L’impero ignorato dei Lubavitch. A colloquio con Pierre Hillard

L’IMPERO IGNORATO DEI LUBAVITCH.

A COLLOQUIO CON PIERRE HILLARD

(Les Loubavitch, l’empire méconnu. Entretien avec Pierre Hillard, «Lectures Françaises», n. 811, novembre 2024, pp. 5-12).

L.F.: Avete appena pubblicato un nuovo libro intitolato: Comprendre l’empire loubavitch (Sottotitolo: Une dynastie royale et messianique, The Book Edition, 2024, 292 pages, 26 annexes en noir et blanc, 26 eur.). Potete spiegarci la ragione che vi ha indotto a redigere quest’opera?

P.H.: Interessandomi al mondialismo, che è un messianismo, ai suoi attori e ai suoi riferimenti dottrinali, come pure alle relazioni tra il mondo ebraico e quello anglosassone, ho preso consapevolezza dell’importanza delle varie fazioni ebraiche che per secoli hanno agito sul corso della storia mondiale. Tra le altre cose, possiamo ricordare la stretta alleanza fra il re d’Inghilterra Enrico VIII (1491-1547) e la famiglia Mendez, che aveva fatto fortuna nelle spezie e sosteneva finanziariamente la sua politica, o ancora quei ricchi mercanti ebrei i quali erano andati in soccorso della regina Elisabetta I (figlia di Enrico VIII), avvisandola dell’arrivo dell’invincibile Armada di Filippo II di Spagna, che intendeva attaccare di sorpresa l’Inghilterra.

Il punto essenziale che caratterizza queste varie fazioni ebraiche è il rifiuto violento dell’Incarnazione, che struttura letteralmente il loro comportamento. Il mondo lubavitch non è che l’ennesima fazione di questo mondo ebraico, una fazione che fin dalla sua apparizione nel XVIII secolo è diventata sempre più importante.

L.F.: Quali sono gli elementi che hanno reso possibile la comparsa del movimento Lubavitch?

P.H.: Per comprendere l’importanza del mondo lubavitch così poco conosciuto in Francia, bisogna innanzitutto ricordare alcuni antecedenti che hanno reso possibile la sua comparsa. Come ho precisato prima, il giudaismo rabbinico non ha riconosciuto la messianicità del Cristo. Per il giudaismo rabbinico il vero Messia non è ancora arrivato. Il Cristo è un impostore, condannato fra gli escrementi bollenti, come è scritto nel Talmud, il codice religioso, civile e politico del giudaismo, elaborato tra il 100 e il 500 d.C.

In ragione di questa feroce opposizione al cristianesimo, le elites ebraiche concepirono la venuta del “vero messia”, che avrebbe apportato a Israele la gloria e il primato sulle altre nazioni. Ne è seguito l’emergere di tutta una miriade di “messia” ebrei. Ricordiamo tra di essi figure come Shimon bar Kokhba nel II secolo, Mosè di Creta nel V secolo, Abu Isa in Persia nel VII secolo, e, saltando alcuni secoli, Sabbatai Tsevi nel XVII secolo, o ancora Jacob Frank nel XVIII secolo – questi ultimi predicando “la redenzione attraverso il peccato”.

Questa espressione stupefacente va spiegata. Bisogna infatti comprendere a fondo questo concetto prima di rammentare le ambizioni proprie del mondo lubavitch.

L’espulsione degli ebrei dalla Spagna nel 1492 provocò un trauma all’interno del mondo ebraico. Il rabbino Isaac Luria (1534-1572) volle dare una risposta soddisfacente a questo problema, associando l’esilio del popolo ebraico all’esilio di Dio, quest’ultimo avendo perduto, a suo parere, una parte della sostanza chiamata “scintilla di divinità” al momento della creazione del mondo.

Per rimediarvi, fra le altre cose Luria fece ricorso ai benefici della Cabala, quest’ultima consentendo di evocare gli spiriti allo scopo di ottenere responsi che permettevano la salvezza del mondo ebraico, ma anche di trovare spiegazioni all’interno dei testi sacri, destreggiandosi fra combinazioni numeriche di cifre e lettere, metodo chiamato gematria.

Successivamente questo messianismo ebraico è stato esaltato in ragione dell’idea che l’accumulazione del male in ogni sua forma (guerre, krach finanziari, genocidi, carestie, rovesciamenti delle leggi della morale, etc.) avrebbe permesso di accelerare la venuta del “Messia”, con il compito di ristabilire definitivamente la gloria d’Israele. Questa concezione è stata promossa da talune fazioni ebraiche, mentre altre vi si opponevano fermamente.

Questi famosi messianisti che promuovevano la redenzione attraverso il peccato, come Sabbatai Tzevi e Jacob Frank, furono combattuti da una parte del mondo rabbinico, che si opponeva a questo genere di pensiero misto di Cabala e di promozione del male assoluto. Queste elites rabbiniche preferirono valorizzare i valori ebraici intellettualizzati, sbarazzandosi di questo approccio mistico-messianico. In ragione di tale aridità dottrinale, una frangia di questa comunità ebraica, chiamata chassidismo, che significa “pietà”, sotto l’influenza di personalità come Baal Shem Tov e il Magghid di Mezeritch, elaborò nel corso del XVIII secolo una dottrina che frammischiava conoscenze intellettuali approfondite, pur nutrendosi dell’eredità messianica apocalittica promossa dai “messia” Tsevi e Frank.

Questo chassidismo rese possibile l’emergere della dinastia lubavitch, la cui prima figura di spicco è il rabbino Shneur Zalman (1745-1812). Costui è l’autore di un’opera di riferimento per i lubavitch denominata “Tanya”, composta da 53 capitoli. Vi si trovano passaggi che condannano i non-ebrei con espressioni del tipo: «Le anime delle nazioni del mondo non contengono alcun bene» (cap. I), oppure ‒ evocando le qelipoth (sozzure, sottintendendo con ciò i cristiani) che impediscono il ritorno del Machiah, o Messia ‒ precisa che da queste «derivano le anime di tutte le nazioni» (cap. VI).

Ma mentre Tsevi e Frank caldeggiavano il caos assoluto per accelerare la venuta del Messia (guerre, genocidi, carestie, etc.), il pensiero dottrinale lubavitch consisteva nel canalizzare questo “ideale” sul lungo periodo.

L’universitario e grande specialista di tali questioni, Gershom Scholem, definisce questo concetto con l’espressione “neutralizzazione del messianismo”. Stabilendo un paragone con l’energia nucleare che può portare sia ad una esplosione immediata che ad una sorta di canalizzazione nel quadro di una fissione controllata, e poi innescata, il messianismo lubavitch consiste nel nutrirsi di questo sfondo apocalittico tipico del sabbateo-frankismo, pur padroneggiandone le derive violente … per un certo tempo.

L.F.: In che modo la comunità lubavitch si è evoluta dalla sua comparsa sulla scena europea?

P.H.: Prima di tutto dobbiamo definire i termini Chabad o Habad Lubavitch. Chabad o Habad è l’acronimo ebraico di saggezza, comprensione e conoscenza, mentre lubavitch deriva il suo nome dalla capitale dove risiedeva questa comunità in Russia: Liubavitchi. Nata in Russia, la sua dirigenza si è alleata allo zar per combattere l’invasione napoleonica del 1812. Bisogna sapere che il rabbino lubavitch Shneur Zalman aveva inviato uno dei suoi rappresentanti per servire da interprete presso lo stato maggiore napoleonico. Questo interprete era di fatto una spia che informava i capi militari russi circa le ambizioni e gli obiettivi della Grande Armata.

Dopo la disfatta di Napoleone I, lo zar Alessandro I fece della famiglia di Shneur Zalman, più precisamente di suo figlio DovBer, dei “cittadini onorari” a titolo ereditario. Lungo tutto il XIX secolo assistiamo ad una potente ascesa del mondo lubavitch in Russia, difensore dei valori religiosi tradizionali, in una guerra ideologico-spirituale col giudaismo liberale e razionalista occidentale. Malgrado queste rivalità, furono possibili delle intese. Così la dirigenza lubavitch seppe ottenere accordi coi Rothschild, affinché questi ultimi destabilizzassero la borsa di San Pietroburgo allo scopo di indurre le autorità russe ad accordare delle facilitazioni alla comunità ebraica russa. Bisognerà comunque attendere la Prima Guerra mondiale per assistere ad una fantastica accelerazione della potenza lubavitch.

L.F.: Potete spiegarci le ragioni di questa accelerazione?

P.H.: Il 1914 segna una vera e propria svolta: l’ambasciatore ebreo americano nell’Impero ottomano, Henry Morgenthau, invia un messaggio ai rappresentanti della potenza ebraica anglosassone (i banchieri Jacob Schiff e Felix Warburg) e a gruppi di pressione come l’AJC (American Jewish Committee), diretto dall’avv. Louis Marshall, per mettere in piedi una struttura denominata JDC (Joint Distribution Committee), incaricata di sostenere finanziariamente la rappresentanza lubavitch, il cui dirigente supremo era il rabbino Yossef Its’hak (1880-1950). È quest’ultimo che, beneficiando di questa manna finanziaria, distribuisce le somme necessarie alla protezione delle comunità ebraiche della Russia.

Dopo le tribolazioni della guerra civile all’inizio degli anni ’20, questo sostegno finanziario permise a 250.000 ebrei russi di beneficiare di un reinsediamento sulle loro terre in Ucraina e in Crimea. Tutti questi aiuti si svilupparono col concorso delle autorità sovietiche, collaborazione tuttavia non priva di tensioni. Questa collaborazione durò fino al 1937 a causa della repressione bolscevica con le famose purghe staliniane.

In ragione di questi problemi da parte del partito bolscevico, la cui sezione ebraica (le Evseksiia) diretta da un ex rabbino lubavitch diventato ateo, Shemion Dimanhstein, conduceva una guerra sanguinosa contro i suoi antichi correligionari, la dirigenza lubavitch preferì abbandonare la Russia sovietica per insediarsi in Lettonia nel 1919, e poi in Polonia all’inizio degli anni ’30.

Bisogna sapere che durante la guerra iniziata nel settembre 1939 dalla Germania nazional-socialista contro la Polonia la dirigenza lubavitch presente a Varsavia si è ritrovata assediata in una città controllata dalle autorità tedesche. Tuttavia, grazie ad accordo segreto concluso tra Berlino e Washington, la dirigenza lubavitch fu fatta fuggire con l’aiuto di ufficiali e sottufficiali tedeschi di origine ebraica sotto la direzione dell’Abwehr (il servizio di controspionaggio tedesco). Lascio al lettore il compito di scoprire nel mio libro tutto lo svolgimento di questa rocambolesca vicenda.

L.F.: Dopo essere fuggita, che ne fu di questa dirigenza lubavitch?

P.H.: Dopo molte peregrinazioni, all’inizio del 1940 essa si insedia a New York, al 770 di Eastern Parkway (Brooklyn), facendo di questa città la capitale mondiale lubavitch. Se il 1914 è l’anno della sua potente ascesa, il 1940 può essere designato come il punto di partenza di una nuova ascesa, che dà alla comunità lubavitch ambizioni planetarie. Si assiste infatti ad un’accelerazione del fenomeno sotto l’egida del settimo rabbino [in Yiddish: rebbe] lubavitch, Menachem Mendel Shneerson (1902-1994).

Succedendo al suocero, Yossef Its’hak (1880-1950), sesto rabbino, egli favorisce la creazione di una moltitudine di centri Chabad in tutti i continenti. Si stima il loro numero tra 3.500 e 4.000 centri. Questi ultimi sono indubbiamente dei centri religiosi che permettono la pratica religiosa ebraica, ma anche dei veri e propri luoghi di informazioni e spionaggio, d’ogni genere (politico, finanziario, economico etc.).

Il centro Chabad di Wall Street si vanta di accogliere «più di cento maghi della finanza». Si può facilmente indovinare che vi sono presenti non solo per mangiare kasher.

Nell’ottica di questa comunità si tratta di ristabilire i valori ebraici universali, di favorire il ritorno degli ebrei nella terra biblica di Israele e di stabilire un vero e proprio “Stato mondiale”, come ha dichiarato lo stesso rabbino Menachem Mandel Shneerson in un discorso tenuto nel 1978, con la venuta sperata e proclamata di un Machia’h o Messia, che ristabilirà la gloria di Israele a spese delle nazioni.

Queste ambizioni passano attraverso una fitta collaborazione con le autorità politiche, economiche e militari, senza dimenticare i servizi di informazione di numerosi paesi (Stati Uniti, Russia, Francia, Monaco, Israele etc.), allo scopo di stabilire una vera e propria rete che renda possibile un tale evento per loro così “glorioso”. Nella seconda parte del mio libro ho esposto tutta questa fantastica politica di infiltrazione negli ambienti politici, in particolare americani e russi.

L.F.: Potete presentare i punti essenziali di questa politica lubavitch?

P.H.: La dirigenza lubavitch si è impegnata a moltiplicare i centri Chabad negli Stati Uniti e ovunque nel mondo, veri centri di intermediazioni e di scambi d’ogni genere, come prima detto. Ma non è tutto. Infatti, essendo i Lubavitch violentemente anticristiani, loro vogliono sostituire la Menorah alla Croce. Questo candelabro a più braccia si trova, tra l’altro, sull’Arco di Tito a Roma, monumento eretto nell’ 81, il quale celebra la vittoria nell’anno 70 del generale romano sulle armate ebraiche, che portò poi alla distruzione del Tempio.

Un vero e proprio lavoro d’infiltrazione iniziato negli anni ’70 allo scopo di spingere le autorità politiche americane (tanto democratiche quanto repubblicane) a sponsorizzare la festa di Hanucca, o “festa dei lumi”, in ricordo della rivolta e della vittoria dei Maccabei nel II sec. a.C. contro l’ellenismo e del miracolo della fiala d’olio che permise di far durare la luce per più giorni.

A questo scopo si è adoperato attivamente il rabbino Menachem Mendel Shneerson, largamente assecondato dal rabbino Abraham Shemtov. È quest’ultimo che ha potuto ottenere il sostegno decisivo di Stuart Eizenstat, consigliere intimo del presidente Carter. È nel novembre 1979 che fu accesa la prima “menorah Hanucca” dal presidente americano nei giardini della Casa Bianca, alla presenza della guardia del corpo lubavitch. Da questa data tutti i presidenti americani, fino a Joe Biden, si inginocchiano religiosamente davanti alla festa di Hanucca.

Questo fenomeno si è diffuso in tutto il pianeta e si assiste ad un fiorire di celebrazioni di questo genere. È il caso del presidente Putin che accende una menorah per celebrare Hanucca (cfr. allegato 10 del nostro libro) o ancora è il caso del presidente Macron nel dicembre 2023, solo per citare pochi esempi.

Oltre a questa celebrazione, bisogna assolutamente sottolineare l’azione dei Lubavitch nel promuovere le leggi noachide. Spiritualmente e politicamente i Lubavitch stabiliscono una distinzione fra il popolo ebraico considerato come il popolo sacerdote, il solo intermediario tra l’Unico Dio e il resto dell’umanità, quest’ultima essendo costituita da semplici fedeli o proseliti della Porta, presenti simbolicamente sulla soglia del Tempio ricostruito a Gerusalemme. Se il programma avesse un buon esito, questo stravolgimento segnerebbe la vittoria definitiva del mondo ebraico sul mondo cristiano, col ritorno, per loro, del Machia’h (Messia) liberatore. Secondo loro, tutto ciò è il compimento del loro ideale nel contesto di un governo mondiale retto secondo le loro regole. Va anche precisato che tutto questo comporterà la sparizione dei princìpi democratici.

Le leggi noachide, che riguardano unicamente i non-ebrei, sono sette. Esse racchiudono i valori ammessi da tutta l’umanità, come il divieto del furto, dell’omicidio o anche l’impiego di giudici per regolare i contenziosi. Tuttavia, alcune di queste leggi vietano l’idolatria. Ora, nel cattolicesimo esiste il dogma della Santa Trinità, vale a dire un solo Dio composto da tre persone distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo.

Per i Lubavitch, come per tutti gli ebrei (e questo vale anche per i musulmani), si tratta di politeismo e di idolatria, e per tale ragione la dottrina della Trinità è formalmente condannata. Di conseguenza, anche la divinità di Cristo viene rigettata. Ricordiamo che nel Talmud la messianicità del Cristo è violentemente condannata, ed egli viene condannato fra gli escrementi bollenti.

Va da sé che anche il sacerdozio viene condannato, poiché il sacerdote celebra il sacrificio incruento della Croce via la messa, cioè il sacrificio di un Cristo aborrito dai Lubavitch e da tutti gli ebrei in generale.

Questa noachizzazione in corso nel mondo è particolarmente visibile nella Russia di Putin, questi praticando un ecumenismo in perfetta simbiosi con la dirigenza lubavitch, che tiene largamente in pugno l’economia russa. Il presidente Putin, come dimostrano le foto annesse al nostro libro, non esita ad abbracciare il Corano, a ricevere una menorah col sostegno del presidente Benjamin Netanyahu, e, per non offendere nessuno, ad abbracciare anche la Croce, pur promuovendo il pensiero lubavitch nelle cerimonie organizzate dalla comunità.

Non è l’effetto di un caso se la dirigenza lubavitch, in particolare il rabbino Yehuda Krinski, ha conferito al presidente Putin ufficialmente il titolo di Shaliah, vale a dire emissario della causa lubavitch.

Precisiamo infine che negli scritti dei teorici lubavitch che riescono ad imporre le loro vedute all’interno di una società, chiunque si rifiuti di aderire ad una sola delle sette leggi noachide è condannato a morte … per decapitazione.

L.F.: Riguardo a questa politica planetaria che consiste nel rafforzare l’intrapresa lubavitch, potete citare alcuni nomi di persone e istituti che operano in questa direzione?

P.H.: Nella nostra opera abbiamo elencato tutta una serie di personaggi potenti che agiscono in maniera implacabile per il compimento dell’ideale lubavitch. Un elemento chiave dev’essere segnalato: il finanziamento. Possiamo rilevare una pletora di grandi finanzieri, promotori immobiliari e industriali d’ogni genere che finanziano largamente Chabad Lubavitch. Abbiamo stilato una lista impressionante che rivela le grandi ricchezze di questo movimento. Anche qui lasciamo ai lettori il compito di scoprire i generosi contributori. Ci limitiamo a segnalare alcuni nomi, come Eduardo Elsztain, il più grande promotore immobiliare argentino e presidente del Consiglio d’amministrazione del Congresso ebraico mondiale; il banchiere Josef Safra, l’uomo più ricco del Brasile; il ricchissimo Roman Abramovitch, intimamente legato al potere putiniano e membro del Comitato del Jewish Business Club, che riunisce i più potenti oligarchi ebrei russi a sostegno di Vladimir Putin, o ancora Sheldon Adelson, deceduto nel 2021. Quest’ultimo era il patron di numerosi casinò e magnate del settore immobiliare. È stato un generosissimo donatore del movimento lubavitch, ma anche di Donald Trump, al quale ha versato fra il 2016 e il 2021 ben 424 milioni di dollari.

A ciò bisogna aggiungere il suo ruolo capitale nell’incitare Trump nel 2017 a spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme. Una volta concluso il passaggio, Adelson si è affrettato a riacquistare la vecchia residenza dell’ambasciatore americano a Tel Aviv del costo di 67 milioni di dollari.

Tuttavia, a parte questi personaggi, è imperativo ricordare che il movimento lubavitch beneficia del sostegno finanziario di numerose multinazionali e/o istituti d’ogni genere. Nell’allegato 26 del nostro libro abbiamo presentato circa 70 gruppi finanziari che alimentano largamente i Lubavitch. Tra gli altri: Goldman Sachs, Bayer, Chevron, Exxon Mobil, Bank of America, UPS, Coca-Cola, il potentissimo studio legale Arnold & Porter, e ancora persino la lega americana di baseball.

Questi finanziamenti non sono senza secondi fini, poiché i centri lubavitch piazzati in numerosi punti strategici nel mondo permettono una diffusione ed un rafforzamento di queste multinazionali, ossessionate tutte dal denaro e da un mondo senza frontiere.

Il nostro libro Comprendre l’empire loubavitch è la prima opera francofona a trattare la vera storia di questo potente movimento, il cui scopo è quello di stabilire un governo mondiale retto secondo i loro codici anticristiani.

Il dramma all’interno della Tradizione francese è di ignorare largamente l’esistenza, l’organizzazione e gli obiettivi confessati apertamente dai nostri avversari.

Affinché il lettore sappia cogliere l’ampiezza e la potenza di questo movimento, ricordiamo quanto affermato dal senatore democratico americano Joseph Lieberman, il quale occupò, tra l’altro, la carica relativa agli affari di sicurezza nazionale degli Stati Uniti.

Durante una conferenza tenuta nel 2023 davanti ad un areopago lubavitch, egli si è compiaciuto di ricordare che lo sviluppo di questo movimento tendeva a farne un’organizzazione mondiale più importante della CIA.

Quanto a noi, speriamo che il nostro libro permetterà al lettore difensore della Tradizione di acquisire le conoscenze necessarie al fine di permettere, oltre al rosario, di combattere gli eredi del Non serviam.

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