Gian Pio Mattogno: Un osservatorio che non osserva e silenzia

Gian Pio Mattogno 

UN OSSERVATORIO CHE NON OSSERVA E SILENZIA

 

Dal momento che, per quanto potenti, le organizzazioni ebraiche internazionali, con il consueto codazzo di utili idioti e Shabbat goyim nostrani, almeno fino ad oggi in Italia non sono riuscite ad imporre una censura diretta contro chi dissente dalle narrazioni ufficiali, esse sono costrette ad impiegare un’altra tattica, forse non altrettanto efficace, ma che sperano perlomeno in qualche modo proficua: la tattica del silenziamento.

Poiché da noi fortunatamente non è ancora possibile reprimere, a colpi di decreti governativi e a colpi di magistratura, scritture e pensieri liberi, non allineati ai dettami della Sinagoga, si cerca allora non di confutarli (perché confutarli significherebbe comunque discuterne), ma appunto di silenziarli puramente e semplicemente, facendo terra bruciata attorno ad essi in modo che siano diffusi e conosciuti il meno possibile.

Non tutti sono a conoscenza del fatto che le due più importanti catene internazionali di distribuzione libraria in rete, Amazon e Barnes & Noble, nel tempo si sono piegate ai diktat (pardon, alle raccomandazioni) dei grandi rabbini della finanza mondiale ed hanno escluso dai propri cataloghi le pubblicazioni non gradite alla Sinagoga.

Perché un pensiero che nessuno pensa ed un libro che nessuno legge sono un pensiero ed un libro che di fatto non esistono.

(Diverso è purtroppo il caso di altri paesi europei, dove la semplice manifestazione di un pensiero dissonante viene repressa direttamente dagli sgherri della polizia del pensiero con pesanti sanzioni pecuniarie e/o con la galera. Alla faccia della “liberté, égalité, fraternité” e dei “diritti dell’uomo” tanto strombazzati!).

Sotto questo riguardo, in Italia la polizia del pensiero è ben rappresentata dall’Osservatorio antisemitismo, emanazione della Fondazione CDEC (Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea), il quale, leggiamo sul sito della Fondazione, fondato nel 1975 «monitora quotidianamente l’antisemitismo in tutte le sue molteplici manifestazioni, rivolgendo particolare attenzione ai diversi caratteri del fenomeno, alle sue differenti matrici e forme. L’azione di monitoraggio assicura la copertura dell’intero territorio nazionale. Il Italia il settore offre un servizio unico nel suo genere e viene utilizzato per studi ed indagini di carattere storico, sociologico e giornalistico» (cded.it).

Se aggiungiamo che periodicamente l’Osservatorio mette a disposizioni rapporti e documentazioni ad uso e consumo della stampa, ora sappiamo da chi i gazzettieri Shabbath goyim attingono “liberamente” per le loro quotidiane filippiche filo-semitiche.

Ed in effetti, le occhiute spie dell’Osservatorio, come la proverbiale madre sempre incinta, sono perennemente in azione per scovare qualche trama occulta dei biechi antisemiti.

Così ecco un giorno finalmente rintracciata, fotografata e denunciata sul sito dell’Osservatorio antisemitismo una microscopica ma pericolosissima svastica di un centimetro quadrato su un muro diroccato delle campagne di Scurcola Marsicana, Zagarolo o Canicattì.

Un altro giorno, è la volta di una stella di Davide disegnata sotto un cavalcavia da qualche criminale graffitaro antisemita.

Ma non manca neppure la denuncia della nefasta azione antisemita di quella donnaccia che protesta davanti ad una sinagoga indossando una maglietta con su scritto: Basta uccidere bambini innocenti.

L’Osservatorio monitora anche tutte le manifestazioni di dissenso sul piano culturale, senza però mai entrare nel merito delle discussioni.

Alcune “news”, come usa dire, sono assolutamente tabù.

Ad es., per non citarne che alcune, nonostante siano spesso presenti in rete sui siti anticonformisti e nell’editoria non allineata, le polemiche attinenti al Talmud e ai vari aspetti del giudaismo rabbinico sono totalmente assenti dai radar dell’Osservatorio.

Non se ne parla mai, né direttamente, né indirettamente.

Neppure quando tali polemiche sono sollevate da persone totalmente sprovvedute o da personaggi improbabili animati da leonino coraggio da tastiera, e dunque facilmente confutabili e ridicolizzabili.

(Ovviamente qui non prendo minimamente in considerazione tutte quelle manifestazioni illegali che vanno giustamente perseguite, e che nulla hanno a che fare con una sana battaglia delle idee).

Di fatto, queste polemiche anti-talmudiche semplicemente non esistono, perché non devono esistere.

Et pour cause! Meglio lasciar marcire prudentemente gli scheletri nell’armadio e non dare occasioni di risvegliare il can che dorme.

Ultimamente l’Osservatorio ha aggiornato la sua tattica del silenziamento.

Da tempo esso pubblica annualmente un rapporto sull’antisemitismo in Italia, dove fa il punto sugli atti, presunti o tali, di antisemitismo sui social media, sulla stampa, nell’editoria ecc., non mancando naturalmente ogni volta di segnalare le “buone pratiche” di “contrasto all’antisemitismo”.

Ora, fino a pochissimi anni fa, nella parte della relazione dedicata all’antisemitismo nell’editoria e nella cultura, venivano regolarmente registrate, ancorché in una luce negativa, le pubblicazioni “antisemite” con tanto di menzione di autore e casa editrice.

Da qualche anno a questa parte però i titoli, gli autori e i nomi delle case editrici sono scomparsi.

Non esistono. O meglio, per i lettori non devono esistere.

I sagaci compilatori delle relazioni si sono forse accorti che stavano facendo una pubblicità gratuita a pensieri e scritti indesiderati?

E che magari il semplice dubbio potesse essere contagioso e diffondersi?

Allora è meglio silenziare, piuttosto che affrontare apertamente un dibattito.

Perché loro sono i buoni assoluti che combattono il male assoluto, e la bontà assoluta non va dibattuta, né tantomeno messa in discussione.

Il Talmud è infatti così buono che il nostro governo ne sta finanziando la traduzione (a spese dell’ignaro contribuente).

Perché allora andare a sfruculiare il can che dorme, col pericolo che anche l’ignaro goy prima o poi si svegli, e venga a conoscenza di cose che è più prudente tenere rinchiuse e nascoste nell’armadio?

Non è più saggio rubricarle sotto il magico mantra di giudeofobia, che tutto spiega e tutto giustifica?

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