Gian Pio Mattogno
QUANDO LE CRITICHE AL GIUDAISMO TALMUDICO ARRIVANO DA ISRAELE
Può capitare che qualcuno si arrabatti per difendersi da certe accuse, arrampicandosi sugli specchi e non disdegnando neppure di ricorrere ad ogni sorta di menzogne e imposture, ed ecco poi arrivare un suo amico, o sodale, o addirittura un famigliare, che ne conosce i più intimi segreti, il quale spiattella la verità al colto e all’inclita, rompendogli le uova nel paniere e facendo crollare d’un tratto tutto il castello di carte faticosamente costruito.
È esattamente questo il caso di certa apologetica ebraica oggi dominante, truffaldina, menzognera e mistificatrice che, almeno a partire da R. Yehiel di Parigi (sec. XIII), si è affaticata a contestare con una foga degna di miglior causa le accuse dei polemisti antigiudei contro il Talmud e la letteratura rabbinica.
Quando, alcuni anni or sono, il grande intellettuale israeliano Israel Shahak, già noto per le sue critiche all’ideologia sionista e per le sue battaglie a favore dei diritti civili dei palestinesi, diede alle stampe “Storia ebraica e giudaismo. Il peso di tre millenni”, in cui, documenti alla mano, denunciava il talmudismo rabbinico come un’ideologia d’odio contro i non-ebrei, gli apologeti giudei entrarono nel panico.
Shahak non era il solito bieco antisemita, ma per origine uno di loro (che per giunta da bambino era stato deportato assieme alla madre nel campo di concentramento di Bergen-Belsen), il quale conosceva l’ebraico e sapeva leggere i testi della letteratura rabbinica direttamente nella loro lingua originale
Fu come un sasso nello stagno. Shahak aveva aperto l’armadio, esibendo gli scheletri tenutivi accuratamente nascosti.
In altre parole, aveva smascherato le secolari menzogne degli apologeti.
Naturalmente Shahak fu oggetto di attacchi e calunnie, cui seppe replicare da par suo.
Per comprendere il livello risibile di certe critiche, ricordo che un tale lo accusò di dilettantismo per avere egli citato un passo di un trattato talmudico, a suo dire inesistente per la ragione che la citazione non corrispondeva all’indicazione data da Shahak. Il nostro scienziato non sapeva che il passo talmudico citato esiste per davvero ed era stato riportato correttamente, solo che il riferimento era sbagliato … per un errore di stampa!
Negli ultimi anni le critiche più sistematiche al giudaismo talmudico sono arrivate dagli intellettuali israeliani di Daat Emet (= Vera Conoscenza) (daatemet.org).
Daat Emet è un’associazione culturale israeliana che opera come ente pubblico dal 1998. Il suo scopo dichiarato è lo studio della cultura ebraica classica, che però interpreta sulla base di canoni laici, razionali, umanistici e scientifici, rigettando così l’esegesi rabbinico-talmudica tradizionale (che avrebbe snaturato la vera essenza del giudaismo) e le sue conseguenze “fondamentaliste” intrise di odio contro tutti i non-ebrei.
Lascio alle considerazioni finali la questione se gli intellettuali di Daat Emet, che pure si dichiarano ebrei, debbano essere considerati veramente tali, come pure l’altra questione di un presunto “fondamentalismo” ebraico, contrapposto ad un altrettanto presunto ebraismo non fondamentalista.
I numerosi saggi pubblicati sul sito di Daat Emet, scritti sempre con spirito critico e competenza, riguardano Torah, scienza, etica e Talmud, ed ogni lettore può attingervi tranquillamente.
Qui prendo in considerazione la rubrica “Questions & Answers” (Domande e risposte), dove i corrispondenti pongono domande su vari aspetti della tradizione ebraica e Daat Emet fornisce le proprie risposte. Mi soffermo in particolare su alcuni temi cari alla polemica antigiudaica. Alla fine riporto le repliche di Daat Emet alle accuse di aver favorito con ciò l’antisemitismo.
Il termine Chazal, che ricorre ripetutamente nelle risposte, è un acronimo di Hachamenu zichronam levrachah (= i nostri Saggi di benedetta memoria), ed indica collettivamente i maestri della legge orale.
Esaù, Edom, Roma e i cristiani. ‒ «Dopo la distruzione del Secondo Tempio, Edom divenne un soprannome per Roma. Così il nuovo nemico assunse il nome e il destino del vecchio nemico. A ciò, a quanto pare, porta l’immagine profetica di Edom come il grande distruttore, colpevole della rovina di Israele (…) Una volta che l’impero romano divenne l’impero cristiano e il cristianesimo prese il posto dell’idolatria come religione di Roma, il nome di Edom fu trasferito ai cristiani (…) Nella letteratura ebraica medievale Edom indica unicamente il cristianesimo, poiché le profezie vengono solitamente interpretate come riferite al nemico attuale, vicino e familiare (…)».
Isaac Abravanel così riassume la visione ebraica di Edom:
«I veri saggi accettarono come tradizione che l’anima di Esaù rinacque come anima di Gesù il cristiano (…) ed è per questo che è chiamato “Yeshua”, che è un anagramma [in ebraico] di Esaù, ed è per questo che chiunque segua la sua religione e la sua fede e lo adori dovrebbe essere propriamente chiamato figlio di Edom, poiché Gesù è Esaù e Esaù è Edom. Questa religione ebbe origine a Roma ed è lì che affonda le sue radici. I cesari romani e i re del cristianesimo furono i primi ad accettarla, ed è per questo che tutti i cristiani che credono nella religione di Gesù sono senza dubbio popolo di Edom, discendenza di Esaù» (Esau, Edom, Rome, and Christians).
La pedofilia nella Halacha. ‒ Nell’approccio dei Chazal alla sessualità in generale e alla pedofilia in particolare vanno sottolineati due aspetti importanti:
1) Chazal guardavano alla volontà divina, e non a quella dell’uomo; di conseguenza l’obbedienza al testo era per Chazal più importante del danno arrecato ad un individuo specifico;
2) Chazal ignoravano gli aspetti psicologici ed emotivi derivanti dall’attività sessuale. Per loro il sesso era un atto puramente legalistico di acquisizione, e le leggi contro certe forme di rapporti sessuali puramente teologiche.
La Halacha [normativa rabbinica] «tratta la pedofilia con leggerezza». Secondo la Halacha «i rapporti sessuali hanno avuto luogo quando i partecipanti sono un maschio di età superiore ai nove anni e una femmina di età superiore ai tre anni. Al di sotto di queste età, ciò che è avvenuto non è considerato rapporto sessuale (né nel senso di acquisizione, né nel senso di rapporto sessuale proibito)».
Nella Mishnah è scritto:
«Una bambina [nel testo inglese: girl] di tre anni e un giorno è santificata [sposata] (come una donna acquisita [per concubito]) attraverso il rapporto sessuale (…) e se uno di coloro cui, secondo la Torah, è proibito avere rapporti con lei ha rapporti con lei, lui viene ucciso per causa sua, e lei è assolta» (Niddah 5,4).
I Saggi del Talmud spiegano il testo della Mishnah con la similitudine di «colui che infila un dito in un occhio». Proprio come un occhio, se infilato da un dito, emette una lacrima e poi ancora lacrime, lo stesso accade quando un uomo infila il pene in una bambina [girl] di età inferiore ai tre anni; il suo imene si lacera e poi guarisce. Per tale ragione non si parla di rapporto sessuale in questioni relative al divieto e all’ acquisizione (per concubito).
Così stabilì Maimonide (Leggi sui rapporti sessuali proibiti 1,13-14):
Chi ha rapporti sessuali con una bambina di età inferiore ai tre anni è esente da punizione, anche se lo ha fatto con la propria figlia, e chi ha rapporti sessuali con un bambino di età inferiore ai nove anni è esente da punizione, anche se lo ha fatto con il proprio figlio, ed i rapporti omosessuali con un bambino minore di nove anni sono esenti dalla punizione stabilita dalla Torah: “Se un uomo giace con un maschio come si giace con una donna, entrambi hanno commesso una cosa abominevole e dovranno essere messi a morte. La colpa del loro sangue ricadrà su di loro” (Lev. 20,13).
Da quanto esposto si comprende che Chazal consideravano un atto sessuale con un minore come un atto privo di significato. Ignoravano completamente l’impatto psicologico ed emotivo su un bambino o su una bambina, e i traumi che potevano derivarne. L’unica loro preoccupazione era l’aspetto halachico, l’aspetto legale.
È da notare che il termine pedofilia deriva dal greco, mentre non esiste una parola ebraica per indicare il rapporto sessuale con un bambino. Il linguaggio halachico ignora completamente l’esistenza della pedofilia (Pedophilia in Halacha).
Lo status del non-ebreo nella Halacha. ‒ Secondo la Halacha lo status del non-ebreo è uno dei più bassi, come ha scritto il rabbino Bar Chaim in Gentiles in Halacha (daatemet.org).
È un comandamento uccidere chi crede negli idoli (Es. 20,3-4). Un gentile che apprende la Torah è passibile di morte; un gentile che osserva il sabato è passibile di morte (Maimonide, Leggi dei re 10,9) (Gentiles).
La Kabbalah è razzista e discriminatoria. ‒ Lo Zohar, gli scritti dell’Arizal [Itzhak Luria] e di Rabbi Kook «non sono altro che razzismo».
Zohar:
«Ed Elohim disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. E i saggi insegnarono che solo il popolo d’Israele è chiamato uomo, come è scritto: “Ma voi, mio gregge, gregge del mio pascoli, voi siete uomini. Cioè, voi siete uomini, ma gli idolatri non sono uomini, e per questo è scritto: “Che Israele si rallegri nel suo Creatore”» (Raaya Mehimna sulla porzione di Pinchas, 238,2).
Arizal:
«Perciò Israele ha una psiche, uno spirito e un’anima del Santo (…) mentre i gentili hanno solo una psiche proveniente dal lato femminile delle klipot (…) perché la psiche dei gentili proviene dalle klipot chiamate male e non bene, sono create senza coscienza» (Heichal Abiya, shaar haklipot, cap. 2).
Rabbi Kook:
«La differenza tra la psiche ebraica, la sua forza, i suoi sforzi interiori, le sue aspirazioni, la sua natura e la sua posizione, e la psiche di tutti i gentili è a tutti i livelli maggiore e più profonda della differenza tra la psiche dell’uomo e la psiche degli animali» (Orot, Orot Yisrael 5,10, p. 156) (The Kabbalah is racist and discriminatory).
È proibito restituire un oggetto perduto da un non-ebreo.
«E chi restituisce ad un gentile un oggetto smarrito, di lui la Scrittura dice: “Alla completa rovina dell’umido e del secco; il Signore non lo perdonerà mai” (Deut. 29,18)» (Sanhedrin 76b).
E Rashi ha spiegato:
«Chi restituisce ad un gentile un oggetto smarrito, ha equiparato un gentile ad un ebreo, e dimostra di non considerare la restituzione di oggetti smarriti un comandamento divino, poiché lo fa anche ad un gentile, riguardo al quale non ha ricevuto alcun comandamento».
Non esiste alcun comandamento che obblighi a restituire oggetti smarriti ai gentili o agli stessi ebrei che non osservano la Torah e i suoi comandamenti, né bisogna far loro la carità, né amarli, né salvarli quando sono in pericolo di vita durante lo Shabbath etc.
Lo Shulchan Aruch (Choshen ha’Mishpat 266,1-2) sentenzia che non si deve restituire ciò che è stato perduto da un non-ebreo, perché non è il fratello, e chi lo restituisce trasgredisce un comandamento.
Tutto ciò perché, come affermano Rashi e il Talmud, Dio ha dato tutta la terra in eredità solo a Israele:
«[I Saggi dissero che] tutta la terra appartiene al Santo, egli sia benedetto. Egli l’ha creata e la dona a suo piacimento. Quando ha voluto, l’ha data a loro, e quando ha voluto, l’ha presa da loro e l’ha data a noi» (Rashi su Gen.1,1).
«[Come dissero i Saggi, il Santo, egli sia benedetto] si alzò e permise che il denaro [dei gentili] fosse consegnato agli ebrei» (Baba Kamma 38a) (The prohibition against lost items to gentiles. ‒ Returning a lost item to a gentile or secular jew).
La nazione ebraica è razzista per il bene dell’umanità. ‒ Scrive l’autore del Kuzari (5,20) che esiste una gerarchia tra le creature: mondo inanimato, mondo vegetale, mondo animale, uomo ed ebreo. La nazione ebraica è geneticamente dotata di un potere divino, che le altre nazioni non hanno “meritato”. È questa la ragione per cui la Rivelazione e la profezia furono date ad una nazione specifica, la nazione ebraica, quella che possiede il gene del “potere divino”, il quale viene trasmesso geneticamente (The jewish nation is racist for the good of humanity).
Salutare i gentili per amore della pace. ‒ Il fatto stesso che si debba discutere se è lecito o no salutare i non-ebrei è «una cosa spregevole», soprattutto quando il permesso viene dato con la motivazione: per amore della pace [mipnei darkei shalom]. Questo testimonia che non v’è uguaglianza tra ebrei e non-ebrei.
Il Talmud dice: «Non si saluta due volte il gentile» (Gittin 62a). Rashi chiosa: questo permesso era concesso “per amore della pace”. Pertanto, è sufficiente un semplice “ciao”.
Nello stesso luogo del Talmud si legge che Rav Cahana era solito salutare i gentili con un “ciao, Mar”. Rashi spiega che salutando in questo modo, Rav Cahana, aggiungendo “Mar”, che è un altro titolo per indicare un rabbino, ingannava deliberatamente i gentili, perché, fingendo di salutare un gentile, in realtà salutava un rabbino (One greets gentiles for the sake of peace).
Una donna gentile che ha avuto un rapporto sessuale con un ebreo viene messa a morte. ‒ Secondo Maimonide, se un ebreo ha rapporti sessuali con una donna gentile, anche la donna deve essere giustiziata, perché è giudicata alla stregua di un animale che ha dormito con un ebreo, e il suo destino è la morte per lapidazione, come è scritto: “Se un uomo ha rapporti carnali con una bestia, sarà messo a morte, e ucciderai la bestia” (Lev. 20,15). Il Talmud si chiede perché anche la bestia, dal momento che non ha senno e non ha commesso peccato (Sanhedrin 7,4). E si risponde che l’uomo ha avuto una disgrazia per causa dell’animale, e dunque la Scrittura dice di ucciderlo.
Commenta Maimonide:
«Se un ebreo ha rapporti sessuali con una donna gentile, sia essa di tre anni e un giorno [cioè maggiorenne] o una donna adulta, nubile o sposata, anche se l’ebreo ha nove anni e un giorno [cioè maggiorenne], giacché ha avuto rapporti sessuali con la donna gentile deliberatamente, lei viene uccisa, poiché l’ebreo ha avuto una disgrazia per causa sua, come nel caso di un animale» (Leggi sui rapporti sessuali proibiti 12,10, ed anche in Sefer HaMitzvot, comandamento 427). Queste parole di Maimonide, tuttavia, non furono accettate universalmente (A Gentile woman or an animal who have had sex with a Jew are sentenced to death. Cfr. anche: Zoophilia (bestiality) in the Gemara).
Un ebreo può guarire un gentile? ‒ La regola è stabilita dal Talmud: «Non ti è comandato di salvare un gentile» (Pesahim 21b).
Secondo la Halacha esistono tre livelli relativi all’uccisione di una persona non ebrea:
– se la persona è un gentile noachide che osserva le sette leggi, un ebreo che lo uccide non è passibile di morte per mano dei tribunali come lo sarebbe se avesse ucciso un ebreo, ma è passibile di morte per mano del Cielo;
– se è un gentile che non osserva le sette leggi noachide, quest’ultimo può essere ucciso, anche se non vi è un ordine esplicito di ucciderlo;
– se è un gentile idolatra a tutti gli effetti (come la Halacha considera tutti i cristiani) ucciderlo è un comandamento.
A maggior ragione, dunque, non si può guarire un gentile che non osserva i sette comandamenti noachidi, come stabilisce lo Shulchan Aruch:
«È proibito salvare un gentile se è in pericolo di vita. Chi ne vede uno cadere in mare, non lo trae in salvo, nemmeno a pagamento. Perciò è proibito guarirli, nemmeno a pagamento, a meno che l’astenersi dal farlo comporti l’inimicizia dei gentili verso gli ebrei [mipnei darkei shalom]. In tal caso è permesso guarirlo, anche gratuitamente, se non c’è modo di farlo pagare» (Yoreh Deah 158) (Does Halacha permit healing Gentiles).
Ma ecco un corrispondente chiedere se tutte queste critiche al giudaismo rabbinico-talmudico, che fanno esattamente il paio con quelle secolari mosse dai polemisti antigiudei, non finiscano per «promuovere e incitare all’odio contro gli ebrei».
E Daat Emet così replica:
«Come certamente saprai, i testi ebraici tradizionali – dal Talmud fino ai materiali più recenti – vengono attualmente pubblicati e diffusi in milioni di copie in tutti e cinque i continenti e in ogni lingua possibile. Tra questi vi sono capolavori come il libro “Birur Hilchot Harigat Goy” (Leggi per uccidere i gentili) e “Sulla natura sublime di Israele e la comprensione del suo esilio”, pubblicati negli ultimi anni in Israele e negli Stati Uniti da rabbini ortodossi.
«Tutti questi libri contengono, in varia misura, materiale razzista e spregevole accessibile a chiunque, dagli ebrei ortodossi agli antisemiti più accaniti (…)
«Non molto tempo fa, alcuni ortodossi saccenti fra tutti i luoghi pubblicarono un’edizione di massa del Kitzur Shulchan Aruch proprio in Russia, e per giunta in russo, senza minimamente preoccuparsi di cancellarne le palesi affermazioni razziste. Di conseguenza, migliaia di cittadini russi hanno chiesto la messa al bando sia del libro che delle istituzioni religiose che si identificano con esso. Non dovresti dire che sono gli editori del Kitzur Shulhan Aruch, e non Daat Emet, il quale al massimo si limita a citare questo libro, a portare acqua al mulino degli antisemiti? (…)».
Il nocciolo della questione è «la sostanza razzista dell’ebraismo tradizionale».
«Noi (…) stiamo facendo del nostro meglio per combattere le forze reazionarie dell’ebraismo ortodosso (…) Così facendo, non siamo di certo noi ad inventare le informazioni che gettano discredito sull’ebraismo, ma piuttosto ci opponiamo ad esso. La nostra critica è rivolta alle idee razziste che l’ebraismo ortodosso diffonde apertamente e in modo massiccio.
«Qualsiasi antisemita può leggere (e legge) nei nostri libri sacri, compresi quelli più recenti, che i gentili sono più abominevoli delle bestie, che il loro ruolo è di camminare a quattro zampe e servire gli ebrei, che l’anima e il corpo dei gentili sono impuri e che è un dovere sacro sminuire un gentile» (Are we helping to anti-semites).
Fin qui le risposte di Daat Emet.
Nonostante tutte le loro critiche radicali al giudaismo classico, questi intellettuali si dichiarano egualmente ebrei.
Ma lo sono veramente?
Si dicono ebrei, e al tempo stesso rigettano i princìpi fondamentali dell’ebraismo, fondati sull’esegesi rabbinica della Torah rivelata da Dio unicamente al popolo d’Israele.
Affermano che la Torah è una creazione umana, che non è stata rivelata da Dio, che non contiene alcunché di sovrannaturale e metafisico, e che dev’essere studiata razionalmente, come qualsiasi altra opera della letteratura orientale antica.
Rigettano l’esegesi rabbinica della Torah, il Talmud e la tradizione ebraica così come si è consolidata nei secoli.
Tutto ciò basta e avanza per porli di fatto totalmente al di fuori dell’ebraismo.
È un po’ come se uno si dicesse cristiano, e al tempo stesso negasse recisamente la divinità di Gesù Cristo, la sacralità dei Vangeli e l’autorità della Chiesa.
A mio giudizio, gli intellettuali di Daat Emet, come pure Israel Shahak e tutti gli altri che ne condividono le posizioni, sono tutt’ al più di origine ebraica, ma non possono considerarsi veramente ebrei.
Per loro vale sempre quanto sostenevano i padri gesuiti della “Civiltà Cattolica” alla fine del XIX secolo: un ebreo buono non è un buon ebreo.
E questo permette anche di dare una risposta circa il presunto “fondamentalismo” ebraico in contrapposizione ad un ebraismo presuntamente non fondamentalista.
Non esiste un ebraismo fondamentalista, come non esiste un ebraismo non fondamentalista.
L’ebraismo è uno solo, ed è quello rabbinico-talmudico.
Ogni altro ebraismo o non è ebraismo, o è un ebraismo camuffato ad uso degli ingenui goyim “per amore della pace”.
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