Vincenzo Vinciguerra: Il miraggio della verità

IL MIRAGGIO DELLA VERITÀ

Di Vincenzo Vinciguerra

A distanza di 41 anni da quando, il 20 giugno 1984, ho deciso di dare il mio personale contributo alla ricostruzione della verità sulla guerra civile italiana devo convenire che questa è ancora un miraggio.

Dovrei concludere, a questo punto, che mi sono procurato invano un ergastolo che avrei potuto pacificamente evitare per assoluta mancanza di prove a mio carico; che vivo per nulla da quasi 46 anni (45 anni e 8 mesi per l’esattezza) nelle laide galere italiane; che ho affrontato – e continuo ad affrontare – le conseguenze della disinformazione e della macchina del fango che contro di me non si è mai fermata; che avrei dovuto seguire, e non ignorare come ho fatto, il consiglio dato dal principe Junio Valerio Borghese, nel 1974 a Madrid, in mia presenza, a Stefano Delle Chiaie che aveva minacciato di rivelare il ruolo ricoperto da Giulio Andreotti nel cosiddetto “golpe Borghese” del 7-8 dicembre 1970: “Nino, perché vuoi morire solo e dimenticato da tutti su un lettuccio d’ospedale?”.

No, non ho ragioni per concludere che la mia sia stata una battaglia vana perché ricordo bene i tempi in cui magistrati, storici, giornalisti, affermavano – e lo hanno fatto per alcuni decenni – che i “fascisti” volevano distruggere la democrazia, che volevano fare in Italia una dittatura militare come in Grecia e in Spagna, che le stragi italiane erano un esercizio di ferocia “nazi-fascista” come le stragi compiute dai tedeschi nel periodo bellico scomodando Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, eccetera, che c’erano i “fascisti” di Avanguardia nazionale e i “nazisti” di Ordine nuovo che agivano in odio alla Stato democratico e antifascista.

Sono stato, per decenni, il solo a contestare questa fasulla ricostruzione storica.

Oggi, delle fandonie del passato è rimasto ben poco.

Le indagini giudiziarie e le ricerche storiche hanno provato che gli autori e i complici delle stragi erano tutti collegati ai servizi segreti civili e militari, che lo stragismo era un’arma politica al servizio del regime anticomunista e non contro di esso, che non volevano fare dell’Italia una dittatura ma una democrazia autoritaria in grado di neutralizzare il Partito comunista e di trasformarsi in un sicuro baluardo atlantico nel Mediterraneo.

Se oggi questa è la verità più accreditata, la mia battaglia non è stata vana.

L’estrema destra, in quegli anni tragici, ha svolto il ruolo di servile e antinazionale manovalanza che ha condotto sul terreno quelle operazioni che dovevano destabilizzare l’ordine pubblico per consentire ai detentori del potere di stabilizzare l’ordine politico.

Gli eredi di quella estrema destra che ha tradito allora il Paese, sono ora al governo e continuano a tradire gli italiani negando e falsificando la storia.

Non sono i soli, i “Fratelli d’America”, perché accanto a loro, nell’ignobile tentativo di mistificare la storia blaterando da sempre di “servizi segreti deviati”, di “fascisti” e di loggia P2, fingendo di non sapere che quest’ultima è stata espressione del potere e, per alcuni anni, si è identificata con il potere, c’è una sinistra codarda e cialtrona.

Una certa sinistra, non tutta sia chiaro, la stessa che ha indotto alcuni fra i familiari delle vittime delle stragi a ritenere che la verità sia circoscritta ai nomi e ai volti degli esecutori materiali.

Clamorosa prova dei danni provocati dalla propaganda di questa certa sinistra, è venuta dalla dichiarazione di un familiare di una vittima della strage di Brescia del 28 maggio 1974.

Dopo la condanna di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte per la strage, il personaggio ha dichiarato ai giornalisti: “Lo Stato ha vinto sull’antistato”.

Non si erano placate le risate su questa comica e mendace affermazione che un pubblico ministero che le indagini sulla strage le aveva condotte per anni, sul conto degli imputati e dei condannati, dirà ai giornalisti: “Erano tutt’uno con lo Stato”.

E questa è la verità che vale per tutti i dirigenti e i militanti dell’estrema destra, stragisti e non.

Rivendico il merito di averlo detto io per primo, unico e solo, a partire dal 20 giugno 1984 e fino ad oggi e per sempre.

Non sono mancati riconoscimenti alla mia attività di storico, anzi sono stati tali, in Italia e all’estero, che i secondini giudiziari del Dap (Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria) hanno bloccato da quattro anni i miei rapporti con l’esterno vietando a chiunque di venirmi ad incontrare, compreso un docente americano di storia che sarà tornato negli Stati Uniti con la consapevolezza dell’infimo livello intellettivo e morale dei secondini italiani.

Intanto, qui ad Opera, i secondini, da quasi otto anni, m’impediscono di fare una semplice operazione alla cataratta con l’evidente obbiettivo di bloccare le mie ricerche storiche, la stesura di articoli, documenti e, magari, qualche libro.

Un successo parziale, i secondini, lo hanno conseguito perché ormai leggere e scrivere è divenuto problematico, ma quel poco che riesco a fare è già sufficiente per farli cadere in depressione.

In definitiva, non saranno i “Fratelli d’America”, i secondini di alto e basso livello, gli “amici” che scompaiono, i fratelli che tradiscono, la codardia dei politici di destra, centro e sinistra a fermare questa battaglia per la verità.

Se la verità appare, ancora oggi, un miraggio non è un buon motivo per fermarsi.

Opera, 7 maggio 2025.

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Recent Posts
Sponsor