L’asse Stati Uniti-UE-Israele: nemico mortale del socialismo arabo (e del benessere dei popoli)

Ieri, lo storico Matteo Luca Andriola ha pubblicato su Facebook il seguente post:

«Il 28 settembre 1970, moriva uno dei padri del socialismo arabo, strenuo avversario dell’imperialismo colonialista occidentale, nemico implacabile del fondamentalismo islamista wahhabita, mettendo al bando la Fratellanza Musulmana, difensore della causa arabo-palestinese e in ottimi rapporti diplomatici non solo coi paesi del Patto di Varsavia e del Movimento dei Paesi non allineati, ma con l’Italia repubblicana (si chieda ad Enrico Mattei e all’ENI) … Oggi veniva a mancare il presidente della Repubblica Araba d’Egitto e della Repubblica Araba Unita (Egitto e Siria), Gamal Abdel Nasser. Morto lui la lenta decadenza coi successori e l’incedere del fanatismo islamista foraggiato dall’Occidente liberale nel 2011 con le primavere arabe».

Da parte mia, ho aggiunto al predetto post il seguente commento:

«In questi decenni l’asse Stati Uniti-Israele si è dimostrato un nemico irriducibile del socialismo arabo: guerra all’Iraq (morte di Saddam Hussein); guerra alla Libia (morte di Gheddafi); guerra alla Siria (Assad in esilio a Mosca). E in Italia? In Italia, c’è stata Mani Pulite (a suo modo, un’altra rivoluzione colorata), e la fine dell’economia sociale di mercato perseguita da socialisti e democristiani».

Adesso, mi soffermo in particolare sul (triste) destino dell’Italia:

Se fino all’inizio degli anni Novanta l’Italia è stato un Paese a sovranità limitata, con il varo della cosiddetta Seconda Repubblica svanisce ogni residua autonomia: l’Italia diventa, come ha recentemente scritto il prof. Alessandro Orsini, “uno Stato satellite della Casa Bianca”. Della classe politica della Prima Repubblica ci rimane solo la Costituzione, quella Costituzione che a suo tempo Matteo Renzi ha provato a manomettere, per fortuna senza successo (anche in quel caso, su mandato d’Oltreoceano[1]). Ma la Costituzione ormai è lettera morta, a cominciare dal suo articolo 11 (quello che ripudia la guerra). L’Italia, in nome della russofobia, si prepara al Grande Riarmo, a spese di quel che rimane dello stato sociale. Di fronte a questo degrado, bisognerebbe rileggere l’ormai classico libro “I giorni dell’Iri”, del socialista Massimo Pini (antico collaboratore di Craxi), che ricostruisce il contesto politico-giudiziario in cui, all’inizio degli anni Novanta, maturò la decisione sciagurata di smantellare l’Iri, e, con l’Iri, quell’economia mista che aveva fatto da traino allo sviluppo italiano del secondo dopoguerra. Oggi l’Italia si trova ingabbiata nella UE a trazione (israelo) americana e, quindi, nella morsa dell’austerity. L’unica soluzione che poteva riportare l’Italia nel solco di una politica economica virtuosa era quella della moneta fiscale, come sostiene da anni Stefano Sylos Labini, ma la moneta fiscale ha avuto solo un’applicazione parziale con il cosiddetto Superbonus (una misura limitata al solo settore edilizio), per poi venire stroncata da Draghi e da Giorgetti, due opachi tecnocrati che sono riusciti a rovinare definitivamente il nostro Paese.

[1] https://www.wallstreetitalia.com/riforma-costituzione-lha-suggerita-jp-morgan/

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