
L’INCHIESTA SVIZZERA RIVELA I LEGAMI ISRAELIANI CON LA DETENZIONE DEL GIORNALISTA PALESTINESE-AMERICANO
lunedì 17 novembre 2025
Un’inchiesta parlamentare svizzera ha emesso un verdetto schiacciante sulla detenzione e l’espulsione, avvenuta a gennaio, del giornalista palestinese-americano Ali Abunimah, portando alla luce interferenze politiche, violazioni procedurali e legami non dichiarati tra alti funzionari svizzeri e interessi israeliani.
Il rapporto, pubblicato la scorsa settimana dalla Commissione di controllo del Consiglio degli Stati e ripreso dai media palestinesi lunedì, segna la prima conferma ufficiale che Nicoletta della Valle, allora direttrice dell’agenzia di polizia federale Fedpol, è intervenuta personalmente per imporre un divieto di ingresso che, secondo gli inquirenti, “deviava dalla prassi standard” ed era “insoddisfacente”.
Le conclusioni della commissione hanno criticato duramente le azioni di della Valle definendole “particolarmente problematiche”, concludendo che ha usato la sua autorità per annullare le precedenti valutazioni che avevano stabilito che Abunimah, direttore esecutivo e co-fondatore del sito web The Electronic Intifada, non rappresentava alcuna minaccia e che le sue attività di parola erano protette dalla legge svizzera.
Abunimah ha affermato che le rivelazioni hanno confermato le motivazioni politiche alla base del suo arresto, scrivendo su X che “queste gravi violazioni dei diritti democratici e umani sono state commesse per impedirmi di parlare in eventi pubblici legittimi, organizzati da cittadini e residenti svizzeri, chiedendo la fine del genocidio israeliano a Gaza”.
Era entrato legalmente nel Paese prima di essere arrestato senza preavviso dalla polizia in borghese, trattenuto in isolamento per tre giorni e sommariamente deportato.
All’epoca gli organismi internazionali per i diritti umani condannarono il provvedimento.
La relatrice speciale delle Nazioni Unite sui Territori palestinesi occupati, Francesca Albanese, ha avvertito che “il clima che circonda la libertà di parola in Europa sta diventando sempre più tossico e dovremmo tutti essere preoccupati”.
La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione e di opinione, Irene Khan, ha definito “allarmante” e ingiustificabile la più ampia repressione nei confronti dei critici delle politiche israeliane.
La relazione parlamentare ricostruisce l’intera catena degli eventi.
La polizia cantonale di Zurigo ha cercato di bloccare Abunimah prima del suo arrivo, ma la Fedpol ha respinto la richiesta dopo aver consultato le autorità di intelligence e immigrazione.Il giorno successivo Zurigo ha ripresentato la richiesta, ancora senza nuove prove, e questa volta la Fedpol l’ha approvata, ma solo dopo che Abunimah era già entrato in Svizzera.
Il rapporto concludeva che l’inversione di rotta era avvenuta “a seguito di una chiamata del comandante della polizia cantonale di Zurigo”, dopo la quale della Valle aveva intimato verbalmente al suo staff di imporre il divieto.
Abunimah ha definito le risultanze [dell’inchiesta] come la prova di “gravi irregolarità e abusi di potere”, sottolineando che della Valle era “nota per il suo fermo sostegno a Israele” e sottolineando il suo redditizio ruolo post-pensionamento presso la società di investimenti israeliana Champel Capital. Tra i soci della società figurano il generale di divisione israeliano in pensione Giora Eiland, noto per aver sostenuto la realizzazione di “una grave crisi umanitaria a Gaza”, e il co-fondatore e politico israeliano Amir Weitmann, che ha descritto la popolazione di Gaza come “feccia” che desiderava “espellere”, esortando al contempo il regime israeliano a “radere al suolo la Striscia di Gaza”.
Da allora il nome di Della Valle è stato silenziosamente rimosso dal sito web dello studio.
La storia si estende ben oltre un singolo funzionario.La Svizzera ospita una delle reti di organizzazioni sioniste più radicate d’Europa, legate al movimento sionista globale e alle istituzioni del regime.
La Federazione sionista svizzera, il braccio locale dell’Organizzazione sionista mondiale, opera insieme alla filiale svizzera del KKL-JNF, un’organizzazione sionista profondamente istituzionale con radici storiche nell’acquisizione di terreni per insediamenti illegali, al Keren Hayesod, il braccio di raccolta fondi del movimento sionista, e alla filiale svizzera dell’Agenzia ebraica, che sostiene anch’essa progetti di insediamento.
Gruppi sionisti paralleli, tra cui la Federazione svizzera delle comunità ebraiche (SIG), la Società Svizzera-Israele (GIS), il cosiddetto Coordinamento intercomunitario contro l’antisemitismo (CICAD), il Congresso ebraico europeo e organizzazioni più recenti come NAIN, che rappresenta l’ultima ondata di lobby sionista organizzata, giovane e esperta di media in Svizzera, hanno contribuito a rafforzare le narrazioni politiche, a fare pressioni sul governo e a fare campagne per mettere a tacere le voci filo-palestinesi.
Molte di queste organizzazioni hanno fatto pressioni per vietare l’attività del movimento di resistenza Hamas a Gaza, per tagliare i finanziamenti all’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, e per tentare di equiparare l’opposizione al sionismo all’antisemitismo.
I critici sostengono che queste politiche confondono il dissenso con la discriminazione, consentendo alle autorità di prendere di mira la legittima difesa della Palestina.
Gli osservatori che hanno commentato il rapporto hanno affermato che, nel complesso, le conclusioni della commissione e quello che hanno denunciato come il denso ecosistema di lobbying sionista della Svizzera, sottolineano come la pressione istituzionale e le alleanze legate all’estero siano confluite nello sforzo di mettere a tacere una voce palestinese di spicco.
Abunimah sta ora intentando un’azione legale presso i tribunali di Zurigo e federali, mentre i suoi avvocati preparano ulteriori atti basati sul rapporto della commissione.
Leave a comment