Gian Pio Mattogno
ANGLIA JUDAICA:
LA PRIMA IRRUZIONE DEGLI EBREI E DEL CAPITALE USURAIO GIUDAICO IN GRAN BRETAGNA
Come mostra tutta una letteratura pubblicistica e storiografica anticonformista, per almeno tre secoli la Gran Bretagna, a quel tempo suprema incarnazione dello spirito mercantile-usuraio, ha costituito l’asse portante della rivoluzione giudeo-massonico-plutocratica contro i valori e le istituzioni della società tradizionale cristiano-medievale.
Conoscerne la storia significa anche individuarne gli agenti.
Le origini più remote vanno rinvenute nella prima irruzione degli ebrei e del capitale usuraio giudaico in Gran Bretagna.
È vero che alla fine di questa prima esperienza, nel 1290 gli ebrei vennero espulsi dal regno (anche se alcuni continuarono a risiedervi), ma nondimeno sin da allora l’irruzione del capitale mercantile e usuraio ebraico nella società inglese dovette lasciare un segno, destinato a divenire nei secoli seguenti ‒ quando lo spirito della vecchia Britannia andò via via scemando ‒ il marchio di fabbrica del nuovo spirito mercantile-usuraio britannico.
Gli ebrei furono riammessi ufficialmente solo nel 1653, e da allora il capitale ebraico cominciò una costante e sistematica penetrazione nella società britannica, fino alla sua piena “emancipazione”, dando vita a quel connubio anglo-giudaico che ha caratterizzato la storia moderna della Gran Bretagna.
La presenza di singoli ebrei nell’isola è segnalata già in epoca romana, ma le prime comunità vi si stabilirono all’epoca della conquista normanna.
Gli ebrei praticavano soprattutto l’usura (le fonti rivelano che in taluni casi l’interesse superava l’80%) e in breve divennero ricchi e influenti.
Alcuni di essi furono condannati per aver falsificato le monete.
Se Enrico II pose gli ebrei sotto la sua protezione concedendo loro dei privilegi, Edoardo I vietò loro di esercitare l’usura, esortandoli, inutilmente, a diventare agricoltori.
Leggiamo in una sintesi basata sulle ricerche dello storico britannico Moses Margaliouth (C. Barduzzi, Due espulsioni di giudei dalla Gran Brettagna, «L’Idea di Roma», luglio 1939, pp. 332-337, ma si veda tra gli altri soprattutto P. Aldag, Das Judentum in England, Berlin, 1940. I Teil. Früzeit bis 1290: Austreibung der Juden, pp. 10-90, dove l’autore utilizza i lavori dei principali storici della Gran Bretagna, nonché le memorie, le cronache, gli annali e le fonti giuridiche dell’epoca), che è assai probabile che i primi giudei siano arrivati in Gran Bretagna dalla Spagna marittima assieme ai Fenici, i quali, passate le Colonne d’Ercole, ne bordeggiavano le coste già ai tempi di Davide e di Salomone.
È noto come Isacco Newton, scrivendo della storia del suo paese, abbia detto: “Coi Fenici venne una sorta di gente che era versata nei misteri religiosi”.
Erodoto chiama le isole britanniche col nome di “Cassiteridi”, cioè isole dello stagno.
Strabone si serve del nome “Bretaniké”, che non è che la corruzione dell’ebraico “barat-anah”, che ha lo stesso significato di Cassiteridi.
Il primo nucleo importante, però, sarebbe sbarcato nell’arcipelago dopo la conquista di Giulio Cesare. Josephon Ben Gurion parla di un editto di Giulio Cesare che garantisce la libertà ai giudei dalle coste del mare indiano sino al territorio britannico e di un altro analogo di Cesare Augusto, che è pure menzionato nel calendario giudaico inglese.
Nei vecchi annali della Gran Bretagna gli ebrei sono menzionati soprattutto a proposito di usura, estorsioni, uccisioni rituali di fanciulli cristiani e conseguenti persecuzioni e massacri.
Il re Whitglaff (833) sconfitto da Egbert, si rifugia nell’abbazia di Croyland e per riconoscenza conferma alla stessa il possesso di tutte le terre e domini che le erano stati accordati da suoi predecessori o da fedeli, cristiani o giudei, come narra Ingulphus nella sua Storia dell’Abbazia di Croyland.
Dal calendario giudaico di Elias Hayyim Lindo apprendiamo che la prima espulsione avviene nel 1020 sotto il regno di Canuto il Grande.
Il fatto è confermato dal Basnage, il quale aggiunge che non tutti lasciarono il suolo britannico e che una parte ritornarono dopo la conquista normanna.
Quanto ai contrasti di natura religiosa, che hanno sempre accompagnato la presenza dei giudei in qualsiasi paese, già nel 740 l’arcivescovo di York, Elbrigth, aveva interdetto ad ogni cristiano di ospitare, di trafficare, di prendere pasti con giudei e soprattutto di assistere alle loro funzioni religiose.
Ma, se sino al nono secolo questi giudei erano considerati, per via del loro costume e del loro astrologismo, piuttosto come un oggetto di curiosità, dopo l’avvento di Guglielmo il Conquistatore, cominciano ad apparire i primi gruppi mercantili provenienti da Rouen, i quali ben presto si fanno odiare per la loro rapacità nell’accaparrarsi il commercio minuto con cui, ammassato denaro, passano all’usura, professione più comoda e assai più remuneratrice, a causa degli interessi sbalorditivi, così da dare nelle loro mani le proprietà fondiarie ipotecate in garanzia in breve tempo.
Anche in Gran Bretagna, come in Francia e altrove, le reazioni popolari contro gli ebrei hanno sempre fra le cause fondamentali la pratica usuraia.
Secondo le cronache citate, questi prestatori di denaro alla settimana, in meno di trent’anni hanno sottratto ai Sassoni buona parte dei loro beni. Colonie importanti sono sorte a Bristol, York, Lincoln, Norwich, sicché all’avvento al trono di Riccardo Cuor di Leone sono già ventimila, su una popolazione complessiva di neppure tre milioni.
Nella successione dei regnanti, ve ne sono di avversi e di tolleranti, che pur riconoscendo il fastidio cercano di girarlo a proprio vantaggio. Così Guglielmo il Rosso, convoca a Roma riunioni di vescovi e di rabbini per trovare una linea d’intesa. Però ne diffida, cosicché obbliga quelli convertiti a far ritorno alla loro religione, mentre accetta prestiti di denaro da quelli che vi sono rimasti fedeli; lascia le sedi ecclesiastiche vacanti il più a lungo possibile per trarne i benefici, mentre per cavarne il massimo ne affida l’amministrazione ai giudei.
Sotto il regno di Enrico I, emerge il loro proselitismo religioso.
Joffred, abate di Croyland, organizza delle missioni per opporvisi.
In concorrenza alle scuole cristiane, gli ebrei ne posseggono di proprie a Cambridge, York, Lincoln, Norwich, Oxford, nelle quali insegnano scienze matematiche, giuridiche, storia dei popoli e delle religioni e l’astrologia. Un’antica medaglia trovata a York nel secolo XIX, porta motti ebraici e simboli astronomici.
Le ricchezze che hanno accumulato suscitano ira e ne conseguono sanguinosi eccessi.
Nel 1144 si diffondono dicerie circa un presunto sacrificio rituale di un fanciullo. Il fatto suscita immensa impressione. Sui racconti che ne hanno fatto le cronache del tempo, A. Jessop e M.R. James scrissero l’opera “La vita e i miracoli di San Guglielmo di Norwich”, sulla base dei quali il giovanetto è stato santificato, se non ancora canonizzato ufficialmente. Il monaco Tomaso di Monmouth nel 1171, in un manoscritto, descrive i particolari di questo presunto orrendo crimine.
Le cronache parlano di altro presunto crimine rituale, di cui sarebbe rimasto vittima un fanciullo di nome Aroldo il 18 marzo 1168. Nel 1181 un fanciullo di nome Roberto sarebbe stato crocifisso a Bury-St-Edmunds.
I medici giudei sono accusati di stregoneria e di arti cabalistiche.
Il primo atto di Riccardo Cuor di Leone (1189-1199) è di proibire ai giudei di avvicinarsi al palazzo durante la cerimonia dell’incoronazione.
Quasi tutto il regno di questo sovrano è contrassegnato da torbidi tra popolo e giudei. Questi non sono che poche migliaia, ma tuttavia sufficienti a tenere in un continuo stato di preoccupazione la corte e le cronache.
Spesso i torbidi finiscono in eccidi: a Lynn sono i giudei stessi che ne danno il segnale rincorrendo uno dei loro, convertitosi, per metterlo a morte; a York il popolo, accecato dall’odio, ne massacra più di millecinquecento.
Riccardo decide di istituire lo “Scacchiere dei giudei”, una sorta di corte di giustizia chiamata anche “Camera della stella” (Star chamber), presso la quale ciascun giudeo deve particolareggiatamente fare dichiarazione dei beni che possiede. Inoltre si deve tener copia di tutti gli atti di vendita, di acquisto, di prestito ai quali un giudeo abbia preso parte.
Succeduto sul trono a Riccardo Cuor di Leone il fratello Giovanni Senza Terra, questi vorrebbe acquistare le simpatie del mondo giudaico, a presiedere il quale chiama il gran rabbino di Londra Giacobbe.
Giovanni riconosce il potere dei rabbini quali giudici nelle vertenze tra correligionari, mentre le controversie tra giudei e cristiani vengono giudicate da un tribunale speciale cui partecipa un collegio di giudei che prestano giuramento su di un rotolo di pergamena contenente i cinque libri del Pentateuco. Il re però si fa pagare questi privilegi con una somma di quattro mila marchi d’oro (ogni marco corrisponde a circa tredici scellini).
Il malcontento popolare non si fa attendere e si manifesta in varie occasioni.
Il re però persiste a proteggerli e indirizza una severa lettera al primo magistrato di Londra, nella quale gli rammenta che i giudei debbono essere considerati sotto la protezione del re, la quale, nonostante qualche misura sporadica, permette loro di arricchirsi enormemente.
Il re prontamente ne trae pretesto per imporre alla comunità una taglia di 60.000 marchi d’oro. Non pochi cercano di opporre resistenza. I mezzi utilizzati dal sovrano appaiono però convincenti. Abraham di Bristol, tassato per 10.300 marchi, preferisce lasciarsi strappare un dente al giorno sino al settimo; non restandogliene più che uno, l’ottavo giorno decide di versare la somma richiesta.
Anche nella Carta della libertà vi sono due articoli che limitano i diritti dei giudei verso i loro creditori. Durante i torbidi, che ne precedettero la firma, i baroni demoliscono alcune case di giudei.
Anche in Inghilterra, sotto il regno di Enrico III (1216-1272), viene adottato il segno distintivo consistente in due larghe strisce di pergamena bianca da portarsi sul petto, cioè ben visibili.
Nel frattempo un certo numero di giudei orientali riesce a sbarcare in Inghilterra, ma viene male accolto dalla popolazione.
Come in Francia ed in altri paesi l’autorità ecclesiastica è spesso in conflitto col potere regale. L’arcivescovo di Canterbury ed il vescovo di Lincoln fanno raccomandazione ai fedeli perché si rammentino che i giudei sono considerati fuori della Chiesa. A Londra essi hanno costruito una sinagoga dall’apparenza più sontuosa di ogni altra chiesa della città. Enrico III ne fa dono ai frati di S. Antonio ed obbliga i giudei a contribuire alle spese e all’adornamento dell’abbazia di Westminster per punirli del loro proselitismo religioso.
Si diffondono ulteriori dicerie su altri presunti casi di delitti rituali compiuti su fanciulli cristiani, ripetutamente contestati dai giudei.
La seconda espulsione degli ebrei avviene nel 1290.
Per permettere alla spugna di gonfiarsi a misura che la mano reale la preme, verso la metà del regno di Enrico III, che dura 56 anni, un atto del Parlamento autorizza i giudei a praticare l’usura.
Questa astuta tolleranza non è che temporanea.
Il re, nel suo ventisettesimo anno di regno, d’accordo con le autorità ecclesiastiche, che danno prova di una grande severità verso i giudei, pubblica un decreto col quale essi sono tenuti lontani dalla popolazione. Parecchie città come Newcastle, Derby, Southampton, Wycomb, Newburry, ottengono dal re di non accettarli e di allontanare quelli che già vi sono.
Verso la fine del regno, poiché i beni fondiari dei giudei assumono proporzioni pericolose, il re pubblica un editto col quale proibisce ai giudei di acquistare e di conservare terre libere limitando la proprietà alle case che essi abitano, mentre il 24 luglio del 1270 interdice ogni rapporto domestico tra cristiani e giudei.
Edoardo I, suo successore (1273-1307), è ancora più rigoroso. All’atto che assume il potere egli vaglia le accuse di magia, di falsa monetazione, di fabbricazione di atti illegali, di delitti rituali.
Si scrivono dei commentari sui loro pregiudizi religiosi, sull’usura, sull’avarizia, sui procedimenti spietati che usano verso coloro che sono incapaci di rimborsare il capitale prestato.
Edoardo pubblica lo “Statutum de judaismo” (1275) col quale interdice l’usura, limita i diritti dei giudei verso i loro creditori, stabilisce che ogni giudeo al di sopra dei sette anni debba portare visibilmente sull’abito due strisce di stoffa gialla. Limita infine le città dove possono risiedere.
Nel 1270 un nuovo editto stabilisce che ogni giudeo sorpreso a negare o a deridere la divinità di Cristo sia messo a morte.
Il segno distintivo sarà portato anche dalle donne.
294 giudei vengono messi a morte quali fabbricatori di monete false.
L’odio del popolo diventa di giorno in giorno più grande.
Si domanda la loro espulsione.
L’11 maggio 1287 tutti i giudei d’Inghilterra vengono in una sola notte imprigionati, ma ottengono poi di essere rilasciati contro il pagamento di 20.000 libbre d’argento.
Infine nel 1290 il re lancia l’editto di espulsione.
Si ritiene che da 15 a 16.000 siano stati i giudei che lasciarono l’Inghilterra.
Non tutti però, se è vero, come scrive Margoliouth, che qualche migliaio continuò a rimanere nell’isola.
L’opera di Moses Margoliouth, The History of the Jews in Great Britain, London, 1851, in tre volumi, ha aperto la strada alle successive storie dell’ebraismo in Inghilterra, a partire da: A.M. Hyamson, A History of the Jews in England, London, 1908; H.P. Stokes, Studies in Anglo-Jewish History, Edinburgh, 1913 (In appendice, pp. 241-282, vari documenti originali da fonti dell’epoca); Id., A Short History of the Jews in England, London, 1921; M.L. Margolis and A. Marx, A History of the Jewish People, Philadelphia, 1927.
Di chiara impronta apologetica è la relazione di P. Perreau ( Gli Ebrei in Inghilterra nel secolo XI e XII. Relazione di Pietro Perreau. Estratto dal “Corriere Israelitico”, Trieste, 1887), interamente basata sull’opera di S. Goldschmidt, Geschichte der Juden im XI und XII Jahrhundert, Berlin, 1886, riccamente documentata.
Alla fine del XIX secolo, Moïse Schwab (Documents pour servir à l’histoire des Juifs en Angleterre, «Revue des Études Juives», 1885, pp. 266-269) aveva richiamato l’attenzione su oltre trenta documenti d’archivio relativi alla storia degli ebrei d’Inghilterra (fine XII-XIII sec.) e conservati presso il British Museum, Public Record Office, Westminster-Abbey.
Il sito The National Archives ha riprodotto diverse fonti originali dell’epoca in fac-simile (cui segue una bibliografia mirata) relative all’insediamento degli ebrei in Inghilterra dopo il 1066 fino alla loro espulsione nel 1290 ad opera di Edoardo I. Cfr. Jews in England 1066. Why did Jews settle in England after 1066? (nationalarchives.gov.); Jews in England 1290. Why did Edward I expel the Jews in 1290? (ivi).
Sebbene sempre accompagnati da commenti apertamente filo-giudaici, questi documenti sono nondimeno importanti per comprendere la vera natura dell’ostilità che anche gli ebrei di quell’epoca seppero attirare su di sé nonostante la generosa ospitalità di cui godevano e le libertà concesse loro (come dimostra la Carta delle libertà concessa da re Giovanni nel secondo anno di regno a conferma del provvedimento analogo di re Enrico I).
Altre fonti illustrano le crescenti tensioni tra la popolazione e gli ebrei per via delle accuse di omicidio rituale, dello sproporzionato peso economico raggiunto e dell’usura smodata da essi praticata.
Il compilatore scrive che dopo quasi due secoli di convivenza tra cristiani ed ebrei, il re Edoardo I espulse l’intera popolazione ebraica nell’autunno del 1290.
Egli sottolinea la perdita delle “libertà e costumi” che godevano gli ebrei in precedenza, nonché la crescita delle tensioni tra le popolazioni cristiane e gli ebrei, che sfociarono nell’assalto alla popolazione ebraica di York nel 1190 ‒ esplosioni di rabbia popolare che peraltro, come precisa, «furono poche e rare», ‒ ma non può non rimarcare che «un tempo gli ebrei avevano avuto un ruolo importante nella finanza nazionale e nel commercio locale nei principali centri regionali come York, Lincoln e Londra».
Né può esimersi dal citare un brano dello Statuto degli ebrei di Edoardo I, scritto in anglo-normanno, in cui il re riconosce i molti benefici ricevuti dagli ebrei nei tempi passati, ma «ha visto svariate sofferenze e la disperazione della brava gente della sua terra a causa dell’usura degli ebrei fatta in passato, e che vari altri peccati sono seguiti da allora in poi».
Pertanto, «per l’onore di Dio e per il bene comune del popolo ha ordinato e stabilito che da oggi in poi nessun ebreo presti nulla a usura, né su terreni, né su affitto, né su altre cose».
La crescente influenza economica degli ebrei e la pratica dell’usura fino alla loro espulsione nel 1290 è del resto pacificamente ammessa dagli storici ebrei e filo-ebrei.
Cfr. L. Abrahams, The Economic and Financial Position of the Jews in Mediaeval England, «Transactions (Jewish Historical Society of England)», Vol. 8 (1915-1917), pp. 171-188; P. Elman, Jewish Finance in Thirteenth-century England, ivi, 16 (1945-1951), pp. 89-96; V.D. Lipman, The Anathomy of Medieval Anglo-Jewry, ivi, 21 (1962-1967), pp. 64-77.
P. Bernardini (John Toland Ragioni per naturalizzare gli ebrei in Gran Bretagna e Irlanda (1714). A cura di Paolo Bernardini, Firenze, 1998, pp. 27 sgg.) osserva che in Inghilterra gli ebrei svolgono fino alla metà del XIII secolo un ruolo fondamentale nell’economia pubblica come prestatori e tenutari di banchi di pegni, ma anche, seppur in misura ridotta, come mercanti, piccoli commercianti, ambulanti e fornitori di merci curiose, nonché come intermediari nel mercato della terra tra nobiltà e ordini religiosi cristiani. Nondimeno, «il prestito rimane la principale attività degli ebrei», ed è per questo che «l’ebreo si configura, non appena fa il suo ingresso sul suolo inglese, come usuraio».
Tra gli usurai ebrei vissuti fra il XII e il XIII secolo spicca la figura di Aaron di Lincoln, che alla sua morte lasciò un’immensa fortuna.
Léon Poliakov (Storia dell’antisemitismo. I. Da Cristo agli ebrei di corte, Firenze, 1974, pp. 86 sgg.) scrive che gli ebrei «in assenza di qualsiasi concorrenza, costituirono rapidamente una compatta classe di maneggiatori di denaro», riuscendo ad associare strettamente i re alle loro operazioni.
Anticipando denaro ai baroni e al clero «si arricchirono molto rapidamente nel corso del XII secolo, e i cronisti vantano a gara le loro superbe dimore di pietra».
Ma Poliakov avrebbe potuto citare una cronaca della Historia rerum anglicarum (cap. 9: Della distruzione degli ebrei a York) di Guglielmo di Newburg, che a proposito di “Josce l’usuraio” ‒ il quale, barricato assieme ad altri correligionari nel castello reale di York, preferì tagliare la gola alla moglie e ai figli piuttosto che arrendersi alle autorità ‒ scrive:
«Tra gli ebrei di York i principali erano Benedict e Joceus (Josce), uomini che erano ricchi e che prestavano ad usura in lungo e in largo. Inoltre, con spese profuse avevano costruito case della più grande estensione al centro della città, che potevano essere paragonate a palazzi reali. E lì vivevano in un’abbondanza e in un lusso quasi regali, come due principi del loro stesso popolo e tiranni dei cristiani, esercitando una crudele tirannia verso coloro che avevano oppresso con l’usura» (Josce of York aka Josce the Usurer, islam-radio. net).
Poliakov aggiunge che alla loro rapida ascesa del XII secolo segue, nel secolo seguente, un declino altrettanto rapido, fino a che il loro ruolo diventa trascurabile.
Sarà pur vero che, come dice Poliakov, il loro ruolo diventò trascurabile e che, come altri hanno scritto, gli ebrei furono espulsi perché, col loro declino economico, era venuta meno la loro stessa raison d’être (anche a causa della concorrenza dei capitalisti non ebrei) (P. Elman, The Economic Causes of the Expulsion of the Jews in 1290, «The Economic History Review» 7 (1937), p. 152. Cfr. anche: B.L. Abrahams, The Expulsion of the Jews from England in 1290, «The Jewish Quarterly Review» 7 (1895), pp. 75-100, 236-258, 428-458; ; R.B. Dobson, The Decline and Expulsion of the Medieval Jews of York, «Transactions & Miscellanies (Jewish Historical Society of England) 26 (1974-1978), pp. 34-52) ma certamente non dev’essere venuta meno la loro sete usuraia, se è vero che, come leggiamo nel “Jerusalem Post” (July 18, 2022, jpost.com), «uno dei motivi dell’espulsione degli ebrei fu il forte antisemitismo che scaturiva dal loro ruolo di usurai (moneylenders) nella società europea».
B.L. Abrahams, Conditions of the Jews of England at time of their Expulsion in 1290, «Transactions (Jewish Historical Society of England) 2 (1894-5), p. 80, riconosce pacificamente che, nonostante alcuni anni prima dell’espulsione la pratica dell’usura fosse vietata e nonostante tutti gli sforzi fatti dalle autorità per combatterla, «sembra che gli ebrei abbiano persistentemente eluso la legge al tempo della proibizione ed abbiano trovato altri mezzi per prestare denaro a interesse».
Questa pagina di Abram Léon riassume egregiamente lo stato dell’arte, complicità più o meno consapevoli comprese:
«In Inghilterra, nel periodo di re Enrico II (seconda metà del XII secolo) essi erano impegnati nell’usura fino al collo; erano in genere molto ricchi, ed avevano una clientela composta di grandi proprietari terrieri. Il più famoso di questi banchieri era un certo Aaron di Lincoln, molto attivo alla fine del XII secolo. Re Enrico II da solo gli doveva 100.000 sterline, somma pari al bilancio annuale del regno d’Inghilterra in quel tempo. Grazie al tasso d’interesse estremamente alto – oscillava fra il 43 e l’86 per cento – un gran numero di proprietà della nobiltà erano passate nelle mani degli usurai ebrei. Ma questi ultimi avevano soci potenti ed … esigenti.
«Se i re d’Inghilterra sostenevano gli affari degli Ebrei ciò era perché tali attività costituivano per loro una importantissima fonte di reddito. Tutti i prestiti fatti dagli Ebrei venivano registrati nello Scaccarium Judaeorum ed erano soggetti ad una tassa del 10 per cento a favore del tesoro reale. Ma questo contributo legale era lungi dall’essere sufficiente per i re, e qualsiasi pretesto era buono per spogliare gli Ebrei, cosicché il reddito derivante dall’usura contribuiva costantemente ad arricchire il tesoro reale.
«Per gli Ebrei era particolarmente negativo avere i re come debitori di forte somme. Il ricco banchiere Aaron di Lincoln se ne accorse quando nel 1187 il re d’Inghilterra gli confiscò i beni. La nobiltà espropriata si vendicava organizzando massacri di Ebrei.
«Nel 1189 gli Ebrei furono massacrati a Londra, Lincoln e Stafford. Un anno dopo i nobili, guidati da un certo Malebys, distrussero lo Scaccarium Judaeorum di York e bruciarono solennemente tutte le promesse di pagamento di debiti. Gli ebrei, assediati, si suicidarono. Ma il re continuò a proteggere gli Ebrei anche … dopo la loro morte, e pretese il pagamento delle somme dovute agli ebrei in virtù del fatto che gli Ebrei erano gli schiavi del suo tesoro.
«Appositi funzionari furono nominati per compilare un elenco esatto di tutti i debiti. All’inizio del XIII secolo il re concesse la Magna Carta alla nobiltà e ciò portò alcuni miglioramenti al regime dei prestiti. Ciononostante nel 1262 e nel 1264 si verificarono altri disordini contro gli Ebrei. Nel 1290 l’intera comunità ebraica fu espulsa e le sue proprietà confiscate» (A. Léon, Il marxismo e la questione ebraica, Roma, 1972, pp. 105-107)
La figura del banchiere ed usuraio ebreo Aaron di Lincoln ed il ruolo smisurato da lui giuocato durante il regno di Enrico II meritano un’attenzione particolare (cfr. P. Aldag, Das Judentum in England cit., pp. 18-22, che si basa su: History di Hyamson; Memorials of Fountains Abbey, vol. II; Giraldi Cambrensis Opera, vol. VII; Chronica Monasterii de Melsa, vol. I, e sulle ricerche di Joseph Jacobs).
Nella voce Aaron of Lincoln della «Jewish Encyclopedia» (Vol. 1, pp. 16-17), Joseph Jacobs riassume il risultato di altri sui precedenti studi sull’argomento: English History by Contemporary Writers. The Jews of Angevin England. Documents and Records …, by Joseph Jacobs, London, 1893; Aaron of Lincoln, «Transactions (Jewish Historical Society of England)» 3 (1896-8), pp. 157-179; Aaron of Lincoln, «The Jewish Quarterly Review» 10 (1898), pp. 629-648.
Vi apprendiamo che il nome di questo «financier» inglese nato intorno al 1125 appare per la prima volta nel “pipe-roller” (registro dei conti) del 1166 come creditore del re Enrico II per somme pari a oltre 616 sterline, equivalenti a circa 100.000 dollari dei primi anni del Novecento.
In breve Aaron di Lincoln costituì una grande associazione bancaria che si diffuse in tutta l’Inghilterra, specializzandosi nel prestito di denaro destinato alla costruzione di abbazie e monasteri, garantito anche dalle ipoteche di case, grano e armature, ed in tal modo acquisì un interesse sulle proprietà nelle contee orientali e meridionali del paese.
Alla sua morte, avvenuta nel 1186, Enrico II sequestrò la sua tenuta e ne divenne così erede universale, ed inoltre nelle sue mani cadde anche l’indebitamento dei baroni e dei cavalieri per un importo di 15.000 sterline, pari a 2.500.000 dei primi anni del Novecento.
In un breve scritto sull’«uomo più ricco del XII secolo in Inghilterra», che compendia egregiamente i risultati della ricerca a partire da Joseph Jacobs, Aditya Nath, docente di storia all’Università di Calcutta, sottolinea come qualunque discussione sul sistema finanziario dell’Inghilterra del XII secolo sia incompleta senza Aaron of Lincoln e si chiede come un prestatore di denaro ebreo residente a Lincoln abbia potuto accumulare una così grande fortuna.
I registri mostrano che Aaron prestò principalmente al re e ai suoi cavalieri e vassalli, nonché alle abbazie e alle chiese, ma non mancò neppure di speculare sul grano.
«Una delle ragioni principali dietro la ricchezza ebraica era il loro tasso d’interesse. In un’epoca in cui addebitare qualsiasi interesse era condannato come un peccato, il tasso d’interesse medio ebraico variava tra il 25% e il 40%. Vi è un atto dove un certo Riccardo di Bisbrooke prese in prestito 10 sterline da Aaron al tasso d’interesse di due penny per sterlina a settimana, il che significa circa il 43% annuo, e finché sia il capitale che gli interessi non furono pagati, Aaron tenne in pegno la sua terra a Bisbrook.
«In alcuni casi, possiamo trovare anche quattro penny per sterlina a settimana (circa l’80% annuo). Il tasso più basso registrato fu di un penny per sterlina (22%). Indubbiamente questo tipo di interessi contribuì al risentimento popolare verso gli ebrei e generò l’immagine dell’ebreo avaro e avido di denaro».
Nath ricorda che Aaron of Lincoln prestava denaro anche al clero, finanziando la costruzione di cattedrali e abbazie, non mancando di condurre i propri affari e transazioni assieme ad altri prestatori di denaro ebrei, e che era coinvolto nella speculazione sul mais, il che dimostra che la sua attività di prestatore di denaro si estendeva anche all’agricoltura nelle aree rurali.
Questa vasta rete finanziaria era gestita dagli agenti di Aaron, quasi tutti ebrei, ed esisteva uno stretto legame tra i principali finanzieri ebrei in tutta l’Inghilterra.
I re angioini proteggevano gli ebrei dall’ostilità e dal risentimento della Chiesa e di un’ampia parte della popolazione per il solo motivo che la finanza ebraica era per loro come una gallina dalle uova d’oro.
La vastità della ricchezza di Aaron era tale che, alla sua morte, il re, dopo aver sequestrato tutti i suoi beni mobili, per gestirli istituì un erario speciale, che rimase in vigore fino al 1201, tanti erano i debiti contratti verso Aaron (A. Nath, Aaron of Lincoln: The Jewish Financier and Wealthiest Man of 12th Century England, «Journal of Research in Humanities and Social Science» 9 (2021), pp. 50-53).
Riguardo al problema dell’omicidio rituale (Bernardini, op. cit., p. 27, scrive che in questo grande “topos giudeofobo” l’Inghilterra ha svolto un ruolo pionieristico) ci siamo già espressi criticamente altrove (G.P. Mattogno, Sorgente di morte. L’omicidio del non-ebreo nel Talmud e nella tradizione rabbinica, Effepi, Genova, 2019).
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