La prospettiva disperata della Palestina

La prospettiva disperata della Palestina

IN PALESTINA SI STA SVILUPPANDO UNA NUOVA CRISI

Di Kathleen e Bill Christison[1]

Il seguente articolo si basa in gran parte su un capitolo di un nuovo libro recentemente pubblicato dai collaboratori di Counterpunch Kathleen e Bill Christison. Il loro libro, intitolato Palestine in Pieces: Graphic Perspectives on the Israeli Occupation [La Palestina in pezzi: prospettive vivide sull’occupazione israeliana] [2] è pubblicato da Pluto Press. Il libro è una descrizione esaustiva di tutti gli aspetti dell’occupazione israeliana dei territori palestinesi della Cisgiordania, di Gaza e di Gerusalemme est. Esso porta un contributo di vivide, personali prospettive dell’occupazione israeliana, descrivendo il modo in cui Israele domina e opprime la vita dei palestinesi, fino a esaminare gli obbiettivi di lungo termine di Israele. Illustrato con più di 50 fotografie, il libro sostiene che l’occupazione è parte integrante dello scopo ultimo di Israele di conservare il controllo sulla totalità della Palestina e di frammentare a tal fine i territori occupati affinché qualsiasi presenza sostenibile dei palestinesi sulla propria terra venga negata.

Abbiamo visitato la Palestina molte volte, in particolare 8 volte a partire dal 2003, e abbiamo potuto assistere da vicino ai grandi cambiamenti che il sionismo impone continuamente alla terra e al popolo, nessuno in meglio. I palestinesi subiscono livelli sempre maggiori di persecuzione e di maltrattamenti, da parte di un regime israeliano di destra, grazie al miserabile fallimento, da parte dell’amministrazione Obama, di esercitare qualsiasi reale pressione (vedi Jonathan Cook, “How Israel Buried the UN’ War Crime Probe” [Come Israele ha seppellito l’accusa delle Nazioni Unite di crimini di guerra] [3], Counterpunch, 6 ottobre 2009).

Non si può venir via anche da un solo viaggio in Cisgiordania senza capire che il sionismo non è una mera e astratta filosofia politica ma è un movimento aggressivo e esclusivista di irredentismo ebraico, volto fin dall’inizio a spazzare via dalla propria strada qualsiasi elemento non ebraico. In ogni viaggio che abbiamo fatto dal 2003, le cose per i palestinesi sono peggiorate. Si può vedere davvero questa presa di possesso ebraica sulla terra – sull’intero territorio della Palestina – in modo concreto, si può vedere davvero che il sionismo non ha spazio nei propri pensieri – e i leader sionisti non hanno spazio nella loro politica – per lasciare spazio in nessun modo a chiunque non sia ebreo, a ogni palestinese, perché viva in Palestina in libertà ed eguaglianza.

Poco dopo che Israele aveva fermato in modo unilaterale l’Operazione Piombo Fuso, il suo brutale attacco a Gaza all’inizio del 2009, Obama – al momento del suo insediamento – prometteva un cambiamento sostanziale della politica estera americana, e della sensibilità e del tono delle relazioni americane, con il resto del mondo, in particolare con il mondo musulmano. Finora, però, le decisioni della politica di Obama sulla Palestina-Israele sembrano dimostrare chiaramente che su questa questione cambierà poco se non nulla.

La congiunzione del massacro di Gaza e dell’elezione in Israele di un governo di estrema destra con l’inizio della presidenza di Obama ha portato il conflitto israelo-palestinese a un punto morto. Il tiepido appello di Obama per uno stop ad un’ulteriore espansione degli insediamenti israeliani, e la sua incapacità di fare pressioni su Israele su questa questione confermano semplicemente questo stallo. Questi sviluppi hanno mostrato chiaramente, per chiunque non avesse già visto la tendenza in corso o che avesse sperato di non prenderne atto, che Israele non ha nessuna intenzione di rinunciare al proprio controllo su tutta la Palestina e, inoltre, che è attualmente impegnata a distruggere la Palestina come nazione mediante l’uccisione e l’espulsione dei suoi abitanti, l’appropriazione della sua terra, e lo strangolamento della sua economia. Obama non mostra nessuna reale intenzione di affrontare, o di cercare di cambiare, questa situazione e ha già sperimentato ostacoli quasi insormontabili solo per averci provato. I leader israeliani stanno lavorando strettamente con la Israel lobby e con il complesso militare-industriale statunitense per imbrigliare gli Stati Uniti in una rigida alleanza con Israele e per fare in modo che i leader politici americani, inclusi Obama e il Congresso, non possano considerare l’occupazione di Israele come una violazione intollerabile dei diritti politici e umani dei palestinesi.

Finora, gli avvenimenti del 2009 hanno anche creato delle rigide remore psicologiche verso ogni progresso finalizzato alla risoluzione del conflitto. Dopo Gaza, un gran numero di israeliani stanno diventando sempre più espliciti nell’esprimere tutto il loro odio per gli arabi e per i palestinesi, una reazione che si è riflessa nella svolta a destra delle elezioni. Mentre per i palestinesi, nonostante tutti gli anni di attaccamento all’idea di vivere in pace in un piccolo stato indipendente a fianco di Israele, un gran numero di essi sono ora profondamente disillusi e hanno smesso di desiderare ogni forma di riconciliazione con i loro occupanti. E negli Stati Uniti, molti settori dell’opinione pubblica sono diventati più fanatici nel proprio appoggio a Israele e chiusi ad ogni preoccupazione – o addirittura ignari – per le conseguenze umane e sociali sui palestinesi di un’occupazione sempre più dura e della devastazione inesorabile operata da attacchi come quello di Gaza.

La questione cruciale del futuro è se Obama affronterà l’ostacolo posto davanti a lui dall’operazione di Gaza e dalla svolta a destra di Israele, o se semplicemente si tirerà indietro. L’assenza di ogni forma di pressione su Israele per addivenire a una soluzione condurrà inevitabilmente al rafforzamento dell’occupazione israeliana – più insediamenti, più impedimenti alla crescita palestinese, più brutture di ogni tipo per i palestinesi. Questo non significa che alla fine Israele “vincerà” – qualsiasi cosa “vincere” significhi in questo contesto. E’ solo probabile che, alla fine, gli Stati Uniti e Israele saranno costretti a cambiare la loro politica. Nel frattempo, più guerre – e più insensate – e più morti continueranno in futuro, indefinitamente. E sia la responsabilità degli Stati Uniti per questi sviluppi che la consapevolezza globale di dove stia la responsabilità cresceranno rapidamente.
[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.counterpunch.org/christison10092009.html
[2] http://www.amazon.com/exec/obidos/ASIN/0745329292/counterpunchmaga
[3] http://www.counterpunch.org/cook10062009.html

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