Gian Pio Mattogno: L’odio giudaico contro Gesù nello Zohar

Gian Pio Mattogno 

L’ODIO GIUDAICO CONTRO GESÙ NELLO ZOHAR

Come il Talmud, anche lo Zohar è un ricettacolo di odio contro i non-ebrei (Cfr. Mons. Ernest Jouin, Il non-ebreo nello Zohar, andreacarancini.it).

E come nel Talmud, dove i cristiani non sono menzionati estesamente perché compresi come idolatri nella più ampia categoria di aboda zara (culto straniero, idolatria) anche nello Zohar viene presa di mira la figura di Gesù.

In un breve articolo apparso sulla «Revue des Études Juives» Samuel Krauss scrive che i testi cabalistici che fanno riferimento alla persona di Gesù sono estremamente rari, ed anche le allusioni indirette a Gesù o al cristianesimo sono pochissime in questa letteratura. Lo Zohar, che, scrive, è la Bibbia della cabala, a dispetto della sua estensione, non contiene «quasi nulla» che possa essere interpretato come una polemica anticristiana, e lo stesso vale per le opere posteriori (S. Krauss, Un texte cabbalistique sur Jésus, REJ 62 (1911), pp. 240-247).

Come vedremo, quasi nulla è ben diverso da nulla.

Krauss riporta il testo originale ebraico e la traduzione di un manoscritto, di cui non fornisce ulteriori indicazioni, nel quale tra l’altro leggiamo che R. Jeshua ben Perahya ebbe come discepolo «Gesù figlio di Maria». Egli avrebbe dovuto praticare la circoncisione su Gesù, ma poi non lo fece.

L’autore scrive che secondo i rabbini Gesù era un «uomo pio», come è detto nella Mishnah: un bastardo sapiente è superiore ad un sommo sacerdote ignorante. Perché allora lo hanno ucciso? Perché, come ogni israelita, voleva celebrare il sacrificio della Pasqua, ma quando fu dinanzi al sommo sacerdote, questi gli disse che non poteva farlo, in quanto non era circonciso. È detto infatti: un bastardo non entrerà nella casa del Signore.

Allora Gesù si recò nella propria casa e celebrò lo stesso il sacrificio pasquale come gli altri israeliti. Il sommo sacerdote si irritò e ordinò che fosse giustiziato il secondo giorno di Pasqua. Grazie a sua madre, però, la quale era israelita, anche Gesù ha una parte nel mondo a venire (paradiso).

In cosa consisterebbe la luce totalmente nuova in questo racconto?

Krauss scrive che in questo racconto il crimine e la morte di Gesù non ha riscontri in tutta la letteratura ebraica.

Ciò corrisponde a verità, ma tra le righe di questo confusionario racconto trapela ugualmente il tradizionale odio rabbinico contro Gesù.

È bensì vero che l’autore definisce Gesù un uomo pio, discepolo di R. Jeshua ben Perahya. Ma quest’ultimo è lo stesso che nel Talmud (Sotah 47a) respinge Gesù come mago, idolatra e istigatore all’apostasia.

L’autore inoltre fa sua la tradizione del Talmud e delle Toledoth Yeshu, convenendo anch’egli che Gesù fosse un bastardo, generato da nascita illegittima.

E le modalità della condanna di Gesù, nonché la parte assegnatagli dall’autore in paradiso grazie ai meriti di Maria, invece che nel gehinnom fra gli escrementi bollenti, dove invece viene precipitato secondo la tradizione rabbinica (Gittin 57a), quali che ne siano le motivazioni, appaiono soltanto un’estemporanea esternazione dell’autore, totalmente estranea a tutta la tradizione ortodossa, e che dunque non fa assolutamente testo.

Fa invece assolutamente testo un passo dello Zohar (III, 282a) pubblicato da Gustaf Dalman (Jesus Christ in the Talmud, Midrash, Zohar, and the Liturgy of the Synagogue, London-New York, 1893, pp. 19*, 40*. Si veda anche: ¿Yeshu en el Zohar? Zohar 3:282a, orajhaemeth.org).

Questo passo, mutilato nelle prime edizioni dello Zohar di Mantova e Cremona (1560) e pubblicato nella sua versione originale integrale per la prima volta nell’ed. di Costantinopoli del 1736, suona letteralmente così:

«Dal lato dell’idolatria Shabbethai (Saturno) si chiama Lilith, sterco misto, a causa del sudiciume mescolato ad ogni genere di sporcizia e vermi, in cui gettano cani e asini morti, i figli di Esaù e Ishmael, e lì sono sepolti fra di loro Gesù e Maometto, che sono cani morti.

«Lei (Lilith) è la tomba dell’idolatria, dove seppelliscono gli incirconcisi, (che sono) cani morti, abominio maleodorante, sporco e fetido, una cattiva famiglia.

«Lei (Lilith) è il legamento che tiene stretta la “moltitudine promiscua” (Es. 12,38) che è mescolata con Israele, e che tiene ferme ossa e carne, cioè i figli di Esaù e Ishmael, ossa morte e carne impura strappata alle bestie del campo, di cui è detto (Es. 22, 31): “La getterete ai cani”».

Nello Zohar la “moltitudine promiscua” di Es. 12, 32, cioè la massa di gente composta da israeliti di origine egiziana, viene dunque identificata con i figli di Esaù e Ishmael, con Gesù e Maometto, le cui ossa e carni sono assimilate alle bestie dei campi di Es. 22, 31, che vanno gettate ai cani.

Jonatan M. Benarroch, della Hebrew University of Jerusalem, sostiene che questo passo va letto anche nel quadro delle omelie zohariche sul bestemmiatore in Lev. 24, 10-23 (III, 105b-106a) le quali a suo avviso rivelano influenze nascoste delle tradizioni polemiche antievangeliche (“Son of Israelite Woman and an Egyptian Man” ‒ Jesus as the Blasphemer (Lev 24: 10-23): An Anti-Gospel Polemic in the Zohar, «Harvard Theological Review» 110/1 (2017), pp. 100-124).

In Lev. 24, 10-23 il figlio di una donna israelita e di un Egiziano, trovandosi in mezzo a degli Israeliti, viene a diverbio con un figlio d’Israele. Il figlio della donna israelita bestemmia il nome del Signore e viene condotto alla presenza di Mosè. La madre del bestemmiatore si chiama Shelomith, figlia di Dibri, della tribù di Dan. Mettono il bestemmiatore in prigione, in attesa di decidere sul da farsi. Allora il Signore parla a Mosè, e gli ordina di portare il bestemmiatore fuori dal campo, affinché tutti posino le mani sul suo capo e possano lapidarlo. Poi gli ordina di dire ai figli di Israele che chiunque bestemmierà e maledirà il nome del Signore dovrà essere messo a morte, sia egli straniero o nativo del paese. Seguono le disposizioni divine della legge del taglione. Alla fine i figli di Israele trascinano il bestemmiatore fuori dall’accampamento e lo lapidano, come il Signore aveva ordinato a Mosè.

Benarroch rimarca il forte legame che nello Zohar viene stabilito, seppure in modo non esplicito, tra il bestemmiatore e Gesù, come pure tra la madre del bestemmiatore e la Vergine Maria, e rimanda (oltre che ad una puntuale bibliografia in merito), in particolare a Peter Schäfer, Jesus in the Talmud, il quale richiama la tradizione rabbinica su Gesù bestemmiatore del nome divino, eretico e idolatra, nonché alle Toledoth Yeshu e alle tradizioni cabalistiche anticristiane dall’VIII al XIV secolo.

Diversi elementi della contro-storia narrativa di Gesù che compaiono nello Zohar si trovano infatti nel Talmud e nelle opere polemiche ebraiche anticristiane della tarda antichità e dell’alto medio evo ed oltre.

Tre sono i temi centrali della contro-storia narrativa di Gesù: l’uso magico e letale del Santo Nome; il padre egiziano; la madre come prostituta/donna adultera.

Benarroch scrive a ragione che il racconto di Lev. 24,10-23 è estremamente insolito e solleva molte domande: chi è esattamente questo figlio di Shelomith e di un uomo egiziano? Chi è il figlio d’Israele che ha un diverbio con lui? E soprattutto, chi è il bestemmiatore e di che genere è la sua bestemmia?

L’autore ricorda dapprima le interpretazioni di Filone e dei midrashim, i testi giudaici che riportano l’esegesi di passi della Bibbia da parte dei dottori d’Israele.

Filone (De Vita Mosis 2,193) vede nel bestemmiatore un bastardo che ha rifiutato la tradizione della madre ed ha abbracciato l’idolatria del padre, e che in un momento di rabbia ha maledetto il Signore e per questo viene punito con la lapidazione.

Nel midrash Lev. Rabbah (32,4) il bestemmiatore è un bastardo, frutto di una relazione illecita tra la madre Shelomith e il sorvegliante egiziano ucciso da Mosè. Nelle prime fonti midrashiche è addirittura l’unico bastardo conosciuto a quei tempi.

Questa narrazione richiama i passi del Talmud e le parole che Celso (Orig., Contra Celsum 1,32) mette in bocca ad un ebreo, dove Gesù appare come un bastardo nato in seguito ad un atto di adulterio, il quale in Egitto acquisì l’uso dell’ineffabile Santo Nome e poteri magici tramite tatuaggi.

Secondo Benarroch il bastardo, la moltitudine promiscua e l’uso letale del Santo Nome (YHWH) che compaiono nello Zohar hanno molte somiglianze con l’interpretazione di Filone e dei midrashim della storia del bestemmiatore, che ne rafforzano le allusioni anticristiane.

Nello Zohar si fa risalire l’origine adulterina del bastardo al seme del Serpente Malvagio, il quale simboleggia l’“altro lato” (Sitra Ahra), il lato demonico, e che altrove (1,28b) viene descritto come l’antico serpente che sedusse Eva, e di cui gli idolatri e la moltitudine promiscua sono i figli legittimi.

L’allusione a Gesù appare proprio nel passo citato, dove la moltitudine promiscua è identificata esplicitamente con Gesù e Maometto.

Nella letteratura rabbinica Gesù, associato a Balaam, fa uso del Santo Nome. In una versione censurata del Tikunei Zohar il nome di Balaam sostituisce il nome di Gesù che compare nelle prime edizioni.

Qui Gesù è identificato con una delle forze “dalla parte del serpente primordiale” che induce le sue vittime ad astenersi dallo studio della Torah e dall’obbedire alle sue leggi.

(J.M. Benarroch, “The Mistery of (Re) Incarnation and the Fallen Angels”: The Reincarnations of Adam, Enoch, Metraton, (Jesus), and Joseph ‒ An Anti-Christian Polemic in the Zohar, «Journal of Medieval Religious Cultures 44 (2018), p. 79).

Un midrash mistico medievale (Otiyot de-Rabbi Akiva B, VIII-IX sec.) descrive Gesù come un bastardo, nato da Israele e da Edom, il quale traviò il popolo, fu catturato e appeso alla croce.

In una versione leggermente diversa di questo midrash si specifica che «sua madre era d’origine israelitica, mentre suo padre era un Nazareno», cioè un gentile.

Questa tradizione e gli scritti cabalistici di Rabbi Abraham Abulafia e dei suoi discepoli, scrive Benarroch, possono aver influenzato lo Zohar nel collegare il padre egiziano del bestemmiatore al padre gentile di Gesù.

Infine, una delle prove più importanti circa l’identificazione del padre di Gesù come un uomo egiziano si può trovare nell’edizione delle Toledoth Yeshu di Huldreich.

Qui, dopo che i rabbini hanno accusato Gesù di essere figlio bastardo di una donna mestruata e prostituta, Rabbi Akiva chiede a Gesù da quale città provenga, e Gesù risponde: «Sono di Nazareth, e il nome di mio padre è “Egiziano” e il nome di mia madre è Qaharat … R. Akiva allora andò a Nazareth e chiese al popolo di quella città: Dov’è la casa dell’Egiziano e di sua moglie?».

Akiva scopre che in realtà questi non sono i veri nomi dei genitori di Gesù (cambiati dopo la fuga dall’Egitto e il ritorno a Nazareth) e fornisce questa spiegazione del nuovo nome del padre: «Cambiò il nome in “Egiziano” perché aveva agito come gli Egiziani».

Una prova ulteriore che nello Zohar il bestemmiatore sia da identificare con Gesù è che la versione di Huldreich descrive ripetutamente Gesù come un bestemmiatore che maledice il Dio d’Israele.

Anche la descrizione della madre di Gesù come adultera e prostituta, già nota dalle prime fonti cristiane, fa parte della letteratura polemica giudaica anti-cristiana.

Un chiaro riferimento a Maria come la donna adultera descritta in Prov. 30,20 compare negli scritti di Rabbi Joseph di Hamadan (XIII-XIV sec.).

Nella sua opera Taamei ha- Mitzvoth il rabbino scrive che ogni luogo del libro dei Proverbi in cui si fa allusione a donna adultera e meretrice si riferisce alla sètta idolatrica «dell’abominevole, detestabile scellerato Gesù di Nazareth», «una persona malvagia» che ha creato una nuova fede in cui credere, e da cui Prov. 5,8 dice di tenersi lontano.

Benarroch osserva ancora che, come appare nella continuazione dell’omelia zoharica, Maria viene associata a Lilith.

Lilith è la donna che Adamo sposò prima di Eva, il demone-femmina, compagna di Shamael, l’equivalente cabalistico di Satana. Appena menzionata nella Bibbia (Is. 34,14) tra le bestie selvatiche del deserto, essa compare a più riprese nel Talmud e nel Midrash.

Nel testo cabalistico Pardes Rimonim 25,4 di Rabbi Moshe Cordovero (Ramak) (XVI sec.) la decima klipah è chiamata Lilith (Cfr. El nombre de Yeshùah o Yashùah como un invento catòlico, orajhaemeth.org).

Le klipoth (= bucce), che emanano dalla Sithra Ahra, designano le forze del male che nascondono il bene, come la buccia nasconde il frutto. Le klipoth dei non-ebrei sono totalmente impure e malvagie.

 D.J. Lasker (Mary in Jewish Tradition, Veritas, Porto Alegre, p. 31) scrive che l’importanza che la Cabala attribuisce alle figure di Shamael e Lilith può riflettere la polemica giudaica contro Gesù e Maria.

Ulteriori preziosi ragguagli troviamo in uno scritto pubblicato su orajhaemeth.org: ¿El Arizal considerò a Yeshù come un tzadik?

Nel cap. 67 del Sefer HaGilgulim (nella versione estesa di 72 capitoli), intitolato “L’egiziano malvagio”, Isaac ben Salomon Luria (Arizal) insegna esplicitamente che Yeshu HaNotzri (Gesù di Nazareth), reincarnazione di Esaù, era anche la reincarnazione del bestemmiatore.

(Cfr. La cuestion de la blasfemia del Nazareno, orajhaemeth.org; Yeshu como parte del alma de Esav (Esau) segùn el HaRamd’u (R’ Moshe David Valli), orajhaemeth.org).

«Il bestemmiatore, figlio di una donna israelita, ‒ così viene compendiata l’intera questione – si è reincarnato in Yeshu HaNotzri. L’uomo blasfemo che fu lapidato a morte ai tempi di Mosè si reincarnò successivamente come Yeshu HaNotzri (secondo diverse fonti cabalistiche), come accennato nel versetto “e bestemmiò il Nome del Signore” (Lev. 24,16), le cui iniziali formano la parola Yeshu (Gilgulim cit.).

«Ecco perché Gesù disse che gli fu detto dal cielo: “Quando ero bambino amavo Israele e dall’Egitto chiamai mio figlio” (Osea 11,1). Questo allude anche al fatto che era di origine egiziana. Perciò, proprio come il bestemmiatore era un bastardo, figlio di un gentile, così anche Gesù nella successiva incarnazione fu un bastardo, figlio di un gentile.

«Nella Torah, Yeshu è menzionato in senso negativo nel versetto: “Se tuo fratello, figlio di tua madre, ti tenta in segreto, dicendo: Andiamo a servire altri dèi” (Deut. 13,7). Cioè, sarai tentato da un ebreo, che è tuo fratello da parte di tua madre, e quindi è chiamato figlio di tua madre, ma non è tuo fratello da parte di tuo padre, che è un gentile.

«E la benedizione di Isacco a Esaù si adempì: “Vivrai della tua spada (…) e servirai tuo fratello” (Gen. 27,40): questo è il servizio degli Edomiti che adorano e si inchinano al loro fratello ebreo crocifisso. E questo cagionò il prolungamento dell’attuale esilio dopo la distruzione del Secondo Tempio, perché la conversione di Yeshu, che era tra i figli di Israele, in un idolo che perdura ed è accettato dai suoi discepoli, è qualcosa di molto serio e la sua punizione è molto grande.

«Yeshu HaNotzri pronunciò il Nome di Dio con la bocca proprio come il bestemmiatore, e proprio come il bestemmiatore non è stato affatto menzionato per nome nella parasha, ma solo come “figlio di una donna israelita” (Lev. 24,10), “figlio di un uomo egiziano” (ivi) e “il bestemmiatore” (24,14), così anche i nostri saggi evitarono di chiamare Yeshu col suo vero nome, che è il nome del malvagio, ma solo con altri soprannomi, come Yeishu, (iniziali di “siano cancellati il suo nome e la sua memoria”), il “Nazareno” “figlio di Stada” (in riferimento a sua madre che “si era smarrita”, cioè era una prostituta), “figlio di Pandera” (dal nome del padre gentile), “figlio di Sotra” (prostituta), “quell’uomo”, “il crocifisso”, “l’appeso”, “il tal dei tali”, “falso profeta” [Altrove, in questo stesso sito ebraico, in un’esegesi tutta rabbinica di Luca 2,1-7, Gesù è chiamato figlio di Pandera e sua madre “Marìa haZonah”, Maria la prostituta].

«Il bestemmiatore era a conoscenza del Nome di Dio che aveva udito sul monte Sinai e lo rifiutò, per usarlo a scopi idolatrici. Così anche Yeshu conosceva il Nome di Dio e lo usava. Quando infatti salì al Tempio copiò il Nome di Dio che trovò lì su di un rotolo che nascose sotto la pelle pronunciandolo a voce alta, per non dimenticarlo a causa dei due leoni di bronzo che cagionavano timore e dimenticanza del Nome a coloro che passavano di lì. E quando uscì, Gesù prese il rotolo da sotto la pelle pronunciando il Nome, e poi rimise la pelle al suo posto.

«E come il bestemmiatore pronunciò le lettere del Nome, così Yeshu pronunciò il Nome di Dio con la sua bocca, e con la sua potenza compì miracoli e prodigi, affinché credessero in lui. Era uno stregone, un istigatore che traviò Israele con le sue azioni.

«E proprio come l’intenzione del bestemmiatore era quella di servire l’idolatria, così nella sua reincarnazione in Yeshu fece di sé stesso un idolo.

«E proprio come il bestemmiatore derideva le cose sacre, così anche Yeshu HaNotzri derideva le parole della Torah.

«E proprio come il bestemmiatore veniva giustiziato mediante lapidazione, così anche Yeshu veniva giustiziato mediante crocifissione, che è simile alla punizione per lapidazione.

«E il motivo per cui il bestemmiatore si è reincarnato specificatamente in Yeshu, che ha causato un così grande danno a Israele, è perché il bestemmiatore non ha completato il suo tikkun (riparazione) con la sua morte per lapidazione, ed era destinato a reincarnarsi per poi corrompersi di nuovo e morire come Yeshu HaNotzri.

«E proprio come il bestemmiatore si vantava dicendo: “Benedetto sia il nome di Dio”, così anche Yeshu si vantò, mentendo, di essere figlio di Dio. E proprio come l’intenzione e il desiderio del bestemmiatore erano quelli di condurre Israele all’idolatria, dicendo: “Questi dèi sono tuoi, o Israele”, così anche Yeshu venne con l’intenzione di fare lo stesso.

«Ed il fatto che il bestemmiatore abbia bestemmiato specificatamente il Nome di Dio di quattro lettere era dovuto alla circostanza che esso contiene il potere della forza dell’impurità (klipà). Così Yeshu HaNotzri, che era la sua reincarnazione, usò il potere del Nome di Dio di quattro lettere per l’impurità e l’idolatria.

«La morte di Yeshu HaNotzri avvenne per lapidazione come nel caso del bestemmiatore. Proprio come non c’era nessun lato buono nel bestemmiatore, ma era completamente malvagio, così non trovarono nessun merito in Yeshu prima della sua morte.

«E proprio come il bestemmiatore fu giustiziato da Israele con disonore davanti agli occhi di tutti mediante lapidazione, così anche Yeshu fu giudicato secondo le leggi della Torah dal Sanhedrin per essere giustiziato come istigatore e corruttore, e Israele ricevette il permesso dal governatore romano Pilato che si trovava a Gerusalemme.

«E poi Yeshu fu lapidato a morte e il suo corpo impiccato, e questo avvenne la vigilia di Pasqua, come detto nei versetti di Deut. 13,7-11 che parlano della sua punizione. Con la sua morte il comandamento della Torah di giustiziare un falso profeta fu adempiuto. E così fu fatto: “E toglierai via il male di mezzo a te” (Deut. 13,6). E prima del tramonto il suo corpo fu tolto dall’albero per non violare il divieto della Torah di lasciare un cadavere appeso durante la notte».

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