Gian Pio Mattogno
AMNESIE E DISSIMULAZIONI DELL’APOLOGETICA GIUDAICA.
MASSIMO GIULIANI INTERPRETE DI MAIMONIDE.
Fra le strategie messe in atto dall’apologetica giudaica vi è l’uso sistematico della menzogna e della dissimulazione.
È una prassi tanto antica, quanto moderna.
Ancora al giorno d’oggi, per difendere e rendere appetibile e digeribile all’ingenuo goy una particolare visione dell’ebraismo ad usum Judaei, non ci si limita alle tradizionali prassi apologetiche mistificatrici e truffaldine.
(Cfr. alcuni esempi in: Strategie dell’apologetica rabbinico-talmudica: una “maligna furfanteria” del rabbino Joseph Samuel Bloch contro August Rohling, andreacarancini.it; Una mistificazione esemplare del Gran Rabbino Solomon Klein, andreacarancini.it; “Le dossier sur le Christianisme” della Commissione Dottrinale del Rabbinato francese, andreacarancini.it; “Per amore della pace”, andreacarancini.it; Una sub-apologia del Talmud: Talmud per principianti o Talmud per fessi?, andreacarancini.it).
No, all’ingenuo goy si nascondono altresì delle verità sgradevoli, che è più prudente tener riposte negli armadi, assieme a tutti gli altri scheletri imbarazzanti della tradizione rabbinico-talmudica.
Credo che il caso più clamoroso al riguardo sia costituito da una recente interpretazione di Maimonide da parte del prof. Massimo Giuliani.
Giuliani insegna Pensiero ebraico presso il Dipartimento di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, ed ha al suo attivo diverse pubblicazioni.
Insomma, non è proprio l’ultimo arrivato. È dunque impensabile che nel suo caso possa trattarsi di ignoranza.
È più verosimile che si tratti, diciamo così, di “amnesia autoindotta”.
Non so se Giuliani sia ebreo. Se è ebreo, non fa che eseguire il compitino assegnatogli dalla Sinagoga; se non lo è, si rivela un abile e bravo Shabbath Goy in soccorso della Sinagoga.
Con lo scritto e con la parola Giuliani è difatti in prima fila nella epica battaglia contro l’antisemismo, la “giudeofobia” e la “xenofobia” (quest’ultima naturalmente sempre degli altri e giammai degli eletti).
Tra le altre cose, Giuliani si occupa di Moshe Maimonide (Rambam), l’aquila della sinagoga, colui la cui autorità nel mondo giudaico è tale che per lui è stata coniata questa espressione: da Mosè a Mosè non c’è stato un altro come Mosè, cioè dal Mosè biblico a Mosé (Moshe) Maimonide non c’è stato un altro grande come Maimonide.
Nel «Nuovo Giornale di Filosofia della Religione», Nuova Serie, N. 3/2023, pp. 79-95, è apparso un suo scritto dal titolo: Mosè Maimonide e il dovere di sradicare l’idolatria: teoria e prassi.
Il Sommario recita così:
«La questione dell’idolatria ha a che fare con i fondamenti del giudaismo in quanto tale. Il saggio presenta le principali prese di posizione sull’idolatria espresse dal filosofo ed halakhista medievale Maimonide nel suo codice Mishnè Torà, nella Guida dei perplessi e nell’Epistola sull’apostasia. In quanto giurista religioso, Maimonide non dà una definizione precisa di idolatria ma presenta, sulla base delle fonti talmudiche, i comportamenti identificabili e sanzionabili come idolatrici; invece, come filosofo si sforza di trovare una definizione e di applicarla come ratio di tutti i divini precetti della Torà. In prospettiva tassonomica, inoltre, Maimonide distingue tra idolatria e apostasia forzata in regimi di persecuzione, mostrando perché in questi ultimi casi non si addica la severità giuridica che si applica a chi, da ebreo, trasgredisce con atti di idolatria».
Tutto è in ordine, tutto è giusto in questo compendio del pensiero di Maimonide.
Peccato che l’autore ometta di specificare che tra gli “idolatri” stigmatizzati da Maimonide figurano anche i cristiani, che tra le forme di idolatria da “sradicare” va inclusa anche la religione cristiana, che uno dei bersagli preferiti della sua polemica è Gesù Cristo ‒ «possano le sue ossa essere ridotte in polvere» ‒ e che Maimonide abbia espresso giudizi “xenofobi” non solo contro gli “idolatri” europei, ma anche contro i “Turchi” e i “negri”!
(Fonti, bibl. e dibattito storiografico in: Il sicario della sinagoga. L’odio rabbinico-talmudico contro il non-ebreo negli scritti di Moshe Maimonide, Effepi, Genova, 2022).
Egli rammenta che nella Mishnah del Talmud, il primo grande codice della tradizione rabbinica, nonché nella Tosefta, la raccolta gemella della Mishnah, esiste un trattato dedicato specificatamente al divieto di idolatria, Aboda Zara, il cui incipit recita:
«Prima delle feste dei goyim è proibito [agli ebrei] di commerciare con loro, fare loro dei prestiti e prendere in prestito qualcosa da loro, far loro credito di denaro o far debiti finanziari con loro, farsi pagare da loro» (A.Z. 1,1).
La ragione di queste disposizioni, scrive, era chiara: evitare che gli ebrei partecipassero e contribuissero ai culti idolatrici e alle celebrazioni connesse.
Ciò è vero, ma Giuliani dimentica di citare il passaggio della Gemara, dove viene riportato l’insegnamento di R. Shemeul a nome di R. Ishmael:
«Secondo quanto afferma R. Ishmael, è sempre proibito fare affari con i cristiani, poiché la loro festa cade di domenica» (Aboda Zara 6a).
Nei manoscritti più antichi domenica viene chiamata Yom notzri (giorno del nazareno).
Aboda Zara 2a tosafot assimila esplicitamente la domenica cristiana al giorno di festa menzionato da R. Ishmael:
«La maggior parte delle loro [dei cristiani] festività deriva dai santi e, in ogni caso, ogni settimana dedicano un giorno al nazareno».
Come sottolinea Jacob Katz (Exclusion et Tolérance, Paris, 1987, p. 56, n. 4), «i cristiani sono esplicitamente inclusi nella proibizione contro “ogni forma di commercio con loro [gli idolatri] durante i loro giorni di festa”, secondo la lettura originale nel Talmud babilonese, Aboda Zara 7b)».
Quindi, fra gli idolatri da “sradicare” menzionati dalla Mishnah figurano anche i cristiani, e tra le feste idolatriche da estirpare vanno annoverate anche le festività cristiane.
Lo sradicamento del culto idolatrico ‒ la trasgressione per antonomasia, la madre di tutti i peccati ‒ è il compito precipuo che si impone anche Maimonide, sia nella Guida dei perplessi (Morè nevukhim) che nel Mishneh Torah, in particolare nel trattato Hilkhot avodat chochavim (Norme sul culto delle stelle).
Ora Giuliani, il quale scrive giustamente che nelle Hilkhot avodat chochavim Maimonide «considera l’idolatria come un grande errore» (p. 90), non solo non riporta alcun passaggio di Maimonide relativo ai cristiani, ma riesce nella ciclopica impresa di non menzionare neppure una volta nel suo saggio il termine cristiani e di non fare il minimo cenno ai cristiani come idolatri.
Tra l’altro:
Non cita il passaggio di Avodat chochavim 9,4, dove Maimonide afferma che i cristiani (termine successivamente sostituito dalla censura con “cananei”) sono idolatri, la domenica è il loro giorno di festa, ed è proibito fare affari con loro, oltre che la domenica, anche nei giorni di giovedì e venerdì di ogni settimana (il Sabato, Shabbath, essendo proibito in ogni caso).
Non cita il passaggio del suo commentario Perush haMishnah Aboda Zara 1, 3-4, dove Maimonide ribadisce che i cristiani, i quali rivendicano la messianicità di Gesù, a qualunque scuola appartengano, «sono tutti idolatri» ed è proibito fare commercio con loro, come prescrive la norma talmudica riguardo ai giorni di festa degli idolatri.
Non cita il passaggio di Avodat chochavim 10,1, dove Maimonide scrive che i cristiani, in quanto minim (eretici) debbono essere annientati, «perché fanno del male agli ebrei e traviano il popolo di Dio, come fecero Gesù di Nazareth e i suoi discepoli».
Non cita il passaggio di Ma’achalot Assurot 11,7, dove Maimonide afferma che «i cristiani sono idolatri, ed è vietato trarre profitto dal loro vino ordinario», cioè il vino che non si sa se sia stato usato come libagione idolatrica (con allusione all’uso del vino nel sacrificio della messa).
Non cita il passaggio di Melachim uMilchamot 11,4, dove Maimonide sostiene che Gesù di Nazareth era un uomo violento che aspirava a farsi Messia e fu messo a morte da un tribunale, e che il cristianesimo (assieme all’Islam) ha il solo compito di preparare la via alla venuta del vero Messia d’Israele.
Non cita i vari passaggi in cui stabilisce che è un comandamento uccidere idolatri e minim.
Non cita il passaggio della “Epistola allo Yemen” (Iggerot haRambam, Iggeret Teiman), dove Maimonide, codificando gli insegnamenti relativi a Gesù e Maria della tradizione rabbinico-talmudica e delle Toledoth Yeshu, vede in Gesù di Nazareth, «possano le sue ossa essere ridotte in polvere» ‒ figlio illegittimo e seduttore di Israele ‒ il capo di una nuova setta.
Né tantomeno il fustigatore della “xenofobia” (degli altri) cita il passaggio della “Guida dei perplessi” in cui Maimonide scrive che «gli ultimi dei Turchi dell’estremo nord» e «i negri dell’estremo sud (…) sono da considerare come animali irrazionali».
Né cita il passaggio di Avodat chochavim 10, 5-6, dove Maimonide afferma che si deve provvedere anche ai bisogni dei poveri non ebrei, insieme ai bisogni dei poveri ebrei, ma questo solo mipnei darkhei shalom, “a causa delle vie della pace” (cioè per non provocare l’ostilità dei goyim), e in ogni caso unicamente fino a quando Israele è in esilio fra gli idolatri e gli idolatri hanno potere su di esso. «Ma quando sarà Israele a detenere il potere, allora sarà proibito tollerare un solo idolatra fra di noi».
E meno che mai, infine, cita il comandamento affermativo 187 del Sefer Hamitzvot, che impone di «uccidere tutti i discendenti delle sette nazioni [gli abitanti dell’antica Palestina](…) In ogni generazione noi dobbiamo cercarli e sterminarli fino all’ultimo individuo».
Gaza docet.
Un sempre grande Gian Pio Mattogno che in questo caso ha “asfaltato” il prof. Giuliani.