Emmanuel Malynski, un “visionario” cattolico controrivoluzionario integrale

Axel Courlande 

EMMANUEL MALYNSKI, UN “VISIONARIO“ CATTOLICO

CONTRORIVOLUZIONARIO INTEGRALE

(Axel Courlande, E. Malynsky, figure méconnue de la “droite intégrale”, «Rivarol», n. 3552, 8 Février 2023, p. 9)

Nato nel 1875 e morto nel 1938, Emmanuel Malysky resta un autore pressoché sconosciuto e sottovalutato, ancora oggi poco letto e ancor meno commentato.

Nondimeno, come vedremo, egli merita d’essere tratto dall’oblìo dove l’hanno relegato non solo la natura radicalmente antimoderna e dunque molto scomoda della sua opera, ma anche la colpevole indifferenza intellettuale di coloro ai quali quest’opera si indirizza prioritariamente, cioè i cattolici tradizionalisti francofoni.

Le origini di Malynski e il suo incontro con Léon de Poncins

Dati certi sulla sua persona e sulla sua vita non mancano, ma sono estremamente scarni. Di lui disponiamo di una sola fotografia (visibile su Metapedia), che lo rappresenta di profilo, in tenuta da caccia, con un’altra persona dietro di lui.

[La foto, che precede una ricca nota biografica, compare anche sul sito polacco salontradycjipolskiej.pl. Su un altro sito polacco, monitorwolynski.com, viene riportato un profilo di Malynski accompagnato da alcuni documenti d’archivio in fac-simile e foto dell’autore. n.d.r.].

Sappiamo soltanto che nacque a Lviv, o nella regione di Lviv, quando questa parte dell’Ucraina apparteneva all’impero zarista.

Con la proclamazione dell’indipendenza della Polonia l’11 novembre 1818 diverrà polacco.

Portando il titolo di conte, Malynski, figura tipica dell’aristocrazia russo-polacca, aveva ereditato immense tenute, che gli permisero, prima della rivoluzione bolscevica e del suo esilio sulle rive del lago Léman, di viaggiare molto, in Europa, in Asia e in America.

La sua educazione gli aveva dato altresì la possibilità di acquisire una grande padronanza del francese, lingua nella quale scrisse tutte le sue opere.

Malynski fu il testimone oculare, come afferma a più riprese, dell’agonia del regime zarista e dei considerevoli sommovimenti legati ad essa.

Si ignora in quale data si stabilì in Svizzera. Scrittore prolifico, pubblicò solo negli anni tra il 1925 e il 1934 non meno di venticinque libri, i quali formavano il ciclo chiamato “La Mission du Peuple de Dieu”, in riferimento al popolo ebraico.

A questo bisogna aggiungere sette opere che non rientravano in questo ciclo, come ad es. Le Peuple Roi (1923) o La Gauche et la Droite (1926). Tutte queste opere furono edite da una piccola casa che aveva una vetrina a Parigi, le edizioni Ispano-Francesi, a ridosso della libreria Cervantes.

Con ogni probabilità Malynski, grazie alle sue ricchezze, pagò lui stesso le spese di stampa di tutte le sue opere, per facilitarne una rapida edizione. Ed infatti, nel solo anno 1926 si registra la pubblicazione di sei opere appartenenti al ciclo prima indicato e di una al di fuori di esso!

Si ignora anche in quale data Malynski fece la conoscenza di un uomo che sarebbe diventato al tempo stesso suo amico, suo allievo e, almeno sotto certi aspetti, il suo continuatore. Stiamo parlando di Léon de Montaigne de Poncins (1897-1975), discendente di un’illustre famiglia originaria del Forez, profondamente legittimista (il suo nonno paterno fu uno dei rappresentanti politici del conte di Chambord) e cattolico.

I due si conobbero indubbiamente nel contesto delle reti discrete ma efficaci che collegavano tra di loro i membri dell’alta aristocrazia europea[1].

Un’opera che esce dalla clandestinità

Non è esagerato dire che fu grazie a Léon de Poncins che l’opera di Malynski uscì da una certa clandestinità. De Poncins, il quale aveva già al suo attivo diverse opere che trattavano gli stessi temi di quelli che interessavano all’autore polacco – ad es. Les Forces secrètes de la révolution (1928) o ancora Les Juifs maîtres du monde (1932) – e che avrebbe pubblicato altre opere presso l’editore cattolico Beauchesne, si rese conto che anche i lettori più motivati sarebbero stati scoraggiati dalla vastità dei venticinque volumi del ciclo scritto da Malynski, che ripercorreva l’intera storia bimillenaria della civiltà occidentale, nel quadro di una sorta di drammaturgia che aveva inizio con la predestinazione di Israele per poi finire con la rivoluzione di Ottobre, passando attraverso il feudalesimo, la Riforma, la Rivoluzione francese e la massoneria, la nascita del socialismo e dei nazionalismi nel XIX secolo, Metternich e la Santa Alleanza, l’Impero britannico, la civiltà americana, la nascita della SdN [Società delle Nazioni], etc.

Un altro fattore più personale vi ebbe una parte: la salute cagionevole di Malynski. Secondo de Poncins, «nel 1935, vecchio e indebolito da una grave malattia, mi aveva affidato il compito di continuare e completare la sua opera interrotta»[2].

In accordo con Malynski, l’autore francese realizzò dunque, a fini divulgativi, un “collage” che raggruppava i primi nove capitoli del libro La Grande Conspiration mondiale, sesto tomo del ciclo “La Mission du Peuple de Dieu” e, per gli altri nove capitoli, degli estratti di diverse altre opere dello stesso ciclo.

Molto discreto sulla persona e sulla vita di Malynski, de Poncins lo presentava così:

«Uomo di sport, rinomato schermitore, pilota d’aerei della prima ora, parla e scrive diverse lingue con la stessa perfezione … e non v’è per così dire posto al mondo che non abbia visitato e studiato»[3].

Riguardo all’opera, de Poncins si mostrava più prolisso, ma sempre elogiativo:

«Fra i primissimi, prima ancora dei celebri studi di Max Weber e Werner Sombart, egli ha colto l’essenza profondamente ebraica del capitalismo moderno e dimostrato le affinità che lo legano al bolscevismo. Fra i primissimi, ha saputo vedere il sostegno involontario che certi nazionalismi eccessivi avrebbero apportato alla sovversione internazionale. Tra i primi, ha penetrato l’essenza metafisica del fenomeno rivoluzionario, mostrando come si tratti di una guerra religiosa, dello scontro secolare e internazionale fra due concezioni antagoniste della vita»[4].

Evola, “traghettatore” del conservatorismo aristocratico europeo

Fedele alla sua promessa di continuare in un certo senso l’opera di Malynski, de Poncins fondò, poco prima della morte dell’autore polacco, la rivista Contre-Révolution, che conobbe due serie: una prima, pubblicata a Ginevra (sei numeri da maggio a dicembre 1937), ed una seconda, pubblicata a Parigi (tre numeri tra il 1938 e il 1939).

Nel frattempo, de Poncins era entrato in contatto epistolare con il barone Julius Evola. Non cristiano e sotto certi aspetti anche anticristiano, questi tuttavia sin dalla fine degli anni Venti aveva cessato di definirsi “pagano”.

Oggi sappiamo, sulla scorta di certi archivi ritrovati, che, fin dal 1919, quando aveva appena superato la trentina, aveva concepito l’idea di costituire una vera e propria rete paneuropea del conservatorismo aristocratico. Evola aveva allacciato numerosi contatti in particolare in Austria, specialmente negli ambienti che gravitavano attorno al principe Karl Anton Rohan, editore dell’influente Europäische Revue, molto letta negli ambienti conservatori.

Questa rivista poteva contare su firme prestigiose, sia di lingua tedesca (Hugo von Hofmannstahl, Reiner Maria Rilke, Carl Schmitt, Werner Sombart, Carl Gustav Jung, etc.) che straniere (Paul Valéry, Winston Churchill, Aldous Huxley, José Ortega y Gasset, e lo stesso Evola)[5].

Se peraltro si tiene conto del fatto che Evola negli anni Trenta aveva già dei contatti in Francia con ambienti di una destra molto più radicale, non vi è da stupirsi che abbia collaborato, con due articoli (Les armes de la guerre occulte e Technique de la subversion), alla rivista diretta da de Poncins[6].

Ma Evola andò oltre, traducendo e presentando fin dal 1939 al pubblico italiano La Guerre occulte[7].

L’opera di un visionario

Oggi in Francia, dopo un lungo silenzio, non rotto dai rari e meritori tentativi che hanno richiamato l’attenzione sull’opera di Malynski[8], questa è integralmente disponibile in fac-simile, grazie al lodevolissimo lavoro delle edizioni Saint-Rémi, con sede a Cadillac, in Gironda.

A differenza dell’opera di L. de Poncins, che fu innanzitutto un archivista e un documentalista della sovversione anticattolica e antimonarchica, l’opera di Malynski si presenta come quella di un visionario.

Invano vi si cercherebbero riferimenti e note a pie’ di pagina, anche se sullo sfondo si avverte tutta la vastità della cultura dell’autore. Ben più che uno storico, alla sua maniera spesso confusionaria Malynski fu un filosofo della storia. Questa per lui è una drammaturgia nella quale tutti i figli rinviano ad un piano trascendente e propriamente spirituale.

L’autore polacco, in ciò vicino a molti scrittori del XIX secolo, a partire da Léon Bloy, appare ossessionato dalla predestinazione o elezione di Israele. A suo avviso, fin da prima della venuta di Cristo, Israele ha fallito la sua missione universale di popolo portatore della Verità, restando attaccato ad una religione particolaristica ed esclusivistica della città-nazione:

«… l’ebraismo biblico non poteva concepire con chicchessia una condivisione, per di più su un piano di uguaglianza, dell’amore e dei favori divini. Solo lui era stato ammesso all’intimità ineffabile e solo lui contava di restare al centro dell’attenzione»[9].

Per Malynski Israele riproduce nel tempo e nello spazio la rivolta trans-storica di Lucifero e le grandi tappe della vita dell’arcangelo: da un lato elezione o predestinazione, dall’altro dannazione per eccellenza.

Ma bisogna guardarsi dal confondere gli israeliti «che non sono che cellule spesso automatiche e irresponsabili in funzione del loro organismo sociale»[10] con la «personalità storica totale» della collettività ebraica, la sola colpevole. Per Malynski l’ultima risorsa del giudaismo che ha rigettato Cristo è una “fede” satanica, parodistica. Questo elemento satanico «giace dopo il Golgota nelle profondità tenebrose del giudaismo, profondità che probabilmente numerosi israeliti neppure sospettano. È questo giudaismo che costituisce la vera anima della grande cospirazione mondiale»[11].

La lotta fra il Bene e il Male, fra la Verità e la menzogna, si svolge nel cuore di ciascuno, a prescindere da qualunque appartenenza:

«Ciascuno di noi porta dentro di sé – scrive Malynski – il “Regno di Dio” o il “Regno del Diavolo”, l’ordine gerarchico della città divina o la confusione demagogica della torre di Babele»[12].

Da qui si vede che la teologia della storia di Malynski non si segnala per una forte originalità all’interno del pensiero controrivoluzionario. Questo vale anche per la sua tesi secondo cui il grande stravolgimento risalirebbe al Rinascimento e all’apparizione dell’Umanesimo:

«Nell’essenziale, vi fu continuità, un’unica conquista, un grande dramma della storia in cinque atti: il primo fu il Rinascimento, il secondo la Riforma, il terzo la Rivoluzione francese, il quarto il 1848 e il quinto il 1917. Tra questi vi furono degli intermezzi, allo scopo di trarre il massimo profitto da ciò che precedeva e di preparare metodicamente quel che seguiva»[13].

Critica del nazionalismo ed elogio di Metternich

Per ciò che concerne la critica al nazionalismo, Malynski appare meno convincente quando, giuocando all’eccesso del paradosso, lo considera «sostanzialmente giudaico», e assai più lucido quando lo accusa di aver provocato una formidabile accelerazione nell’intrapresa di distruzione dell’ordine tradizionale europeo nel XIX secolo.

Questo fu difatti il teatro dell’«antagonismo implacabile … di due mondi sovrapposti, il mondo superiore che continuava a rimanere sotto l’influenza del cristianesimo tradizionale, e il mondo inferiore, consapevolmente o inconsapevolmente sottomesso all’impresa occulta del giudaismo imperialista e militante … Nel mondo inferiore vi era unità internazionale di pensiero e azione: “nessun nemico a sinistra”. La divisione nazionalista regnava in quello superiore … Donde l’inferiorità manifesta di quest’ultimo … Questa inferiorità raggiungeva il suo apice quando la controrivoluzione di un paese si alleava con la rivoluzione dell’altro per combattere insieme la controrivoluzione di quest’altro»[14].

Contro questi nazionalismi, fenomeno tutto moderno, Malynski esalta la figura di Metternich, che loda per essere stato all’epoca il solo uomo di Stato, fra i conservatori ed aristocratici, che abbia saputo vedere «l’unità, la sintesi del male dell’avvenire»[15].

«Era – aggiunge – una innovazione … creatrice nel campo della politica, che si può riassumere in queste poche parole: “oramai in Europa soltanto più nemici a destra”, con il corollario: “tutto ciò che è a sinistra, o solo al di fuori della destra integrale, è il nemico”. Su questo terreno Metternich si incontra con Lenin, ma non si incontra con nessuno dei conservatori contemporanei»[16].

E se il tentativo di Metternich di fondare l’“Internazionale bianca” fallì, anche se diede all’Europa una tregua relativa per almeno tre decenni, ciò fu soprattutto a causa dell’assenza dell’unico autentico carisma spirituale in grado da solo di giustificare veramente la sua legittimità: il papa, che difatti aveva brillato per la sua assenza al congresso di Vienna nel 1815.

L’unione anticapitalistica degli estremi

Un’altra cosa che caratterizza Malynski è il suo anticapitalismo, a base di disprezzo aristocratico del borghese, «sempre pronto … ad acclamare alla bisogna la violazione delle chiese, perché non prega; a rallegrarsi della caduta dei troni e della soppressione dei privilegi ereditari, perché disturbano la sua vanità di “parvenu” o le sue aspirazioni di “parvenant”, ma che lancia grida d’angoscia quando la plebaglia si azzarda a toccare le banche  e gli altri santuari del capitalismo»[17].

L’autore polacco non esita perciò ad invocare una unione degli estremi contro la fase liberale e borghese della rivoluzione, in nome di un anticapitalismo romantico mosso innanzitutto dall’odio per il re-denaro, ma che ignora i troppi fattori sociali ed economici per essere credibile:

«Contro il blocco dello sfruttamento capitalistico degli ignoranti e dei deboli, della rivoluzione borghese degli ipocriti e dei mediocri, contro questo blocco dell’insolenza democratica, della rapacità finanziaria e del dominio giudaico, ci dovrebbe essere – scrive Malynski – il blocco dell’estrema sinistra e dell’estrema destra, il blocco onesto della collaborazione solidale tra la proprietà e il lavoro»[18].

Nonostante qualche affermazione perentoria e qualche conclusione talvolta affrettata, anche con le sue intuizioni folgoranti Malynski è un autore che merita di essere letto con attenzione. E la sua insistenza sulla necessità imperiosa di edificare una Destra integrale, controrivoluzionaria e internazionale, rimane valida al giorno d’oggi esattamente come poteva esserlo ieri o avantieri.

 

[1] Tra i membri della famiglia de Poncins attivi ai giorni nostri, segnaliamo Michel de Poncins (1926-2020), che fu  collaboratore occasionale di “Rivarol”, il quale presiedette l’associazione Cattolica per le libertà economiche, promotrice di un “capitalismo popolare” molto antidirigista, come pure la radio libera cattolica Radio Silence, ed Étienne de Poncins, nato nel 1946, ambasciatore di Francia in Ucraina dopo il 2019.

[2] Emmanuel Malynski & Léon de Poncins, La Guerre occulte. Juifs et francs-maçons à la conquête du monde, Beauchesne, 1936. Cito (p. X) l’edizione fuori commercio del 1940, che comprende una prefazione inedita di L. de Poncins datata agosto 1938.

[3] Ibid. (ed. fuori commercio), pp. IX-X.

[4] Ibid., p. X.

[5] Su Evola come figura attiva del conservatorismo aristocratico paneuropeo cfr. innanzitutto il libro molto ben informato di uno dei migliori conoscitori della sua opera e della sua vita: Gianfranco de Turris, Julius Evola dans la guerre et au-delà (1943-1951), Akribeia, Saint-Genis-Laval, 2018.

[6] Evola ha ripreso alla lettera o quasi questi due articoli per farne un capitolo del suo trattato politico Les Hommes au milieu des ruines, 2a éd., Guy Trédaniel-Pardès, Paris-Puiseaux, 1984, pp. 181-203 (ed. orig., Roma, 1953).

[7] In questo caso quella di Evola fu un’opera pionieristica. La Guerra occulta fu riedita nel 1978 e 1989 a cura della casa editrice di Franco Giorgio Freda, che pubblicò anche due libri di Malynski appartenenti al ciclo “La Mission du Peuple de Dieu”, rispettivamente nel 1976 e 1979. È dunque fondato scrivere che Malynski, autore polacco ma d’espressione francese, è oggi indubbiamente più conosciuto negli ambienti della destra radicale italiana che non in quelli della sua consorella francese.

[8] Cfr. François Maistre, Léon de Poncins, un contre-révolutionnaire intégral, in Julius Evola, Écrits sur la franc-maçonnerie, Pardès, Puiseaux, 1987 (2a éd.: 1996), pp. 127-152, con annotazioni sull’autore polacco; Philippe Baillet, Un grand contre-révolutionnaire “oublié”: Emmanuel Malynski, in Les Deux Étendards. Documents et acteurs de l’antimodernité, n. 3, mai-août  1989, pp. 11-21 (Baillet aveva pubblicato, a completamento del suo articolo, ampi estratti di diversi libri di Malynski); Édouard Rix, Emmanuel Malynski, métaphysicien de la guerre occulte, in Réfléchir & Agir, n. 18, automne 2004, pp. 48-49.

[9] E. Malynski, L’Erreur du predestiné, vol. 2, 1925, pp. 20-21.

[10] Id., La Grande Conspiration Mondiale, 1928, p. 33.

[11] Ibid.

[12] E. Malynski, Le Peuple-Roi, 1923, p. 199.

[13] Id., La Grande Conspiration Mondiale, pp. 144-145.

[14] Ibid., pp. 253-254.

[15] E. Malynski & L. de Poncins, La Guerre occulte cit., p. 9.

[16] Ibidem, pp. 9-10.

[17] E. Malynski, L’Empreinte d’Israël, vol. I, 1926, pp. 38-39.

[18] Ibidem, pp. 40-41.

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