzazione terrorista Turkistan Islamic Party (TIP), e alla East Turkistan Education and Solidarity Association, quest’ultimo gruppo con sede a Istanbul. Al-Libi, il numero due di Al Qaeda, sostenne pubblicamente la campagna terrorista del TIP contro le autorità cinesi dello Xinjiang.

Complessivamente, si ritiene che siano stati presenti in Siria dall’inizio del conflitto jihadisti provenienti da 14 paesi: africani, asiatici ed europei[15]. Essi provenivano da paesi come la Giordania, l’Egitto, l’Algeria, la Tunisia, l’Arabia Saudita, gli Emirati Arabi Uniti ecc. Questa fu in parte una conseguenza e un effetto diffusivo dell’invasione della Libia da parte degli Stati Uniti e della NATO avvenuta nel marzo 2011. All’inizio del 2012, più di 10.000 mercenari libici vennero addestrati in Giordania, al confine con la Siria a sud. I militanti venivano pagati ognuno 1,000 dollari al mese dall’Arabia Saudita e dal Qatar, per indurli a partecipare alla guerra contro la Siria. I sauditi consegnavano armi agli elementi più estremisti in Siria, un fatto che Riyadh non ha mai negato.

Nella prima settimana dell’agosto 2012, le forze speciali assadiste catturarono 200 rivoltosi in un suburbio di Aleppo nella Siria nord-occidentale. Soldati governativi trovarono in seguito ufficiali sauditi e turchi che comandavano i mercenari. All’inizio di ottobre del 2012, in un altro distretto di Aleppo (Bustan al-Qasr), le divisioni di Assad respinsero un attacco e uccisero dozzine di miliziani armati. Costoro erano entrati in Siria attraverso la Turchia e tra loro c’erano quattro ufficiali turchi. Vicino alla base aerea americana di Incirlik nel sud della Turchia, i jihadisti ricevettero un addestramento speciale in moderne armi da guerra: missili anti-tank e anti-aerei, lanciatori di granate e missili stinger di fabbricazione americana.

Aerei della NATO, che volavano senza insegne o stemmi, atterravano nelle basi militari turche vicine a Iskenderun, in prossimità del confine siriano. Essi portavano armamenti provenienti dagli ex arsenali di Gheddafi, come pure mercenari libici che si univano all’Esercito siriano libero. Istruttori delle forze speciali britanniche continuarono a cooperare con i rivoltosi. La CIA, e contingenti del US Special Operations Command (Comando delle Operazioni Speciali degli Stati Uniti) distribuivano e azionavano strumenti di telecomunicazioni, permettendo ai “ribelli” di sfuggire alle unità dell’esercito siriano[16]. La CIA fece inoltre volare droni all’interno dello spazio aereo siriano per raccogliere informazioni.

Nel settembre 2012, quasi 50 agenti di grado elevato provenienti dagli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna, dalla Francia e dalla Germania furono attivi lungo la frontiera siriana-turca[17]. I tedeschi, per conto del loro servizio segreto BND, erano a bordo della nave spia ‘Oker (A 53)’ nel Mediterraneo, non lontano dalla linea costiera occidentale della Siria. A bordo di questa nave si trovavano 40 commando specializzati in operazioni di intelligence, che utilizzavano strumentazioni elettromagnetiche e idro-acustiche. Poiché la Germania è un membro della NATO, queste attività con ogni probabilità erano state intraprese d’accordo con Washington.

Le forze armate tedesche (Bundeswehr) posizionarono altre due navi spia nel Mediterraneo: ‘Alster (A 50)’ e ‘Oste (A 52)’, raccogliendo informazioni sulle posizioni dell’esercito siriano. Il presidente del BND Gerhard Schindler confermò a proposito della Siria che Berlino voleva “una cognizione solida dello stato del paese”[18].

Il punto di appoggio delle navi tedesche era la base aerea di Incirlik, che contiene 50 bombe nucleari americane ed ospita le forze aeree angloamericane. La missione delle navi tedesche era di decifrare i segnali delle telecomunicazioni della Siria, intercettare i messaggi provenienti dal governo siriano e dallo stato maggiore, e scoprire le ubicazioni delle truppe governative fino ad un raggio di 370 miglia dalla costa, attraverso immagini satellitari. La Germania aveva una postazione di ascolto permanente ad Adana, nella Turchia meridionale, dove poteva intercettare tutte le chiamate fatte nella capitale Damasco[19]. Il governo della Merkel inevitabilmente negò le accuse secondo cui la marina tedesca stava spiando nel Mediterraneo; è il tipo di attività che pochi paesi rivendicano.

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: https://www.globalresearch.ca/us-british-french-covert-operations-syria/5742124

 

[1] The Week, “Hillary Clinton: I would have taken on Assad”, 7 April 2012.

[2] Joby Warrick, “Zawahiri asserts common cause with Syrians”, Washington Post, 27 July 2011.

[3] Jonathan Steele, “Assad predicts defeat for invasion force”, The Guardian, 28 March 2003.

[4] Luiz Alberto Moniz Bandeira, The Second Cold War: Geopolitics and the Strategic Dimensions of the USA (Springer 1st ed., 23 June 2017) p. 283.

[5] Sarah Burke, “How Syria’s ‘geeky’ president went from doctor to ‘dictator’”, NBC News, 30 October 2015.

[6] Bandeira, The Second Cold War, p. 246.

[7] Martina Fuchs, “Al Qaeda leader backs Syrian revolt against Assad”, Reuters, 12 February 2012.

[8] Wyatt Andrews, “Clinton: Arming Syrian rebels could help Al Qaeda”, CBS News, 27 February 2012.

[9] Reuters, “Islamist website posts video of Al Qaeda figure”, 13 June 2012.

[10] Jonathan Steele, “Most Syrians back President Assad, but you’d never know from Western media”, The Guardian, 17 January 2012.

[11] Bandeira, The Second Cold War, p. 269.

[12] Matt Brown, “Syrian ministers killed in Damascus bomb attack”, ABC News, 18 July 2012.

[13] Space Daily, “Assad moving troops from Golan to Damascus: Israel”, 17 July 2012.

[14] Bandeira, The Second Cold War, p. 264.

[15] Ivi, p. 265.

[16] Philip Giraldi, “NATO vs. Syria”, The American Conservative, 19 December 2011.

[17] Hürriyet Daily News, “There are 50 senior agents in Turkey, ex-spy says”, 16 September 2012.

[18] Thorsten Jungholt, “The Kiel-Syria connection”, Die Welt, 20 August 2012.

[19] Bandeira, The Second Cold War, p. 268.

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