Il “chierico vagante” e la dottrina cattolica sugli ebrei ripudiata da “Nostra Aetate”

“Il chierico vagante” è una rubrica del Fatto Quotidiano tenuta dal giornalista (ultra-progressista) Fabrizio D’Esposito. In essa vengono regolarmente stigmatizzati i cattolici tradizionalisti come mons. Carlo Maria Viganò, qualificati solitamente da D’Esposito con l’appellativo di “destra clericale”. Nel numero di ieri, lunedì 3 novembre 2025, l’autore della rubrica in questione ha ancora una volta preso di mira i tradizionalisti colpevoli, a suo dire, di aver esultato alla notizia che il vice-Presidente americano, J. D. Vance si è rifiutato di baciare il Muro del Pianto di Gerusalemme, preferendo invece visitare la Basilica del Santo Sepolcro. Ma ecco cosa ha scritto D’Esposito:

“A fare felice la destra clericale c’è stato anche il versante religioso della visita di JD Vance in Israele, nella seconda decade di ottobre. Il vice-presidente americano è stato acclamato come un ‘vero cattolico’ dal network tradizionalista per aver rifiutato di baciare il Muro del Pianto a Gerusalemme, una tradizione che si rinnova solitamente con papi, re e capi di Stato…Sullo sfondo, per i cattolici tradizionalisti, c’è ovviamente il plurisecolare pregiudizio sul popolo ebraico colpevole di deicidio”[1].

A questo proposito, D’Esposito, per stigmatizzare il detto “pregiudizio”, ha richiamato la Nostra Aetate, il documento sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane approvato dal Concilio Vaticano II. Il passo di Nostra Aetate citato dall’articolista è il seguente:

“se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo”[2].

Sulla Nostra Aetate sono stati versati fiumi di inchiostro. Ai lettori desiderosi di approfondire l’argomento suggerisco di leggere gli ottimi articoli che don Curzio Nitoglia ha scritto nel corso degli anni, articoli disponibili sul suo sito internet[3]. Da parte mia, in questa occasione mi limito a focalizzare l’attenzione sull’avverbio usato dai Padri conciliari nel documento in questione: “indistintamente”. Secondo costoro l’uccisione di Gesù non può essere imputata “indistintamente a tutti gli Ebrei allora viventi”. A questo proposito, osservo invece – e proprio su questo riflettevo nei giorni scorsi – che San Pietro, negli Atti degli Apostoli, nel grande discorso della Pentecoste, sembra proprio imputare la morte di Gesù anche agli Ebrei che in quel momento l’ascoltavano, senza fare distinzioni, “indistintamente”.

Riprendiamo in mano il testo degli Atti degli Apostoli e leggiamolo:

Erano presenti a Gerusalemme tanti Israeliti, persone timorate di Dio di tutte le nazionalità” (Atti 2, 5).

Il testo prosegue elencando le nazionalità degli ebrei in questione:

Noi Parti, Medi, Elamiti, abitanti della Mesopotamia, Giudea, Cappadocia, Ponto, Asia proconsolare, Frigia, Panfilia, Egitto, Libia di Cirene, senza contare i pellegrini da Roma, sia Ebrei che proseliti, e quelli di Creta e dell’Arabia” (Atti 2, 9-11).

Tutti costoro, è il testo a dirlo, erano “persone timorate di Dio”; eppure Pietro non esita a imputare anche a costoro la morte di Gesù:

O Israeliti, ascoltate queste parole: Gesù il Nazareno, persona accreditata da Dio presso di voi con opere di potenza, prodigi e segni, che Dio ha operato mediante lui in mezzo a voi, come voi stessi ben sapete: questo Gesù, voi, in conformità al decreto e prescienza divini, l’avete dato in balìa degli empi, l’avete ucciso appendendolo a una croce” (Atti 2, 22-23).

E ancora, ecco cosa aggiunge Pietro rivolgendosi a quegli stessi ebrei:

Sappia quindi con certezza tutto il popolo d’Israele che questo Gesù, che voi avete fatto crocifiggere, è stato da Dio costituito Signore e Messia” (Atti 2, 36).

Dal testo degli Atti degli Apostoli appena citato sembra proprio che Pietro non faccia distinzioni: ad essere responsabile della morte di Gesù è “tutto il popolo d’Israele”. E, d’altronde, questi stessi ebrei destinatari del discorso di Pietro non fanno obiezioni all’accusa rivolta loro dall’apostolo:

Toccati da questo discorso fino al cuore, essi domandarono a Pietro e agli altri apostoli: «Che cosa dobbiamo fare, o fratelli?». E Pietro a loro: «Ravvedetevi e fatevi battezzare uno per uno nel nome di Gesù Cristo per ottenere il perdono dei vostri peccati, e allora riceverete il dono dello Spirito Santo…” (Atti 2, 37-38).

Cosa consegue da tutto ciò? Consegue che l’invito alla conversione, rivolto da San Pietro agli ebrei suoi contemporanei è un invito (e un monito) ancora valido per “gli Ebrei del nostro tempo” (contrariamente a quanto sostenuto dalle autorità cattoliche dopo il Concilio Vaticano II). Ricordiamo come l’apostolo conclude il suo discorso:

“Cercate salvezza da questa generazione perversa” (Atti 2, 40).

Gli Ebrei che continuano a rifiutare Cristo non si salvano, perché rientrano precisamente in quella “generazione perversa” stigmatizzata dall’apostolo. Questa è la dottrina cattolica tradizionale riguardo agli ebrei, quella dottrina che i padri conciliari hanno invece ripudiato, rinunciando al loro compito, che era quello di invitare tutti gli uomini (e quindi anche gli ebrei) alla conversione.

 

[1] Fabrizio D’Esposito, Destra euforica: l’antipapa Burke celebra a San Pietro e Vance non bacia il Muro del Pianto, il Fatto Quotidiano, lunedì 3 novembre 2025, p. 8.

[2] Ibidem. Il testo completo di Nostra Aetate è disponibile al seguente link: https://www.vatican.va/archive/hist_councils/ii_vatican_council/documents/vat-ii_decl_19651028_nostra-aetate_it.html

[3] https://doncurzionitoglia.wordpress.com/

One Comment
    • Giuseppe
    • 4 Novembre 2025

    articolo inconfutabile. L’ex chiesa cattolica contemporanea fa come gli struzzi. Mette la testa sotto la sabbia per non vedere dove sta la VERITÀ.

    Rispondi

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