Gian Pio Mattogno: L’odio rabbinico-talmudico contro i cristiani nella liturgia

Gian Pio Mattogno 

L’ODIO RABBINICO-TALMUDICO CONTRO I CRISTIANI NELLA LITURGIA:

LA BIRKAT HA-MINIM

Tre volte al giorno (la mattina, il pomeriggio e la sera) il pio giudeo recita la preghiera Amidah (= “in piedi”), chiamata anche Shemoneh Esre, (= diciotto) [benedizioni], o anche Tefillah, la preghiera per antonomasia.

Ma oltre alle diciotto benedizioni, il pio giudeo ne recita una diciannovesima, che figura come dodicesima benedizione: la Birkat ha-minim, lett. benedizione degli eretici.

Quest’ultima “benedizione” in realtà è una maledizione.

Apro il Sìyach Yitzchàk. Libro di preghiere. Tradotto e commentato. Rito sefardita. Traduzione di rav S.J. Sierra e rav Shlomo Bekhor, Edizioni DLI, Mamash Edizioni Ebraiche, 1998 (con testo ebraico a fronte; l’impaginazione, secondo l’uso ebraico, è da destra a sinistra) e a p. 125 leggo il testo della Birkat ha-minim:

«Per gli eretici e i calunniatori non vi sia alcuna speranza e tutti gli arroganti vengano distrutti al più presto. Tutti i tuoi nemici e tutti coloro che Ti odiano siano presto sterminati. Quanto al regno della malvagità, abbattilo, spezzalo, distruggilo e sottomettilo presto, ai giorni nostri. Benedetto tu Hashèm, che spezza i nemici e piega gli arroganti».

Il termine ebraico tradotto con eretici è למינים (= minim, preceduto dalla lettera lamed in funzione di preposizione “per”).

Una nota a pie’ di pagina spiega:

«Per gli eretici: cronologicamente, questa è la diciannovesima benedizione della ‘Amidà. Fu istituita a Yavné quando rabbàn Gamlièl era nassì (principe) di Israèl, dopo la distruzione del secondo Tempio, in risposta alla minaccia costituita dalle sette eretiche ebraiche, tra cui i Sadducei e gli Esseni, che cercavano di fuorviare con esempio e persuasione gli ebrei osservanti, e usavano il loro potere politico per opprimerli e calunniarli di fronte alle autorità romane».

Il pio giudeo curatore del libro di preghiere si guarda bene però dal precisare che fra questi minim da sterminare figurano anche i cristiani.

Per quale ragione cerca di dissimulare la cosa?

Sicuramente mipnei darkhei shalom (= a causa delle vie della pace, per amore della pace), cioè per evitare la reazione e l’ostilità dei non-ebrei in generale, e dei cristiani in particolare.

Nondimeno, la cosa resta.

La Birkat ha-minim ha una lunga storia.

(Fonti, letteratura scientifica e dibattito storiografico in: Il Talmud e i cristiani nella disputa di Parigi del 1240, Effepi, Genova, 2015. Cap. II: La Birkat ha-minim e i cristiani, pp. 95-134; Impia Judaeorum Perfidia. La Chiesa e la polemica contro il Talmud dalle origini al XV secolo, ivi, 2021, pp. 12 sgg.).

Il termine minim (plurale di min, lett. “specie”, eretico; da min deriva minuth = eresia) all’inizio indicava diverse categorie di eretici.

Si è a lungo dibattuto se includesse anche i cristiani.

I termini della questione sono stati perfettamente messi a fuoco già alla fine del XIX secolo da W. Bacher (Le mot “minim” dans le Talmud désigne-t-il quelquefois des chrétiens?, «Revue des Études Juives» 38 (1899), pp. 38-46).

Sulla scorta delle fonti rabbiniche, Bacher dimostra che minim inizialmente designava svariate categorie di eretici, ma quando il cristianesimo cominciò a guadagnare sempre più proseliti, i rabbini applicarono la qualifica di minim di preferenza ai cristiani.

Alla luce delle fonti rabbiniche e dell’evoluzione nei secoli della preghiera, possiamo dire che all’inizio il termine minim indicava diverse categorie di eretici, fra cui anche i primi cristiani d’ascendenza giudaica (dopo che i rabbini li ebbero espulsi dalla sinagoga), poi, con la diffusione del cristianesimo, passò a designare soprattutto i cristiani, d’ascendenza giudaica o gentile, e successivamente quasi esclusivamente i cristiani tout court.

Nel tempo la preghiera ha subìto varie modifiche, attestate dalle numerose recensioni che ci sono pervenute, le più importanti delle quali sono quelle palestinesi (dove compare esplicitamente anche il termine notzrim = nazareni, cristiani) edite da S. Schechter e J. Mann, e quella babilonese edita da L. Finkelstein.

Oltre alle fonti rabbiniche, le prime allusioni alla preghiera compaiono in tre passi del Vangelo di Giovanni, redatto verosimilmente tra la fine del I e l’inizio del II secolo: 9,22; 12,42; 16,2.

Il termine impiegato dall’evangelista per indicare l’espulsione dei cristiani dalla sinagoga è aposynagogos.

Oltre al Vangelo di Giovanni, l’esistenza di maledizioni giudaiche contro i primi cristiani è attestata, direttamente o indirettamente, dalle fonti patristiche (Giustino di Nablus, Eusebio di Cesarea, Epifanio di Salamina, Girolamo), che abbracciano un arco di tempo di oltre tre secoli.

Nei secoli seguenti le fonti tacciono, ma la Birkat ha-minim doveva essere diffusa fra le comunità ebraiche della diaspora, se è vero che nel IX secolo il vescovo Agobardo di Lione conosceva – per il tramite delle frequenti conversazioni con alcuni membri della locale comunità ebraica, come lui stesso scrive ‒ le imprecazioni dei giudei contro Gesù e Maria, ed era al corrente delle maledizioni nelle loro preghiere contro i cristiani.

Alcuni secoli dopo, il processo di Parigi del 1240 dimostrò che i minim erano proprio i cristiani e che la Birkat ha-minim era diretta contro i cristiani.

Il principale accusatore degli ebrei, Nicholas Donin, un ex-ebreo caraita convertitosi al cristianesimo, con un gioco di parole viene sprezzantemente chiamato dai rabbini suoi avversari Domin.

Quando nella sua difesa introduce le parole di Donin per cercare di confutarle, R. Yehiel di Parigi dice: «Va-yomer ha-min» (e il min disse).

Altre testimonianze e documenti medievali attestano inequivocabilmente che col termine minim i giudei indicavano i cristiani.

Da allora fino ad oggi le cose non sono cambiate (e se qualcosa è cambiato, è solo l’approccio opportunistico alla preghiera).

Fra gli studi sulla storia della Birkat ha-minim merita una particolare menzione il lavoro di Ruth Langer, Cursing the Christians? A History of the Birkat Haminim (2012), dove l’autrice ha messo a frutto diverse sue ricerche.

Ne illustriamo alcuni tratti salienti sulla base di una recensione da parte di Allan Nadler, docente di studi religiosi e direttore del programma di studi ebraici alla Drew University, nonché Visiting Professor di studi ebraici alla Mc Gill University e Interim Rabbi of Congragation Beth El, che riportiamo ampiamente (Do Jews Curse Christians?, «Jewish Ideas Daily», Tuesday, July 17, 2012).

Nadler esordisce riportando le parole di Girolamo (342-420) nel suo commento a Isaia, il quale lamenta amaramente che i giudei «perseverano fino ad oggi nella bestemmia e in tutte le loro sinagoghe anatemizzano tre volte al giorno il nome cristiano».

Le parole di Girolamo echeggiano quelle precedenti di Epifanio (315-403):

«Non solo i giudei nutrono odio per i loro nemici. Essi si alzano persino all’alba, poi a mezzogiorno e infine verso sera, quando recitano le loro preghiere nella sinagoga, e li maledicono e li anatemizzano. Tre volte al giorno dicono: Dio maledica i nazorei [nazareni]».

Come documenta Ruth Langer nel suo saggio, la frequenza e la veemenza delle condanne da parte della Chiesa hanno avuto alti e bassi nel corso dei secoli, tendendo ad aumentare in periodi di accresciute tensioni religiose, in particolare durante il periodo delle dispute teologiche antigiudaiche nella Spagna e nella Francia del XIII secolo.

Uno degli attacchi più feroci alla liturgia ebraica proviene da Nicholas Donin, il quale, a proposito della Birkat ha-minim, scrive:

«Tre volte al giorno, in una preghiera che ritengono più importante delle altre, gli ebrei maledicono il clero della Chiesa, i re e tutti gli altri. Questa preghiera è nel Talmud e deve essere recitata a piedi uniti, senza parlare d’altro né interromperla, nemmeno se un serpente si avvolge intorno alla caviglia. Questa [preghiera] viene recitata da uomini e donne sottovoce. Il sacerdote la recita poi due volte e tutti rispondono “amen” a ogni maledizione»

[Contrariamente a quanto dichiara Donin, il testo della preghiera non si trova nel Talmud. Nel Talmud però si possono rinvenire le fonti relative alla genesi della Birkat ha-minim: Tosefta Berakhoth 3,25 (la più antica menzione della preghiera); Tosefta Taanit 1,9-10; Berakhoth 28b-29a, 33a; Megillah 17b; Talmud Ger. Berakhoth 2,4 (3); 4,3; 5,4].

Nadler chiosa: «Un’immagine agghiacciante. Ma la Birkat ha-minim riguarda davvero i cristiani?».

In verità, risponde, le interpretazioni rabbiniche circa il significato e lo scopo della preghiera non furono mai unanimi, e il testo rimase estremamente instabile per secoli.

Talvolta la preghiera fu modificata per via della censura cristiana; altre volte a causa della stessa apologetica giudaica.

Di conseguenza, le opinioni relative all’identità di coloro che venivano condannati dalle maledizioni oscillarono significativamente a seconda del tempo e del luogo.

Se in Italia e nei paesi musulmani la questione era abbastanza confusa, scrive Nadler, nell’Europa settentrionale cristiana, soprattutto nell’Alto Medioevo, vi era un ampio consenso dei rabbini sul fatto che la Birkat ha-minim fosse effettivamente formulata in riferimento ai cristiani, e che comunque dovesse essere rivolta contro di loro.

Ma dal momento, aggiungiamo noi, che il senso più profondo di una preghiera è sempre lo stesso e non può variare a seconda dei tempi e dei luoghi, è chiaro che i rabbini la interpretavano correttamente come una preghiera contro i cristiani là dove non temevano di farlo, e che invece mentivano mipnei darkhei shalom là dove era necessario mentire.

Difatti, durante i periodi di persecuzione da parte della Chiesa, scrive Nadler, molte autorità rabbiniche «ribaltarono apologeticamente questa interpretazione, negando che l’invocazione per la caduta dei nemici di Israele avesse qualcosa a che fare con i cristiani».

Ad es., ancora nel XVIII secolo il rabbino Jacob Emden di Amburgo, uno dei principali talmudisti della sua epoca, sosteneva che le maledizioni della preghiera sono rivolte esclusivamente al meshumad (apostata) che si converte più per ripicca che per sincera convinzione, e non ai gentili.

Per lui l’apostata per eccellenza era il falso messia Shabtai Tzvi, ed arrivò ad invocare lui stesso con insistenza la reintroduzione del termine minim nella preghiera, dopo che questo era stato cancellato dalla censura ecclesiastica verso la metà del XVI secolo.

Emden voleva dare ad intendere che, quando recitava la Birkat ha-minim, il pio giudeo aveva in mente i seguaci di Shabtai Tzvi, i Sabbatei. Il trucco rabbinico, che arrivò paradossalmente ad includere nella maledizione anche i cristiani convertiti all’ebraismo, era palese, e mirava a distogliere lo sguardo dal vero obiettivo della maledizione.

Nonostante tutte queste negazioni che i cristiani fossero i destinatari della maledizione contenuta nella preghiera, scrive Nadler, «i cristiani (in ebraico “notzrim”) sono esplicitamente menzionati per nome in molte delle sue prime varianti».

Ma mentre durante i primi secoli del cristianesimo il temine notzrim si riferiva esclusivamente ai credenti nel ministero di Gesù e non ai suoi seguaci gentili, col passare del tempo esso «divenne un termine indifferenziato nell’uso ebraico successivo», cioè passò a designare tutti i gentili cristiani.

Nonostante tutte le incertezze che riguardano la genesi, la datazione e lo scopo della “benedizione” (Langer la fa risalire alla fine del IV secolo nella Palestina romana), nonché la varietà delle sue versioni e dei suoi obiettivi precisi, messi in luce dal dibattito storiografico, resta il dato di fatto inconfutabile che ancora oggi la Birkat ha-minim sia diretta soprattutto contro i cristiani.

Il fatto che nelle versioni contemporanee della Birkat ha-minim non vi sia assolutamente alcun riferimento ai notzrim, non è una prova a discarico, ma a carico.

Come scrive Nadler, è un’ironia che gli ebrei di oggi abbiano conservato la variante derivante dalla censura della Chiesa.

Ironia, sì, ma fino ad un certo punto.

In realtà, è solo un’astuzia rabbinica, esattamente come quella della finta autocensura decisa dal sinodo ebraico riunito in Polonia nel 1631.

Nonostante la censura ecclesiastica avesse rimosso dall’edizione di Basilea i passi talmudici considerati anti-cristiani, nella successiva edizione del Talmud di Cracovia questi passi vennero reintrodotti, e questo non mancò di suscitare l’indignazione degli ebraisti cristiani.

Il sinodo ebraico di Polonia del 1631 prescrisse allora quanto segue:

«… Per tale ragione vi ingiungiamo, sotto pena di scomunica maggiore, di non stampare nulla nelle future edizioni, sia della Mishnah che della Ghemarah, che abbia una qualche relazione, nel bene o nel male, con gli atti di Gesù di Nazareth … Vi ingiungiamo di conseguenza di lasciare in bianco, in queste edizioni, i luoghi riguardanti Gesù di Nazareth e di mettere al loro posto un cerchio come questo O, che avvertirà i rabbini e i maestri di scuola di insegnare alla gioventù tali luoghi solo a viva voce. Grazie a questa precauzione, i dotti nazareni (cristiani) non avranno alcun pretesto per attaccarci al riguardo».

(De l’harmonie entre l’Église et la Synagogue ou Perpétuité et Catholicité de la Religion chrétienne par Le Chevalier P.L.B. Drach. Tome premier, Paris, 1844, p. 168, con in nota il testo ebraico originale).

Quando al giorno d’oggi il pio giudeo recita la Birkat ha-minim, non vede nessun cerchio O sul suo libro di preghiere, ma sa ugualmente benissimo a chi è rivolta.

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