Comidad: I profeti dimenticati del fondomonetarismo

Comidad: I profeti dimenticati del fondomonetarismo

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I PROFETI DIMENTICATI DEL FONDOMONETARISMO
  
La feroce lotta di
potere interna al Fondo Monetario Internazionale coinvolge per la
seconda volta consecutiva il suo massimo dirigente. Nei confronti di
Dominique Strauss-Kahn si ricorse addirittura ad uno scandalo
sessuale, mentre per Christine Lagarde ci si è limitati a ripescare
dei trascorsi peccatucci
del suo passato
di ministro dell’economia; quisquilie, se
paragonati ai reati commessi dal presidente della Commissione Europea
Juncker e dalla Cancelliera Merkel; reati per i quali, peraltro, i
due l’hanno fatta franca.
I conflitti interni al FMI non
costituiscono mero gossip, dato che ridefiniscono i rapporti di forza
tra le principali lobby finanziarie del mondo. Il FMI ha sede a
Washington, ma il suo direttore operativo è un europeo, spesso un
francese. Ciclicamente le lobby statunitensi devono ribadire che la
sede è più importante dell’occupante di turno e, per l’occasione,
si sono servite di qualche toga a stelle e strisce che opera in
Francia.
Oggi il FMI è il principale componente della cosiddetta
“Troika”, ed anche il vero padrone dell’Unione Europea.
Questo strapotere non è nato da un giorno all’altro, anzi, ha dietro
una storia. Poco più di un mese fa proprio Christine Lagarde aveva
pronunciato un discorsetto
celebrativo
su uno statista appena scomparso, l’ex Cancelliere
tedesco Helmut Schmidt, un personaggio molto meno noto e meno
ricordato dell’altro Helmut che gli era succeduto nella carica di
Cancelliere, cioè Kohl. Il discorsetto della Lagarde su Schmidt
poteva apparire come uno dei tanti necrologi di circostanza, eppure
si stava parlando proprio di uno degli uomini che hanno contribuito a
stabilire l’ormai quarantennale dominio del FMI sull’Europa.
Nel
1974 Helmut Schmidt subentrò nella carica di Cancelliere a Willy
Brandt, appena fatto fuori da uno scandalo evidentemente confezionato
dai servizi segreti ed artificiosamente enfatizzato dai media: uno
dei principali collaboratori di Brandt sarebbe stato una spia della
Germania Est. In pochi anni Schmidt riconvertì tutta la politica
economica tedesca e, indirettamente, quella europea, in senso
fondomonetaristico, con privatizzazioni, tagli allo Stato sociale,
compressione salariale, disoccupazione. Il sedicente “riformista”
divenne così il portabandiera dei “sacrifici”, cioè dei
tagli al welfare dei poveri per alimentare il welfare a favore dei
ricchi.
In un’intervista di due anni fa su un giornale bergamasco,
un ex ministro italiano, il democristiano Filippo Maria Pandolfi,
forniva dettagli
decisivi sul ruolo di Schmidt
negli anni ’70. Pandolfi era stato
ministro delle Finanze nei governi Andreotti dell’Unità Nazionale e,
successivamente, ministro del Tesoro sino al 1980. In base alla
testimonianza di Pandolfi, fu proprio Schmidt ad imporre ai
recalcitranti governi italiani il Sistema Monetario Europeo, cioè
quel meccanismo da cui sarebbe nato dapprima l’Ecu, e poi l’Euro.
Nell’intervista Pandolfi non sembra neanche rendersi conto della
gravità di molti dei dettagli delle sue ricordanze, ma all’epoca si
sapeva che Pandolfi fosse stato messo lì proprio perché non era un
modello di lucidità e di consapevolezza.
In un articolo
agiografico su “Il Fatto Quotidiano” in occasione della
recente morte di Schmidt, si sorvolava invece su un dettaglio
imbarazzante
della sua carriera, dato tra il 1976 ed il 1977,
proprio sotto il suo cancellierato, vennero “suicidati” in
carcere quattro membri della RAF. La ridicola versione ufficiale su
quelle morti venne avallata pienamente dal Partito Comunista
Italiano, che, per bocca dell’ex partigiano Antonello Trombadori, si
incaricò persino di redarguire tutti coloro che esprimevano dei
dubbi. Immaginiamoci cosa sarebbe accaduto se a “suicidarsi”
fosse stato qualche esponente del dissenso sovietico: un’ondata di
indignazione a livello mondiale avrebbe travolto l’URSS, ed il PCI si
sarebbe ovviamente accodato al coro degli indignati.
Nei confroni
della RAF, Schmidt attuò una tipica operazione “noskista”,
dal nome di Gustav Noske, il socialdemocratico che fu ministro della
Difesa in Germania dal 1919 al 1920. I “riformisti” della
socialdemocrazia tedesca nel 1919 si schierarono con la
controrivoluzione in nome della difesa della legalità repubblicana,
ma poi quegli stessi riformisti promossero ed appoggiarono
l’illegalità ogni volta che serviva la causa della
controrivoluzione. Noske infatti fu direttamente coinvolto
nell’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, i massimi
dirigenti del movimento spartachista, e lo stesso Noske si rese
inoltre responsabile anche di aver consentito che alla repressione
militare si affiancasse lo squadrismo di formazioni paramilitari
irregolari; ciò con due anni di anticipo rispetto a quanto sarebbe
avvenuto in Italia.
Il noskismo costituì l’elemento di divisione
del socialismo mondiale. I comunisti infatti si separarono dalle
socialdemocrazie non in conseguenza della rivoluzione russa del 1917,
come comunemente si dice, bensì a causa del tentativo di rivoluzione
in Germania nel 1919 e della complicità del “riformismo”
con la reazione; un “riformismo” non a caso bollato come
“socialfascismo”. Sennonché ci sarebbe stato
successivamente anche un noskismo, o “socialfascismo”, di
matrice comunista/stalinista, in Spagna nel 1937, ed in Italia
quaranta anni dopo. Uno stalinista a denominazione di origine
controllata come lo storico Luciano Canfora, ha spiegato il
comportamento dei partiti comunisti in Spagna nel 1937 con la
necessità di non turbare la borghesia spagnola rimasta “leale”
alla Repubblica. Si tratta del tipico argomento noskista della difesa
della legalità costituzionale; un feticismo della legalità che
funziona benissimo come alibi per sparare alla schiena ai
rivoluzionari, ma che risuta patetico, come oggi in Italia, quando si
tratta di difendere la Costituzione dallo smantellamento operato
dalla reazione.
Schmidt, Giscard D”Estaing, Kissinger e Bahr

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