
Gian Pio Mattogno
«WE THE JEWS, THE DESTROYERS».
CONFESSIONI DI INTELLETTUALI EBREI MODERNI
SULL’AZIONE DISTRUTTRICE DEL GIUDAISMO RABBINICO-TALMUDICO
Fin dall’antichità classica gli ebrei sono stati accusati di esclusivismo etnico-religioso, asocialità, odio contro il genere umano, spirito di sedizione, imperialismo messianico.
Gershom G. Scholem scrive che il messianismo ebraico è per sua natura – non lo si ripeterà mai abbastanza – «attesa di cataclismi storici». Esso «annuncia rivoluzioni, catastrofi, che dovranno prodursi quando dal tempo della storia presente si passerà ai futuri tempi messianici» (G. G. Scholem, Le messianisme juif, Paris, 1974, p. 31).
Sono note, e spesso citate, le pagine di Bernard Lazare, L’antisémitisme. Son histoire et ses causes, Paris, 1894.
Meno conosciute sono le testimonianze che seguono, tratte da autorevoli scrittori ebrei moderni, le quali costituiscono altrettante confessioni, in piena e totale sintonia con la tradizione rabbinica e lo spirito talmudico, palese o latente, spesso camuffate come al solito dietro le parole d’ordine di giustizia, libertà, universalismo e diritti dei popoli.
MAURICE SAMUEL (1895-1972)
You Gentiles, New York [1924]
«Se ho a lungo riflettuto su questo problema degli ebrei e dei gentili, è perché fin dal primo sorgere dell’autocoscienza ebraica ho ritenuto che gli ebrei e i gentili costituiscono due mondi, che tra voi gentili e noi ebrei c’è un abisso incolmabile».
(«If I long pondered this question of the Jew and gentile it is because I suspected from the first dawning of Jewish selfconsciousness that the Jew and gentile are two worlds, that between you gentiles and us Jews lies an unbridgeable gulf» (p. 9).
«Anni di osservazione e di riflessione hanno dato una forza crescente alla convinzione che noi ebrei viviamo separati da voi gentili, che un antagonismo primario spacca l’umanità conosciuta in due parti distinte; che questo antagonismo è fondamentale, e che tutte le differenze che esistono tra voi gentili sono cose insignificanti rispetto a ciò che divide tutti voi da noi»
(«Years of observation and thought have given increasing strenght to the belief that we Jews stand apart from you gentiles, that a primal duality breaks humanity I know into two distinct parts; that this duality is a fundamental, and that all differences among you gentiles are trivialities comparated with that which divides all of you from us» (p.12).
«Io non credo che questa differenza primaria fra gentili ed ebrei sia colmabile. Voi e noi possiamo arrivare ad un’intesa, mai ad una conciliazione. Ci sarà attrito fra di noi fintantoché saremo a stretto contatto. Perché natura e costituzione e ideali ci dividono da voi tutti per sempre ‒ e questa non è una mera opinione, un mero modo di dire, una mera differenza di fede nazionale o religiosa»
(«I do not believe that this primal difference between gentile and Jew is reconciliable. You and we may come to understanding, never to a reconciliation. There will be irritation between us as long as we in intimate contact. For nature and constitution and vision divide us from all you forever ‒ not a mere convinction, not a mere language, not a mere difference of national or religious allegiance») (pp. 23-24).
«Noi apparteniamo all’Unico Dio dominatore, voi alla repubblica degli dèi faceti. Sono due stili di vita, l’uno completamente estraneo all’altro. Entrambi hanno il loro posto nel mondo, ma essi non possono crescere sullo stesso suolo, non possono rimanere vicini senza antagonismo».
(«We belong in the One mastering God; you to the republic of playful gods. These are two ways of life, each utterly alien to the other. Each has its place in the world ‒ but they cannot flourish in the same soil, they cannot remain in contact without antagonism») (pp. 36-37).
«Noi ebrei siamo accusati di essere distruttori: qualunque cosa mettete su, noi la buttiamo giù. Questo è vero solo in senso relativo. Noi non siamo deliberatamente iconoclasti: non siamo nemici delle vostre istituzioni semplicemente a causa dell’avversione che esiste fra di noi. Noi siamo una massa senza patria che cerca di soddisfare i propri istinti costruttivi. E non possiamo trovare soddisfazione nelle vostre istituzioni; esse sono le istituzioni giocose degli splendidi figli dell’uomo, non dell’uomo stesso. Noi cerchiamo di adattare le vostre istituzioni alle nostre esigenze, perché la nostra vita debba potersi esprimere; e cercando di ricostruirle per le nostre esigenze, noi le demoliamo per le vostre. Poiché la vostra istituzione principale è la stessa struttura sociale, ed è in questa che noi siamo più palesemente distruttori».
(«We Jews are accused of being destroyers; whatever you put up, we tear down. It is true only in a relative sense. We are not iconoclasts deliberately: we are not enemies of your institutions simply because of the dislike between us. We are a homeless mass seeking satisfaction for our constructive instincts. And in your institutions we cannot find satisfaction; they are the play institutions of the splendid children of man ‒ and not of man himself. We try to adapt your institutions to our needs, because while we live we must have expression; and trying to rebuild them for our needs, we unbuild for yours. Because your chief institution is the social structure itself, it is in this that we are most manifestly destroyers» (pp. 146-147).
«Il nostro stesso radicalismo è del tutto diverso. Ciò che ci sprona è un istinto naturale. Noi non dobbiamo sradicare qualcosa in noi per diventare “radicali”, sognatori di giustizia sociale. Noi lo facciamo istintivamente. Non lo vediamo affatto come qualcosa di rivoluzionario. Per noi è una cosa del tutto naturale».
(«Our very radicalism is of a different temper. Our spur is a natural instinct. We do not have to uproot in ourselves to become “radicals”, dreamers of social justice. We are this by instinct: we do not see it as something revolutionary at all. It is tacit with us») (p. 151).
«In ogni cosa noi siamo distruttori, anche negli strumenti di distruzione di cui ci serviamo (…) Noi ebrei, noi distruttori, saremo distruttori per sempre. Nulla di ciò che voi farete soddisferà le nostre esigenze e le nostre richieste. Noi distruggeremo per sempre perché abbiamo bisogno di un mondo tutto nostro, un Dio-mondo che non è nella vostra natura saper costruire».
(«In everything we are destroyers – even in instruments of destruction to which we turn for relief (…) We Jews, we, the destroyers, will remain the destroyers foe ever. Nothing that you will do will meet our needs and demands. We will for ever destroy because we need a world of our own, a God-world, which it is not in your nature to built») (pp. 152, 155).
——————————
THEODOR HERZL (1860-1904)
Der Judenstaat. Versuch einer modernen Lösung der Judenfrage von Theodor Herzl, Leipzig und Wien, 1895 (Lo stesso testo è riportato in: Theodor Herzls Tagebücher 1895-1904. Drei Bände. Erster Band, Berlin, 1922, p. 207. Per la traduzione cfr. Teodoro Herzl, Lo Stato ebraico, Roma, 1955, p. 73)
«La causa remota [dell’antisemitismo] è lo smarrimento della nostra facoltà d’assimilarci, sopraggiunto nel medioevo; la causa prossima è la nostra superproduzione d’intelligenze medie che non hanno né un deflusso verso il basso, né uno sfogo verso l’alto, cioè nessun sano deflusso e nessun sano innalzamento: verso il basso diveniamo proletari, sovversivi, costituendo i sottufficiali d’ogni partito rivoluzionario; e contemporaneamente cresce verso l’alto la nostra terribile potenza finanziaria (und gleichzetig wächst nach oben unsere furchtbare Geldmacht)» (p. 25).
———————————
BARUCH HAGANI (1885-1944)
Le Sionisme politique et son fondateur. Théodore Herzl (1860- 1904), Paris, 1917.
«Non senza fondamento questi intellettuali ebrei sono stati accusati di essere agenti della scristianizzazione, della snazionalizzazione delle società contemporanee. Non è affatto un caso che i grandi teorici e agitatori del socialismo, i Karl Marx e i Lassalle, furono degli ebrei, e che fu un ebreo [Heinrich Heine] che scrisse Atta Troll, ed un altro ebreo [Max Nordau] le Menzogne convenzionali della nostra civiltà (…) Israele fu, nel corso della sua errante esistenza, una protesta vivente contro l’ordine stabilito delle cose, un elemento irriducibile, violentemente attaccato ai suoi ideali e alle sue speranze; delle leggi oppressive avevano soltanto contribuito a mantenerlo in questo isolamento».
(«Ces intellectuels juifs, on les accusa d’être les agents de la déchristianisation, de la denationalisation des societies contemporaines, et non peut-être sans quelque fondament. Ce n’est pas d’une manière absolument fortuite que les grands théoriciens et les grands agitateurs du socialism, les Karl Marx et les Lassalle furent des Juifs, que ce fut un Juif qui écrivit Atta Troll et un autre Juif , les Mensonges coventionnels de notre civilisation (…) Israël fut, dans son errante existence, une protestation vivant contre l’ordre des choses établi, un élément irréductible, violemment attaché à son ideal et à ses espérances; des lois oppressives n’avaient que contribute à le maintenir dans cet isolement» (pp. 27, 28).
—————————————
JAMES DARMESTETER (1849-1894)
Les prophètes d’Israël, Paris, 1892.
«L’ebreo si adopera a svelare i punti deboli della Chiesa e, per scoprirli, si serve, oltre che dell’intelligenza dei libri sacri, anche della sagacia temibile dell’oppresso. Egli è il dottore dell’incredulo. Tutti i ribelli dello spirito vengono da lui, nell’ombra o pubblicamente. Egli è all’opera nell’immenso atelier di blasfemie del grande imperatore Federico e dei principi di Svevia o d’Aragona. È lui che forgia tutto quell’arsenale omicida di razionalismo e ironia che trasmetterà agli scettici del Rinascimento, ai libertini del grand siécle, ed il sarcasmo di Voltaire non è che l’ultima eco roboante di una parola sei secoli prima appena mormorata nell’oscurità del ghetto e, prima ancora, al tempo di Celso e Origene, nella culla stessa della religione del Cristo».
(«Le Juif s’entende à dévoiler les points vulnérables de l’Église, et il a à son service, pour le découvrir, outre l’intelligence des livres saints, la sagacité redoutable de l’opprimé. Il est le docteur de incrédule; tous les révoltés de l’esprit viennent à lui, dans l’ombre ou à ciel ouvert. Il est à l’oeuvre dans l’immense atelier de blasphème du grand empereur Frédéric et des princes de Souabe ou d’Aragon: c’est lui qui forge tout cet arsenal meurtrier de raisonnement et d’ironie qu’il léguera aux sceptiques de la Renaissaince, aux libertins du grand siècle, et le sarcasme de Voltaire n’est que le dernier et retentissant écho d’un mot murmuré, six siècles auparavant, dan l’ombre du Ghetto, et plus tôt encore, au temps de Celse et d’Origène, au berceau même de la religion du Christe») (pp. 185-186).
————————–
ANGELO RAPPAPORT (1871-1950)
Pioneers of the Russian Revolution, New York, 1919
«Per tutto il corso della storia lo spirito dell’ebreo è sempre stato rivoluzionario e sovversivo, ma sovversivo con lo scopo di costruire sulle rovine. Esso è progressivo ed evolutivo; fin dal suo primo insediamento nazionale sono contenuti quei semi di universalismo che erano destinati a germogliare e a dare i loro frutti nei tempi a venire».
(«Throughout history the spirit of the Jew has always been revoltionary and subversive, but subversive with the purpose of building upon the ruins. It is progressive and evolutionary; even in its first establishment it contained the seeds of universalism which were destined to blossom forth and bear fruit in the ages to come») (pp. 255-256).
————————-
ELIE EBERLIN (1875-1951)
Les Juifs d’aujourd’hui, Paris-Firenze, 1927.
«Abbiamo visto che il socialismo idealista del Deuteronomio ha rinunciato a queste basi d’ordine sociale per affermare il principio della giustizia sociale. Di conseguenza, gli ebrei non hanno potuto conservare il loro Stato fra gli Stati dell’antichità ed hanno dovuto fatalmente diventare i fermenti rivoluzionari dell’universo. Il genio ebraico ha lavorato più per l’umanità che per la sua patria. La dispersione degli ebrei è stata il prodotto logico di questo entusiasmo estatico, di questa predestinazione fatale, di quest’opera di martirio con la quale il popolo ebraico compiva instancabilmente la sua missione storica di redentore della libertà dei popoli, di Messia collettivo dei diritti dell’uomo»
(«Nous avons vu que le socialisme idéaliste du Deutéronome a renoncé à ces bases d’ordre social pour l’affermation du principe de justice sociale. De ce fait, les Juifs n’ont pu maintenir leur État parmi les États de l’antiquité et ont dû fatalement devenir les ferments révolutionnaires de l’universe. La dispersion juive a été le produit logique de cet enthousiasme extatique, de cette predes tination fatale, de cette oeuvre de martyr par laquelle le peuple juif accomplissait inlassablement sa mission historique de rédempteur de la liberté des peuple, de Messie collectif des droits de l’homme») (p. 143).
Leave a comment