Gian Pio Mattogno: Quei marxisti “critici” del capitalismo sul libro paga del capitalismo

Gian Pio Mattogno

 

QUEI MARXISTI “CRITICI” DEL CAPITALISMO SUL LIBRO PAGA DEL CAPITALISMO.

HERBERT MARCUSE E PAUL M. SWEEZY AL SERVIZIO DELLA PLUTOCRAZIA

GIUDEO-MASSONICA AMERICANA ALL’EPOCA DI FRANKLIN DELANO ROOSEVELT

 

Fra i marxisti che a chiacchiere hanno tuonato contro il capitalismo, ma nei fatti come docili pecorelle si sono posti deliberatamente al suo servizio spiccano due figure emblematiche: quelle del filosofo ebreo- tedesco Herbert Marcuse e dell’economista americano Paul M. Sweezy.

Conosciamo tutti Marcuse (1898-1979), il guru della “contestazione” del ’68, il “critico” della società capitalistica e industriale avanzata.

Già i suoi primi anni sono tutto un programma. Nel 1917 aderisce al Partito Socialdemocratico e al movimento spartakista dell’ebrea Rosa Luxemburg.

Nel 1932 entra a far parte dell’Institut für Sozialforschung (Istituto per la ricerca sociale), fondato all’inizio degli anni ’20 su iniziativa dell’ebreo Felix Weill, appartenente ad una famiglia di capitalisti ebrei, e finanziata dal suo ricco padre Hermann, «international grain speculator» (K.R. Bolton, Cultural Marxism: Origins, Development and Significance, «Journal of Social, Political, and Economic Studies» 43 (2018), p. 278), «the multimillionaire businessman and grain trader» (R. Kuhn, Henryk Grossman and the Recovery of Marxism, Universiry of Illinois Press, 2006, p. 114), che si raccoglie attorno alla «Zeitschrift für Sozialforschung» (Rivista per la ricerca sociale) e che darà vita alla cosiddetta Scuola di Francoforte.

Il nucleo originario della Scuola di Francoforte, di orientamento neo-marxista, è formato per lo più da intellettuali ebrei, da Max Horkheimer e Friedrich Pollock a Walter Benjamin, da Erich Fromm a Siegfried Kracauer, da Leo Löwenthal a Theodor Ludwig Wiesengrund Adorno, i cui genitori erano ebrei assimilati.

La Scuola di Francoforte elaborò una “teoria critica” della società moderna, borghese e capitalistica.

Una “critica” della società moderna, borghese e capitalistica elaborata da intellettuali borghesi ed ebrei, alcuni dei quali figli di ricchi capitalisti, e finanziati da un capitalista speculatore miliardario ebreo!

All’avvento del nazional-socialismo, al pari di altri suoi connazionali ebreo-tedeschi, nel 1934 Marcuse scappa dalla Germania, ma non si rifugia nel “paradiso dei lavoratori”, nella Russia sovietica; no, va negli Stati Uniti, il centro emergente di quel capitalismo e di quella finanza mondiale (dove è stata trasferita la sede dell’Istituto), da lui e dai suoi accoliti giudeo-marxisti a chiacchiere tanto criticati.

Alla fine degli anni ’60 Marcuse, l’autore di Eros e civiltà e de L’uomo a una dimensione, è considerato il santone della nuova sinistra e il padre del movimento studentesco.

Nel giugno 1969 tiene una conferenza a Roma. Uno dei presenti, Daniel Cohn-Bendit, lo interrompe e gli chiede di ammettere di aver lavorato come agente degli Stati Uniti: «Marcuse, perché sei venuto nel teatro della borghesia? Herbert, dicci, perché la CIA ti paga?».

Cohn-Bendit aveva ragione, ma solo a metà.

Marcuse infatti dal 1943 era stato anche agente dell’OSS (Office of Strategic Service), il precursore della CIA (M. Makin-Weite, Secret  Reports on Nazi Germany. The Frankfurt School Contribution to the War Effort, Historical Materialism, historicalmaterialism.org).

Creato in piena guerra nel giugno 1942 per colmare le lacune precedenti nel settore delle informazioni strategiche americane, l’OSS fu il braccio operativo di “intelligence” dell’imperialismo giudeo-massonico-plutocratico statunitense.

A ragione Carl Davidson (Marcuse, “New Left” philosopher, dies, «The Call», vol. 8, n. 31, August 20, 1979, marxists.org) scrive che «mentre il compito immediato dell’OSS era quello di sviluppare una rete di intelligence contro Hitler in Germania, il suo scopo principale era difendere gli interessi imperialistici statunitensi durante la guerra».

L’ideatore e primo responsabile fu l’avvocato newyorchese William Donovan, amico personale del presidente massone Roosevelt, già capo dell’Office of War Information (OWI), poi colonnello e infine generale. Sciolto nel 1945, l’OSS fu riesumato nel 1947 col nuovo nome di Central Intelligence Agency (CIA).

Non è un caso che l’oligarchia giudeo-massonico-plutocratica che agiva alle spalle di Roosevelt avesse scelto proprio Donovan. Questi proveniva da una famiglia della ricca borghesia ed era molto vicino agli ambienti di Wall Street, dove aveva aperto un prestigioso studio legale.

Il nuovo organismo di intelligence, suddiviso in numerose sezioni, poteva contare su non meno di 13.000 agenti e all’inizio disponeva di un bilancio di dieci milioni di dollari.

Alla fine della guerra l’oligarchia giudeo-massonico-plutocratica yankee aveva investito nel suo braccio operativo imperialistico la somma astronomica di circa 135 milioni di dollari (What Was OSS?, cia.gov).

Nei posti direttivi Donovan piazzò, tra gli altri, i più bei nomi di Wall Street:

Theodore Ryan, maggiore azionista della Equitable Life Insurance;

Henry Ringling North, proprietario del Ringling Circus;

John Haskel, vicepresidente della New York Exchange;

     Hugh Angleton, azionista della National Cash Register;

William Davis junior, banchiere di Filadelfia;

Paul Mellon, della famiglia Mellon;

Clifton Carter, della famiglia Carter;

il multimilionario David Bruce;

Junius e Henry Morgan, della famiglia Morgan;

William Vanderbilt, della famiglia Vanderbilt;

Alfred Du Pont, della famiglia Du Pont;

John Archibold, della Standard Oil;

William Suhling, grande produttore di tabacco.

Accanto a una pletora di giornalisti, figuravano anche storici come William Langer e intellettuali, come gli ebrei Franz Neumann, Otto Kirchheimer e, appunto, Herbert Marcuse e Paul M. Sweezy.

Nelle sue trasmissioni quotidiane così Radio Berlino descriveva i vertici dell’OSS:

«Cinquanta professori, dieci capre, dodici cavie e uno staff di scribacchini ebrei guidati da un irlandese rinnegato chiamato Will Bill che si è addestrato visitando i Balcani, i postriboli e i night club».

(S. Cavin, O.S.S. & the Frankfurt School: Recycling “the damaged lives of cultural outsiders” , allacademic.com; R. Faenza – M. Fini, Gli Americani in Italia, Milano, 1976, pp. 2 sgg.; P. Sebastian, I Servizi Segreti Speciali Britannici e l’Italia (1940-1945), Roma, 1986, pp. 126-127; B.M. Kätz, The Criticism of Arms: The Frankfurt School  Goes to War, «The Journal of Modern History» 3 (1987), pp. 439-478; W.E. Scheuerman, The Frankfurt School at War: The Marxists who explained the Nazi to Washington, «Foreign Affairs» 92 (2013), pp. 171-176; The Secrets War.The Office of Strategic Services in World War II. Edited by George C. Chalou, National Archives and Records  Administration, Washington DC, 2002; Herbert Marcuse, die Frankfurter Schule und der Holocaust: Ein Beitrag zu zeitgenössischen Wahrnehmung der nationalsozialistischen Vernichtungspolitik, vorgelegt von Tim B. Müller, pp. 41 sgg., marcuse.org).

«Nel dicembre del 1942 Marcuse lascia la California e si trasferisce a Washington, come senior analist dell’OWI (Office of War Information). “La mia funzione – spiegava in una lettera a Max Horkheimer dell’11 novembre 1942 – dovrebbe essere quella di suggerire ‘come presentare il nemico al popolo tedesco’, nella stampa, nei film di propaganda, ecc.”. La sua collaborazione con l’intelligence americana era parte del più ampio contributo fornito dall’emigrazione tedesca allo “sforzo bellico” statunitense contro il nemico nazista.

     «Lo stesso Istituto per la ricerca sociale di Francoforte, ospitato dal 1936 dalla Columbia University di New York, vi contribuiva già dalla fine del 1941 con la consulenza più o meno strutturata di alcuni tra i suoi principali collaboratori, come Franz Neumann, Otto Kirchheimer, Arkadij Gurland, Leo Löwenthal, Fredrick Pollock, e con alcuni studi sulla dimensione psicologica del regime nazista, fra i quali anche due studi consegnati all’OSS (Office of Strategic Service) su The Elimination of German Chauvinism e su Private Morale in Germany» (Herbert Marcuse, Analisi del “nemico” tedesco. Contributi e rapporti riservati sulla Germania nazista e post-nazista negli anni dello “sforzo bellico” (1943-1950), «Storicamente» 1 (2005)).

Come documenta Ferdinand Lundberg, in quegli anni le più prestigiose università americane erano largamente finanziate dalla plutocrazia di Wall Street, e la Columbia University, il covo della consorteria giudeo-tedesca marxista della Scuola di Francoforte, con un contributo di 69,576,915 di dollari da parte della National City Bank, non faceva eccezione (America’s 60 Families, New York, 1937, p. 376).

La consorteria giudeo-tedesca marxista che tuonava contro il capitalismo era dunque sul libro paga del capitalismo di Wall Street!

In un recente dialogo tra marxisti americani leggiamo:

«Il caso di Marcuse è esemplare a questo proposito, e si potrebbe dedicare molto tempo per descrivere dettagliatamente i cambiamenti soggettivi presenti nella sua opera e collocarli nel più ampio campo ideologico del marxismo occidentale. Evidenziando solo le sue posizioni più estreme, potremmo dire che passò dall’essere un importante agente anticomunista del Dipartimento di Stato durante i primi anni della Guerra Fredda, ad essere un teorico radicale che espresse il suo forte sostegno a certi aspetti dei movimenti studenteschi, pacifisti, femministi, antirazzisti e ambientalisti.

«Il suo lavoro per il Dipartimento di Stato e l’OSS non fu così innocuo come avrebbe poi affermato, e i documenti d’archivio dimostrano chiaramente che collaborò per anni con la CIA e che partecipò alla stesura di almeno due National Intelligence Estimate (la più alta forma di intelligence del più importante impero mondiale).

«Inoltre, questo lavoro si integrava perfettamente con il ruolo che svolgeva all’interno dei progetti di guerra ideologica condotti dalla classe dirigente capitalista contro il marxismo sovietico e, più in generale, orientale.

«Tuttavia, tra la fine degli anni ’60 e l’inizio degli anni ’70, i movimenti della Nuova Sinistra lo radicalizzarono, portandolo verso un netto conflitto con i marxisti imperialisti della Scuola di Francoforte, come Adorno» (J. Bellamy – G. Rockhill, Marxismo occidentale e imperialismo/2, Antropocene Ecologia Socialismo, antropocene.org (da: Molthly Review, 01/03/2025)).

Mike Makin-Waite ricorda in una recensione che le accuse secondo cui Marcuse lavorava per la Central Intelligence Agency furono inizialmente mosse negli Stati Uniti dall’organizzazione maoista Progressive Labor Party, e poi riprese in Europa.

Ma la verità sul suo impiego presso il governo degli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale non era qualcosa che il filosofo ebreo intendeva nascondere. Al contrario, era orgoglioso del suo curriculum di analista politico presso l’OSS.

Tra i vari suoi compiti svolti in questa veste c’era quello di redigere nel 1944 una prima bozza del proclama di scioglimento del partito nazional-socialista, che costituì la base del proclama effettivo emanato nel maggio 1945.

«Agli occhi di Marcuse, come per la stragrande maggioranza della sinistra dell’epoca, il coinvolgimento degli Stati Uniti nella guerra contro Hitler significava che lavorare per lo Stato fosse un mezzo per combattere il fascismo».

Dopo aver sottolineato che Marcuse non era stato il primo esule ebreo tedesco associato alla Scuola di Francoforte ad accettare un incarico presso l’OSS, preceduto in ciò da Franz Neumann, Makin-Waite aggiunge:

«All’inizio del 1943 fu istituita la Sezione di Ricerca e Analisi (R&A) della nuova agenzia di intelligence. Questa crebbe rapidamente, impiegando oltre 1.200 persone, circa due terzi delle quali lavoravano negli Stati Uniti e il resto all’estero, anche in situazioni di battaglie (…)

     «Tra gli esponenti di sinistra che lavoravano nella R&A c’erano Paul Sweezy, già riconosciuto come marxista, e diventato in seguito uno dei fondatori della rivista “Monthly Review”; il suo collaboratore in economia marxista, Paul A. Baran, e Arno J. Mayer, in seguito “marxista dissidente di sinistra” e importante storico (…)

«In questo contesto, Neumann divenne presto vicedirettore della Sezione Centro-Europa della R&A, che impiegava oltre quaranta persone. Marcuse si unì a questo team nel marzo 1943 e divenne rapidamente “il principale analista sulla Germania”».

Nella loro attività all’interno dell’OSS, i membri della Scuola di Francoforte, scrive ancora Makin-Waite, modellarono e organizzarono il loro materiale “empirico” sulla base di una comprensione critica.

«Pur incorporando prospettive teoriche tratte dal marxismo critico di ispirazione hegeliana dell’Istituto, i loro rapporti soddisfacevano le aspettative dei dirigenti, mostrando un intento pratico immediato e indicavano quasi sempre misure specifiche che le agenzie militari e statunitensi avrebbero dovuto adottare. Alcune di queste erano in linea con le politiche generali consolidate del governo statunitense».

Traduzione: i “critici” del capitalismo, questa consorteria giudeo-tedesco-americana, misero le loro competenze “critiche” marxistiche, mascherate dalla lotta contro il fascismo e contro l’antisemitismo (cavallo di battaglia, quest’ultimo, dell’ebreo Franz Neumann), al servizio dell’oligarchia giudeo-massonico-plutocratica dominante e dei suoi piani imperialistici di dominio mondiale, contribuendo alla vittoria nella guerra e al consolidamento e rafforzamento di quello stesso sistema di dominio capitalistico contro il quale a chiacchiere nei decenni seguenti avrebbero continuato a disquisire.

La stessa cosa vale per l’altro campione della “critica” anticapitalistica, Paul M. Sweezy.

Dalla sua biografia intellettuale redatta da John Bellamy Foster nel 2003 e pubblicata sulla «Monthly Review», la rivista fondata dallo stesso Sweezy assieme a Leo Huberman, (The Commitment of a Intellectual: Paul M. Sweezy (1910-2004), monthlyreview.org) apprendiamo che suo padre era un banchiere, vicepresidente della First National Bank di New York, una delle banche più potenti di Wall Street, e che negli anni ’30 «lavorò per diverse agenzie del New Deal», cioè per il piano politico promosso dal presidente massone Roosevelt, (iniziato nel 1911 alla Holland Lodge n. 8, nel 1919 membro onorario della Stansbury Lodge n. 24, nel 1929 associato al Rito Scozzese ad Albany e nel 1934 Gran Maestro Onorario dell’Ordine di De Molay alla Casa Bianca) issato sulla poltrona della Casa Bianca dalla oligarchia giudeo-massonico-plutocratica dominante e i cui interessi capitalistici e imperialistici difese a spada tratta (cfr. Il giudaismo internazionale e le origini della Seconda Guerra Mondiale, Effepi, Genova, 2012: Cap. IV: Ebraismo e plutocrazia negli Stati Uniti, pp. 79-184, in particolare pp. 106 sgg.)

«Nel 1938 Sweezy divenne docente ad Harvard».

L’Università di Harvard era finanziata con 129,000,000 dollari dai più bei nomi della plutocrazia di Wall Street: da J.P: Morgan alla Standard Oil (cfr. Lundberg, p. 375).

Con l’entrata degli Stati Uniti nella Seconda Guerra Mondiale, Sweezy era «ansioso di svolgere un ruolo attivo nella lotta contro il fascismo». Lasciò Harvard per arruolarsi dell’esercito nell’autunno del 1942.

Fu assegnato all’OSS e nel tardo autunno del 1943 venne inviato a Londra, dove il suo compito precipuo era di monitorare la politica economica britannica per conto del governo statunitense. A quel tempo la Gran Bretagna era considerata la seconda economia mondiale, e non era stato ancora deciso cosa fare dell’Impero britannico.

In un’intervista del 1986 al «gigante del pensiero marxista del XX secolo» pubblicata sulla «Monthly Review», Sweezy afferma d’aver cominciato ad interessarsi al marxismo dai primi anni ’30, all’epoca del crollo finanziario e della Grande Depressione, e di aver iniziato a scrivere gradualmente in quegli anni La teoria dello sviluppo capitalistico.

Dopo aver ricordato la sua esperienza all’Università di Harvard, Sweezy continua:

«Quando lasciai Harvard nel 1942, mi arruolai nell’esercito e nell’OSS (fui trasferito dall’esercito all’intelligence, il predecessore della CIA, ovviamente). Trascorsi la maggior parte degli anni della guerra in Europa: Inghilterra, Francia e Germania» (An Interview with Paul Sweezy, a Giant of 20th Century Marxist Thinking, «Counterpunch», February 23, 2024, counterpunch.org).

Altrove leggiamo che «durante la guerra, quando la sinistra sostenne lo sforzo bellico contro il fascismo, Sweezy fu associato all’OSS, che sarebbe diventato il precursore della CIA» (A Saint and a Sage: Paul Marlor Sweezy (1910-2004), International Development Economics Associated IDEAS, 16 March 2004, networkideas.org).

Nell’ottobre del 1945 Sweezy fu congedato con la medaglia Bronze Star.

Al servizio di chi la sinistra sostenne lo sforzo bellico contro il fascismo?

Assieme a Marcuse e alla consorteria marxista giudeo-tedesco-americana, Sweezy aveva ben meritato la riconoscenza dell’oligarchia capitalistica e imperialistica dominante.

Sono lo stesso Sweezy e il suo collega Leo Huberman ad ammettere che sotto la presidenza Roosevelt il dominio del capitalismo era assoluto e che l’economia statunitense si trovava nelle mani di pochi gruppi bancari, trust e monopoli che controllavano imprese industriali (elettriche, petrolifere etc.), ferrovie, servizi di pubblica utilità (L. Huberman, Storia popolare degli Stati Uniti, Roma, 1978, pp. 269 sgg.; L. Huberman – P. Sweezy, Introduzione al socialismo, Roma, 1978, p. 31).

E sono ancora Sweezy e Huberman a scrivere, riguardo a quegli anni:

«C’era una cura per la crisi e la depressione, malattie fatali del capitalismo: LA GUERRA. Dopo il 1929 apparve evidente che solo con la preparazione e la conduzione di una guerra, il sistema capitalistico avrebbe potuto fornire il pieno impiego per uomini, materiali, macchine e denaro» (Introduzione al socialismo, pp. 35-36).

In un recente articolo apparso sulla «Monthly Review» (The U.S. Ruling Class & the Trump Regime, April, 2025, antropocene.org), John Bellamy Foster riesamina e critica la tesi secondo cui la classe capitalistica statunitense non sia una classe dominante (tralascio le demenziali disquisizioni dell’autore sugli USA sempre più spinti verso … il neofascismo!).

Foster scrive giustamente che nell’ultimo secolo il capitalismo statunitense ha avuto indubbiamente la classe dominante più potente della storia mondiale, cavalcando sia l’economia che lo Stato, e proiettando la sua egemonia a livello nazionale e globale.

Nonostante le sue rivendicazioni di democrazia, al centro del dominio della classe capitalistica statunitense c’è un apparato ideologico che supporta il suo immenso potere economico monopolistico, di cui la politica non è che uno strumento.

Foster osserva a ragione che l’oligarchia capitalistica non è diventata improvvisamente influente nel comandare la politica statunitense con l’amministrazione Trump, come sembrano pensare alcuni. Si tratta invece di una realtà di lunga data, e risale a molti decenni addietro.

Ma Forster avrebbe dovuto specificare che fu soprattutto la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale a fare potentemente della classe capitalistica dominante americana la classe egemone e imperialistica sia negli U.S.A. che in altre parti del mondo.

E che a ciò diedero il loro attivo contributo anche i vari Marcuse, Sweezy e compagnia giudeo-tedesco-americana cantando.

Le “battaglie” contro il capitalismo e l’imperialismo dei marxisti al soldo del massone Roosevelt e della  consorteria di Wall Street non erano dunque che innocue chiacchiere, come rischiano di esserlo ai giorni nostri tutte le “critiche” al “turbo-capitalismo” che si fermano prudentemente sulla soglia di una sinagoga o di una loggia massonica.

One Comment
    • a.carancini
    • 3 Novembre 2025

    C’è una critica che si può fare a questo articolo di Gian Pio Mattogno: quello di rimproverare agli intellettuali antifascisti di essere precisamente antifascisti. Cito dal predetto articolo: “Già i suoi primi anni sono tutto un programma. Nel 1917 aderisce al Partito Socialdemocratico e al movimento spartakista dell’ebrea Rosa Luxemburg”. Personalmente, non ci trovo nulla di disonorevole nel fatto che a suo tempo Marcuse avesse aderito al Partito socialdemocratico e, poi, al movimento di Rosa Luxemburg. Sempre meglio di quegli intellettuali che aderirono al nazismo.

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