Indro Montanelli: L’Italia “brava gente” è Giachini (La Stanza di Montanelli del 3 gennaio 1998)

Indro Montanelli: L’Italia “brava gente” è Giachini (La Stanza di Montanelli del 3 gennaio 1998)

Paolo Giachini con Erich Priebke
L’ETERNA VOGLIA DI STARE CON CHI URLA DI
PIU’ (La Stanza di Montanelli del 3 gennaio 1998):
Caro
Montanelli, Mi aspettavo qualche sua parola sul caso Priebke, le cui cronache
mi hanno riempito di disgusto e di vergogna per il nostro Paese. A ispirarmi
questi sentimenti non e’ stato soltanto il comportamento della nostra
Giustizia, che non ebbe il coraggio di rifiutare la riapertura di questo caso,
gia’ passato in giudicato cinquanta (diconsi: cinquanta) anni fa con una
sentenza di assoluzione applaudita dai familiari delle vittime quando ancora ne
portavano, caldo e sanguinante, il lutto. Ma ancora piu’ inaccettabile e’ il
contegno di quegli italiani “brava gente”, come amano definirsi, che
stanno protestando, dicono le cronache, con cartelloni in cui richiedono la
morte di quel poveraccio (si’, poveraccio: altro, Priebke non e’) sotto le
finestre dell’anima buona (si’, anima buona) che gli ha offerto un alloggio in
cui scontare gli arresti domiciliari, unica pena applicabile, in tutte le
legislazioni del mondo, a un vecchio di ottantaquattro anni. E questa sarebbe
la “brava gente” italiana. Dica qualcosa anche lei, caro Montanelli.
Il silenzio, in certi casi, e’ diserzione. Franco Chierchi, Roma
Caro Chierchi, Per dire qualcosa,
aspettavo soltanto che qualcuno me ne offrisse il pretesto, e lei e’ finora (30
dicembre) l’unico che lo ha fatto. Come soluzione, quella degli arresti
domiciliari e’, per le sue prevedibilissime conseguenze pratiche, insensata. Ma
e’ l’unica cui poteva arrivare un processo senza senso come questo. Credo che
la nostra Giustizia militare avrebbe fatto molto volentieri a meno di
riaprirlo. Ma non ha trovato il coraggio di rifiutarlo sotto la pressione non
della pubblica opinione che ritengo maggioritariamente disgustata da quanto sta
accadendo, ma di quella urlante frangia di forsennati, cui vorrei tanto
riconoscere l’attenuante di un incontenibile sdegno, ma non ci riesco perche’
sono sicuro che lo sdegno non c’entra. C’entra piuttosto la voglia, l’eterna
voglia italiana, di stare con chi urla di piu’, e quindi fa piu’ paura. Ecco
perche’ sono li’, questi zeloti di un martirio rivendicato come diritto
ereditario e farne sfoggio. Essi dicono di volere “non vendetta, ma
giustizia”. Quale giustizia? Sanno benissimo che l’ergastolo non e’
applicabile a Priebke per ragioni di eta’. Ma vorrebbero che, pur lasciato a
piede libero, a quel piede venisse applicata la campanellina che nel Medio Evo
si applicava al piede dei lebbrosi per mettere in guardia i passanti dal
contagio: un Priebke agli arresti domiciliari ma senza domicilio, e percio’
condannato a vivere tra i rifiuti della societa’. Ecco la giustizia di questi
giustizialisti. Io non conosco quel signor Giachini che ha accolto Priebke a
casa sua esponendosi al furore, anche se tutto di scena e di teatro, dei
dimostranti che sfilano sotto le sue finestre con striscioni insigniti da
questa nobilissima e cristianissima scritta in perfetta armonia con le feste
natalizie: “Priebke assassino, vattene da casa nostra!”. Non l’ho mai
incontrato, e non so cosa sia l’associazione “Uomo e liberta” di cui
e’ presidente. Ma il fatto che, considerando Priebke un “perseguitato”,
quale nei fatti e’, gli abbia offerto ospitalita’ nel proprio appartamento,
m’induce a mandargli attraverso questa “stanza” una stretta di mano.
Quelli in cui si e’ cacciato devono essere davvero guai grossi: gl’insulti a
cui si espone (e speriamo che rimangano solo insulti), i comprensibili malumori
dei coinquilini sottoposti ai controlli dei cinquanta (dico cinquanta)
carabinieri dislocati per questo servizio, che bloccano le strade e intasano
perfino le scale del casamento, e tutto il resto. Complimenti, signor Giachini.
L’Italia “brava gente” e’ lei. 
Pagina 33
(3 gennaio 1998) – Corriere della Sera

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