Jean Terrien: Le origini occulte del giudeo-cristianesimo

Jean Terrien 

LE ORIGINI OCCULTE DEL GIUDEO-CRISTIANESIMO 

 

(Aux origines secrètes du judéo-christianisme, «Rivarol», n. 3251, 29 septembre 2016, p. 7).

 

In un’epoca in cui l’Occidente è indotto dalle lobbies israeliane ad aderire al sionismo e ad allinearsi alla politica dello Stato ebraico, è oramai tempo di mettere in luce le origini del giudeo-cristianesimo, che da secoli è stato fabbricato e utilizzato come uno strumento di sottomissione dell’Europa cristiana alle vedute messianiche giudaiche.

I primi tentativi di sottomissione del Papato al rabbinato

Molti secoli prima che venissero davvero poste le basi del giudeo-cristianesimo, un importante rabbino del XIII secolo, Moise Nahmanide (1194-1270), aprì la strada agli artefici dell’alleanza giudeo-cristiana in occasione della disputatio del 1263, nel corso della quale spiegò con quali mezzi il Messia sarebbe stato riconosciuto.

Egli dichiarò:

«Quando arriveranno gli ultimi tempi, il Messia, al comando di Dio, si recherà presso il Papa e gli chiederà la liberazione del suo popolo. Solamente allora, e non prima, il Messia sarà considerato come realmente venuto»[1].

Quando Moise Nahmanide parla di «liberazione del suo popolo» da parte del Papa, ciò non significa che il Papa metteva in prigione gli ebrei, né che essi vivessero in prigione, ma intende con ciò la liberazione dall’esilio in cui gli ebrei si trovavano (una prigionia in senso metaforico), e dunque liberazione significa mettere fine all’esilio in un solo e unico modo: l’apparizione del Messia che riporterà gli ebrei nella “loro” terra.

Il legame che Nahmanide pone fra la redenzione degli ebrei e il loro rapporto con la Chiesa, come pure l’attenzione tutta particolare che certi cabalisti dopo di lui portarono su questo problema, non è frutto del caso.

Questo si spiega soprattutto col fatto che il Messia degli ebrei non può regnare su un mondo dove ci sono altre grandi religioni. E se esse continuano a sussistere, devono essere sottomesse al giudaismo.

È ciò che esplicita apertamente il grande storico del giudaismo ed eminente specialista della Cabala e del messianismo ebraico Gershom Scholem:

«Una volta cristallizzato il giudaismo rabbinico nella Halacha (la Legge del giudaismo che si trova nella Torah e nel Talmud), le forze creative, rianimate da un nuovo slancio religioso – le quali non tentarono né furono mai in grado di modificare il giudaismo halachico solidamente stabilito – trovarono espressione per lo più nel movimento cabalistico. Esse operarono più spesso dall’interno, sforzandosi di trasformare la Torah per fare della legge del popolo d’Israele la legge segreta propria di tutti, e, di conseguenza, di dare all’ebreo, hasid o zaddik, un ruolo vitale nel mondo»[2].

Qui Geshom Scholem ci dice due cose: i cabalisti avevano per scopo di sovvertire lo spirito del giudaismo dall’interno, dapprima senza modificare la Legge, cioè la Torah, e più ancora il Talmud, e in un secondo momento di fare della legge degli ebrei la legge segreta universale al fine di insufflare nelle altre religioni, ideologie e filosofie, come pure nelle istituzioni e nell’organizzazione degli Stati, lo spirito del giudaismo cabalistico.

Ciò in vista di far aderire a loro insaputa i non-ebrei a questa legge – ignoranza legata al suo carattere occulto – fino a che in ultima analisi finisca per sussistere il solo giudaismo, con tutti i suoi abbellimenti e mascheramenti.

Moise Nahmanide, annunciando che il Messia al comando di Dio andrà dal Papa e gli chiederà la liberazione del suo popolo, farà nascere delle vocazioni; è ciò che si definisce una profezia auto-realizzatrice, disciplina nella quale i rabbini cabalisti sono diventati maestri.

Appena diciassette anni dopo questa profezia auto-realizzatrice di Nahmanide, nel 1280, un rabbino cabalista di nome Abraham Abulafia (1240-1290), autoproclamatosi il Messia atteso, si reca a Roma per incontrare Papa Nicola III allo scopo di convertirlo o, almeno, di fargli adottare le vedute messianiche ebraiche.

Il suo tentativo fallì, ma il progetto di sottomissione della Chiesa al giudaismo non si spense; esso al contrario si accentuò nella misura in cui la dimensione messianica del giudaismo andò assumendo importanza negli ambienti rabbinici e cabalistici, soprattutto all’inizio del XVI secolo con lo sviluppo dell’apocalittica cabalistica[3].

La nascita del giudeo-cristianesimo

È in questo contesto di sviluppo dell’apocalittica cabalista, la quale consiste nell’affrettare la fine dei tempi e la venuta del Messia, che il cabalista Solomon Molcho (1500-1732) fa la sua entrata nella storia.

Come Abraham Abulafia prima di lui, egli s’è proclamato Messia. Nei suoi discorsi Molcho incitava i cristiani ad un’azione politica dai risvolti messianici. L’obiettivo era al tempo stesso semplice e difficile da raggiungere: sottomettere i capi della Chiesa per portarli a compiere i disegni messianici ebraici.

Per fare ciò, Solomon Molcho cominciò ad attirare l’attenzione dei preti cristiani, e lo fece in modo molto abile. I chierici venivano ad ascoltare i suoi discorsi grazie, tra l’altro, alla sua abilità e al suo carisma. Ma  non si fermò qui. Tramite il suo maestro David Reuveni, poté avvicinare i cardinali a Roma e incontrare Papa Clemente VII, e cercò di convincerlo che la redenzione del popolo ebraico era imminente.

Egli riuscì ad impressionare il Papa, a tal punto che quest’ultimo gli accordò un’approvazione scritta che lo autorizzava a predicare al pubblico cristiano e a pubblicare i suoi testi, a condizione che non fossero anticristiani.

Una volta acquistata la fiducia del Papa, e dopo avergli annunciata l’imminente redenzione, tentò di convincerlo a mettere su un’armata allo scopo di lanciare una guerra contro l’Impero Ottomano e di espellere gli arabi dalla Palestina per farvi stabilire gli ebrei e riedificare il Regno d’Israele.

È in gran parte grazie all’Inquisizione che il progetto di Molcho fallì.

Questo progetto politico e geopolitico di Molcho è la base del programma applicato nei secoli XX e XXI, poiché Molcho è stato il primo ad aver concretamente stabilito la strategia politica nei confronti dei cristiani, allo scopo di utilizzarli per riportare gli ebrei in Terra Santa.

Il suo obiettivo era di fare in modo che i cardinali e il Papa diventassero strumenti dei disegni messianici ebraici. Lanciare il mondo cristiano contro l’Impero Ottomano (che a quell’epoca era il centro di potere del mondo musulmano ed il depositario del califfato) è il metodo che è stato impiegato in occasione della prima guerra mondiale, quando i Britannici attaccarono gli Ottomani e li cacciarono dalla Palestrina per costituirvi il Focolare Nazionale ebraico.

Questa strategia è continuata fino ai giorni nostri, e si ritrova attualmente negli sforzi politici e ideologici volti a condurre il mondo occidentale e il mondo musulmano ad una distruzione reciproca: discorsi di guerra civile nella stessa Europa (tenuti dai vari Alain Finkielkraut ed Eric Zemmour …), e le continue guerre dei paesi occidentali contro i paesi arabo-musulmani del Medio Oriente e del Maghreb (promosse dai vari Bernard Lewis negli Stati Uniti e Bernard-Henry Lévy in Francia e altrove …).

Solomon Molcho è altresì all’origine del concetto di una mitica “civiltà giudeo-cristiana” o, come lo si definisce altrettanto erroneamente, “mondo giudeo-cristiano”. Le circostanze tuttavia non hanno dato a Molcho il tempo di consolidare questa alleanza giudeo-cristiana cui aveva posto le basi.

Riassumendo, Solomon Molcho è colui che ha concepito il progetto politico sionista quale lo conosciamo oggi, ma, al tempo stesso, anche la trascrizione geopolitica del sionismo sotto forma dello choc delle civiltà. Così ha fatto del messianismo un progetto realistico, elaborando una strategia ingegnosa che lui stesso ha cercato di mettere in pratica.

Tuttavia da solo non avrebbe mai potuto scatenare una guerra che coinvolgesse il mondo cristiano nell’unico interesse di una utopia cabalistica. Avrebbe dovuto certamente trovare condizioni e circostanze, nonché congiunzioni di interessi analoghe a quelle che si incontrarono in occasione della prima guerra mondiale.

Ad ogni modo, se all’epoca della strategia dello choc delle civiltà non esisteva ancora formalmente – sebbene fosse stata teorizzata da Molcho ‒, l’idea direttrice del progetto proto-sionista non è cambiata di molto, è sostanzialmente la stessa di quella che vediamo all’opera ai giorni nostri.

Fin dalla sua origine, questa strategia mira a provocare uno scontro distruttivo fra il mondo cristiano e il mondo musulmano, a solo vantaggio del “popolo” d’Israele.

Dalla Cabala cristiana al giudeo-protestantesimo

La Cabala fa il suo ingresso negli ambienti cristiani nella seconda metà del XV secolo[4], prima ancora della riforma protestante. La Cabala cristiana appare e si propaga dapprima in Italia e in Francia nei secoli XV e XVI, e poi, sin dall’inizio del XVII secolo, il centro della cabala cristiana si sposta in Germania e in Inghilterra, due paesi che in parte avevano abbracciato la dottrina riformata ed erano dunque maturi per farsi compenetrare dal messianismo ebraico, contrariamente all’Europa cattolica, ancora impermeabile al giudaismo[5].

È in questo periodo che un rabbino cabalista di nome Menasseh Ben Israel (1604-1657) giuocò un ruolo centrale nella creazione del giudeo-protestantesimo. Originario di una famiglia di marrani (ebrei della penisola iberica falsamente convertiti al cristianesimo), abbandona ben presto il Portogallo coi suoi genitori per insediarsi ad Amsterdam. Una volta adulto, diverrà rabbino e capo della comunità ebraica di Amsterdam. Sarà il maestro del filosofo Spinoza (marrano come lui). Frequentò Rembrandt van Rijn ed entrò in contatto con la regina di Svezia, Cristina, con la quale ebbe intensi scambi epistolari.

Menasseh crea la prima stampa ebraica (Emeth Meerets Titsma’h) ad Amsterdam nel 1626. Con la sua tipografia edita testi sul giudaismo in latino, ebraico, portoghese e spagnolo.

Come Solomon Molcho prima di lui, il suo scopo primario era di rivolgersi ai cristiani europei (in particolare ai letterati) allo scopo di indurli ad adottare le vedute messianiche ebraiche; una missione che riuscì a portare a termine, tanto più che la Cabala cristiana e il protestantesimo avevano preparato il terreno. Ma contrariamente all’epoca di Solomon Molcho, ora il frutto era maturo.

Ben presto, sulla stessa linea di Solomon Molcho, Menasseh Ben Israel intrattenne buoni rapporti coi cristiani protestanti, i quali, dopo la riforma di Martin Lutero (1483-1546), tenevano tutti sul loro comodino l’Antico Testamento, che studiavano abbondantemente a detrimento dei Vangeli.

A quel tempo siamo in un’epoca di ebollizione, nel corso della quale molti protestanti millenaristi credono sia imminente la fine dei tempi e il ritorno del Cristo.

A tale riguardo Menasseh Ben Israel ebbe numerosi scambi epistolari coi cristiani protestanti, che lo sollecitavano e cercavano l’approvazione di un eminente ebreo nei loro studi escatologici.

Fra questi millenaristi mistici protestanti e giudeofili troviamo Paul Felgenhauer e Johannes Mochinger di Danzica, il quale scriveva a Menasseh le seguenti parole: «Sappi che io approvo e rispetto le vostre dottrine religiose e che, assieme ad alcuni dei miei correligionari, esprimo l’augurio che Israele sia infine illuminato dalla vera luce e ritrovi la sua antica gloria e la sua antica salvezza»[6].

Un altro giudeo-cristiano mistico, Abraham di Frankenberg, gli scrisse parimenti: «La vera luce emanerà dagli ebrei. Il loro tempo è vicino. Ogni giorno apprenderemo di miracoli operati in loro favore in diverse regioni»[7].

Grazie a Menasseh Ben Israel, il progetto di creazione di una “civiltà giudeo-cristiana”, di cui Molcho fu il precursore, comincia a prendere piede a grandi passi.

Parallelamente, nel 1641, ha inizio la Prima Rivoluzione inglese, guidata dal protestante puritano, settario e fanatico Olivier Cromwell (1599-1658). Questa rivoluzione ha termine nel 1649 con la condanna a morte del re Carlo I.

Douglas Reed (1895-1976), ex gran reporter del giornale britannico «The Times», così riassume l’opera di Cromwell:

«Cromwell fu uno dei primi, fra numerosi altri che, dalla sua epoca, si fanno chiamare cristiani del Vecchio Testamento, la cui retorica maschera la realtà dell’anticristianesimo, poiché non si può servire nello stesso tempo Dio e Mammona. Egli proibì la celebrazione del giorno di Natale, bruciò le chiese e assassinò i priori … Dallo studente inglese medio non viene ricordato che come colui che decapitò un re e portò gli ebrei in Inghilterra»[8].

In effetti, gli ebrei erano stati espulsi dall’Inghilterra nel 1290, e fu proprio Cromwell che li autorizzò a “ritornare”, e questo su richiesta di Menasseh Ben Israel (i due si incontrarono a Londra nel 1655) in una lettera che gli aveva inviato[9].

Menasseh usò essenzialmente argomenti religiosi per convincere Cromwell a far sì che gli ebrei si insediassero come comunità in Inghilterra (poiché in realtà gli ebrei non avevano mai veramente lasciato l’Inghilterra, ed avevano continuato a viverci come mercanti spagnoli).

Nella sua lettera scrisse:

«Secondo la mia opinione e quella di molti cristiani, il tempo della restaurazione della nostra nazione (la nazione ebraica) sulla nostra terra natìa (Eretz Israel), è oramai prossimo, ed io credo particolarmente che questa restaurazione non può aver luogo prima che si siano interamente compiute le parole del profeta Daniele, cap. 12, versetto 7, e che la dispersione del popolo santo (gli ebrei) in tutte le nazioni non sia effettiva»[10].

Ma la motivazione più evidente di Menasseh è di fare dell’Inghilterra un centro mediante il quale la comunità ebraica, già potente economicamente ad Amsterdam (importante piazza finanziaria dove mercanti e banchieri ebrei erano in una posizione preminente), potrebbe trarre profitto sul piano economico e politico.

E Menasseh lo confessa apertamente, quando scrive nella sua lettera a Cromwell:

«La mia terza motivazione è fondata sul profitto che questo commonwealth ne guadagnerà se saprà accoglierci».

In realtà, questa frase va compresa nel senso inverso, cioè «il profitto che noi guadagneremo se questo commonwealth ci accoglierà», cosa che storicamente s’è avverata. È proprio come epilogo della continuità di questa alleanza giudeo-cristiana che i Britannici creeranno nel 1919 un Focolare Nazionale ebraico sulle rovine dell’Impero ottomano.

Aggiungiamo che nel XVII secolo l’Inghilterra era un impero marittimo in ascesa e che Londra diverrà, dopo che Cromwell nel 1656 ebbe accettato la richiesta di Menasseh Ben Israel, il centro nevralgico del commercio e della finanza internazionale, dove i banchieri ebrei, come una delle branche della famiglia Rothschild, si istalleranno e accresceranno la loro fortuna in maniera fenomenale.

Al tempo di Manasseh Ben Israel, Amsterdam, la città in cui viveva, era, con Firenze, uno dei principali centri finanziari dell’epoca. Ed è la città di Londra che presto soppianterà Amsterdam in questo campo, e ne diverrà la capitale mondiale.

Alcuni decenni dopo che Cromwell ebbe autorizzato gli ebrei ad insediarsi ufficialmente in Inghilterra, nel 1689, il ricchissimo banchiere ebreo marrano Francisco Lopes Suasso (1657-1710), giuocò un ruolo importante nell’ascesa di Guglielmo III sul trono d’Inghilterra[11].

A tal proposito, Henry Méchoulan, storico delle comunità giudeo-ispano-portoghesi, ci informa che ricchi mercanti ebrei s’erano già insediati in Inghilterra prima ancora che Cromwell li autorizzasse.

Egli scrive:

«Ben prima dell’insediamento degli ebrei ufficialmente riconosciuto, dopo l’ambasciata di Menasseh Ben Israel presso Cromwell, dei criptogiudei s’erano insediati a Londra e commerciavano coi loro “correligionari” di Amsterdam. Documenti datati 1644 attestano che Michael Espinosa era in rapporti d’affari con due criptogiudei di questa città, uno dei quali era Antonio Fernandes Carvajal, il futuro fondatore della prima sinagoga di Londra»[12].

Nel XVIII secolo, un quarto della Compagnie delle Indie orientali dell’Impero britannico appartiene a membri della comunità ebraica[13]. È in questo periodo che si insedia a Londra il banchiere ebreo tedesco Nathan Mayer (1777-1836) della famiglia Rothschild. I Rothschild d’Inghilterra si arricchiranno incommensurabilmente e giuocheranno un ruolo determinante nella storia del sionismo e della creazione dello Stato ebraico. Così il barone Edmond de Rothschild comincerà ad acquistare nel 1882 delle terre nella Palestina ottomana, allo scopo di crearvi degli insediamenti permanenti.

Questa potenza economica e finanziaria comunitaria, oramai solidamente impiantata nel cuore dell’impero britannico nascente, si andrà a coniugare col messianismo ebraico, cosa che avrà un forte impatto storico che si farà sentire a partire dal XIX secolo, coi governi di Lord Beaconsfield (Disraeli) tra il 1848 e il 1880, e la nascita ufficiale del movimento sionista internazionale nel 1897.

Questi eventi principali della storia dell’Inghilterra del XVII secolo, nel XX secolo trasformeranno in maniera decisiva ‒ specialmente in occasione delle due guerre mondiali ‒ il rapporto di questo mondo anglo-sassone giudeo-protestante con l’Europa continentale, poiché la assorbirà e la integrerà in un complesso ideologico-politico detto giudeo-cristiano, che viene assimilato all’Occidente, specialmente tramite l’Unione europea e la NATO, il suo pendant geostrategico e braccio armato degli Stati Uniti.

Questo Occidente ha oramai il volto del mondo anglo-sassone giudeo-protestante, la famosa civiltà giudeo-cristiana organicamente e storicamente legata a Israele, e che oggi viene contrapposta al mondo arabo-musulmano allo scopo di compiere, attraverso una terza guerra mondiale, i disegni messianici ebraici.

Questa è la ragion d’essere, la finalità escatologica, del giudeo-cristianesimo, la guerra essendo innanzitutto ideologica prima ancora d’essere in fine materiale.

 

[1] Cit. in Youssef Hindi, Occident et Islam. Tome I: Sources et genèse messianiques du sionisme, de l’Europe medieval au Choc des civilisations, chap. 1, Ed. Sigest, 2015.

[2] Ivi.

[3] Ivi.

[4] Il nome più celebre di questa Cabala cristiana è l’italiano Giovanni Pico della Mirandola (1463-1494), seguito da Johannes Reuchlin (1455-1522) e da altri.

[5] Youssef Hindi, op. cit.

[6] Ivi.

[7] Ivi.

[8] Douglas Reed, La controverse de Sion, 1978 (Ed. KontreKulture, 2012, p. 155).

[9] Lettera disponibile integralmente sul sito: cf.uba.uva.nl.

[10] Cit. in Youssef Hindi, op. cit.

[11] Ivi.

[12] Ivi.

[13] Ivi.

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