Henry Coston: Le origini sconosciute della rivoluzione bolscevica del 1917

Henry Coston 

LE ORIGINI SCONOSCIUTE DELLA RIVOLUZIONE BOLSCEVICA DEL 1917 

 

(H. C., Les origines inconnues de la Révolution bolchevique de 1917, «Lectures françaises», n. 126, Octobre 1967, pp. 1-7. Si veda anche: La Civiltà Cattolica: la rivoluzione mondiale e gli ebrei, andreacarancini.it).

 

I comunisti – e, con essi, numerosi giornali – hanno celebrato la rivoluzione russa del 1917.

Anche riviste “borghesi” hanno dedicato numeri speciali a questo avvenimento politico, il più considerevole del nostro secolo.

Si è a lungo parlato, alla radio, delle grandi figure del movimento bolscevico, in particolare Lenin e Trotsky.

Ma nessuno di questi giornalisti, nessuno di questi storici, nessuno di questi speaker, imitati del resto dai loro confratelli cosiddetti anticomunisti, ha speso una sola parola su uno dei grandi responsabili della rivoluzione di ottobre, su colui il cui aiuto permise a Lenin e a Trotsky di vincere gli ultimi ostacoli sulla strada che portava al Cremlino.

Quest’uomo misterioso, senza il quale i capi comunisti forse non avrebbero potuto trionfare, si chiamava Jacob Schiff.

L’ascesa di Jacob Schiff 

Nato a Francoforte sul Meno nel 1847, Jacob Heinrich Schiff era il principale dirigente della banca Kuhn, Loeb and Co. di New York. Dopo brevi studi in Germania, aveva raggiunto l’America nel 1865 e si era stabilito a New York, dove lavorò in una banca. Dopo un breve soggiorno in Europa, attorno al 1873, era entrato nella Kuhn, Loeb and Co., fondata da suoi correligionari, ed alcuni anni dopo ne era diventato il “grand patron”.

Sotto il suo impulso, la banca si sviluppò in modo considerevole: finanziò la ricostruzione della ferrovia della Union Pacific, creò la Northern Security Co. che eliminò la concorrenza rovinosa fra le diverse compagnie ferroviarie e rimpinguò le finanze giapponesi (Cfr. The Jewish Communal Register of New York 1917-1918, pp. 1018-1019).

Divenuto uno dei magnati della finanza americana, diresse numerosi affari industriali, tutti considerevoli (Central Trust Co. Western Union Telegraph Co., Wells Fargo Express Co., etc.) e a più riprese fu presidente della Camera di Commercio di New York.

Ha fondato la cattedra di economia sociale di Columbia, ha occupato quella della sezione di Asia orientale del Museo di storia naturale di New York ed ha presieduto a diverse opere filantropiche.

Quando Jacob Schiff celebrò il suo settantesimo compleanno «tutte le tendenze della Comunità ebraica degli U.S.A. – leggiamo nel Jewish Communal Register of New York (ivi) – si unirono per testimoniargli la loro riconoscenza».

Invero, precisava questa pubblicazione israelita americana, «Schiff ha sempre usato della sua fortuna e della sua influenza per il più grande interesse del suo popolo» e «finanziò gli avversari della Russia autocratica» (ivi).

Banchiere dei rivoluzionari 

Rendendo così omaggio al banchiere americano, alcuni anni prima della sua scomparsa – egli morì nel 1920, poco prima di Lenin – questo organo ufficiale del giudaismo americano non faceva che confermare ciò che la diplomazia americana aveva appreso sin dal 1917 e che doveva consegnare in un documento del Dipartimento di Stato nel 1931: vale a dire che Jacob Schiff e il suo corrispondente in Europa, Warburg, avevano finanziato l’operazione rivoluzionaria che permise ai bolscevichi di prendere il potere in Russia.

In verità, l’accordo di Schiff coi teorici della rivoluzione marxista risaliva a molto tempo addietro. Sin dal 1880, si sospettava che numerosi rivoluzionari russi, ritornati dall’estero nella loro patria per dedicarsi a una propaganda sovversiva, ricevessero aiuti da parte di Schiff.

La guerra russo-giapponese aveva fornito alla banca Kuhn, Loeb and Co. l’occasione di combattere l’aborrito zarismo («Nel 1904-1905 la ditta Kuhn, Loeb & Co. rimpinguò le finanze militari giapponesi, rendendo così possibile la vittoria nipponica sui Russi» (ivi)) e di assestargli un colpo tale da cui non doveva più riprendersi.

Fu proprio questa banca a negoziare tutti i prestiti giapponesi (Anche i Rothschild apportarono il loro aiuto al Giappone dal 1905 al 1913 e vi investirono dei fondi. Cfr. Jacques Bonzon, Les Emprunts russes et les Rothschild) non solo negli Stati Uniti, ma anche sui mercati tedeschi, e soprattutto su quello inglese. Evidentemente questo era il suo ruolo di banca, ma in quel caso la sua attività non si era limitata a questo.

Gli aiuti accordati ai nichilisti da Jacob Schiff non furono generosità isolate. Il banchiere sostenne una vera e propria organizzazione terroristica incaricata di “liquidare” ministri, governatori, ufficiali di polizia, personalità, e di creare un clima insurrezionale.

Bombe “made in U.S.A.” entravano di contrabbando attraverso la Finlandia. Esse venivano utilizzate non solo contro gli alti funzionari dello Zar, ma anche contro le istallazioni militari, le fabbriche di armi e munizioni, i depositi etc.

Scioperi rivoluzionari fomentati e finanziati dagli emissari di Schiff venivano scatenati a bella posta. Si producevano sollevazioni nei sobborghi operai di Mosca e San Pietroburgo, guadagnando gli altri quartieri e le principali città.

L’opinione pubblica accusava il Giappone, principale beneficiaria (del movimento): difatti queste distruzioni paralizzavano il suo nemico. Si valutarono i danni causati a più di 15 milioni di rubli, cioè circa 100 milioni dei nostri franchi attuali [1967].

Il carniere di Jacob Schiff, stabilito all’indomani della guerra russo-giapponese da un giornale di San Pietroburgo, lo Strand, contempla: 114 governatori, alti funzionari e generali, 286 capi e ufficiali di polizia, 425 agenti, 109 ufficiali e 750 soldati uccisi o feriti, ed inoltre 7.331 civili uccisi e 9.661 feriti, 194 attentati con bombe a mano e 1.995 rapine a mano armata.

Una manovra d’ampio respiro

Questo spaventoso massacro portò i suoi frutti: minacciata da una rivoluzione interna, la Russia dovette accettare la mediazione del presidente Roosevelt. Essa inviò il conte Witte a trattare a Portsmouth (U.S.A.) coi plenipotenziari giapponesi. Oltre ai rappresentanti del nemico ufficiale, il ministro russo ricevette, per due volte, la visita di un negoziatore inatteso.

Nelle sue Memorie (Berlin, 1932, t. I, pp. 393-395) egli precisa che questi negoziatori erano Jacob Schiff in persona, il Dr. Strauss, ex ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, e Kraus, Gran Maestro dell’Ordine dei B’nai B’rith (Società segreta israelita che conta parecchie centinaia di logge in tutto il mondo, e soprattutto in Francia).

«Questi signori – spiega il conte Witte – erano in rapporti molto amichevoli col presidente Roosevelt».

Ciò valse loro di essere subito ricevuti, e con particolari riguardi. Esponendo schiettamente lo scopo della loro visita, essi non nascosero al rappresentante dello Zar che la causa delle sventure recenti della Russia era la condizione di inferiorità imposta ai loro correligionari in questo paese.

Il conte Witte, che aveva sposato una israelita, non era affatto un antisemita. Tuttavia fece osservare a Jacob Schiff e ai suoi colleghi che stavano esagerando le sventure degli ebrei di Russia, e che non si potevano concedere loro tutti i diritti senza provocare una reazione popolare che avrebbe potuto piuttosto nuocere loro.

«Ciò causò da parte di Schiff – scrive il conte Witte – delle repliche aspre, che solo i ragionamenti più ponderati di Strauss mitigarono».

Un altro colloquio non ebbe risultato migliore. Era dunque ormai stabilito che, anche se fosse stata firmata la pace col Giappone, la guerra sarebbe continuata con un’altra potenza, in nome della quale Jacob Schiff e i suoi amici si credevano in diritto di parlare.

Da allora la banca Kuhn, Loeb and Co. preparò, quasi alla luce del sole, gli avvenimenti che avrebbero portato, in Russia, all’avvento di un regime rivoluzionario.

Essa mise a disposizione cospicui fondi per sovvenzionare fra i prigionieri di guerra russi internati in Giappone una propaganda socialista e antimilitarista. Seguendo un metodo che è stato poi ripreso dai Cinesi, durante la guerra di Corea, propagandisti che parlavano russo percorrevano i campi dei prigionieri distribuendo aiuti materiali, viveri e tabacco, e insieme a questi anche opuscoli rivoluzionari per incitarli all’insurrezione una volta rientrati nel loro paese. Il buon grano così seminato nel 1905 doveva germogliare dodici anni più tardi …

La cinica alleanza 

Mentre sovvenzionava i rivoluzionari russi, Jacob Schiff proseguiva su di un altro piano la guerra che aveva dichiarata ai Romanoff.

Nel 1911 scatenò una violenta campagna contro il presidente Willam H. Taft, successore di Theodor Roosevelt, per costringerlo a denunciare gli accordi commerciali vigenti fra gli Stati Uniti e la Russia. Il pretesto fu un affare di passaporti per far votare alle due Camere del Congresso una risoluzione che invitava l’ospite della Casa Bianca a strappare il trattato di commercio. Suo malgrado il presidente Taft finì per acconsentire. Jacob Schiff ebbe a vantarsi pubblicamente della sua vittoria in una dichiarazione che rilasciò alla stampa poco prima del crollo del regime imperiale russo:

«Chi dunque, se non io, ha messo in movimento l’agitazione che ha costretto in seguito il presidente degli Stati Uniti, come dovete ben sapere voi stessi, a denunciare il nostro trattato con la Russia?» (New York Time, 5 giugno 1916).

Questa rottura con gli Stati Uniti, anche se limitata al piano commerciale, non andava certo a migliorare la situazione economica dell’Impero. Non c’è dubbio che le conseguenze furono gravi solo per i Romanoff. Indebolita da queste misure economiche, la Russia non si trovava in possesso di tutti i suoi mezzi quando scoppiò la guerra nel 1914. Il famoso “rullo compressore” dovette arrestare la sua avanzata molto lontano dalla capitale tedesca.

L’azione rivoluzionaria demoralizzava i combattenti al fronte, eccitava gli scontenti delle retrovie, acuiva gli odi e i rancori della classe operaia.

Nei sobborghi delle città russe si provocavano i primi gravi torbidi, fomentati da agenti rivoluzionari inviati dagli amici di Jacob Schiff; la propaganda rivoluzionaria ottenne dei risultati nei luoghi di raccolta strapieni di riservisti. Si sa che è proprio un reggimento di questi ultimi che provocò, insorgendo per non partire al fronte, la caduta del regime imperiale.

Schiff era soddisfatto 

Il 19 marzo 1917 Jacob Schiff aveva vinto la sua partita contro i Romanoff. Egli poteva inviare a Miliukoff, ministro degli Affari esteri del governo provvisorio, il seguente telegramma:

«Permettetemi, in qualità di nemico irriducibile dell’autocrazia tirannica che perseguitava spietatamente i nostri correligionari, di felicitarmi tramite voi col popolo russo per l’azione che ha compiuto così brillantemente e di augurare pieno successo ai vostri camerati del governo e a voi stesso» (New York Time, 10 aprile 1917).

Questo primo successo apparve decisamente insufficiente a Jacob Schiff.

Il governo provvisorio, composto principalmente di ideologhi frammassoni, era sufficientemente docile alle consegne dell’alta finanza? Lo si diceva preoccupato di conservare l’amicizia con gli Inglesi e deciso a continuare la guerra contro la Germania.

Questo era un pericolo, in quanto i controrivoluzionari potevano riorganizzarsi e annullare gli sforzi degli amici dei banchieri. I milioni di dollari che la banca Kuhn, Loeb and Co. avevano dispensato nell’operazione rischiavano di andare sprecati. Bisognava prendere urgentemente delle misure atte a completare un lavoro così bene iniziato.

Poiché il governo provvisorio non era uno strumento assolutamente sicuro, Jacob Schiff decise di distruggerlo e di sostituirlo con uomini ed un governo che avrebbero messo in atto il lavoro rivoluzionario.

Questi uomini esistevano: essi formavano l’estrema sinistra del partito rivoluzionario russo. Avevano partecipato alle riunioni internazionali di Zimmerwald e Kienthal (Queste conferenze avevano avuto luogo rispettivamente nel 1915 e 1916. In piena guerra avevano riunito militanti socialisti appartenenti alle due parti belligeranti).

Dopo la rivoluzione del marzo 1917, uno dei loro capi, Lenin, era entrato in Russia col famoso “treno piombato” tedesco.

«Inviando Lenin in Russia – ha detto Ludendorff nelle sue Memorie di guerra – il nostro governo si assumeva una grande responsabilità; dal punto di vista militare era giustificata: bisognava abbattere la Russia».

Lenin era portatore di quaranta milioni forniti da Berlino per permettergli di agitare le masse rivoluzionarie e di costringere il governo provvisorio a fare la pace. Gli aiuti di Schiff rendevano questa azione decisiva.

L’aiuto diretto a Trotsky 

È ciò che doveva andare ad esporre a New York ai dirigenti della banca Kuhn, Loeb and Co. uno dei più temibili agitatori rivoluzionari, Leiba Bronstein, detto Leone Trotsky.

I primi contatti di Trotsky col magnate della finanza cosmopolita furono abbastanza deludenti. Il banchiere a quel tempo giocava la carta della democrazia in Russia. Era convinto che l’obiettivo fosse vicino e non era disposto ad ostacolare il gioco di quelli di cui si serviva.

Trotsky, introdotto e raccomandato dalla direzione del giornale ebraico rivoluzionario Forward di New York, non ottenne che parole attendiste e sussidi relativamente poco importanti. Trotsky si imbarcò senza aver ricevuto una promessa formale.

Pochi mesi dopo scoppiò la sommossa del 4 luglio 1917 che, secondo le previsioni di Lenin e Trotsky, doveva rovesciare il governo provvisorio. Sorpresi dall’intervento di un solo reggimento richiamato dal fronte, gli insorti si dispersero. Lenin riuscì a fuggire e Trotsky fu arrestato.

La loro causa sembrava perduta. Ma i bolscevichi avevano dato prova della loro audacia e il telegrafo riportava loro l’annuncio dell’aiuto finanziario di Jacob Schiff, decisamente risoluto a spingere la rivoluzione all’estremo.

Si ignora l’entità dei fondi messi a disposizione dei bolscevichi Lenin e Trotsky per fomentare l’insurrezione di ottobre che rovesciò Kerensky e stabilì il regime sovietico.

Ma si sa come questi fondi arrivarono nelle loro mani.

Il governo degli Stati Uniti ha pubblicato col titolo Paper relating to the Foreign Relations of the United States – 1918 – Russia (in three volumes). United States, Government Printing Office, Washington, 1931, le prove della collusione.

I documenti principali di questo voluminoso dossier sono stati riportati nel nostro numero speciale ‒ così curiosamente ignorato dalla stampa di destra e di sinistra ‒ apparso nel 1963 (La Haute Finance et les Révolutions).

Questo documento contiene in particolare il testo di un dispaccio inviato al bolscevico Raphael Scholnickan, Haparanda, per avvertire il camerata Trotsky (che era stato stupidamente liberato senza cauzione) che la banca Warburg aveva aperto un conto corrente per finanziare la sua intrapresa.

[Il numero speciale di “Lectures françaises” è stato tradotto in italiano col titolo: L’alta finanza e le rivoluzioni, Ed. di Ar, Padova, 1971. I documenti della pubblicazione ufficiale americana citata sono alle pp. 103-117. Il testo del dispaccio inviato al bolscevico Scholnickan è a p. 114].

Si scoprirà facilmente l’origine di questo conto se solo si sa che i fratelli Warburg erano imparentati e associati a Jacob Schiff.

Un Warburg d’America, Felix, era il genero del banchiere americano, mentre l’altro, Paul, ne aveva sposato la cognata.

La “costruzione del socialismo in Russia”, per dirla con l’“Humanité”, stava diventando un semplice affare di famiglia …

Si conosce il seguito …

Un sindacalista accusa 

La rivoluzione trionfante stabilì il regime comunista che dura ancora [1967] e s’è mantenuto, contro venti e maree, grazie a queste complicità finanziarie internazionali che Samuel Gompers, poco sospetto di antisemitismo in quanto lui stesso ebreo, denunciava con vigore meno di cinque anni più tardi.

Dopo aver stigmatizzato l’atteggiamento “cinico” degli uomini di Stato e dei finanzieri, il famoso sindacalista americano accusava direttamente un «gruppo di banchieri tedesco-anglo-americani che amano atteggiarsi a finanzieri internazionali per mascherare la loro vera funzione».

E precisava:

«Il più importante banchiere di questo gruppo e che parla a nome di questo gruppo, nato, com’è noto, in Germania (Così indicava Warburg, parente e associato del fu Jacob Schiff alla banca Kuhn, Loen and Co.), ha inviato ordini ai suoi amici e associati affinché si adoperino per il riconoscimento dei Soviet» (New York Time, 7 maggio 1922).

I comunisti e, con essi, gli “storici” che hanno riempito le colonne dei giornali e le pagine delle riviste per ripercorrere le famose giornate dell’ottobre 1918, sono stati molto ingrati non citando l’uomo che aveva lavorato così strenuamente alla distruzione della vecchia Russia e alla sua sostituzione con l’inquietante U.R.S.S.

Leave a comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Recent Posts
Sponsor