Mark Weber e Andrew Allen: Treblinka

TREBLINKA

Le foto aeree di Treblinka dell’epoca di guerra fanno sorgere nuovi dubbi sulle affermazioni riguardanti il “campo della morte”

Di Mark Weber e Andrew Allen, 1992

Treblinka è largamente considerata come il secondo più importante centro di sterminio tedesco dell’epoca di guerra. Si ritiene che solo Auschwitz-Birkenau abbia reclamato più vite.

Treblinka fu al centro dell’attenzione mondiale nel 1987-1988 durante il processo durato 14 mesi a Gerusalemme di John (Ivan) Demjanjuk, un operaio americano originario dell’Ucraina. Come l’”Ivan il Terribile” di Treblinka, Demjanjuk presuntivamente azionava l’apparato utilizzato per gasare centinaia di migliaia di ebrei lì. Citando le testimonianze degli ebrei sopravvissuti, il tribunale israeliano che lo condannò a morte nell’aprile 1988 dichiarò che più di 850.000 ebrei furono uccisi a Treblinka tra il luglio 1942 e l’agosto 1943.

Dopo che la sentenza di morte era stata emessa, la famiglia di Demjanjuk riuscì a scoprire prove precedentemente soppresse – molte delle quali dagli archivi sovietici – che indicavano che il vero “Ivan il Terribile” era un altro ucraino chiamato Ivan Marchenko (o Marczenko). Queste nuove prove screditarono le testimonianze processuali di cinque sopravvissuti ebrei del campo, ognuno dei quali aveva “positivamente” identificato Demjanjuk come il sadico sterminatore di Treblinka[1].

Come gli storici sanno, e come il buon senso suggerirebbe, tali testimonianze basate su ricordi vecchi di decenni sono molto meno affidabili dei documenti d’epoca o delle prove forensi[2].

E tuttavia, la fama di Treblinka come centro di sterminio è basata quasi interamente proprio su queste testimonianze soggettive e indimostrabili di ex prigionieri – prove che si sono dimostrate notoriamente inaffidabili in diversi importanti processi dei presunti “criminali di guerra nazisti”[3].

Non vi sono prove documentarie che Treblinka fu un centro di sterminio. In realtà, i documenti dell’epoca indicano che il campo ebbe una funzione molto differente.

Le fotografie aeree di ricognizione prese nel 1944 del sito del “campo della morte” di Treblinka – e dimenticate per quasi 45 anni nei National Archives di Washington, DC – fanno sorgere seri dubbi sulla storia largamente accettata che esso fu un centro di sterminio.

Scoperte nel 1989, e pubblicate qui per la prima volta negli Stati Uniti, queste foto di ricognizione tedesche corroborano altre prove che indicano che Treblinka fu in realtà un campo di transito[4].

Queste fotografie indicano che il campo – notevolmente piccolo – non era isolato, e neppure particolarmente ben sorvegliato (esse mostrano chiaramente che i campi dove i contadini polacchi piantavano e coltivavano i loro raccolti erano direttamente adiacenti al perimetro del campo).

Inoltre, l’area di sepoltura del campo appare ovviamente troppo piccola per contenere le centinaia di migliaia di corpi presuntivamente sepolti lì (sollevando dubbi sulla storia largamente accettata delle centinaia di migliaia di vittime di Treblinka, queste foto indicano invece che solo quei deportati che morirono durante il – qualche volta protratto – viaggio al campo vennero sepolti lì).

Le “camere a vapore”

La storia generalmente accettata oggi è che centinaia di migliaia di ebrei vennero uccisi a Treblinka con gas di scarico da motori. Ma la storia dello sterminio di Treblinka “originale” era che gli ebrei venivano vaporizzati a morte in “camere a vapore”.

Secondo il resoconto di un “testimone oculare” ricevuto nel novembre 1942 a Londra dall’organizzazione clandestina del ghetto di Varsavia, gli ebrei a Treblinka venivano sterminati in “camere della morte” con “il vapore che usciva da numerosi fori nei tubi”[5]. Nell’agosto 1943, il New York Times riferì che a Treblinka erano già stati uccisi due milioni di ebrei vaporizzati a morte[6].

La storia del vapore di Treblinka viene anche riferita in dettaglio in The Black Book of Polish Jewry, un’opera pubblicata a New York nel 1943, e “sponsorizzata” da Albert Einstein, da Eleanor Roosevelt, dal deputato Sol Bloom, dal sindaco di New York Fiorello La Guardia, e da altre personalità[7]. Un altro libro, Lest We Forget, pubblicato a New York nel 1943 dal World Jewish Congress, descrive in dettaglio come gli ebrei venivano vaporizzati a morte, e presenta un diagramma che mostra l’ubicazione della presunta “stanza del boiler” che produceva il “vapore vivo”[8].

Secondo una testimonianza “oculare” del 1944 compilata dall’OSS, la principale agenzia di intelligence americana, gli ebrei a Treblinka “venivano in generale uccisi con il vapore e non con il gas come era stato sospettato all’inizio”[9].

Nel processo principale di Norimberga del 1945-1946, vennero presentate due storie contraddittorie: vaporizzazione e gasazione. L’ex prigioniero di Treblinka Samuel Rajzman testimoniò che gli ebrei venivano uccisi lì in camere a gas[10] (per confondere la materia ancora di più, pochi mesi prima Rajzman aveva sostenuto che durante il tempo in cui fu a Treblinka, gli ebrei venivano ivi “soffocati a morte” con una macchina che estraeva l’aria dalle camere della morte)[11].

I pubblici ministeri americani al processo di Norimberga principale sostennero la storia del vapore. Come prova, un rapporto governativo polacco datato 5 dicembre 1945 venne presentato come reperto dell’accusa USA-293. Esso accusava che gli ebrei erano stati uccisi al campo “soffocati in camere piene di vapore”. Questo rapporto, che non dice nulla delle uccisioni mediante gas velenoso, venne pubblicato nel registro ufficiale del processo di Norimberga come documento PS-3311[12]. Un pubblico ministero americano si riferì a questo rapporto durante la sua arringa al tribunale il 14 dicembre 1945[13].

Sebbene nessuno storico serio sostenga ora la storia del “vapore”, e poco si sia sentito di essa durante gli ultimi decenni, è stata riesumata in un opuscolo assai diffuso pubblicato nel 1979 e nel 1985 dall’influente Anti-Defamation League of B’nai B’rith[14].

Vi può essere stato un fondo di realtà per le storie della “camera a vapore”. È possibile che vi fosse stata davvero una qualche forma di operazione di vaporizzazione a Treblinka – ma volta ad uccidere pidocchi portatori di malattie, non persone. Queste vaporizzazioni disinfestanti erano comunemente utilizzate nei campi tedeschi per i prigionieri di guerra alleati[15].

Poco dopo la guerra, il World Jewish Congress pubblicò il Black Book, un volume di 559 pagine di atrocità vere e immaginarie dell’epoca di guerra commesse contro gli ebrei. Solo a Treblinka, il libro asserisce, vennero uccise tre milioni di persone. Tre tecniche diaboliche, inclusi gas velenoso e vapore, vennero presuntivamente utilizzate per uccidere circa 10.000 ebrei al giorno. Ma il metodo “più diffuso consisteva nell’estrarre tutta l’aria fuori dalle camere con speciali pompe”[16]. Un ex detenuto testimoniò poco dopo la guerra che le vittime di Treblinka venivano “avvelenate con differenti gas o asfissiate quando la camera veniva trasformata in un vuoto e tutta l’aria succhiata via”[17].

Nel processo di Norimberga a Oswald Pohl, il giudice americano Michael A. Musmanno dichiarò che “la morte veniva inflitta qui [a Treblinka] con il gas e con il vapore, come pure con la corrente elettrica”. Citando il documento di Norimberga PS-3311, Musmanno dichiarò: “Dopo essere state riempite completamente le camere venivano ermeticamente chiuse e il vapore veniva fatto entrare”[18].

Adolf Eichmann, il capo della sezione degli affari ebraici delle SS dell’epoca di guerra, disse nel 1961 durante un interrogatorio pre-processuale in Israele che durante la guerra “gli era stato detto” che gli ebrei venivano gasati a Treblinka “con cianuro di potassio”[19].

Una delle storie più strane sullo sterminio di Treblinka, che apparve nel settembre 1942 in un periodico clandestino polacco, affermava che gli ebrei venivano uccisi lì con un gas ad “azione ritardata”:

Essi entrano [nella camera a gas] a gruppi di 300-500 persone. Ogni gruppo viene immediatamente chiuso dentro ermeticamente, e gasato. Il gas non li colpisce immediatamente, perché gli ebrei devono continuare ancora verso le fosse che sono distanti poche dozzine di metri, e la cui profondità è di 30 metri. Lì essi cadono privi di sensi, e un escavatore li copre con un sottile strato di terra. Poi arriva un altro gruppo[20].

Secondo la testimonianza di un altro “testimone oculare”, un ebreo chiamato Oskar Berger che fuggì dal campo, molti ebrei venivano sistematicamente messi a morte a Treblinka mediante fucilazioni[21].

Gasazioni diesel

In anni recenti, la storia più diffusa è stata che gli ebrei venivano gasati a Treblinka con il monossido di carbonio prodotto dallo scarico di un motore diesel[22].

Tuttavia, come il tecnico americano Friedrich Berg ha accertato, questa storia è improbabile per ragioni tecniche[23]. Nonostante l’odore pestilenziale delle esalazioni diesel, i motori diesel producono quantità molto più piccole del tossico monossido di carbonio rispetto ai normali motori a benzina[24]. Sarebbe perciò difficile gasare in modo efficiente grandi numeri di persone utilizzando le esalazioni diesel. Un normale motore a benzina sarebbe molto più logico[25].

È importante tenere presente che le “prove” che vengono ora usualmente citate per le gasazioni diesel a Treblinka non sono più credibili delle prove che venivano a suo tempo presentate per le vaporizzazioni e i soffocamenti. A quanto pare le storie sulle vaporizzazioni e sui soffocamenti sono state accantonate per motivi di credibilità.

Solide prove per le gasazioni di Treblinka si sono dimostrate davvero inafferrabili. Per esempio, è venuto fuori che nessuno dei testimoni del processo “Treblinka” celebrato nel 1951 nella Germania Ovest aveva mai visto davvero delle gasazioni. “Il tipo di gas utilizzato per uccidere le persone lì [Treblinka] non può essere determinato con certezza perché nessuno dei testimoni poté assistere a questa procedura”, dichiararono i giudici nel loro verdetto[26].

Almeno alcuni prigionieri di Treblinka testimoniarono in processi postbellici nella Germania Ovest che essi non solo non avevano mai visto una camera a gas, ma che non avevano neppure sentito parlare da altri di gasazioni[27].

Oggi gli storici dell’Olocausto non riescono a concordare sul numero delle “camere a gas” di Treblinka. Raul Hilberg sostiene che all’inizio erano tre, ma poiché esse non erano presuntivamente adeguate al compito, ne vennero costruite altre in seguito. Egli sostiene che alla fine vi erano sei o forse dieci camere[28]. Altri hanno parlato dell’esistenza di tredici camere a Treblinka[29].

La testimonianza di Bomba

Una delle testimonianze più memorabili su Treblinka presentate in Shoah, il film sull’Olocausto della durata di nove ore e mezza del regista ebreo francese Claude Lanzmann, è quella di Abraham Bomba. Egli parlò di come lui e altri barbieri ebrei tagliavano i capelli agli ebrei nudi che stavano per essere gasati. Essi lavoravano dentro “la” camera a gas (egli ha parlato sempre di una camera), che misurava “circa quattro metri per quattro”. Bomba riferì anche che “140 o 150 donne”, con bambini, come pure 16 o 17 barbieri, stavano dentro questa piccola stanza. Inoltre, vi erano panchine dove le donne stavano sedute mentre i loro capelli venivano tagliati, come pure due o più guardie tedesche.

I barbieri dovevano lasciare la camera per cinque minuti mentre le vittime venivano gasate, dice Bomba, e ci voleva solo un minuto per smaltire i circa 140 cadaveri, e pulire il pavimento e i muri, prima che tutto fosse pronto per il successivo gruppo di vittime[30].

La commovente testimonianza di Bomba, che lo scrittore conservatore George Will ha definito “la più sbalorditiva di questo film traumatico”, semplicemente non è credibile.

Il campo di lavoro di Treblinka

A circa un miglio (1.5 km) dal “campo di sterminio”, che era conosciuto come “Treblinka II”, c’era un campo di lavoro penale per polacchi ed ebrei conosciuto come “Treblinka I”. Non era affatto segreto. La direttiva del 1941 che annunciava l’erezione del “Campo di lavoro di Treblinka” venne pubblicata sia in polacco che in tedesco in pubblicazioni ufficiali largamente distribuite[31]. Polacchi ed ebrei lavoravano in una grande cava di sabbia e ghiaia nel campo di lavoro di Treblinka[32].

Come le fotografie di ricognizione aerea dell’epoca di guerra chiaramente mostrano, il campo di lavoro di Treblinka TI era ubicato alla fine del raccordo ferroviario sul quale il campo di “sterminio” (di transito) di Treblinka II era parimenti ubicato. Questo fatto rafforza la tesi che il campo TII non fosse particolarmente segreto, poiché i prigionieri del campo di lavoro penale che venivano portati in treno dal e per il campo TI pubblicamente noto passavano per il campo di “sterminio” TII presuntivamente “top secret”[33].

Prove documentarie

I documenti trovati dopo la guerra confermano che grandi numeri di ebrei vennero deportati a Treblinka nel 1942 e nel 1943. I registri ferroviari tedeschi riportano il trasferimento di carichi ferroviari di “coloni” (“Umsiedler”) e “lavoratori” a Treblinka da vari luoghi della Polonia e da altri paesi[34].

Nel luglio 1942 un dirigente tedesco delle ferrovie riferì al capo dello staff personale di Himmler che 5.000 ebrei venivano trasportati quotidianamente a Treblinka[35]. Una direttiva “Ostbahn” tedesca del 3 agosto 1942 riferiva analogamente che treni speciali stavano portando “coloni” da Varsavia a Treblinka quotidianamente, fino a nuovo ordine[36].

È interessante notare che fu solo il 1 settembre 1942 che la stazione ferroviaria di Treblinka venne chiusa al pubblico (“per permettere una gestione tranquilla dei treni speciali per il reinsediamento”), il che suggerisce che i dirigenti tedeschi non erano particolarmente preoccupati di tenere segrete le deportazioni o la stazione[37].

Altri registri menzionano treni per Treblinka nel marzo 1943 da Vienna, dalla Bulgaria e dalla Grecia.[38] Da Vienna e dal Lussemburgo, gli ebrei sarebbero arrivati al campo in carrozze ferroviarie per passeggeri, e i deportati venivano forniti di cibo e di cure mediche durante il viaggio[39]. In almeno un caso, un treno con vagoni letto e con vagone ristorante arrivò a Treblinka[40].

I registri ferroviari tedeschi sono stati citati come prove che centinaia di migliaia di ebrei vennero sterminati a Treblinka[41]. Se non vi sono dubbi che questi documenti siano genuini, e che essi confermano l’esistenza di trasporti di ebrei a Treblinka, essi non costituiscono la prova di un programma di sterminio[42].

Campo di transito

Se Treblinka non fu un centro di sterminio, cosa fu? Come già detto, il peso delle prove indica che Treblinka II – insieme a Belzec e a Sobibor – fu un campo di transito, dove i deportati ebrei venivano privati dei loro beni e degli oggetti di valore prima di essere trasferiti ad est nei territori sovietici occupati dai tedeschi[43].

La storia generalmente accettata è che Treblinka II fu un centro di sterminio “puro”, che a nessun ebreo era permesso lasciare vivo[44]. Tuttavia, rapporti credibili di deportazioni degli ebrei da Treblinka confutano l’accusa che tutti gli ebrei inviati lì erano destinati allo sterminio, e indicano invece che il campo fungeva da centro di transito.

Dopo la rivolta del ghetto di Varsavia dell’aprile 1943, per esempio, gli ebrei vennero trasportati da Varsavia a Treblinka II. Come alcuni dei deportati in seguito confermarono, dopo una “selezione” nel campo, treni carichi di centinaia di ebrei vennero portati da Treblinka a Lublino (Majdanek), ed eventualmente in altri campi[45]. Diverse migliaia di ebrei (almeno) vennero trasferiti dalle autorità tedesche da Treblinka ad altri campi, ha accertato un tribunale tedesco postbellico[46].

Lettere e cartoline che arrivavano nel ghetto di Varsavia da ebrei che, secondo tutti i resoconti, erano stati deportati a Treblinka, indicano che il campo era un centro di transito da cui gli ebrei venivano reinsediati nei territori sovietici occupati. Questi messaggi, che arrivavano da insediamenti e da campi ubicati in Bielorussia, in Ucraina, e persino nella Russia vera e propria (vicino Smolensk), furono scritti da ebrei che erano stati deportati nel 1942. Alcune lettere e cartoline erano state inviate per posta e alcune erano arrivate attraverso canali clandestini. Molte riferivano che i mittenti stavano lavorando duro, ma confermavano che essi (e spesso i loro bambini) venivano nutriti[47].

In modo completamente contrario al suo presunto carattere di centro di sterminio segretissimo, Treblinka non fu mai segreta e neppure sorvegliata rigorosamente, come sia gli ex detenuti che gli ufficiali [tedeschi] hanno confermato. “Segretezza? Santo cielo, non c’era segretezza su Treblinka”, testimoniò in seguito il prigioniero ebreo Richard Glazar. “Tutti i polacchi tra lì e Varsavia devono averlo saputo, e vivevano dei proventi. Tutti i contadini venivano per barattare, le prostitute di Varsavia facevano affari con gli ucraini – era un circo per tutti loro”. Agricoltori polacchi lavoravano i campi attigui al campo. “E molti altri”, ha detto l’ebreo sopravvissuto Berek Rojzman, “venivano al recinto per barattare, la maggior parte con gli ucraini, ma anche con noi”[48].

Persino i campi di concentramento tedeschi normali come Dachau e Buchenwald erano sorvegliati molto più rigorosamente di Treblinka. Come abbiamo detto, le fotografie di ricognizione aerea scattate nel 1944 confermano che l’area attorno a Treblinka non era stata sgombrata. Le foto mostrano che un perimetro del campo attraversava un’area boschiva, e che i campi coltivati dove i contadini polacchi lavoravano erano direttamente adiacenti al perimetro del campo[49].

Quante vittime?

Poco dopo la fine della guerra, il World Jewish Congress e almeno un ex prigioniero di Treblinka asserirono che più di tre milioni di ebrei erano stati sterminati lì[50]. Stime più recenti del numero di persone presuntivamente uccise a Treblinka variano dalle 700.000 (Leon Poliakov e Uwe Adam), alle 750.000 (Raul Hilberg e l’Encyclopedia Judaica), alle 870.000 (Yitzhak Arad), a più di 900.000 (Wolfgang Scheffler e il Washington Post)[51].

Non vi sono prove documentarie o fisiche per nessuna di queste cifre, che sono semplicemente stime congetturali.

Configurazione e dimensioni

I diagrammi pubblicati in anni recenti che mostrano Treblinka come un campo ordinatamente organizzato e di forma rettangolare non sono precisi[52]. Come abbiamo detto, invece, le fotografie di ricognizione aerea dell’epoca di guerra confermano che il campo di Treblinka II era in realtà disposto su quattro lati in modo asimmetrico e dalla forma irregolare[53].

Una delle caratteristiche più notevoli del “campo della morte” di Treblinka è costituita dalle sue piccole dimensioni. L’intera area del campo di Treblinka II era di soli 32 o 33 acri (13 ettari), o circa di un ventesimo di miglio quadrato[54]. Anche più piccola era la presunta area del campo riservata allo “sterminio”, che misurava metri 200 per 250 (o cinque ettari) secondo fonti presumibilmente autorevoli[55].

La “Commissione Centrale” polacca annunciò poco dopo la guerra che l’area di sepoltura o le “fosse” dove i corpi delle vittime di Treblinka erano state seppellite (prima di essere presuntivamente riesumate per le cremazioni) era di circa due ettari o cinque acri (o di circa 20.235 metri quadrati)[56]. E secondo un diagramma in un libro su Treblinka dello storico ebreo dell’Olocausto Alexander Donat, l’area delle “fosse” del campo equivaleva a non più di 80 o 100 metri in lunghezza e a circa 50 metri in larghezza – vale a dire, ad un massimo di 5.000 metri quadrati o mezzo ettaro[57].

In confronto, l’area delle fosse comuni nella foresta di Katyn (vicino Smolensk), che conteneva i corpi di circa 4.500 ufficiali polacchi che erano stati uccisi dalla polizia segreta sovietica e sepolti lì nel 1940, misurava circa 500 metri quadrati[58].

In breve, è molto difficile accettare che qualcosa come 700.000 o 800.000 corpi possano essere stati seppelliti nella minuscola area presuntivamente riservata a Treblinka per questo scopo.

Incongruenze sulla cremazione

Tra l’aprile e il luglio del 1943, i cadaveri delle centinaia di migliaia di vittime di Treblinka vennero presuntivamente riesumati dalle fosse di sepoltura e cremati con “legname e rami secchi” su griglie fatte di rotaie a gruppi di 2.000 o 2.500. Le “ceneri e i frammenti di ossa” residui venivano scaricati nelle fosse di sepoltura, e coperti con uno strato di sabbia e terra profondo due metri. Tutto ciò venne fatto, è stato detto, per eliminare le prove fisiche dello sterminio[59].

Sebbene enormi quantità di combustibile sarebbero state necessarie per cremare le centinaia di migliaia di presunti cadaveri, non vi sono prove documentarie né memorie di testimoni delle grandi quantità di legna da ardere richieste. Secondo la storica ebreo-polacca Rachel Auerbach, il combustibile per cremare cadaveri non era richiesto a Treblinka perché “i corpi delle donne”, che avevano più grasso, “venivano usati per accendere, o detto in modo più preciso, per costruire i fuochi tra le pile dei cadaveri”. Persino più incredibile, “anche il sangue, si rivelò essere un materiale combustibile di prima categoria”, ella ha scritto[60].

Resti mancanti

Un internato del ghetto di Varsavia, il dr. Adolf Berman, testimoniò nel processo Eichmann del 1961 che egli aveva visitato il sito del campo di Treblinka poco dopo l’occupazione sovietica della Polonia. Egli disse al tribunale di Gerusalemme che aveva visto “un’area di diversi chilometri quadrati coperta di ossa e teschi, e nelle vicinanze decine e decine di migliaia di scarpe, molte di esse scarpe di bambini”[61].

La testimonianza di Berman, che fu considerata come una delle più commoventi del processo Eichmann, è completamente contraddittoria rispetto ai fatti conosciuti. Innanzitutto, l’intero campo di Treblinka era di dimensioni molto più piccole di un chilometro quadrato, e nessun altro testimone ha confermato la presenza di “decine di migliaia” di scarpe.

La storica ebrea Rachel Auerbach, membro della commissione polacca ufficiale che ispezionò il sito del campo nel novembre 1945 – vale a dire pochi mesi dopo la fine della guerra – riferì della scoperta nel sito del campo di Treblinka di grandi quantità di ossa umane, di “masse marcite di cadaveri”, di “frammenti di cadaveri semi-marciti”, e di cadaveri “interamente vestiti”[62].

Nell’area dove si presume fossero ubicate le camere a gas, la squadra della commissione composta da 30 operai addetti agli scavi avrebbe trovato “resti umani, parzialmente decomposti”, e un quantitativo imprecisato di ceneri. Un terreno sabbioso ancora integro fu raggiunto a 7.5 metri, e a quel punto gli scavi vennero interrotti. La fotografia di una fossa scavata rivela alcune grandi ossa[63].

La polacca “Commissione centrale per l’indagine dei crimini tedeschi” riferì che “grandi quantità di ceneri miste a sabbia, tra cui vi sono numerose ossa umane, spesso con i resti di tessuti in decomposizione” vennero trovate nei cinque acri (due ettari) dell’area di sepoltura durante un esame del sito poco dopo la fine della guerra[64].

La presenza di resti umani non cremati non è compatibile con l’accusa spesso ripetuta che tali resti siano stati accuratamente distrutti. È significativo che nessuno dei rapporti polacchi specifichi la quantità dei resti umani, il numero dei cadaveri, o la quantità di ceneri trovate nel sito del campo, il che indica che le prove delle centinaia di migliaia di vittime non sono state trovate[65].

Nonostante il loro carattere spesso contraddittorio e inverosimile, le testimonianze che indicano che molti ebrei persero le loro vite a Treblinka non possono essere liquidate facilmente. Molti prigionieri ebrei senza dubbio perirono durante il loro viaggio ferroviario diretto al campo, e furono quasi certamente sepolti lì. Inoltre, è plausibile e persino probabile che centinaia e forse migliaia di ebrei che erano troppo deboli o malati per continuare il viaggio verso est vennero uccisi lì da funzionari che agivano d’autorità.

Ad ogni modo, non vi sono prove solide o cogenti che Treblinka fu un centro di sterminio dove centinaia di migliaia di ebrei vennero sistematicamente messi a morte. Al contrario, rapporti credibili di trasferimenti di ebrei ad est nei territori sovietici occupati, la relativa mancanza di segretezza e di sicurezza nel campo, e le piccole dimensioni dell’area dove i corpi vennero presuntivamente sepolti, tutto indica invece che questo fu un centro di transito.

Questo diagramma del campo di Treblinka II fu utilizzato nel processo di Treblinka di Düsseldorf, dove venne presumibilmente “accettato da tutti gli imputati e testimoni”. In questo diagramma, non solo la configurazione generale del campo è inesatta, ma non viene fornita nessuna scala, dando così l’ingannevole impressione che il campo fosse molto più grande di quanto era in realtà. Le presunte “camere a gas” di sterminio sono numerate 32 e 33. I presunti siti delle sepolture di massa, che sono numerati 34, non sono grandi a sufficienza per aver contenuto le centinaia di migliaia di corpi presuntivamente sepolti lì. [Da: Eugen Kogon, et al., Nationalsozialistische Massentotungen durch Giftgas (Frankfurt: 1986), p. 342].

Questo diagramma di Treblinka, che riproduce in modo inesatto un campo di forma rettangolare, appare nella Encyclopedia of the Holocaust. Le presunte “camere a gas” di sterminio sono numerate 32 e 33. Le presunte aree della sepoltura di massa sono numerate 34. [Da: Israel Gutman, Encyclopedia of the Holocaust (New York: Macmillan, 1990), Volume 4, p. 1485].

 

Il diagramma presentato qui sotto del campo di Treblinka II nel 1942-1943 si basa su fotografie aeree dell’epoca di guerra, su fonti pubblicate, e su un’ispezione del sito postbellica (Copyright 1991 di Janusz Patek.

 

Il sito di Treblinka II (il “campo della morte”) è al centro di questa foto di ricognizione aerea (scattata presumibilmente nel settembre 1944). Campi coltivati da contadini polacchi possono essere visti come direttamente adiacenti al campo TII, indicando che non era attentamente sorvegliato o chiuso. Una piccola parte della strada principale di Malkinia-Siedlce è visibile in alto a destra. In basso, si può vedere chiaramente il sito del campo di lavoro di Treblinka I, proprio sotto l’area della cava.

 

Alberi e altra vegetazione visibili in questa foto aerea di Treblinka II (settembre 1944) mostrano che il sito del campo non era attentamente chiuso rispetto all’area circostante.

 

Questa foto di ricognizione di Treblinka II (scattata presumibilmente nell’ottobre 1944), mostra chiaramente che parte del perimetro esterno del campo (sopra) passa attraverso una foresta di alberi, e che l’area intorno al campo non era stata sgombrata per assicurare un alto livello di sicurezza. 

Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo:

http://www.ihr.org/jhr/v12/v12p133_Allen.html#notes123

 

 

 

 

 

 

 

[1] F. Dannen, “How Terrible is Ivan?,” Vanity Fair (New York), June 1992, pp. 132 e seguenti; “New Evidence: Demjanjuk a Nazi Guard, Probably Not ‘Ivan’,” Los Angeles Times, January 16, 1992.; C. Haberman, “Soviet Files Are Presented…,” The New York Times, June 2, 1992, p. A6.

[2] Sulla inaffidabilità di tali testimonianze, vedi la recensione di John Cobden di Witness for the Defence (di E. Loftus e K. Ketcham) in The Journal of Historical Review, Summer 1991, pp. 238-249; Samuel Gringauz, uno storico ebreo che fu egli stesso internato nel ghetto di Kaunas durante la guerra, ha scritto: “La maggior parte delle memorie e dei rapporti [dei sopravvissuti dell’Olocausto] sono piene di verbosità assurde, di esagerazioni grafo maniache, di effetti drammatici, di ridondanza sovrastimata, di filosofare dilettantesco, di aspirante liricità, di dicerie incontrollate, di pregiudizi, di attacchi faziosi e di scuse” (Jewish Social Studies, New York, gennaio 1950, Vol. 12, p. 65).

[3] Sulla inaffidabilità di queste testimonianze “oculari” nel caso emblematico di Frank Walus, che fu falsamente accusato di aver ucciso ebrei nella sua qualità di ufficiale della Gestapo in Polonia, vedi, ad esempio, “The Nazi Who Never Was,” The Washington Post, May 10, 1981, pp. B5, B8.

[4] Queste foto di ricognizione aerea sono archiviate nei National Archives (Washington, DC), Cartographic Division (Record Group 373). Le più importanti di queste foto aree di Treblinka vennero rese pubbliche per la prima volta negli Stati Uniti nel gennaio 1991 ad un incontro a Palo Alto, in California (IHR Newsletter, feb. 1991, p. 3). Riconosciamo in modo grato l’assistenza della Polish Historical Society (Stamford, Connecticut) nella compilazione di questo studio. Le foto di ricognizione aerea sovietiche dell’epoca di guerra del campo di Treblinka quasi certamente esistono, e sono molto probabilmente conservate negli archivi russi. Se questo è il caso, dovrebbero essere rese pubbliche.

[5] “Likwidacja zydowskiej Warszawy, Treblinka,” Biuleytn Zydowskiego Instytutu Historycznego (Warsaw), gennaio-giugno 1951, pp. 93-100. Citato in: Carlo Mattogno, http://www.ihr.org/jhr/v08/v08p261_Mattogno.html, The Journal of Historical Review, Fall 1988, pp. 273-274, 295 (n°16).

[6] New York Times, Aug. 8, 1943, p. 11. Ristampato in: The Record: The Holocaust in History (New York: ADL, 1985), p. 10.

[7] Jacob Apenszlak, ed., The Black Book of Polish Jewry (New York: 1943), pp. 142-143, 145.

[8] World Jewish Congress, Lest We Forget (New York: 1943), pp. 4, 6-7; vedi anche il riferimento alle uccisioni a Treblinka mediante “vapore bollente” in Hitler’s Ten-Year War On the Jews (p. 149), un libro pubblicato a New York nel 1943 dall’”Institute of Jewish Affairs”, un’agenzia dell’American Jewish Congress e del World Jewish Congress.

[9] Documento dell’OSS, April 13, 1944. National Archives (Washington, DC), Military Branch, Record Group 226 (OSS records), No. 67231.

[10] International Military Tribunal, Trial of the Major War Criminals Before the International Military Tribunal, Nuremberg: 1947-1949, (“blue series”), Vol. 8, p. 325. (feb. 27, 1946).

[11] Il testo di Rajzman in: Yuri Suhl, ed., They Fought Back (New York: 1967), p. 130; questa storia è apparsa anche in: Isaiah Trunk, Jewish Responses (New York: 1982), p. 263.

[12] IMT, Trial of the Major War Criminals Before the International Military Tribunal (IMT “blue series”/ 1947-1949), vol. 32, pp. 153-158; pubblicato anche in: Nazi Conspiracy and Aggression (NC&A “red series”/ 1946-1948), Vol. 5, pp. 1104-1108. Vedi anche: NC&A (“red series”), vol. 1, pp. 1005-1006.

[13] IMT, Trial of the Major War Criminals (“blue series”), vol. 3, p. 567-568.

[14] The Record: The Holocaust in History. (L’articolo del NYT of Aug. 8, 1943, è riprodotto qui)

[15] Major S. G. Cowper, “A Note on a Disinfestation Plant Used in a Typhus Hospital for Prisoners of War in Germany,” Journal of the Royal Army Medical Corps, Sept. 1946, Vol. 87, No. 3, pp. 173-176.; “Typhus,” 1922 supplemento all’Encyclopaedia Britannica. Facsimile ristampato in: Carlos Porter, Made in Russia (1988), p. 364.; Globocnik riferì nel gennaio 1944 che prodotti tessili sequestrati nel corso dell’Azione Reinhardt vennero disinfettati. Vedi: 4024-PS. IMT “blue series,” vol. 34, p. 84. Jacob Seewald, un ebreo polacco, trascorse gli anni di guerra lavorando come guardaboschi in un campo di lavoro tedesco. Quando fu colpito da una grave malattia, venne trasferito in un ospedale, dove si ristabilì. Dopo la guerra emigrò negli Stati Uniti. In un’intervista del 1983, ricordò che le autorità del campo “ci portarono [i lavoratori ebrei] in una doccia a getto di vapore per uccidere i pidocchi. Lì non avevamo vestiti, solo un fagotto con i nostri nomi sopra. Nudi. Poi aprivano l’acqua per un secondo – acqua bollente. (John C. Bromely, “Stories from the Darkness,” The Denver Post Magazine, Sunday, June 12, 1983, p. 20). Eventi simili a Treblinka potrebbero forse aver fornito una base per la leggenda del “vapore” del campo.

[16] Jewish Black Book Comm., The Black Book (1946), pp. 407-408.

[17] Isaiah Trunk, Jewish Responses (New York: 1982), p. 263.

[18] Trials of the War Criminals Before the Nuremberg Military Tribunals (NMT “green series”/ Washington, DC: 1949-1953), vol. 5, pp. 1133-1134.

[19] Jochen von Lang, ed., Eichmann Interrogated (New York: 1983), p. 84.; vedi anche: R. Aschenauer, ed., Ich, Adolf Eichmann (1980), pp. 179, 183.

[20] “Information Bulletin,” Sept. 8, 1942, pubblicato dal comando dell’esercito clandestino polacco “Armia Krajowa”. Citato in: Yitzhak Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka (Bloomington: 1987), pp. 353 e seguenti.

[21] E. Kogon, Theory and Practice of Hell (New York: Berkley, pb., 1981), pp. 183-185.

[22] Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews (New York: 1985), p. 878.; “Treblinka,” Encyclopaedia Judaica (1971), vol. 15, p. 1368.; Eugen Kogon, et al., Nationalsozialistische Massentötungen (1986), p. 163; Yitzhak Arad, “Treblinka,” in: I. Gutman, ed., Encyclopedia of the Holocaust, pp. 1483, 1484.

[23] F. Berg, http://www.ihr.org/jhr/v05/v05p-15_Berg.html, The Journal of Historical Review, Spring 1984, pp. 15-46.

[24] R. Schmidt, A. Carey, and R. Kamo, “Exhaust Characteristics of the Automotive Diesel,” Society of Automotive Engineers Transactions (New York), Vol. 75, Sec. 3, 1967, pp. 106, 107. (paper 660550).

[25] Persino più logico ed efficiente di un motore a benzina – a detta del tecnico Friedrich Berg – sarebbe stato il generatore di “gasogeno”, che era largamente in uso in Europa negli anni di guerra. Vedi F. Berg, “The Diesel Gas Chambers”, The Journal of Historical Review, Spring 1984, pp. 38-41.

[26] Caso contro J. Hirtreiter, LG Frankfurt, 1951. Justiz und NS-Verbrechen (Amsterdam: 1972), Band 8, p. 264 (270 a-4

[27] Hans Peter Rullmann, Der Fall Demjanjuk (Sonnenbühl: 1987), p. 149. Fonte citata: Adalbert Rückerl, NS-Vernichtungslager (1977); una spiegazione insoddisfacente è stata offerta per queste notevoli testimonianze: questi testimoni devono essere stati detenuti del vicino campo di lavoro di Treblinka, o per qualche altra ragione non si trovarono mai nella sezione dello “sterminio” del campo di TII [Treblinka II].

[28] R. Hilberg, Destruction (1985), p. 879.

[29] Central Commission…, German Crimes in Poland (Warsaw: 1946-1947), vol. 1, p. 97.; Yitzhak Arad, “Treblinka,” in: I. Gutman, ed., Encyclopedia of the Holocaust, pp. 1483, 1485.

[30] Shoah (Paris: Fayard, 1985), pp. 126-129. (Sono grato al Dr. Faurisson per avermi fatto notare questo). Vedi anche: Bradley R. Smith, http://www.ihr.org/jhr/v07/v07p244_Smith.html, The Journal of Historical Review, Summer 1986, pp. 244-253.

[31] Direttiva del 15 nov., 1941. Amtsblatt für den Distrikt Warschau, Dec. 16, 1941, p. 116. Riproduzione in facsimile in: S. Wojtczak, “Karny Oboz,” Biuletyn Glownej Komisji Badania Zbrodni Hitlerowskich w Polsce (Warsaw), Vol. 26, 1975, pp. 155-156.; pubblicata anche in: Amtlicher Anzeiger, Dec. 2, 1941. Citata in: Yitzhak Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka (1987), p. 352. Riproduzione in facsimile in: C. Pilichowski, No Time-Limit for These Crimes (Warsaw: 1980), senza numero di pagina; un documento interno tedesco datato 7 luglio 1942 si riferisce al “campo di lavoro di Treblinka”, il che significa che era operativo nella stessa epoca del vicino “centro di sterminio”. Il facsimile è stato ristampato in: H. Eschwege, a cura di, Kennzeichen J (East Berlin: 1966), p. 245.

[32] I. Gutman, ed., Encyclopedia of the Holocaust (1990), p. 1482.

[33] Si noti in particolare la foto aerea datata 2 settembre 1944, in: U. Walendy, “Der Fall Treblinka”, Historische Tatsachen, Nr. 44 (1990), p. 31; anche oggi, un visitatore è colpito dalle grandi dimensioni della cava lì. Centinaia e forse migliaia di vagoni ferroviari devono essere andati da e per il sito (passando per il “campo di sterminio” TII) portando via la sabbia e la ghiaia scavate dalla grande cava.

[34] Documenti in facsimile in: Biuletyn Glownej Komisji Badania Zbrodni Hitlerowskich w Polsce (Warsaw), Vol. 26, 1975, pp. 171-182. Questi registri mostrano anche che treni (presumibilmente vuoti) venivano prontamente riportati ai loro punti di partenza; vedi anche Raul Hilberg, The Destruction of the European Jews (1985), p. 488 (e le note).

[35] Ganzenmüller a Wolff, July 28, 1942. Document NO-2207. R. Hilberg, Destruction (1985), p. 491.

[36] Ufficio ferroviario principale (Gedob) in Cracovia, direttiva No. 548. Facsimile in: Biuletyn Glownej Komisji … (Warsaw), Vol. 26, 1975, p. 171.

[37] Ufficio ferroviario principale (Gedob) in Cracovia, direttiva del 27 agosto 1942. Facsimile in: Biuletyn Glownej … (Warsaw), Vol. 26, 1975, p. 182.; citato anche in: Y. Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka (1987), p. 96.

[38] Biuletyn Glownej… (Warsaw), Vol. 26, 1975, pp. 178 e seguenti; Y. Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka (1987), p. 145.

[39] Gerald Reitlinger, The Final Solution, (London: Sphere, pb., 1971), p. 150.

[40] Martin Gilbert, Final Journey (New York: 1979), p. 119.

[41] R. Hilberg, Destruction (1985), p. 488 (e note).

[42] Innanzitutto, i documenti sopravvissuti non sono affatto chiari sul numero dei deportati, e certamente non confermano la deportazione di centinaia di migliaia di ebrei al campo.

[43] Il dr. Arthur Butz ha concluso che Treblinka funse sia da campo di lavoro che da centro di transito per gli ebrei che venivano deportati ad est: A. Butz, A. Butz, The Hoax of the Twentieth Century (1983), p. 221.; vedi anche: Steffen Werner, Die Zweite Babylonische Gefangenschaft (1990), pp. 70-71, 171.

[44] Y. Wiernik, in: A. Donat, ed., The Death Camp Treblinka (New York: 1979), p. 166.; Jewish Black Book Comm., The Black Book (1946), p. 399.

[45] I. Trunk, Jewish Responses (1982), pp. 197-198, 261-262.; A. Donat in: B. Chamberlin, M. Feldman, eds., The Liberation of the Nazi Concentration Camps (Washington, DC: 1987), p. 171.; questo punto è parimenti confermato nelle interviste del Dipartimento americano della giustizia (OSI) con i sopravvissuti di Treblinka. Parti di diverse di queste interviste dell’OSI sono riprodotte in facsimile in UFFA Bulletin (Stamford, Conn.), Oct. 1990, p. 6.

[46] Adalbert Rückerl, ed., NS-Vernichtungslager im Spiegel deutscher Strafprozesse (Munich: DTV, 1977), p. 198. Quest’opera del principale funzionario tedesco responsabile per l’accusa nei processi per crimini di guerra è basata sui verbali dei processi tedeschi postbellici.

[47] Yisrael Gutman, The Jews of Warsaw, 1939-1943 (Bloomington, Ind.: Indiana Univ., 1982), p. 219.; Lucy Dawidowicz, The War Against the Jews, (New York: Bantam, pb., 1976), pp. 414, 451.; L. Dawidowicz, Holocaust Reader (New York: 1976), pp. 356, 364.; vedi anche: Abraham Lewin, A Cup of Tears (New York: 1988), pp. 38-39. (Gli storici dell’Olocausto sostengono che poiché nessuno degli ebrei “reinsediati” da Varsavia sopravvissero a Treblinka, queste lettere e cartoline sono perciò delle contraffazioni o vennero scritte sotto coercizione).

[48] Gitta Sereny, Into That Darkness (London: A. Deutsch, 1974), p. 193; il film di Lanzmann “Shoah” conferma parimenti che i contadini polacchi lavoravano i campi proprio vicino a Treblinka.

[49] Foto di ricognizione aerea dai National Archives americani. Pubblicate in: U. Walendy, “Der Fall Treblinka”, HT Nr. 44 (1990), p. 31, 34, 35, 38.

[50] I. Trunk, Jewish Responses to Nazi Persecution (1982), p. 263.; Jewish Black Book Comm., The Black Book, pp. 400, 407.

[51] Leon Poliakov, Harvest of Hate (New York: 1979), p. 334.; Uwe Adam, in: F. Furet, ed., Unanswered Questions, (New York: 1989) p. 146.; R. Hilberg, The Destruction of the European Jews (1985), p. 893.; Encyclopaedia Judaica, vol. 15, p. 1371.; Lucy Dawidowicz, The War Against the Jews (Bantam pb., 1976), p. 200.; Y. Arad in: I. Gutman, ed., Encyclopedia of the Holocaust, p. 1486.; A. Rückerl, ed., NS-Vernichtungslager (DTV, 1977), p. 199 (n.).; Glen Frankel, “Demjanjuk Proceeding Unites Israel,” Washington Post, Feb. 21, 1987, p. A 17.; K. Feig, Hitler’s Death Camps (1981), p. 311.; Gitta Sereny, Into That Darkness (1974), p. 250.

[52] Per esempio: I. Gutman, ed., Encyclopedia of the Holocaust, pp. 1482, 1485.; Gitta Sereny, Into That Darkness (New York: McGraw-Hill, 1974), p. 146.; Obozy hitlerowskie na ziemiach polskich 1939-1945 (Warsaw: 1979), p. 526.; E. Kogon, et al., Nationalsozialistische Massentötungen (1986), p. 342.

[53] U. Walendy, “Der Fall Treblinka,” HT Nr. 44 (Vlotho: 1990), pp. 31, 34, 35, 38.; questa stessa configurazione è mostrata anche in: Central Commission…, German Crimes in Poland (Warsaw: 1946), Vol. 1, diagramma pieghevole tra le pagine 96-97.

[54] Central Commission…, German Crimes in Poland (1946), Vol. 1, p. 96.; Janusz Gumkowski, K. Lezczynski, Poland Under Nazi Occupation (Warsaw: Polonia, 1961), p. 72.; “Treblinka,” Encyclopaedia Judaica (1971), vol. 15, p. 1367.; un ettaro equivale a 10.000 metri quadrati. Un miglio quadrato equivale a 640 acri.

[55] E. Kogon, et al., Nationalsozialistische Massentötungen (1986), p. 162.; Y. Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka, p. 41.; I. Gutman, ed., Encyclopedia of the Holocaust, p. 1483; da notare anche la discussione di questa materia in: U. Walendy, “Der Fall Treblinka,” HT 44 (1990), passim.

[56] Central Commission…, German Crimes in Poland (Warsaw: 1946-1947), Vol. 1, p. 96; questa è equivalente a circa metri 142 per 142.

[57] A. Donat, ed., The Death Camp Treblinka (1979), pp. 318-319.

[58] Louis FitzGibbon, Katyn (IHR, 1980), p. 141; secondo un ricercatore storico informato, le fotografie di ricognizione aerea del 1944 indicano che l’area di sepoltura del campo di Treblinka II era di circa un quinto più piccola dell’area delle fosse comuni nella foresta di Katyn. Ancora, contrariamente alle affermazioni fatte durante il processo Demjanjuk e altrove, le foto aeree del 1944 indicano anche che i tedeschi in ritirata lasciarono intatta l’area di sepoltura del campo.

[59] Y. Arad, Belzec, Sobibor, Treblinka (1987), pp. 174-177.; E. Kogon, et al., Nationalsozialistische Massentötungen durch Giftgas (1986), p. 190; d’altro canto, il World Jewish Congress affermò nel 1946 che i corpi delle vittime di Treblinka venivano cremati immediatamente dopo le gasazioni in grandi forni crematori. Vedi: Jewish Black Book Comm., The Black Book (New York: 1946), pp. 410 e seguenti; e secondo il resoconto di un “testimone oculare”, i corpi venivano cremati mentre si trovavano ancora nelle grandi fosse di sepoltura. Tutto ciò è fisicamente impossibile. Vedi: Abraham Krzepicki, in: A. Donat, ed., Death Camp Treblinka, p. 92.

[60] Rachel Auerbach, “In the Fields of Treblinka”, in: A. Donat, ed., Death Camp Treblinka (1979), p. 38; analogamente, l’ex prigioniero Wiernik affermò che “i corpi delle donne venivano utilizzati per accendere i fuochi” a Treblinka. J. Wiernik, in: A. Donat, ed., Death Camp Treblinka, p. 170.

[61] Moshe Perlman, The Capture and Trial of Adolf Eichmann (New York: Simon and Schuster, 1963), pp. 303-304.

[62] R. Auerbach, “In the Fields of Treblinka,” in: A. Donat, ed., Death Camp Treblinka, pp. 19, 69, 71, 72.

[63] Facsimile del rapporto, nov. 13, 1945, in: Biuletyn Glownej Komisji… (Warsaw), Vol. 26, 1975, pp. 183-185. (Traduzione fornita all’autore); si noti anche la foto di teschi e di grandi ossa a p. 151. Questa è simile alla foto in: A. Donat, ed., Death Camp Treblinka, p. 266.

[64] Central Commission …, German Crimes in Poland, Vol. 1, pp. 96-97.

[65] Dopo la cremazione, da ogni cadavere rimangono tra le cinque e le dieci libbre di ceneri e ossa residue (Frederick Peterson, con Haynes e Webster, Legal Medicine and Toxicology, vol. 2, pp. 877, 883. Facsimile in: C. Porter, Made in Russia, pp. 346, 351). Se, diciamo, 700.000 ebrei vennero uccisi a Treblinka, e ogni cadavere cremato dava luogo a cinque libbre di ceneri e ossa residue, sarebbero rimaste nel sito del campo 1.750 tonnellate di resti. Non è mai stato trovato e identificato nulla di simile a questa quantità di resti.

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