Herman de Vries de Heekelingen – Thomas Dalton
PROFILO STORICO DELLA PLUTOCRAZIA EBRAICA
(Herman de Vries de Heekelingen, Juifs et catholiques, Paris, 1939, pp. 139-142)
C’è da stupirsi che, da quando esiste una storia ebraica, gli ebrei siano stati sempre gli individui più ricchi?
In ogni epoca e in ogni luogo, le loro ricchezze sono proverbiali.
Ecco alcuni esempi, tratti esclusivamente da fonti ebraiche.
Sotto Carlo Magno, gli ebrei avevano prosperato nel commercio e nell’industria. Le loro ricchezze contrastavano con lo stato miserabile nel quale versava il popolo[1].
Sotto Luigi il Bonario, il loro lusso era sproporzionato ai loro patrimoni, e le dame ebree sfoggiavano magnifiche parures[2].
Nel XII secolo avevano ammassato ingenti ricchezze. I loro granai erano colmi di grano, le loro cantine piene di vino, i loro magazzini pieni di derrate e le loro casseforti colme d’oro e d’argento.
Possedevano non solo case, ma anche terre e vigneti.
La metà di Parigi era nelle loro mani[3].
Si narra di un ebreo di Digione, di nome Salomon, che era creditore delle principali abbazie di Borgogna[4].
Nel 1212 il cavaliere Stefano di Sancerre diede tutti i suoi beni in pegno all’ebreo Elia di Braie, come garanzia di una somma di 80 livres parisis [lire di Parigi], per la quale ogni settimana gli doveva un interesse di due denari per lira[5]. E così via.
Un ebreo confessa che, malgrado le reazioni, malgrado le confische quando il loro arricchimento diventava troppo scandaloso, gli ebrei trovavano «la loro convenienza a rimanere in Francia, e fintantoché li si colpiva solo nel loro denaro, si consolavano, perché erano abbastanza ingegnosi da recuperare in poco tempo ciò che avevano perduto»[6].
Negli altri paesi era lo stesso.
Nel medioevo gli ebrei di Lisbona abitavano la parte più bella della città, la rua Nova[7].
Il clero si lamentava della cattiva influenza che il gran lusso degli ebrei esercitava sul popolo[8].
In Spagna gli ebrei si facevano parimenti notare per il lusso che ostentavano[9].
Sotto Pietro il Crudele spiccava, fra gli altri, un tal Giuseppe, figlio di Efraim, che aveva un codazzo di cinquanta persone e un magnifico equipaggio, cosa rara per quei tempi[10].
Nel XIV secolo possedevano ricchezze colossali e nel regno di Castiglia un terzo delle proprietà era nelle loro mani[11].
Nell’Inghilterra medievale la ricchezza degli ebrei assunse proporzioni tali che le loro case assomigliavano ai palazzi reali[12]. Nella prima metà del XVII secolo già controllavano un dodicesimo del commercio dell’Inghilterra[13]. All’inizio del XVIII secolo c’erano a Londra circa cento banchieri ebrei, con un reddito da mille a duemila lire sterline[14].
In Italia, nel XV secolo gli ebrei erano enormemente ricchi. Si racconta di uno che a Firenze teneva da solo quattro banchi di prestito. Un ebreo di Pisa entrò in concorrenza con lui e lo eclissò con le sue ricchezze[15].
In Germania, in Austria, ma un po’ ovunque, era la stessa cosa. Le autorità erano costrette a prendere misure severe contro l’accrescimento della proprietà fondiaria ebraica. Il popolo, completamente impoverito dall’usura, si vendicava con degli atti atroci.
Tutto ciò riguarda il medioevo ed è tratto, ripetiamo, unicamente da fonti ebraiche.
Ai giorni nostri la ricchezza degli ebrei, non meno grande, è ancora più pericolosa, per via dell’influenza che essi esercitano – un’influenza che nel medioevo non potevano avere.
Disraeli, in una lettera a Lady Bradford, racconta le meraviglie di una cena da Bleichröder, il Rothschild di Berlino, «che vive in un palazzo più sontuoso di quanto si possa immaginare. I pasti sono serviti in una sala tutta in marmo, al suono di una meravigliosa orchestra situata in una galleria dorata …»[16].
Un altro ebreo ci informa che, prima della guerra [I guerra mondiale], c’erano a Vienna 100 milionari, mentre ve n’erano 8.000 dopo la guerra, di cui 7.200 appartenevano al popolo eletto, in gran parte venuti dall’est[17], corvi che s’erano ingrassati sulla carne dei vinti.
L’aumento della ricchezza ebraica dopo l’emancipazione è estremamente inquietante.
Gli stessi ebrei non negano l’enorme ruolo, del tutto sproporzionato rispetto al loro numero, che essi giuocano in tutti i campi.
«Si contano – osserva E. Eberlin – circa due milioni di ebrei che, sia nell’Europa occidentale che negli Stati Uniti d’America, appartengono alla classe borghese. Ora, è incontestabile che, se questi due milioni di ebrei non erano nulla cento anni fa, oggi sono molto. Grazie alla loro cultura e alle loro ricchezze occupano un posto che appare alquanto sproporzionato rispetto alla loro importanza numerica. Se paragonati al grosso della popolazione, sono una manciata, e tuttavia occupano una posizione tale che li si vede ovunque e sembrano essere legione»[18].
(Thomas Dalton, A Brief Look at Jewish Wealth, «The Occidental Observer», February 7, 2019)
Lungo il corso della storia il potere e l’influenza della lobby ebraica sono stati leggendari.
Questo potere a sua volta non deriva dalla potenza politica, né dal sostegno popolare, né dalla rettitudine morale, né da Dio.
È, semplicemente, il potere del denaro.
I ricchi hanno avuto sempre un’influenza sproporzionata nelle loro società, generalmente a vantaggio degli individui e delle loro famiglie.
Ma quando una specifica minoranza etnica lavora più o meno collettivamente, con una grande ricchezza alle spalle, allora quella minoranza può esercitare un potere enormemente sproporzionato. Questo potere è amplificato dal potere ebraico derivante dalla proprietà dei media nell’èra dei media, dalla loro posizione di creatori di contenuti mediatici e dalla loro influenza sulla cultura elitaria, in particolare nel mondo accademico.
Troppo spesso però si leggono attacchi violenti contro “i ricchi ebrei” senza conoscere la storia e senza il supporto di alcun fatto o dettaglio.
Come al solito, la storia è utile per stabilire il contesto ai nostri giorni.
Il primo stretto rapporto tra ebrei, denaro e potere sembra provenire da Cicerone, intorno al 59 a.C. Il suo discorso Pro Flacco presenta una difesa di un propretore romano in Asia, di nome L.V. Flacco, che fu accusato di appropriazione indebita di spedizioni di oro ebraico destinate a Gerusalemme. (Ricordiamo che Roma aveva conquistato la Giudea appena circa quattro anni prima).
Cicerone inizia con una dichiarazione rivelatrice:
«Sapete che grande folla è, come sono uniti, quanto sono influenti nelle assemblee informali. Quindi parlerò a bassa voce, in modo che solo i giurati possano sentire. Perché non mancano coloro che li inciterebbero contro di me e contro ogni uomo rispettabile».
Qui chiaramente Cicerone sta prendendo in giro gli ebrei, ma il loro potere doveva allora essere ben noto, altrimenti la sua frecciatina non avrebbe avuto senso.
Cicerone prosegue con una difesa vigorosa, citando l’«atto di fermezza di Flacco, per sfidare la folla degli ebrei» e il loro «tentativo di attribuirgli odio».
Una seconda precoce allusione viene dall’imperatore Claudio nel suo terzo editto del 41 d.C. Affrontando i disordini civili scoppiati ad Alessandria, Claudio accusa gli ebrei, che vivono «in una città che non è la loro». Essi «possiedono in abbondanza tutte le cose buone», ma abusano della loro ricchezza continuando ad opporsi alle autorità locali e seminano ovunque discordia. In un certo senso, scrive Claudio, andrebbero biasimati «per aver fomentato una piaga generale che infesta il mondo intero».
Poi, nel 100 d.C., abbiamo la nota critica di Tacito, nelle Storie. Nel mezzo di una discussione sulla «razza di uomini odiosi agli dèi» ‒ un popolo tanto «vile e abominevole» quanto «depravato» ‒ egli osserva che gli ebrei della diaspora, «i peggiori mascalzoni fra le altre genti» hanno lavorato senza sosta per inviare «tributi e contributi a Gerusalemme, aumentando così la ricchezza degli ebrei». È chiaro che questa ricchezza veniva usata per scopi perniciosi.
Intorno all’anno 220, Dione Cassio compose la sua Storia romana, dove descrive la seconda e la terza rivolta ebraica, rispettivamente del 115 e 132 d.C. Di quest’ultimo evento, Dione spiega che «ovunque gli ebrei mostravano segni di ostilità verso i Romani». Evidentemente erano in grado di usare la loro ricchezza per corrompere altri, perché venissero in loro aiuto: «E molte nazioni si unirono a loro per desiderio di guadagno». È chiaro che doveva essere necessaria una notevole ricchezza per pagare «molte nazioni», affinché combattessero al loro fianco, e che riuscirono a coinvolgere anche molti altri. «Si potrebbe quasi dire che riguardo a ciò stavano agitando il mondo intero».
Sebbene in quella rivolta fossero usciti sconfitti, gli ebrei riuscirono a riorganizzarsi e a riaffermare il loro potere, un potere che era diventato leggendario nel 300 d.C.[19]. Fu a quell’epoca che Giustino lo storico scrisse il suo lungo trattato Historiarum Philippicarum. Il libro 36 affronta l’ignobile origine del popolo ebraico e spiega la crescita e la coesione di questa tribù singolare. La loro teologia pragmatica fondeva religione e politica in un modo che si rivelò di grande successo. Di conseguenza, «è quasi incredibile quanto siano diventati potenti».
Potenti per davvero. Intorno al 420 il poeta romano Rutilio Namaziano poteva scrivere nel De reditu suo circa la capacità degli ebrei, nonostante fossero stati ufficialmente sconfitti dai Romani, di continuare ad esercitare un’influenza dominante: «La razza conquistata tiene sotto i suoi stessi conquistatori».
Dal medioevo ai nostri giorni
Dopo il crollo di Roma e durante il primo periodo della Chiesa, gli ebrei continuarono ad accumulare ricchezze e ad esercitare il potere.
Lo sappiamo perché, sebbene piccola minoranza, avevano ancora il potere di influenzare i governanti di tutta Europa.
Il figlio di Carlo Magno, Ludovico il Pio (778-840), imperatore del Sacro Romano Impero, si prese cura in modo particolare degli ebrei, emanando una carta di privilegi a loro beneficio. Questa fu una mossa pragmatica, perché a quel tempo gli ebrei erano «molto attivi (militant), aggressivi e potenti»[20].
Gran parte del loro potere e delle loro ricchezze proveniva dall’usura, che aumentò durante il primo Rinascimento.
Al tempo del quarto Concilio Lateranense del 1215, papa Innocenzo III era pronto a emanare canoni che prendevano di mira l’usura. «Quanto più i cristiani sono frenati nella pratica dell’usura, tanto più sono oppressi in questa materia dal tradimento degli ebrei …» (Canone 67).
Non essendo soggetti alle restrizioni morali cristiane, gli ebrei dominavano la finanza e i prestiti a interesse, traendone enormi profitti.
Questa situazione attirò i rimproveri di Tommaso d’Aquino: «Sarebbe meglio (per il monarca) costringere gli ebrei a lavorare per vivere … piuttosto che permettere loro di vivere nell’ozio e di arricchire con l’usura»[21].
300 anni dopo si presentava alla Chiesa [= alla cristianità] lo stesso problema, poiché Martin Lutero si sentì costretto a fare commenti critici, definendo gli ebrei «ladri e rapinatori» che traggono profitto «dalla loro maledetta usura»[22].
Anche il mondo laico dovette fare i conti con la ricchezza e il potere degli ebrei.
Già nel 1798 il filosofo tedesco Immanuel Kant poteva formulare questo sorprendente giudizio: «Attualmente la ricchezza degli ebrei … apparentemente supera pro capite quella di qualunque altra nazione»[23].
Nel 1823 la poesia di Lord Byron “L’età del bronzo” rimarcava il fatto che «tutti gli Stati, tutte le cose, tutti i sovrani sono sotto il loro controllo». Infatti: «È l’oro e non l’acciaio che tende l’arco del conquistatore».
Nel 1843 Bruno Bauer scrisse che «l’ebreo con il suo potere finanziario… determina il destino di tutto l’Impero (austriaco). L’ebreo decide il destino dell’Europa»[24].
E forse più ancora dell’Europa.
In un saggio del 1860, Ralph Waldo Emerson ebbe a rimarcare la durezza ebraica, causata da anni di persecuzioni e sofferenze: «La durezza, che è il segno distintivo dell’ebreo, lo ha reso ai nostri giorni il sovrano dei sovrani della terra»[25].
Nel 1880, Laurent Oliphant poteva scrivere delle «operazioni finanziarie di più vasta portata» degli ebrei. «A causa dell’importanza finanziaria, politica e commerciale che gli ebrei hanno oramai raggiunto», essi sono diventati un alleato indispensabile in ogni futuro conflitto[26].
Dieci anni dopo Goldwin Smith confermò questa veduta: «Oggi [1894] l’ebraismo è la grande potenza finanziaria d’Europa, cioè la più grande potenza di tutte»[27].
Più o meno in questo periodo un giornalista francese di nome Edouard Drumont pubblicò un ampio libro, che ebbe una certa influenza, intitolato La France Juive (1885). Qui fece un’affermazione scioccante e francamente incredibile: «Gli ebrei possiedono la metà del capitale del mondo». Riguardo specificatamente alla Francia, osservò che la ricchezza totale di quella nazione era di circa 150 miliardi di franchi, «di cui gli ebrei possiedono almeno 80 miliardi», ovverosia poco più della metà[28].
Di fronte a tali affermazioni si rimane sbalorditi. Diciamo semplicemente: è impossibile, e ovviamente in qualche modo Drumont si sbagliava.
Ecco i nomi
O forse no. Consideriamo la situazione attuale [2019] negli Stati Uniti.
Dei dieci americani più ricchi, cinque (cioè il 50%), sono ebrei: Mark Zuckerberg (72 miliardi di dollari), Larry Page (60 miliardi di dollari), Sergey Brinn (59 miliardi di dollari), Larry Ellison (54 miliardi di dollari) e Michael Bloomberg (50 miliardi di dollari).
La maggior parte di questo denaro proviene dall’industria high-tech: Facebook (Zuckerberg), Oracle (Ellison) e Google (Page e Brinn)[29].
Dei cinquanta americani più ricchi, almeno 27 (54%) sono ebrei: oltre ai cinque di cui sopra, abbiamo: S. Adelson, S. Ballmer, M. Dell, L. Blavatnik, C. Icahn, D. Moskovitz, D. Bren, R. Murdoch (anch’egli mezzo ebreo), J. Simons, L. Lauder, E. Schmidt, S. Cohen, C. Ergen, S. Schwarzman, R. Perelman, D. Newhouse, D. Tepper, G. Kaiser, M. Arison, J. Koum, S. Ross e C. Cook.
Tecnicamente questa lista dovrebbe includere anche George Soros, il cui patrimonio netto era di circa 26 miliardi di dollari fino a quando non ha “donato” 18 miliardi di dollari alla sua organizzazione di beneficenza all’inizio del 2018.
La ricchezza combinata di questi 27 individui ammonta a circa 635 miliardi di dollari. Nota: se gli ebrei fossero rappresentati proporzionalmente fra i top 50, in questa lista dovrebbe figurare un solo individuo; invece sono 27.
Oppure prendiamo un’altra misura di ricchezza: il reddito del CEO [amministratore delegato][30].
Tra i dieci CEO più pagati, quattro (40%) sono ebrei: Leslie Moonves (CBS)[31], Nicholas Howley (TransDigm), Jeff Bewkes (Warner) e Stephen Kaufer (TripAdvisor).
Tra i primi 35, non meno di 19 (54%) sono ebrei. Oltre ai quattro di cui sopra, ci sono: D. Zaslav, S. Catz, A. Bousbib, R. Iger, M. Rothblatt, S. Wynn, M. Grossman, J. Sapan, B. Jellison, R. Kotick, J. Dimon, L. Fink, B. Roberts, L. Schleifer e S. Adelson.
Quindi, sia che si guardi al totale degli asset oppure al reddito, i dati dimostrano che in America gli ebrei di fatto possiedono o controllano circa la metà della ricchezza, almeno fra l’élite più ricca.
Queste persone sono i protagonisti dei nostri processi politici.
Se la situazione politica fosse dagli ebrei percepita come una crisi, la quantità di denaro riversata nei processi politici risulterebbe quasi incomprensibile.
Da tutto ciò possiamo trarre una conclusione plausibile.
Se gli ebrei al vertice controllano circa la metà di tutta la ricchezza, è ragionevole dedurre che possano detenere una quota simile in tutta la gerarchia della ricchezza[32], diciamo almeno tra il 20% dei detentori di ricchezza, che nel complesso detiene più del 90% di tutta la ricchezza delle famiglie negli Stati Uniti.
Quindi, di quanti soldi stiamo parlando?
Nel 2018 il Wall Street Journal ha riportato che il totale dei beni di tutte le famiglie private negli Stati Uniti ha raggiunto i 100 trilioni di dollari per la prima volta in assoluto[33].
Se gli ebrei americano possiedono o controllano la metà di questa cifra, allora si arriva a 50 trilioni di dollari.
Ora, tutto ciò richiede un momento di riflessione.
Se i numeri di Drumont erano scioccanti, questo è assolutamente sbalorditivo.
Pensateci: ebrei americani che possiedono 50 trilioni di dollari, o, per quei lettori che hanno problemi coi numeri, 50.000 miliardi di dollari.
Se tali numeri sono anche solo vicini al vero, fate questo esperimento mentale: pensate a quanto potere possiede un solo uomo con un solo miliardo di dollari.
Considerate ora l’equivalente di 50.000 di questi individui, che lavorano più o meno all’unisono.
Questo è il potere finanziario degli ebrei americani.
Prendiamo un caso specifico.
Tom Steyer è il tipico miliardario ebreo di basso livello economico, con un patrimonio netto di 1,5 miliardi di dollari.
Ma è eccezionalmente attivo sulla scena politica, come sa chiunque abbia seguito la politica.
Steyer è uno dei principali donatori dei Democratici e sta guidando l’accusa nazionale per l’impeachment
di Trump. Nel 2018 è stato annunciato che avrebbe speso 110 milioni di dollari “to redefine the Democrats”, ovviamente a suo piacimento. Questo lo ha reso “la più grande fonte di denaro per la campagna elettorale a sinistra” e lo ha messo nella condizione “di creare una struttura di partito parallela” tutta sua.
Se un miliardario minore, ma motivato, può fare questo, pensiamo a cosa possa fare l’equivalente di 50.000 miliardari.
Naturalmente, non ci sono neanche lontanamente così tanti miliardari americani. Infatti, il numero totale (ebrei e non-ebrei messi insieme) è stato recentemente stimato da Forbes in soli 585.
Se l’analisi di cui sopra è approssimativamente corretta, circa 190 di questi sono ebrei.
La loro ricchezza totale sarebbe quindi di circa 1,5 trilioni di dollari.
Possiamo spingerci un po’ più in là. A seconda di come li definiamo, ci sono circa sei milioni di ebrei americani. Questi sei milioni controllano quindi, in media, circa otto milioni di dollari a persona, ovverosia otto milioni di dollari per ogni uomo, donna e bambino ebreo. Una tipica famiglia di quattro persone possiederebbe quindi circa 32 milioni di dollari. Non male come vita.
Consideriamo poi l’1% ebraico, che ammonta a circa 60.000 individui. Se la stessa distribuzione approssimativa vale per loro come per tutti gli altri in generale, allora questo 1% più ricco possiede circa il 35% della ricchezza ebraica totale.
Quindi, 60.000 ebrei al vertice possiederebbero circa 18 trilioni di dollari.
I restanti 32 trilioni di dollari verrebbero quindi suddivisi tra gli altri 5.940.000 ebrei americani, producendo una cifra sbalorditiva di oltre 5 milioni di dollari a persona (…)
[1] I. Bédarride, Les Juifs en France, en Italie et en Espagne, Paris, 1859, p. 140.
[2] Ivi, p. 86.
[3] H. Graetz, Volkstümliche Geschichte der Juden, Wien-Berlin (X Aufl.), t. II, pp. 375-376.
[4] I. Bédarride, op. cit., p. 140.
[5] H. Gross, Gallia judaica, Paris, 1897, pp. 502-503. Questo tasso corrisponde al 43 ¾ l’anno.
[6] I. Bédarride, op. cit., p. 105.
[7] M. Kayserling, Geschichte der Juden in Portugal, Leipzig, 1867, p. 26.
[8] Ivi, p. 21.
[9] I. Bédarride, op. cit., p. 191.
[10] Ivi, p. 270.
[11] Ivi, pp. 263-264.
[12] H. Graetz, op. cit., t. II, p. 408.
[13] Otto Heller, La fin du Judaïsme, Paris, 1933, p. 81.
[14] Jüdisches Lexicon, Berlin, 1928, t. II, col. 652.
[15] I. Bédarride, op. cit., p. 313.
[16] B. Disraeli, Lettres intimes, Paris, 1930, p. 239.
[17] Arthur Trebitsch, Deutscher Geist oder Judentum, Berlin, 1921, p. 96.
[18] E. Eberlin, Les Juifs d’aujourd’hui, Paris, 1927, pp. 31-32.
[19] Cfr. Kevin MacDonald, Separations and Its Discontents (Chapter 3) per un resoconto sulla ricchezza e il potere ebraico nel quarto secolo, e segnatamente sulla preoccupazione per il fatto che gli ebrei schiavizzavano i non-ebrei.
[20] Early Medieval Jewish Policy and Western Europa (1977), p. 104.
[21] De regimine judaeorum, 81-88.
[22] On the Jews and Their Lies, p. 242.
[23] Anthropology (1798/1978), p. 102.
[24] Cit. da K. Marx, On the Jewish Question, “The Marx-Engels Reader”, 1978, p. 49.
[25] “Fate”, in Conduct of Life (1860).
[26] The Land of Gilead (1880), p. 503.
[27] Essays on the Questions of the Day (1894), p. 260.
[28] Cit. in The Jew in the Modern World, 2011, p. 315.
[29] Alcuni sostengono che l’uomo più ricco in assoluto, Jeff Bezos di Amazon (156 miliardi di dollari), sia interamente o parzialmente ebreo, anche se questo non può essere provato. Ma Amazon sembra difendere regolarmente gli interessi ebraici, come nella censura dei libri che sfidano la narrazione dell’Olocausto e nel blocco illegale delle traduzioni alternative del Mein Kampf. Inoltre ha mantenuto al suo posto il caporedattore ebreo Martin Baron quando ha acquistato il Washington Post.
[30] Data da Bloomberg Billionaires Index, accesso: agosto 2018.
[31] Nel frattempo Moonves è stato licenziato a causa di accuse di molestie sessuali.
[32] Ci sono prove che la percentuale diminuisce se consideriamo il bacino più ampio di ricchezza. Nel 2009, Steve Sailer ha stimato che, dei 400 americani più ricchi, circa un terzo erano ebrei. Ma questa è un’analisi di 10 anni fa, e non sono a conoscenza di valutazioni più recenti. In effetti, da allora la percentuale di ebrei ricchi potrebbe essere aumentata.
[33] wsj.com.
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