
Mark Weber
TRADIZIONE EBRAICA E SIONISMO
(The Weight of Tradition: Why Judaism is Not Like Other Religions, IHR, ihr.org)
(A proposito dei passi delle Sacre Scritture riportati da Mark Weber, non va dimenticato che, secondo l’esegesi cristiana, gli episodi narrati sono circoscritti a quell’epoca biblica, e che la cosiddetta “elezione” di Israele è in funzione del compimento delle profezie finalizzate alla venuta del Cristo. Per contro, l’esegesi rabbinica interpreta quegli eventi come una sorta di preistoria e preludio dei tempi storici successivi (ad es. la conquista della “Terra promessa” come preistoria e preludio del sionismo; gli antichi popoli cananei come antenati delle moderne nazioni da annientare e asservire, etc.) e l’elezione di Israele come promessa del futuro dominio giudaico su tutti i popoli della terra. Tutto ciò è stabilito e ribadito dalla tradizione rabbinico-talmudica, cui Weber però non fa alcun esplicito riferimento. Cfr. I fondamenti teologici dell’imperialismo sionista, «Eurasia» 3/2014, pp. 217-229; Perché possiamo fare a meno dei “Protocolli dei Savi Anziani di Sion”, andreacarancini.it (G.P.M.)).
Molti critici di Israele e delle sue politiche fanno una netta distinzione tra Israele, e la sua ideologia di Stato, il sionismo, da un lato, e l’ebraismo, ovverosia la tradizione e la concezione religiosa ebraica, dall’altro.
Gruppi anti-sionisti, come ad esempio “Jewish Voice for Peace” o “Jews for Justice for Palestinian”, e periodici anti-sionisti come “The Washington Report on Middle East Affairs”, enfatizzano gli aspetti umanistici della tradizione ebraica.
Esortano gli ebrei a rigettare il sionismo e ad abbracciare invece le caratteristiche umanistiche dell’ebraismo.
Questi gruppi, pur essendo critici nei confronti di Israele e delle sue politiche, ritengono che la comunità ebraica abbia svolto un ruolo sostanzialmente positivo nella società, ma che ad un certo momento del XX secolo la maggior parte degli ebrei abbia in qualche modo preso le distanze, abbracciando il sionismo e il suo aggressivo nazionalismo etnico.
In realtà, le politiche spesso crudeli e arroganti di Israele, e gli atteggiamenti spesso altrettanto arroganti di quella che viene chiamata la “lobby israeliana”, la lobby ebraica o la comunità ebraica organizzata, non sono un’aberrazione, ma sono piuttosto profondamente radicati negli scritti religiosi ebraici e in secoli di tradizione ebraica.
La maggior parte delle persone preferisce i miti piacevoli alle verità spiacevoli, preferisce credere a ciò che è più comodo e piacevole. E questo è uno dei motivi per cui a molti di noi piace pensare che tutte le religioni del mondo condividano i valori umanistici fondamentali, e che tutte tendano, ciascuna a modo suo, alla stessa verità ultima.
Ma l’ebraismo non è semplicemente “un’altra religione”.
L’ebraismo è unico fra le principali religioni del mondo.
I valori fondamentali e l’ethos dell’ebraismo sono nettamente diversi da quelli del cristianesimo, dell’Islam e delle altre grandi fedi.
I cristiani credono che Gesù abbia sofferto e sia morto per tutti gli uomini, e sono chiamati a diffondere il messaggio cristiano all’umanità.
Allo stesso modo, i musulmani credono che il messaggio del Corano sia destinato a tutta l’umanità, e sono chiamati a condurre tutti all’Islam.
Non è questo, invece, il messaggio dell’ebraismo. I suoi insegnamenti non sono rivolti a tutti. La sua moralità non è universale.
L’ebraismo è una religione di un popolo particolare.
La religione ebraica non si basa su una relazione tra Dio e l’umanità, ma è piuttosto un “patto” o “contratto” fra Dio e un popolo “eletto” ‒ la comunità nota come giudei, popolo ebraico, israeliti, ebrei o “popolo d’Israele”.
Una delle ragioni principali per cui il ruolo della comunità ebraica organizzata rappresenta un problema nella nostra società è che la maggior parte degli ebrei americani manifesta una forte lealtà verso un paese straniero, Israele, che fin dalla sua fondazione nel 1948 è rimasto coinvolto in crisi e conflitti apparentemente infiniti coi suoi vicini.
Ma c’è un’altra ragione.
Il ruolo della comunità ebraica è anche dannoso perché gli ebrei sono incoraggiati a considerarsi separati dal resto dell’umanità e membri di una comunità con interessi ben distinti da quelli di tutti gli altri.
Questo atteggiamento “Noi contro di loro”, questa mentalità che vede gli ebrei come distinti dal resto dell’umanità e che guarda con diffidenza ai non-ebrei, è radicato nella religione ebraica e in secoli di tradizione.
I cristiani sono tenuti a vivere la propria esistenza in accordo con la Bibbia, ed in particolare con gli insegnamenti di Gesù esposti nei quattro Vangeli del Nuovo Testamento, proprio come i musulmani sono chiamati a vivere la propria esistenza in accordo col Corano.
Allo stesso modo, gli ebrei sono tenuti a vivere la propria esistenza in accordo coi princìpi stabiliti nelle Scritture ebraiche, il “Tanakh”, noto anche come Antico Testamento.
Questi scritti ci dicono come gli ebrei devono pensare sé stessi e come devono interagire coi non-ebrei.
Un messaggio fondamentale delle Scritture ebraiche è che gli ebrei sono un popolo “eletto” da Dio, una comunità unica e distinta dal resto dell’umanità.
Leggiamo ad es. nel libro del Deuteronomio:
«Poiché tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio. Il Signore tuo Dio ti ha scelto per essere il suo popolo particolare, fra tutti i popoli che sono sulla faccia della terra» (7,6; 14,2).
Le Scritture ebraiche si riferiscono anche ai giudei o ebrei come ad un «popolo che dimora solo e non si annovera fra le nazioni» (Num. 23,9).
Nel libro dell’Esodo leggiamo che gli ebrei sono un popolo «distinto … da tutti gli altri popoli sulla faccia della terra» (33,16).
Le Scritture spiegano anche che, se gli ebrei rispettano il “patto” e si mantengono separati da tutti gli altri, saranno ricompensati con grandi ricchezze e potere sugli altri popoli.
Nel libro del Deuteronomio agli ebrei viene promesso che «Dio ti metterà al di sopra di tutte le nazioni della terra» (28,1). «Tutti i popoli della terra vedranno che porti il nome del Signore e ti temeranno» (28,10).
E in un altro passo, Dio dice agli ebrei: «Perché il Signore tuo Dio ti benedirà, come ti ha promesso, e tu presterai a molte nazioni, ma non prenderai in prestito. Dominerai molte nazioni, ma esse non domineranno su di te» (15,6).
Nel libro della Genesi leggiamo: «Dio ti conceda rugiada dal cielo e abbondanza di terra e di frumento e di mosto. Ti servano i popoli e le nazioni si inchinino dinanzi a te» (27, 28-29).
In un altro passo del Deuteronomio Dio promette agli ebrei di «darti città grandi e belle che tu non hai costruito, case piene d’ogni bene che non hai riempito, cisterne che non hai scavato, vigne e uliveti che non hai piantato» (6,10-11).
Nel libro di Isaia leggiamo:
«Stranieri edificheranno le tue mura, e i loro re ti serviranno … Poiché la nazione e il regno che non ti serviranno periranno e le nazioni saranno tutte sterminate … I figli di coloro che ti hanno oppresso si getteranno proni alle piante dei tuoi piedi … Gli stranieri staranno lì a pascolare i tuoi greggi, gli stranieri saranno i tuoi contadini e vignaioli … Mangerai le ricchezze delle nazioni e ti glorierai delle loro ricchezze» (60,10-14; 61,5-6).
Nel libro di Giosuè leggiamo:
«Vi darò una terra che non avete lavorato, e città che non avete costruito, e vi abiterete; mangerete il frutto delle vigne e degli uliveti che non avete piantato» (24,13).
E nel libro dei Salmi, Dio dice agli ebrei:
«Chiedimi, e ti darò in eredità le nazioni e in possesso i confini della terra. Tu le spezzerai con una verga di ferro, le frantumerai come un vaso d’argilla» (2,8-9).
Nel Deuteronomio, agli ebrei viene promesso:
«Allora il Signore scaccerà dinanzi a voi tutte queste nazioni, e voi possiederete nazioni più grandi e più potenti di voi. Ogni luogo che la pianta del vostro piede calcherà sarà vostro … Nessuno potrà resistervi. Il Signore vostro Dio diffonderà il timore e il terrore di voi su tutta la terra che calpesterete, come vi ha promesso». E In un altro passo ci viene detto che Dio dice al suo popolo: «Oggi comincerò a incutere timore e tremore di voi ai popoli che sono sotto tutto il cielo, i quali, udendo la vostra fama, tremeranno e saranno presi da angoscia per causa vostra» (11,13; 25,2,25).
Il codice morale stabilito nelle Scritture ebraiche prescrive uno standard per il “popolo eletto” ed un altro per i non-ebrei.
In linea con questa moralità etnocentrica, agli ebrei viene detto che devono discriminare i non-ebrei.
Nel Deuteronomio, Dio comanda agli ebrei:
«Non presterai a interesse al tuo fratello, né sul denaro, né sul cibo, né su qualsiasi cosa che si presti a interesse. Ad uno straniero potrai prestare a interesse, ma al tuo fratello non presterai a interesse» (23, 19-20).
In molti luoghi della Sacre Scritture ebraiche – in particolare nei libri di Giosuè, Numeri e Deuteronomio – si narra di genocidi di massa ai danni di non-ebrei. Il Dio ebraico invita ripetutamente il suo popolo eletto a sterminare i non-ebrei. Le Scritture ebraiche sono forse la più antica testimonianza storica di genocidio sistematico.
Nel settimo capitolo del libro del Deuteronomio leggiamo:
«Quando il Signore tuo Dio ti avrà introdotto nel paese in cui stai entrando per prenderne possesso, e avrà scacciato dinanzi a te molte nazioni: gli Ittiti, i Ghirgasei, gli Amorei, i Cananei, i Ferezei, gli Ivvei e i Gebusei, sette nazioni più grandi e più potenti di te, e quando il Signore tuo Dio le avrà date in tuo potere e tu le avrai sconfitte, allora le voterai allo sterminio; non farai alleanza con loro e non userai loro misericordia … E distruggerai tutti i popoli che il Signore tuo Dio ti darà in potere; il tuo occhio non ne avrà pietà» (7,2,16).
Nel libro di Ester leggiamo:
«Così i giudei colpirono a fil di spada tutti loro nemici, uccidendoli e sterminandoli, e fecero dei nemici quello che vollero. Nella cittadella di Susa gli ebrei uccisero e sterminarono cinquecento persone … Ora anche gli altri giudei che erano nelle province del re si radunarono per difendere la propria vita» (9, 2,5,16).
E in un altro passo del Deuteronomio leggiamo:
«E prendemmo tutte le sue città in quel tempo e votammo allo sterminio ogni città, uomini, donne e bambini; non lasciammo alcun superstite; solo il bestiame lo prendemmo come bottino per noi, insieme al bottino delle città che avevamo catturato» (2, 34).
Nel ventesimo capitolo del Deuteronomio leggiamo:
«Quando vi avvicinate ad una città per attaccarla, proponetele la pace. Se vi risponderà pace e vi aprirà le porte, tutto il popolo che vi si troverà lavorerà per voi e vi servirà. Ma se non fa pace con voi, e vi fa guerra, allora la assiederete; e quando il Signore vostro Dio l’avrà data nelle vostre mani, ne passerete a fil di spada tutti i maschi; ma le donne, i bambini, il bestiame e tutto il resto della città, tutto il suo bottino, lo prenderete come bottino per voi; e godrete il bottino dei vostri nemici, che il Signore vostro Dio vi avrà dato … Ma nelle città dei popoli che il Signore vostro Dio vi dà in eredità, non lascerete in vita alcun essere che respiri, ma li voterete allo sterminio» (20, 10-14,16-17).
Nel libro di Giosuè leggiamo questo racconto straziante:
«Quando Israele ebbe finito di massacrare tutti gli abitanti di Ai nel deserto, dove li avevano inseguiti, e tutti, fino all’ultimo, furono caduti a fil di spada, tutto Israele ritornò ad Ai e la colpì a fil di spada. Il totale di coloro che caddero quel giorno, uomini e donne, fu di dodicimila: tutta la gente di Ai. Giosuè non ritirò la mano con cui stendeva la spada finché non ebbe sterminato tutti gli abitanti di Ai. Soltanto il bestiame e il bottino di quella città, Israele li prese come bottino, secondo la parola che il Signore aveva dato a Giosuè. Giosuè incendiò Ai e la ridusse a un cumulo di rovine, come è fino ad oggi» (8, 24-27).
In un altro capitolo del libro di Giosuè leggiamo:
«Giosuè prese Maccheda in quel medesimo giorno, la passò a fil di spada insieme al suo re; votò allo sterminio ogni essere vivente che vi si trovava, senza lasciarne alcun superstite. E trattò il re di Maccheda come aveva trattato il re di Gerico. Poi Giosuè passò da Maccheda a Libna e combatté contro Libna. Il Signore diede anche Libna e il suo re nelle mani di Israele; la passò a fil di spada con ogni essere vivente che si trovava in essa; non lasciò alcun superstite e trattò il suo re come aveva trattato il re di Gerico … Così Giosuè sconfisse tutto il paese, la regione montuosa, la regione meridionale, la regione bassa, le pendici e tutti i loro re; non lasciò alcun superstite, ma votò allo sterminio tutto ciò che respirava, come il Signore, Dio d’Israele, aveva comandato. E Giosuè li sconfisse da Kades-Barnea fino a Gaza, e tutto il paese di Gosen fino a Gabaon» (10, 28-29, 40).
Naturalmente nel corso dei secoli si sono verificati importanti cambiamenti negli atteggiamenti e comportamenti della comunità ebraica. Gli ebrei di oggi non osservano tutte le regole e i comandamenti stabiliti nei loro scritti religiosi. Ad esempio, non mettono a morte le donne sorprese a commettere adulterio, né uccidono chi lavora di sabato, né mettono a morte chi maledice il padre e la madre (Lev. 20,10; Deut. 22, 20-21; Es. 31,15; 35,2; 21,14; Lev. 20,9).
Tuttavia, il peso della tradizione è gravoso, soprattutto quando si basa su testi ritenuti sacri. Qualcosa dell’atteggiamento di separatezza, elezione e superiorità delineato nelle Scritture ebraiche persiste ancora oggi, e si manifesta nelle politiche di Israele e della comunità ebraica organizzata (Israel Shahak, uno studioso ebreo che per anni è stato professore all’Università Ebraica di Gerusalemme, fornisce esempi lampanti di ciò riguardo all’Israele moderno nel suo libro illuminante “Jewish History, Jewish Religion”, pubblicato per la prima volta nel 1994).
Per alcuni leader ebrei ortodossi, il “popolo eletto” non è soltanto un gruppo superiore o privilegiato. Essi considerano ebrei e non-ebrei come specie praticamente distinte.
Il rabbino Menachem Schneerson, il “Rebbe di Lubavitch”, che guidò il movimento ebraico ortodosso Chabad, e che esercitò una grande influenza in Israele e negli Stati Uniti, spiegò:
«La differenza fra un ebreo e un non-ebreo deriva dall’espressione comune: “Facciamo distinzione”. Pertanto, non si tratta di un cambiamento profondo in cui una persona si trova semplicemente a un livello superiore. Piuttosto, si tratta di un “facciamo distinzione” tra specie completamente diverse.
«Questo è ciò che bisogna dire del corpo: il corpo di un ebreo è di una qualità totalmente diversa dal corpo [dei membri] di tutte le nazioni del mondo … L’intera realtà di un non-ebreo è solo vanità. È scritto. “E gli stranieri custodiranno e pascoleranno i tuoi greggi” (Is. 61,5). L’intera creazione esiste solo per il bene degli ebrei …» (Dal libro di Schneerson, Gatherings of Conversations, 1965, cit. in: I. Shahak-N. Mezvinsy, Jewish Fundamentalism, London, 1999, pp. 59-60. Cfr. anche la rec. dello studioso ebreo Allan C. Brownfeld, in «The Washington Report on Middle East Affairs», March 2000).
Rabbi Kook il Vecchio, uno dei più importanti e influenti leader religiosi ebrei d’Israele, espresse un’opinione simile:
«La differenza fra l’anima di un ebreo e le anime dei non-ebrei – a tutti i livelli – è più grande e profonda della differenza fra l’anima dell’uomo e quella della bestia» (Ivi, p. IX).
Il rabbino Ovadia Yosef, uno dei più importanti e influenti leader religiosi ebrei d’Israele, afferma che i non-ebrei (goyim) esistono solo per servire gli ebrei.
«I goyim sono nati solo per servirci», ha affermato il rabbino Yosef durante un sermone nell’ottobre 2010. «Altrimenti, non hanno posto nel mondo: possono solo servire il popolo d’Israele» (Yosef: Gentiles exist only to serve Jews, «The Jerusalem Post», Oct. 18, 2010).
L’opinione che gli ebrei siano un popolo distinto con un impegno primario verso Israele e verso la comunità ebraica è affermata senza mezzi termini da Elliot Abrams, studioso ebreo americano che è stato anche consigliere senior del presidente George W. Bush per la “strategia democratica globale”, e nel 2006 è stato consulente per gli affari mediorientali del Segretario di Stato americano.
Nel suo libro Faith or Fear: How Jews Can Survive in Christian America (New York, 1997) scrive:
«Fuori dalla terra d’Israele non v’è dubbio che gli ebrei, fedeli al patto fra Dio e Abramo, debbano distinguersi dalle nazioni in cui vivono. È nella natura stessa dell’essere ebrei essere separati, tranne che in Israele, dal resto della popolazione».
Il giudaismo e lo stile di vita ebraico, scrive Abrams, non sono «del tutto volontari, poiché l’ebreo nasce in una comunità legata da un patto con obblighi verso Dio». Gli ebrei, prosegue, «sono in un patto permanente con Dio e con la terra d’Israele e il suo popolo». «Il loro impegno non diminuirà se il governo israeliano perseguirà politiche impopolari» (pp. 30, 145, 181).
Il senso di alienazione e la persistente sfiducia ebraica nei confronti dei non-ebrei appaiono anche in un notevole saggio pubblicato nel 2002 su “Forward” (April 19, 2002, p. 11), il principale settimanale della comunità ebraica, intitolato We’re Right, the Whole World’s Wrong e scritto dal rabbino Dov Fischer, avvocato e membro del Jewish Community Committee of the Jewish Federation of Los Angeles.
Il rabbino Fischer è anche vicepresidente nazionale della Zionist Organisation of America. Non è quindi un oscuro scribacchino semianalfabeta, ma al contrario una figura influente della comunità ebraica. E questo articolo non è apparso su qualche periodico marginale, ma bensì su quello che è forse il settimanale ebraico più colto ed equilibrato d’America, e certamente uno dei più influenti.
Nel suo saggio il rabbino dice ai suoi lettori: «Se noi ebrei siamo qualcosa, siamo un popolo di storia … La nostra storia ci dà la forza di sapere che possiamo avere ragione e che il mondo intero può avere torto».
E continua:
«Avevamo ragione, e il mondo aveva torto. Le Crociate; le accuse di omicidio; i roghi del Talmud in Inghilterra e in Francia, che portarono quelle nazioni ad espellere gli ebrei per secoli; l’Inquisizione spagnola e portoghese; i ghetti e il caso Mortara in Italia; Dreyfus in Francia; Beilis in Russia e un secolo di persecuzioni degli ebrei sovietici; l’Olocausto; Kurt Waldheim in Austria. Ogni volta l’Europa è rimasta a guardare in silenzio, oppure ha partecipato attivamente al nostro assassinio, e solo noi avevamo ragione, e il mondo aveva torto.
«Oggi, ancora una volta, solo noi abbiamo ragione, e il mondo intero ha torto. Gli arabi, i russi, gli africani, il Vaticano, offrono la loro visione complessiva e la loro conoscenza accumulata sull’etica del massacro. Ed anche gli Europei. Sebbene apprezziamo il mezzo secolo di democrazia dell’Europa occidentale più di quanto abbiamo apprezzato i precedenti millenni di brutalità europea, riconosciamo chi sono, cosa hanno fatto, e cosa è cosa …
«Ricordiamo che il cibo che [gli Europei] mangiano è coltivato su un terreno reso fertile da 2000 anni di sangue ebraico che vi hanno sparso sopra. Un odio atavico contro gli ebrei aleggia nell’aria in cui sono salite le ceneri dei forni crematori … Sì, ancora una volta, abbiamo ragione e il mondo intero ha torto. Non cambia nulla, ma dopo 25 secoli è bello saperlo».
Sempre di nuovo nel corso della storia gli ebrei hanno esercitato un grande potere per promuovere interessi di gruppo separati, e spesso contrari, a quelli delle popolazioni non ebraiche in mezzo a cui vivevano. Ciò ha determinato una situazione intrinsecamente ingiusta e instabile, che troppo spesso si è conclusa tragicamente in violenti conflitti tra ebrei e non-ebrei.
Nella nostra epoca, il conflitto mediorientale apparentemente irrisolvibile è più di un semplice problema di sionismo, o di politica, o di dispute territoriali.
Le politiche spesso arroganti di Israele, e in particolare il suo trattamento disumano nei confronti dei non-ebrei, affondano le radici in atteggiamenti secolari, quali compaiono negli antichi scritti religiosi ebraici.
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