Germar Rudolf: Chi ha messo il gas nelle camere?

Chi ha messo il gas nelle camere?

Alle radici della storia delle camere a gas naziste

Germar Rudolf30 settembre 2024

https://codoh.com/library/document/who-put-the-gas-into-the-chambers/

La domanda

La maggior parte degli scettici in materia di Olocausto concorda sul fatto che la storia delle camere a gas omicide, usate durante il Terzo Reich per sterminare gli ebrei, è falsa. Quello su cui non si trovano d’accordo è su come quella storia fasulla sia finita nei nostri libri di storia, documentari e musei. Se, a un esame approfondito, la storia non regge, allora perché ha finito per dominare la narrazione ortodossa dell’Olocausto fino a questo punto? In altre parole: chi ha inserito le camere a gas in questa narrazione, e come?

Gli esperti ortodossi sono pronti a reagire a qualsiasi attacco al loro dogma preferito da parte di quei malvagi “negazionisti dell’Olocausto” dichiarando che sono dei teorici della cospirazione, secondo la quale migliaia e migliaia di ebrei sparsi in tutta l’Europa dilaniata dalla guerra hanno in qualche modo complottato per incastrare i poveri Tedeschi per questo crimine scellerato, attraverso “un incredibile incontro degli spiriti, per una consensuale trasmissione del pensiero” da parte di un’enorme diaspora ebraica – per rifarsi a una famosa espressione usata dal compianto Raul Hilberg per descrivere come è avvenuto l’Olocausto.

È così che è andata? O perlomeno è quello che gli scettici in materia di Olocausto sostengono sia accaduto?

Risposte precedenti

Paul Rassinier, il padre del revisionismo dell’Olocausto, attingendo dalla sua esperienza personale ha riferito che i prigionieri politici detenuti nei campi di concentramento tedeschi sono stati quelli che hanno preso il controllo del modo in cui, dopo la guerra, è stata scritta la storia di questi campi. Le distorsioni di questa storia sono state sostanzialmente il risultato di un tentativo da parte di questi ex detenuti di nascondere le loro corresponsabilità per i veri orrori di questi campi, come li ha vissuti il prigioniero politico Rassinier nei campi di Buchenwald e Dora. Come spiega Rassinier, gli attivisti politici sono solitamente intellettuali che sanno come coordinare le folle e come indurre le persone a obbedire agli ordini. Quando questi individui finirono nei campi tedeschi del periodo bellico, si organizzarono e controllarono rapidamente l’amministrazione interna del campo, alla quale provvidero considerevolmente i detenuti che collaboravano. Una volta assunte delle posizioni di potere sui loro compagni di detenzione, ne hanno abusato, aumentando così le sofferenze dei loro compagni di prigionia meno fortunati. Tuttavia, le osservazioni di Rassinier non ci portano al nocciolo della questione, perché nessuno dei campi in cui Rassinier ha sofferto la prigionia era dotato di camere a gas omicide. Pertanto, la sua esperienza non copre quella parte cruciale della narrazione dell’Olocausto. Eppure, nemmeno i suoi scritti successivi, in cui affronta la questione delle camere a gas, parlano di una cospirazione ebraica.

Un importante trampolino per lo sviluppo dello scetticismo sull’Olocausto è stato lo studio epocale del Dr. Arthur R. Butz The Hoax of the Twentieth Century. L’attenzione di Butz si concentra in larga parte sui tribunali alleati operanti in Germania nel dopoguerra, che furono pesantemente controllati (Tribunale Militare Internazionale) o esclusivamente diretti (Tribunali Militari di Norimberga) dalle autorità giudiziarie e dalle forze militari degli Stati Uniti. Butz mostra la forte influenza che i singoli ebrei hanno avuto sul modo in cui questi processi sono stati impostati e preparati. Tuttavia, il Tribunale Militare Internazionale si è occupato dell'”Olocausto” solo in maniera piuttosto superficiale, mentre solo uno dei Tribunali Militari di Norimberga ha affrontato una parte di una questione ben più estesa: la causa n. 9 contro Otto Ohlendorf e altri, che riguardava la presunta fucilazione di massa da parte delle unità operative chiamate Einsatzgruppen e il loro presunto uso di furgoni a gas omicidi per esecuzioni di massa. La tesi dell’accusa si basava quasi interamente su documenti, senza che nessun sopravvissuto, ebreo o altro, avesse mai reso testimonianza. Le camere a gas fisse non sono state affrontate in nessuno di questi processi in modo tale da poter dire che abbiano inciso su come la narrazione abbia finito per integrarsi con ciò che ci viene oggi insegnato e raccontato ovunque.

Un altro tentativo revisionista di risolvere l’enigma del giallo fu una pubblicazione del 1988 del traduttore statunitense Carlos Porter. Il suo libro portava il titolo indicativo Made in Russia: The Holocaust. Porter ha sostanzialmente copiato delle pagine dal protocollo del TMI, principalmente dal Volume 7, che contiene materiale introdotto dai pubblici ministeri sovietici durante i processi di quel tribunale. Mentre gran parte di questo materiale è oggi considerato falsa propaganda di atrocità anche dalla maggior parte degli storici ortodossi, solo una piccola parte affronta la questione delle camere a gas omicide. In effetti, gran parte del materiale presentato dai Sovietici durante le sessioni del TMI in riferimento alle camere di esecuzione non menziona affatto il gas, ma piuttosto il vapore, il vuoto e l’elettricità ad alta tensione. Quindi, c’era poco gas o non ce n’era affatto nelle camere presentate dai Sovietici a Norimberga, e non venivano forniti  dettagli.

Il più prolifico di tutti gli autori revisionisti – lo studioso italiano Carlo Mattogno – non affronta mai la questione qui discussa. Mentre l’insieme della sua ricerca storica, davvero impressionante, contiene enormi quantità di informazioni dettagliate su una grande varietà di argomenti, tace completamente su come e da chi sia stata forgiata l’attuale narrazione delle camere a gas nel suo complesso.

Allora, chi ha messo il gas nelle camere?

Un nuovo metodo

Per più di 30 anni ho partecipato alla ricerca revisionista e a pubblicazioni in materia di Olocausto. Durante tutti questi anni, ho evitato di affrontare la questione del presente articolo, e ancor di più tentare di rispondere., perché temevo che qualsiasi risposta a quella domanda potesse inevitabilmente, in un modo o nell’altro, indicare “gli ebrei”. E l’ultima cosa che volevo era contribuire allo stereotipo predominante secondo cui gli “scettici in materia di Olocausto” sono dei pazzi antisemiti che sostengono l’esistenza di una ridicola cospirazione ebraica per falsificare la storia. Stavo cercando di capire che cosa fosse successo, ma quando si è trattato di comprendere come è nata la narrazione che conosciamo oggi, non volevo proprio indagare su chi stesse controllando la formazione di questa narrazione.

Dal momento che si dice che le camere a gas omicide naziste siano state appositamente costruite e impiegate per sterminare gli ebrei, è inevitabile che la maggior parte dei testimoni dalla parte delle vittime dell’Olocausto abbiano un’ascendenza ebraica. Inoltre, se prendiamo in  considerazione gli esperti che hanno pubblicato libri, realizzato film e musei sull’Olocausto e che hanno organizzato e gestito corsi di studio sull’Olocausto sin dalla fine della guerra, troviamo un’enorme predominanza di persone di origine ebraica. Potremmo finire lì e passare oltre. Ma non è così semplice.

Mentre scrivevo l’Holocaust Encyclopedia (vedere www.HolocaustEncyclopedia.com), ho avuto una serie di illuminazioni derivanti dalla necessità di precisare così tanti fatti e rendere tutto coerente e conseguente. Ho iniziato a unire i puntini tra fatti apparentemente isolati che non avevo mai visto prima. Uno di questi era la percezione che c’era realmente un complotto per creare la narrativa ortodossa delle camere a gas come la conosciamo oggi. Questa cospirazione non è, però, ciò che la maggior parte della gente pensa che sia perché non ha nulla a che fare con gli ebrei. Avete capito bene: non vi ha preso parte neanche un ebreo. Tale intuizione è stata per me un enorme sollievo. Non solo è stato possibile capire cosa è successo, ma anche evitare di formulare un’orribile accusa attribuendo indifferentemente tutta la colpa agli “ebrei”, e quindi di essere visto dalla società in generale come un pazzo squilibrato.

Carlos Porter avrebbe potuto vedere una parte di questa rivelazione, se avesse scavato un po’ più a fondo in ciò che i Sovietici presentarono a Norimberga. Per quanto riguarda le camere a gas naziste, molti dei documenti fondamentali da loro inseriti sono stati preparati dalle autorità polacche. Non essendo rappresentato presso il TMI, il governo polacco dovette usare il potere di occupazione dell’URSS come procura.

Inoltre, un semplice sguardo a dove si dice siano state ubicate tutte le camere a gas omicide nelle quali si dice sia avvenuto l’eccidio degli ebrei è altrettanto rivelatore: si trovano tutte, senza eccezione, su quello che oggi è considerato territorio polacco: Auschwitz, Bełżec, Chełmno, Majdanek, Sobibór, Stutthof, Treblinka.

Nei suoi numerosi studi su questi campi, Carlo Mattogno ha fornito una documentazione su chi interrogò i testimoni nel dopoguerra, chi eseguì esami forensi in quei campi, chi indagò sulla documentazione di questi campi, chi condusse processi contro ex guardie del campo dove furono presentate tutte queste prove e chi pubblicò articoli accademici che presentavano i presunti risultati di tutta questa ricerca storica e giudiziaria. Erano tutti polacchi, senza eccezione alcuna.

Ad un esame più attento, riscontriamo che solo quattro individui hanno definito il resoconto di sei dei suddetti campi, che sono centrali per la narrazione delle camere a gas naziste. (Ometto qui Stutthof, perché è sempre stato un campo oscuro che non ha avuto alcun ruolo importante nella più ampia narrazione dell’Olocausto). Questi racconti furono pubblicati in periodici accademici polacchi tra il 1946 e il 1948 (Belzec, Chełmno, Majdanek, Sobibór, Treblinka), così come tra la fine degli anni ’50 e la prima metà degli anni ’60 (Auschwitz).

Questi individui sono:

  • Jan Sehn (Auschwitz)
  • Ladislao Bednarz (Chełmno)
  • Zdzisław Łukaszkiewicz (Majdanek, Sobibór, Treblinka)
  • Eugeniusz Szrojt (Bełżec).

Per quanto ho potuto dedurre, nessuno di loro aveva un’origine ebraica.

Nel mio nuovo libro Nazi Gas Chambers: The Roots of the Story è dettagliatamente descritto come hanno fatto esattamente a manipolare la documentazione storica per farne saltar fuori una narrazione apparentemente coerente delle camere a gas. Riassumendo in breve, si sono serviti del caos totale che regnava tra i resoconti dei testimoni oculari, evidentemente disarmonici, non orchestrati, scoordinati, in realtà ampiamente insensati, e l’hanno sostituito con un deus ex machina di una storia inventata che non è affatto suffragata da prove. Era come affrontare la storiografia a colpi di accetta: abbattere e buttare via tutto ciò che ostacola il cammino su un sentiero percorribile, e poi affermare che il sentiero è sempre stato lì.

Dopo il 1948, le potenze vincitrici della Seconda guerra mondiale persero temporaneamente interesse a promuovere la narrazione dell’Olocausto, perché entrambe le parti della cortina di ferro volevano reclutare i “loro” Tedeschi come potenziali cervelli e carne da cannone per l’incipiente Guerra fredda. Lo Stato d’Israele è stato creato nel 1948, ma inizialmente non era ancora abbastanza organizzato per svolgere un ruolo significativo nella creazione di qualsiasi cosa. La maggior parte delle organizzazioni e delle personalità ebraiche, in particolare negli Stati Uniti, cercarono di mantenere un basso profilo durante la calda fase iniziale della Guerra fredda con l’era McCarthy, nel tentativo di deviare possibili accuse di tradimento durante la guerra e di collaborazione con l’Unione Sovietica di Stalin nel dopoguerra.

Circa la metà del territorio della Polonia del dopoguerra era costituito da terre tedesche. La stragrande maggioranza è stata popolata per secoli da Tedeschi. Il più grande furto di terra e la più grande pulizia etnica della storia moderna avevano bisogno di una “giustificazione” e si doveva impedire qualsiasi futura richiesta tedesca di giustizia spezzando la fiducia in se stessi e l’orgoglio dei Tedeschi per l’eternità

Ma le autorità comuniste della Polonia del dopoguerra erano in missione. Il 50% del territorio polacco del dopoguerra era tedesco prima della Prima guerra mondiale, e la stragrande maggioranza di esso era stata abitata per secoli da Tedeschi di stirpe tedesca. Nel 1945 e nel 1946, queste terre furono ripulite dall’elemento tedesco, nel corso della più grande pulizia etnica della storia moderna (vedere l’illustrazione). Bisognava fare qualcosa per evitare che la Germania chiedesse giustizia e risarcimento. Spezzare il suo orgoglio e la sua fiducia in se stessa addossando a quella nazione il crimine più efferato della storia dell’umanità era la soluzione perfetta.

E così fu fatto. Non sappiamo se, e se sì in che misura, ciò sia avvenuto secondo un piano concepito ed elaborato a livello centrale. Questa è una domanda per la ricerca futura.

In ogni caso, una volta che gli storici polacchi sponsorizzati dallo stato, in concorso con la magistratura di quel Paese, sono riusciti a trovare il bengodi, molti opportunisti, ebrei e gentili allo stesso modo, hanno colto l’occasione al volo.

Procuratevi una copia di questo libro davvero strabiliante

Germar Rudolf, Nazi Gas Chambers: The Roots of the Story, Armreg Ltd., Londra, 2024, 146 pagine, 8″×5″ brossura, indice, bibliografia; ISBN: 978-1-911733-96-6.

Le camere a gas naziste sono l’elemento centrale  della narrazione dell’Olocausto. Ci viene raccontato che milioni di ebrei vi sono stati uccisi con gas velenosi,. Tuttavia, se scaviamo più a fondo, rileviamo che i primi resoconti raccontano una storia diversa: camere a vapore, a vuoto e di elettrocuzione, omicidi con calce clorurata sui treni o con fluidi tossici. Come siamo arrivati da queste bizzarre affermazioni a ciò che ci viene detto oggi? Questo libro rivela chi ha ripulito la documentazione storica per creare una narrazione apparentemente coerente e conseguente, e quali metodi sono stati utilizzati in tale processo. Tuttavia, coloro che cercano prove di un’enorme cospirazione ebraica rimarranno delusi, perché non è andata così. Invece, i dettagli della storia delle camere a gas convenzionali sono stati definiti e documentati da… Bene, leggete il libro e scopritelo!

Autore

Germar Rudolf

Germar Rudolf è nato il 29 ottobre 1964 in Germania, a Limburg a. d. Lahn. Ha studiato chimica all’Università di Bonn, dove si è laureato nel 1989 come Dimplom-Chemiker, che negli Stati Uniti è paragonabile a un dottorato di ricerca. Dal 1990 al 1993 ha preparato una tesi di dottorato in tedesco presso l’Istituto Max Planck per la ricerca sullo stato solido, in collaborazione con l’Università di Stoccarda. Parallelamente e nel tempo libero, Rudolf ha preparato una perizia sulle questioni chimiche e tecniche delle presunte camere a gas di Auschwitz, The Rudolf Report (ora intitolato The Chemistry of Auschwitz),  dove giunge alla conclusione che “le presunte strutture per lo sterminio di massa ad Auschwitz e Birkenau non erano adatte allo scopo come sostenuto”. Di conseguenza, dovette subire dure misure di persecuzione negli anni successivi. Si esiliò quindi in Gran Bretagna, dove fondò la piccola casa editrice revisionista Castle Hill Publishers. Quando, nel 1999, la Germania chiese alla Gran Bretagna di estradarlo, Rudolf fuggì negli Stati Uniti. Lì chiese asilo politico, ampliò la sua attività editoriale e nel 2004 sposò una cittadina statunitense. Nel 2005, gli Stati Uniti riconobbero la validità del matrimonio di Rudolf e pochi secondi dopo lo arrestarono e successivamente fu deportato in Germania, dove fu incarcerato per 44 mesi per i suoi scritti accademici. Alcuni degli scritti per i quali fu condannato erano stati pubblicati mentre Rudolf risiedeva negli Stati Uniti, dove le sue attività erano e sono perfettamente legali. Dal momento che non è un criminale secondo la legge degli Stati Uniti, è riuscito a immigrare definitivamente negli Stati Uniti nel 2011, dove si è riunito alla moglie e alla figlia, cittadine statunitensi. Attualmente risiede nello Stato di New York.

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