Gian Pio Mattogno
ANGLIA JUDAICA:
LA MASSONERIA E L’IMPERIALISMO BRITANNICO NEL XIX SECOLO
È appropriata l’espressione “imperialismo anglo-giudeo-massonico” per qualificare l’imperialismo britannico del XIX secolo?
Indubbiamente nella prassi criminale imperialistica della Gran Bretagna giuocarono un ruolo fondamentale sia la casta plutocratica dominante inglese, sia il capitale giudaico che s’era venuto formando a partire dall’epoca di Cromwell, accomunati dai medesimi interessi di egemonia mondiale (Cfr. ANGLIA JUDAICA: OLIVER CROMWELL E LE ORIGINI GIUDEO-PURITANE DELL’IMPERIALISMO BRITANNICO, andreacarancini.it; L’EBREO DISRAELI E LA COSTRUZIONE DELL’IMPERO ANGLO-GIUDEO-MASSONICO DEI MERCANTI, andreacarancini.it; GLI EBREI E L’IMPERIALISMO BRITANNICO NEL XIX SECOLO, andreacarancini.it).
Ma la massoneria?
Vi ebbe anch’essa una qualche parte?
In realtà, sebbene al riguardo, per svariate ragioni, il dibattito storiografico sia in generale piuttosto reticente, storicamente la massoneria è stata un elemento assolutamente rilevante nella genesi, formazione e sviluppo del sistema giudeo-massonico-plutocratico della Gran Bretagna, e di conseguenza anche nella sua prassi criminale imperialistica.
Ricordavamo le considerazioni di Carrol Quigley, docente alla Georgetown University, autore di varie opere, tra cui Tragedy and Hope. A History of the World in Our Time, New York – London, 1966, riprese e ampliate nell’opera pubblicata postuma Anglo-American Establishment, New York, 1981 (trad. francese col titolo: Histoire secrète de l’oligarchie anglo-americaine, Editions Culture et Racines, 2020).
Nell’Avant-propos dell’ed. francese, riassumendo alcuni tratti salienti dell’opera, Pierre Hillard scrive che, grazie ai lavori di questo docente universitario americano, è ora possibile conoscere meglio gli arcani di quel mondo oligarchico opaco, la cui azione è stata determinante per il mondo anglosassone e, indirettamente, per l’intero pianeta.
Sulla scorta di un’abbondante documentazione d’archivio, Quigley mostra come le élites anglosassoni abbiano elaborato, nella metà del XIX secolo, un vero e proprio piano di battaglia allo scopo di consentire all’Impero britannico, associato agli Stati Uniti, di imporre un’egemonia assoluta sul mondo.
Questa volontà di potenza e di dominio è stata opera di un pugno di uomini legati all’alta finanza della City e di Wall Street.
L’autore descrive i legami interni di questa ristretta cricca anglosassone dove il giudaismo e il mondo dell’alta finanza, impregnati d’una visione messianica, si adoperano a far funzionare l’enorme macchina dell’Impero britannico.
Per Quigley, questa alleanza giudeo-anglosassone-protestante è stata definitivamente sigillata dopo Cromwell ad esclusivo profitto della City e della politica imperialistica inglese, sullo sfondo del messianismo giudaico.
Ebbene, nonostante i principali esponenti di questa cricca giudeo-anglosassone-protestante fossero massoni dichiarati, stranamente Quigley non ne fa mai alcuna menzione.
Altri invece hanno mostrato come, sin dalle sue origini moderne, in Inghilterra la storia della massoneria sia indissolubilmente intrecciata con quella della Corona e della casta plutocratica dominante, e come ne abbia favorito e accompagnato gli appetiti di dominio, fino ai suoi inevitabili esiti imperialistici.
Per tale ragione non è affatto improprio, come è stato fatto (sulla scorta tra l’altro di pubblicazioni come il numero speciale dedicato alla massoneria di «Welt-Dienst»; Begemann, Vorgeschichte und Anfänge der Freimaurerei in England, Lennings; Allgemeines Handbuch der Freimaurerei ed altre enciclopedie massoniche) definire le logge massoniche dell’epoca “l’arma politica segreta dell’imperialismo anglo-giudaico”.
«Il Welt-Dienst pubblica un interessante studio sulla massoneria britannica, studio che, al lume di un copioso materiale, ci guida attraverso i meandri di una setta la quale, avvolta nel comodo manto – vero specchietto per le allodole – della filantropia, dell’umanitarismo, dei vari tipi di fratellanza, ecc., altro non è stata – ed è – che la segreta arma politica del più immorale degli imperialismi, dell’imperialismo anglo-giudaico.
«Nobiltà britannica e giudaismo sono oramai da secoli legati da vincoli di parentela e da rapporti mercantili.
«Come se i due legami non bastassero, ne esiste un terzo non meno intimo e preciso: la loggia massonica. In un altro nostro articolo scrivevamo come la massoneria, cosiddetta britannica, vanti vecchie tradizioni.
«Si ha notizia di logge massoniche del XIV secolo e non mancano autori i quali sostengono che la massoneria britannica possa rimontare ad epoche anche più remote. Fatto si è che nei secoli XV, XVI e XVII un gran numero di logge infestava già il territorio britannico.
«Al Museo Britannico di Londra si può consultare il Codice di Halliwell, manoscritto della fine del XIV o dell’inizio del XV secolo. Il manoscritto, catalogato “Bibliotheca Regia 17/A”, è la più antica costituzione della massoneria britannica. Una seconda pappardella manoscritta del genere, Cooke MS, catalogata “Additional-MS. Nr. 23198” data dalla prima metà del secolo XV.
«Sorta dalle vecchie comunità di “liberi muratori”, la moderna massoneria britannica assumeva nel 1717 il suo presente aspetto con la fondazione della grande loggia londinese. Risultato della fusione di quattro cosiddetti cantieri edilizi, la grande loggia londinese ingigantì rapidamente. Nel 1725 facevano ad essa capo già 70 logge, passate a 109 nel 1732 ed a ben 181 nel 1772. Di esse 113 in Londra, 53 nella provincia e 15 all’estero.
«Nel 1772 facevano capo alla grande loggia londinese 160 logge in Londra e 168 disseminate in Inghilterra. Come afferma il Lennings nel suo Manuale generale della Massoneria, nel 1813, la grande loggia londinese estendeva la sua autorità su 81 logge londinesi, 277 in Inghilterra e 30 all’estero.
«Indipendentemente dalla grande loggia londinese, altre cinque vecchie logge massoniche si fusero nel 1751 in Londra, per dar luogo ad un’altra grande loggia detta “Regular Lodge of Ancient Masons” (i vecchi massoni). Nel 1813 questa seconda grande loggia abbracciava 59 logge metropolitane, 127 in provincia e 74 all’Estero. Esponente ne era Lawrence Dermott, il quale fino alla sua morte, avvenuta nel 1791, propugnò con tutta la sua energia la fusione delle due grandi logge.
«La fusione dei due grandi organismi ebbe luogo il 27 dicembre 1813 e la nuova istituzione assunse il nome di “United Grand Lodge of Ancient Freemasons of England”.
«In quell’epoca era gran maestro della prima il Duca di Sussex, succeduto il 13 maggio 1813 al Principe di Galles e gran Maestro della seconda il Duca di Kent, succeduto il 1° dicembre 1813 al Duca di Atholl. Primo gran maestro delle due grandi logge riunite fu nominato il Duca di Sussex.
«Il Manuale del Lennings ci informa che, in seguito alla fusione dei due organismi, facessero capo alla nuova grande loggia 648 logge: una gran loggia, 139 logge metropolitane, 404 logge disseminate sul territorio britannico e 104 logge estere.
«Con la fusione delle due grandi logge ha inizio il fiorire della massoneria britannica, fiorire che doveva culminare ben presto nella conquista del potere e non è affatto esagerato l’affermare che, in seguito alla fusione delle due istituzioni, la massoneria divenisse una delle più pericolose ed efficaci armi segrete dell’imperialismo anglo-giudaico.
«All’inizio del presente studio abbiamo affermato che accanto ai vincoli di parentela e di affari che uniscono strettamente nobiltà britannica e giudaismo ve ne sia un terzo, non meno indissolubile, rappresentato dalla loggia massonica.
«È verità inoppugnabile ed universalmente nota che la nobiltà, anzi l’alta nobiltà, britannica si trovi alla testa delle organizzazioni massoniche fin dai loro primordi.
«A sostegno della nostra affermazione, dopo aver ricordato che nel 1721 il Duca di Montagu, il Duca di Wharton, Lord Herbert e Lord Stanhope aderirono alla setta, diamo qui un elenco dei gran maestri delle due grandi logge londinesi, così come riporta il Lennings:
Duca di Montagu (1721)
Duca di Wharton (1722)
Conte di Dalkeith (1723)
Duca di Richmond (1724)
Lord Palsly (1725-26)
Conte di Inchiquin (1727)
Lord Coleraine (fine 1727)
Lord Kingstone (1728-29)
Duca di Norfolk (1730)
Lord Lovel (1731-32)
Visconte Montagu (1723-33)
Conte di Strathmore I (1733-34)
Conte di Crawford (1734-35)
Visconte Weymouth (1735-37)
Conte di Loudoun (1736-37)
Conte di Darnley (1737-38)
Marchese di Carnarvon I (1738-39)
Lord Raymond (1739-40)
Conte di Kintore (gran maestro di Scozia 1738) (1740-41)
Conte di Norton (gran maestro di Scozia 1739) (1741-42)
Lord Ward (1742-44)
Conte di Strathmore II (g.m.o di Scozia 1740) (1744)
Lord Cranstoun (1745-47)
Lord Byron (1747-52)
Lord Carysfort (1752-54)
Marchese di Carnarvon II (1754-57)
Lord Aberdour (gran maestro di Scozia 1755-57) (1757-62)
Conte Ferrers (1762-64)
Lord Blaney (1764-67)
Duca di Beaufort (1767-72)
Lord Petre (1772-77)
Duca di Manchester (1777-82)
Duca di Cumberland (1782-1790)
Principe di Galles (1790-1813)
Duca di Sussex (1813)
Gran Maestri dell’altra Grande Loggia “Ancient Masons”
On. Edward Vaugham (1754-55)
Conte di Blesington (1756-60)
Conte di Kelly (1760-66)
On. Thomas Matthew (1765-70)
Duca di Atholl III (1771-74)
Duca di Atholl IV (1775-81)
Conte di Antrim (1783-91)
Duca di Atholl (per la seconda volta) (1791-1813)
Duca di Kent (1813)
«La significativa lettura delle due liste di gran maestri ci consente di constatare come la nobiltà britannica abbia sempre esercitato influenza decisiva nella massoneria.
«È anche noto, forse meno, come la Real casa Britannica sia legata a filo doppio alla setta.
«Il primo principe del sangue che aderì alla massoneria fu Federico Luigi, principe di Galles (1707-51), figlio del Re Giorgio II. Questo principe aderì alla setta nel 1737.
«Edoardo Augusto, Duca di York (1739-1805), fratello del Re Giorgio III, fu iniziato nel 1735.
«Guglielmo Enrico, Duca di Gloucester (1743-1805), massone nel 1766. Il Duca di Gloucester aveva contratto matrimonio segreto con la vedova del Conte di Waldegrave, figlia naturale di Sir Edward Walpole e nipote dello statista britannico filosemita Robert Walpole. Madre della vedova del Conte di Waldegrave era una giudea sefardita, pronipote di un giudeo mantovano emigrato in Inghilterra all’inizio del secolo XVIII, tal Isacco Norsa. Il Norsa esercitava in Londra a Drury Lane una fiorentissima casa di appuntamenti frequentata dall’alta società.
«Enrico Federico, Duca di Cumberland (1745-90) divenne massone nel 1767.
«Giorgio IV, Re d’Inghilterra ed Hannover nel 1820, (1767-1830). Massone dal 1787, fino alla sua ascesa al trono egli fu maestro della loggia Prince of Wales. Fino alla sua morte Giorgio IV fu gran patrono della massoneria britannica.
«Federico, Duca di York e di Albany (1763-1827), fratello di Giorgio IV. Divenne massone nel 1787.
«Il Duca di Clarence, nel 1830 Re d’Inghilterra ed Hannover (1767-1837). Massone dal 1786. Dal 1830 in poi gran patrono della massoneria.
Edoardo, Duca di Kent e Strathearne, Conte di Dublino (1767-1820). Massone dal 1789.
Ernesto Augusto, Duca di Cumberland, Re di Hannover nel 1837 (1771-1851). Massone dal 1796.
Augusto Federico, Duca di Sussex, Conte di Inverness, Barone Arklow (1773-1843), massone dal 1798.
Guglielmo Federico, Duca di Gloucester (1776-1834), massone dal 1795.
Giorgio V, Re di Hannover (1819-1878), massone dal 1857.
Arturo William Patrizio, Duca di Connaught e Trathearne, Conte di Sussex, terzo figlio della Regina Vittoria e fratello del Re Edoardo VII, massone dal 1874.
Leopoldo Giorgio Duncan Alberto, Duca di Albany, Conte di Clarence e Barone di Arklow, quartogenito della Regina Vittoria e fratello del Re Edoardo VII, massone dal 1874.
Alberto Vittorio Cristiano Edoardo, Duca di Clarence e Avondale, Conte di Athlone, massone dal 1885.
«Questa lista che abbiamo estratto dal Manuale del Lennings non può ritenersi chiusa senza ricordare la parte direttiva svolta da Edoardo VII in seno alla massoneria. Edoardo VII fu iniziato alla massoneria quando era ancora principe di Galles, nel 1868. Nel 1871 egli divenne patrono delle logge di Scozia e di Irlanda e nel 1875 succedette nella carica di gran maestro della loggia britannica al Marchese di Ripon.
«Il successore di Edoardo VII, Giorgio V, fu anche massone. Nel 1910 egli ricevette il titolo di gran patrono delle istituzioni massoniche, mentre la sua consorte, Regina Mary, venne eletta gran patrona della massoneria femminile.
«Edoardo VIII, attuale Duca di Windsor, fu iniziato alla massoneria, loggia Nr. 2614 detta “Household Brigade Lodge”, il 2 maggio 1919 mentre era ancora Principe di Galles.
«L’attuale sovrano Giorgio VI fu iniziato massone il 3 dicembre 1919 nella loggia Nr. 2612 detta “Navy Lodge”; nel 1924 egli divenne gran maestro della loggia provinciale del Middlesex e nel 1937 gran maestro della massoneria britannica.
«A questo proposito è interessante quanto pubblica il Nr. 7 (giugno 1937) del giornale massonico nordamericano Masonic Digest che vede la luce a Los Angeles. “La partecipazione del Re d’Inghilterra ad un’assemblea massonica, indetta il mese scorso dalla ‘United Grand Lodge of England’, per esservi eletto gran maestro costituisce un avvenimento storico per la massoneria. Ciò è uno straordinario riconoscimento del sodalizio da parte del sovrano del più potente impero del mondo ed una prova di quanto la massoneria significhi negli avvenimenti mondiali e particolarmente in seno all’Impero britannico. Oltre a ciò l’avvenimento è della massima importanza per l’avvenire della massoneria”.
«Dermott, esponente della gran loggia degli “Ancient Masons” sosteneva che l’origine della massoneria vada ricercata fra le corporazioni di artigiani giudei che costruivano il tempio di Salomone. Egli era dunque fermamente convinto che l’origine della massoneria sia da ricercare, come scrive il Begemann nella sua Preistoria ed inizi della massoneria in Inghilterra, in quelle remote corporazioni edilizie.
«Il noto scrittore filosemita britannico Hilaire Belloc scrive a pagina 223 della sua opera The Jews: “Particolari istituzioni giudaiche, come la massoneria – edificata dagli ebrei nel secolo XVII come un ponte fra di loro ed i popoli che li ospitavano – erano in Inghilterra particolarmente forti. Nacque così un’attiva tradizione politica che portò al convincimento essere l’Inghilterra l’ufficiale protettore dei giudei”.
«Il Reverendo (?!) S. McGowan scrive nel Freemason del 2 aprile 1930: “ … La massoneria è basata sulle vecchie tradizioni israelitiche … Ed Israele stesso risvegliò la bellezza della vita, concetto-base della massoneria …”.
«Il rabbino Isacco M. Wise scrive nel The Israelite of America del 3 agosto 1866: “la massoneria è un’istituzione giudaica, la cui storia, gradi, cariche, leggi sono giudaiche dall’a alla z”.
«Richard Carlile afferma nel Manual of Freemasonry: “ … l’odierna massoneria delle grandi logge è totalmente ebraica …”.
«Il noto giudeo Bernard Lazare afferma a sua volta nel suo Antisémitisme: “ … sulla via della massoneria si trovarono di certo gli ebrei, e taluni riti provano come si trattasse di giudei cabalisti …”.
«Il “fratello” Rudolph Klein così si esprime in Latomia del 7-8-1928: “ … dall’inizio alla fine il nostro rito è giudaico e da ciò l’opinione pubblica potrebbe trarre la conclusione dei nostri viventi rapporti con il giudaismo …”.
«Alla pagina 136 del II volume del Transactions of the Jewish Historical Society, 1894-95 si legge: “ … lo stemma della gran loggia d’Inghilterra si compone esclusivamente di simboli giudaici …”.
«Il Freemason’s Guide di New York, 1901, informa che: “… i massoni hanno innalzato edifici nei quali il Dio d’Israele vivrà per tutti i tempi …”.
«Nel Le Symbolisme del luglio 1928 si legge: “ … è compito principale della massoneria glorificare la razza giudaica che ha mantenuto inalterata la sapienza divina …”.
«Nell’Enciclopedia della massoneria, Filadelfia, 1906, si legge: “ … ogni loggia è simbolo del tempio ebraico. Ogni maestro è rappresentante del re dei giudei ed ogni massone deve incorporare nella sua persona l’artigiano giudeo …” (…)
«Se esaminiamo da vicino e con attenzione lo stemma della massoneria britannica cadono gli ultimi dubbi circa l’intima convivenza fra giudaismo e massoneria. Si è potuto anche stabilire che a disegnare detto stemma, violazione fragrante di ogni regola e legge araldica, sia stato un giudeo.
«Nel libro Transactions of the Jewish Historical Society of England 1894-95 si legge a pagina 156: “Almeno un ebreo è noto di quelli che si dedicarono allo studio dello stemma, l’ebreo Jacob Jehuda Leon, detto Templo, il quale nel 1675 e forse non per la prima volta, visitò l’Inghilterra. Era costui provetto disegnatore e fra i tanti disegni eseguì anche il disegno dello stemma destinato alla grande loggia londinese. Una bella copia antica di questo disegno è stata esposta alla esposizione storica anglo-giudaica. Lo stemma risulta composto esclusivamente di simboli giudaici. Esso riproduce le varie forme di apparizione del Cherubino così come sono descritte nella visione di Ezechiele, un bove, un uomo, un leone, un’aquila. Tutto ciò appartiene al più alto campo mistico del simbolismo ebraico. Il motto annesso allo stemma originale disegnato dal Templo era stilato in ebraico: “Kodes la Adonai” (sia lodato Javeh) – come afferma il noto massone Lawrence Dermott che ebbe l’originale fra le mani nel 1759 …”.
«Il rabbino Templo era ottimo amico del noto rabbino di Amsterdam Manasse ben Israel, strenuo paladino della riammissione degli ebrei in Inghilterra.
«Come abbiamo già detto, nel 1813, ebbe luogo la fusione delle due grandi logge massoniche londinesi ed è significativo che il nuovo sodalizio assumesse questo stesso stemma, emblema del simbolismo ebraico. In tal modo la nobiltà britannica, lo stesso sovrano britannico, riconoscono proprio questo stemma di pura marca giudaica. Non costituisce ciò una delle tante prove dell’intimo connesso fra trono britannico, nobiltà britannica ed ebraismo attraverso i buoni e comodi uffici della massoneria?
«L’intimo connesso fra nobiltà britannica ed ebraismo attraverso la massoneria ebbe anche reali effetti politici. Dal momento della fusione delle due grandi logge londinesi, la massoneria è diventata la più pericolosa ed efficace arma segreta dell’imperialismo anglo-ebraico.
«Le prove non fanno difetto. Con l’aiuto della massoneria l’Inghilterra riuscì ad indebolire i popoli del Continente, suscitandovi per mezzo delle società segrete massoniche movimenti rivoluzionari antinazionali e guerre (…)
«Basandoci su quanto abbiamo esposto, esposizione suffragata dalla lettura di innumerevoli pubblicazioni dovute alla penna di massoni e di giudei, giungiamo alle seguenti conclusioni:
«L’alta nobiltà inglese, principi del sangue, perfino monarchi britannici sono i palesi capi della massoneria britannica fin dai suoi primordi.
«Il governo britannico si serve della massoneria come della sua arma la più temibile, per mantenere la coesione dell’Empire ed allargarne i confini».
(Angelo Vecchio Verderame, La massoneria, segreta arma politica dell’imperialismo anglo-giudaico, «La Vita Italiana», Dicembre, 1940, pp. 641-652. Sulla stessa linea critica cfr. Karlheinz Rüdiger, Freimaurerei in England. Geistige Grundlagen, politische Voraussetzungen und Geschichte, «Nationalsozialistische Monatshefte», Heft 132, März 1941, pp. 201-212).
In effetti, il ruolo della massoneria nella formazione e nello sviluppo dell’imperialismo anglo-giudaico difficilmente può essere sottovalutato.
Come è stato rilevato in passato, e ribadito da studi più recenti, con la loro rete di relazioni internazionali le logge massoniche hanno costituito il tessuto connettivo dell’impero britannico, o, se si preferisce, sono state l’olio lubrificante, o ancora, la cinghia di trasmissione di tutti gli ingranaggi della mastodontica macchina imperialistica giudeo-plutocratica britannica.
Angelo Vecchio Verderame scrive che, sorta dalle vecchie comunità di “liberi muratori”, la moderna massoneria britannica assumeva nel 1717 il suo presente aspetto con la fondazione della Grande Loggia londinese.
In una brossura edita nel 1941 nella Biblioteca Popolare di Cultura Fascista (La massoneria e il giudaismo internazionale al servizio dell’imperialismo britannico, Firenze, 1941) leggiamo parimenti: «Dalla vecchia Società massonica si sviluppò la massoneria moderna inglese, che iniziò con la fondazione, nel 1717, della Grande Loggia londinese. In quell’anno, a Londra, quattro logge (derivanti dalle vecchie logge di lavoro) si riunirono e formarono la Grande Loggia» (pp. 6-7).
In realtà, tra la vecchia massoneria operativa d’origine medievale e la moderna massoneria sembra non esistere, come credono i più, un rapporto di continuità, ma piuttosto di discontinuità, anzi di netta rottura. Julius Evola ha chiarito un’importante questione preliminare, quella dell’apparente contraddizione tra la presenza nella massoneria moderna di un simbolismo tradizionale e la sua prassi sovversiva e antitradizionale (J. Evola, Dall’ “esoterismo” al sovversivismo massonico, «La Vita Italiana», Aprile 1936, pp. 416-422).
Com’è possibile, si chiede Evola, che la massoneria medievale fosse un’organizzazione operativa ligia al cattolicesimo e alla gerarchia, mentre quella moderna è la nemica più irriducibile del cattolicesimo, è razionalista, rivoluzionaria e corrosiva nei riguardi di ogni insegnamento spirituale, di ogni sapere tradizionale di origine trascendente?
Dobbiamo allora credere che il rapporto tra la vecchia massoneria operativa medievale e quella moderna «non sia di continuità, o comunque di filiazione, ma sia piuttosto il rapporto proprio ad un capovolgimento, ad una inversione pervertitrice e potremmo pur dire prevaricatrice» (p. 419).
In questo processo di inversione per Evola deve aver giuocato l’influenza anticattolica del protestantesimo: è un fatto, scrive, che nella sua forma attuale la massoneria stia in relazione con l’internazionale protestante d’origine calvinista e puritana, e che da essa tragga una delle componenti della sua attitudine anticattolica.
«Proprio il fatto che la massoneria si trova ancora a possedere un retaggio tradizionale che, in sé stesso, appartiene a tutt’un altro livello – proprio per questo vi è motivo di supporre che essa sia uno dei “corpi” nei quali delle influenze assai più sotterranee, di quel che nella polemica politica si suppone, hanno agito in un modo sinistramente distruttivo, in un modo, diciamolo pure, demonico» (p. 422).
Insomma, il simbolismo tradizionale presente nella massoneria moderna non sarebbe che una sopravvivenza cadaverica, con implicazioni infere, dell’autentico simbolismo massonico medievale.
Vi è da precisare però che l’inversione demonica del simbolismo tradizionale denunciata da Evola può valere tutt’al più per i primi tre gradi massonici.
Tutto l’armamentario altisonante degli alti gradi è stato inventato e applicato solo dopo la creazione della massoneria moderna.
Anticamente la massoneria operativa possedeva solo tre gradi: apprendista, compagno e maestro.
Il materiale dei manoscritti Regius e Cooke, i più remoti documenti massonici, citati anche da Karlheinz Rüdiger, è antecedente alla riforma protestante e quindi costituisce un corpus di leggende legate alla tradizione cattolica.
In essi non vi è la minima traccia del simbolismo massonico moderno.
Pertanto, il moderno sistema degli alti gradi non può essere considerato una sopravvivenza cadaverica di inesistenti simboli tradizionali, né un’inversione demonica di essi, ma, più prosaicamente e banalmente, solo un’appiccicatura posticcia atta a soddisfare il gusto del mistero e la vanità dei nostri “iniziati” (al netto di interferenze “sotterranee” e “demoniche” sempre possibili in certi ambienti).
Confondere la massoneria operativa medievale con la massoneria moderna è come confondere Robin Hood e Riccardo Cuor di Leone con Rothschild e Sassoon.
È dunque questa massoneria britannica moderna che ha lubrificato il motore dell’imperialismo anglo-giudaico.
Nella sua forma attuale – scrive Dieter Schwarz, Die Weltfreimaurerei. Schriften für politische und weltanschauliche Erziehung der Sicherheitspolizei und des SD, Heft 3 [1938] (trad. it.: La massoneria. Ideologia, organizzazione e politica, 6a ed., 1943, der-stuermer.org) ‒ la massoneria è l’avanguardia liberal-borghese del giudaismo internazionale.
Da quando, nel 1721, la Grande Loggia di Londra riuscì ad associare un membro dell’alta aristocrazia inglese, il Duca di Montagu, alla carica di Gran Maestro, iniziò lo sviluppo dell’attuale massoneria inglese. La grande scalata della fratellanza massonica cominciò così, allo scopo di inserire massoni in tutte le posizioni principali dell’impero britannico.
Ciò rende vera l’affermazione che l’Inghilterra usa la massoneria come strumento della sua politica mondiale e che essa è al tempo stesso, come suona anche il titolo di un articolo di Fritz vom Bühel, England – die Zentrale der Freimaurerei, «Die Judenfrage», n. 22/26, 15 September 1940, pp. 123-126, la centrale della massoneria.
Dopo aver rimarcato la piena consonanza di ideali fra massoneria e Inghilterra, Siegfried Dreyer, England und Freimaurerei, Berlin, 1940, sottolinea come la massoneria si sia sforzata di attrarre nelle sue fila non solo membri della nobiltà, ma anche i principali statisti, uomini politici, diplomatici, i più alti comandi dell’esercito e della marina, capitani d’industria e grandi commercianti, banchieri e uomini di borsa, parlamentari, magnati della stampa, giornalisti, avvocati ed ecclesiastici (compresi i rabbini), nonché molti esponenti della stessa famiglia reale, di cui fornisce un elenco dettagliato con l’indicazione delle logge d’affiliazione.
La massoneria, scrive, ha contribuito a creare l’impero, rappresenta uno strumento fondamentale della politica mondiale, e dirige e domina l’intera politica britannica.
Le logge militari e coloniali, diffuse in vaste aree dei possedimenti d’oltremare, furono altrettanti strumenti dell’imperialismo britannico, favorendo una coesione sociale e culturale estremamente favorevole all’attività di “colonizzazione”.
Segue un elenco di uomini coinvolti nella politica imperialistica britannica, tra cui Cecil Rhodes, uno dei rappresentanti più fanatici dell’imperialismo britannico.
Un’autentica miniera di informazioni sulla storia della massoneria in generale e sui suoi rapporti con la politica dei vari stati, e dunque anche dell’Inghilterra, spesso con la riproduzione di documenti originali in facsimile, si trova nelle annate della rivista «Les documents maçonniques», diretta da Bernard Faÿ (disponibili in rete).
«Il suo atteggiamento rigorosamente legittimista e anzi, verrebbe da dire, la sua piena identificazione con le istituzioni dello Stato fecero sì che essa divenisse un utile instrumentum regni di cui si avvalse a piene mani la ruling class inglese.
«Emblematico è il sostegno che la Gran Loggia Unita d’Inghilterra dette nel XIX e XX secolo all’espansionismo britannico, contribuendo con le proprie logge sparse nei vari continenti alla costruzione e al consolidamento dell’Impero (Harland-Jacobs, pp. 240-281)».
Così Fulvio Conti, La massoneria e l’apogeo della società borghese, in Massoneria ed Europa. 300 anni di storia. A cura di Santi Fedele e Giovanni Greco, Acireale, 2018, p. 112.
Il testo richiamato da Conti, professore di storia contemporanea e specialista di storia della massoneria, è: Jessica Harland-Jacobs, Builders of Empire. Freemasonry and British Imperialism, 1717-1927, The University of North Caroline Press, Chapel Hill, 2007.
In una recensione dell’opera («Journal of World History» 21 (2010), pp. 148-150) leggiamo che l’autrice mostra come la massoneria si sia trasformata da un’organizzazione cosmopolitica e universalista qual era nel XVIII secolo in un’istituzione imperialistica, «respectable» (sic), in gran parte protestante con stretti legami con la monarchia inglese negli anni ’70 e ’80 dell’Ottocento.
Jessica Harland-Jacobs, docente di storia alla University of Florida, che già in precedenza aveva sottolineato l’importanza della massoneria quale tessuto connettivo dell’imperialismo britannico, vi è ritornata successivamente in altri scritti, fra cui: “Hand Across the Sea”: The Masonic Network, British Imperialism, and the North Atlantic World, «Geographical Review» 89 (1999), pp. 237-253; All in the Family. Freemasonry in the Mid-Nineteeth Century, «Journal of British Studies» 42 (2003), pp. 448-482; “Global Brotherhood”: Freemasonry, Empires, and Globalization, «Rehmlac. Revista de Estudios Històricos de la Masonerìa». Special Issue UCLA – Grand Lodge of California, 2013; (In collaborazione con Jan Jansen ed Elizabeth Mancke) The fraternal Atlantic: An Introduction, «Atlantic Studies» 16 (2019), pp. 283-293.
Altri autori hanno approfondito il ruolo della massoneria nella politica imperialistica britannica.
Le indicazioni bibliografiche che seguono disegnano un preciso quadro d’insieme alla luce della più recente ricerca storica:
- Thomas, Freemasonry in the British Army, «Journal of the Society for Historical Research» 14 (1935), pp. 24-31; R. Burt, Freemasonry and Business Networking during the Victorian Period, «The Economic History Review» 56 (2003), pp. 657-688; A.A. Cooper, The Origins and Growth of Freemasonry in South Africa, 1772-1876. A Thesis presented for the degree of master of arts in University of Cape Town, January, 1980; F. Karpiel, Freemasonry, Colonialism, and Indigenous Elites, Conference Proceedings, Universität Göttingen, 2001 (webdoc.sub.gwdg.de); V. Fozdar, “That Grand Primeval and Fundamental Religion”: The Transformation of Freemasonry into a British Imperial Cult, «Journal of World History» 22 (2011), pp. 493-525; G. Dimanche, Les Loges militaires britanniques au service de l’Empire, «La Chaîne d’union», n. 58, Octobre 2011, pp. 61-71; S. Deschamps, From Britain to India: Freemasonry as a Connective Force of Empire, «e-Rea». Revue électronique d’études sur le monde anglophone, 14.2/2017; Id., Merchant and Masonic Network in Eighteenth-Century Colonial India, «XVII-XVIII». Revue de la Société d’études anglo-américaines des XVIIe et XVIIIe siècle, 74/2017; Id., Fait maçonnique et pouvoir colonial dans l’Inde britannique (imaq.fr).
Un compendio della questione, basato in gran parte sui lavori di Jessica Harland-Jacobs, è in: J. Golder, Freemasonry in British India 1728-1888 (academia.edu).
Una lista di 23 massoni appartenenti alla casa Reale, da Frederick Lewis, Principe di Galles (1707-1751) a Michael Principe di Kent, con le rispettive carriere massoniche, compilata sulla base dei registri, verbali e Year Book della United Grand Lodge e del Supreme Chapter of England, nonché di altre fonti ufficiali, è nel volantino: English Royal Freemasonry, a cura di The Library and Museum of Freemasonry, 2010.
Si veda anche l’elenco di massoni e delle logge della Royal Society in Freemasons and the Royal Society. Alphabetical List of Fellows of the Royal Society who were Freemasons ( January 2010, orlandomasons.org).
Da tutte queste ricerche e dall’enorme mole di fonti e documenti consultati dagli autori (libri, pamphlet, discorsi del XVIII e XIX secolo conservati in India e nel Regno Unito, periodici massonici, annali dei distretti massonici indiani, corrispondenza indiana della Grande Loggia d’Inghilterra, oltre naturalmente alla letteratura scientifica sull’argomento) emerge un quadro impressionante della vastità del coinvolgimento della massoneria nella costruzione dell’ “impero anglo-giudeo-massonico dei mercanti”.
In un articolo dal titolo How secret group Freemasons has kept grip on Britain for 200 years apparso sul «Mirror» (23 novembre 2015, mirror.co.uk), Richard Smith riferisce che per la prima volta sono stati resi accessibili al pubblico i registri massonici dal 1733 al 1923 depositati in un archivio segreto.
Vi figurano nomi di reali, statisti, uomini politici, giudici, ingegneri, imprenditori, alti ufficiali militari, vescovi, poliziotti, scienziati, letterati, artisti etc.
Finalmente, scrive, è stata svelata l’enorme influenza che i massoni hanno avuto nel governo della società britannica per quasi 200 anni.
Alla luce di tutto ciò, aggiunge, la misura in cui i massoni esercitarono il loro potere sull’impero britannico potrebbe portare a riesaminare due secoli della storia della Gran Bretagna.
È dunque assolutamente fuor di dubbio che, col suo rilevante potere culturale e politico, con la sua rete capillare di relazioni internazionali e con l’affiliazione di un numero non trascurabile di rappresentanti del capitale mercantile e di uomini politici ligi all’impero, la massoneria abbia sostenuto la causa imperialistica britannica.
Dal «The Indian Mason. Journal of District Grand Lodge of Indian Scottish Constitution» (Vol. no. 1, 2012) apprendiamo che «Members of the British Colonial Administration were very active Freemasons».
In una lista di “eminenti” massoni figurano anche i nomi di A.E. Sassoon, Sir David Sassoon e Jacob Sassoon, cioè i membri della banca ebraica Sassoon coinvolta nelle famigerate guerre dell’oppio (p. 30).
In un articolo sull’ordine massonico in Cina, «The Freemasons’ Monthly Magazine» (July 1, 1859, pp. 286-287) dà notizia di un gran ballo con relativa cena a Hong Kong, per salutare il D. Prov. G.M. Fratello Mercer «at the residence of Bro. Sassoon, who generously placed his handsome saloon at the disposal of the Stewards».
All’Annual Meeting of the District Grand Lodge of China, held at the Freemasons’ Hall, Zetland Street, Victoria, Hongkong, at Three p.m. upon Thursday, the 23 rd December, A.L. 5875, A.D. 1875, p. 4, fra i membri della Perseverance Lodge N. 1165 figura il nome di un E.E. Sassoon.
Da una lista di massoni stilata da «The Freemason» (Dec. 30, 1898, p. 35) risulta che un Edward Sassoon S.D. era affiliato alla Lodge N. 2201.
Le frequentazioni massoniche dei Sassoon dovevano essere abbastanza strette, se «The Freemason’s Monthly Magazine» (March 1, 1858, pp. 424-425) poteva scrivere che il maestro Burton ringraziava sentitamente la famiglia Sassoon per aver messo a disposizione una villa per un evento massonico, e «The Freemason» (Dec. 26, 1896, p. 696) poteva annunciare che «the General Hospital has received a bequest of ₤ 50 from the executers under the will of the late Sir David Sassoon».
Abbiamo già avuto occasione di rimarcare, a proposito del ruolo della Compagnia delle Indie Orientali nella prassi criminale dell’imperialismo britannico, che due dei suoi principali attori, l’ebreo Joseph Salvador e Robert Clive, erano massoni.
Salvador apparteneva alla “Premier Grand Lodge of London” (M. Schuchard, Early Jacobite Victories, Later Hannoverian Triumph, 1745-1746, academia.edu), mentre Clive era membro della “Lodge Rock n. 260” (Freemasonry in India. Extract from World of Freemasonry (2 vols) Bob Nairn, Lindford Lodge of Research; J.F.G. Golder, Freemasonry in British India 1728-1888, academia. edu. “The Hindu Images” pubblica sul suo sito la foto della sedia donata alla “Lodge of Rock” da Clive, presentato come colui «who established the East India Company rule in India»).
Una lista di membri delle logge indiane conservate nella biblioteca della Grande Loggia d’Inghilterra rivela l’onnipresenza degli agenti della Compagnia delle Indie Orientali.
Tra la massoneria da un lato e la Compagnia e il capitale mercantile britannico dall’altro si istituì una «relazione simbiotica» (Deschamps), al punto che la prima loggia massonica, nata effettivamente nel 1730, successivamente divenuta nota col nome di Lodge East Arms n. 72, adottò come suo vessillo lo stemma della Compagnia.
Il capitale mercantile britannico impegnato nella politica imperialistica dell’Inghilterra era ben consapevole dei benefici che poteva trarre dalla fratellanza.
Nel 1785 la Lodge n. 152 include 10 liberi mercanti, 8 comandanti di navi e 3 agenti commerciali responsabili delle operazioni di carico e scarico.
Nel 1788, degli 86 membri della Lodge Star in the Est la maggior parte sono commercianti.
Il 1° giugno dello stesso anno viene aperta a Madras la prima joint stock bank dell’India con il notevole capitale di 120.000 pagode gold star.
Del gruppo di otto soci che costituiscono la forza trainante di questa iniziativa privata, tutti coinvolti a diverso titolo con la Compagnia delle Indie Orientali, almeno cinque sono massoni.
Nel 1802 viene fondata a Londra la prima “loggia imperiale”, la Lodge Eastern Star, «nell’interesse della Marina dell’Onorevole Compagnia delle Indie Orientali» («The Freemason’s Quarterly Review», 1871, p. 152).
Se si aggiunge poi che erano molto diffuse le logge militari, che un certo numero di amministratori coloniali, tra cui, in modo particolare, i governatori Cornwallis, Moira, Wellesley e Napier erano massoni, che le logge indiane erano dominate dagli stessi attori dell’imperialismo britannico e che la massoneria ebbe una parte centrale nella vita pubblica dei coloni britannici, allora si deve concludere, con Deschamps e gli altri autori, che la massoneria rappresentò la «legittimazione del potere coloniale».
Ma questo non solo in India, bensì anche in altre aree importanti dell’impero britannico.
Qui ci limitiamo a prendere in considerazione solo due figure altamente rappresentative della politica imperialistica britannica, Sir Alfred Milner (Governatore della Colonia del Capo, Alto Commissario per il Sudafrica e poi Governatore Generale del Sudafrica) e il suo sodale Cecil Rhodes, dei quali il prof. Quigley, soprattutto nei capitoli 2-5 di The Anglo-American Establishment, ha documentato il ruolo decisivo di agenti dell’imperialismo britannico, nonché gli stretti rapporti e le complicità con la plutocrazia inglese e col capitalismo giudaico rappresentato dai vari Rothschild, Beit, Ernst Cassel, Lazare Brothers and Company. Quigley ricorda tra l’altro che, dopo aver redatto sette testamenti, Rhodes si decise ad affidare la gestione della sua immensa fortuna a Nathan Rothschild, anche se successivamente vi entrarono anche altri personaggi, e che la famiglia Rothschild aveva giuocato un ruolo determinante nello sviluppo della sua industria di diamanti “De Beer”, sostenendola con cospicui finanziamenti.
Entrambi erano massoni, ed ancora oggi la massoneria mena vanto della loro affiliazione. L’Internationales Freimaurer-Lexikon di Eugen Lennhof e Oskar Posner (München, 1932), scrive alla voce Milner, Alfred Viscount (col. 1041) che Milner fu «Grossaufseher» (Gran Sorvegliante) della Grande loggia di Londra.
Nel 1897 decorò con una medaglia al valore il massone Herbert Stephen Henderson (Jeppestown Lodge n. 2481) per atti di coraggio compiuti durante la rivolta matabele (dglsanorth.org).
A Milner fu intitolata la “Alfred Milner Lodge”, costituita il 2 ottobre 1900 a Wynberg, Cape of Good Hope Province, col n. 2833 («The Freemason», Aug. 31, 1901, p. 454. Cfr. Museum of Freemasonry. Lane’s Masonic Records, dhi.ac.uk).
Cecil Rhodes fu iniziato alla fratellanza il 22 giugno 1877 nella Apollo Lodge n. 357.
Nel 1895 era tra i fondatori della Bulawayo Lodge n. 2566.
Dal novembre 1899 fu membro della Ars Quatuor Coronatorum (Cecil Rhodes and Freemsonry, kimberly.org).
Riguardo a Milner, Niall Ferguson, Impero cit., p. 210, riporta queste parole da lui pronunciate:
«Se anch’io sono un imperialista è perché il destino della razza inglese, grazie alla sua posizione insulare e alla sua lunga supremazia sui mari, è stato quello di mettere radici nuove in lontane parti del mondo. Il mio patriottismo non conosce limiti geografici ma soltanto razziali.
«Sono un imperialista e non un piccolo inglese perché sono un patriota di razza britannica. Non il suolo dell’Inghilterra … è essenziale per alimentare il mio patriottismo, ma il linguaggio, le tradizioni, l’eredità spirituale, i principi, le aspirazioni della razza britannica».
Milner, aggiunge Ferguson, era tra quelli che sostenevano che «se i britannici (…) erano la razza padrona, che aveva il diritto divino di governare il mondo, sembrava logico considerare quelli che si opponevano agli inglesi inferiori a costoro per natura» (p. 218).
In occasione della liberazione (maggio 1900), da parte delle truppe inglesi, della cittadina di frontiera Mafeking, assediata dai boeri per 217 giorni, durante i quali il peso della difesa era toccato soprattutto alla popolazione nera, fra la quale il numero dei morti per fame superò di gran lunga la cifra di 700, Milner osservò cinicamente: «Basta sacrificare completamente i negri, e il gioco diventa facile» (p. 230).
Non meno significativo è il ritratto che Ferguson fornisce di Cecil Rhodes:
«Sebbene la sua immagine pubblica fosse quella di un colosso solitario a cavallo dell’Africa, Rhodes non avrebbe potuto conquistare quello che era quasi un monopolio sulla produzione diamantifera del Sudafrica senza l’assistenza finanziaria dei suoi amici nella City di Londra: in particolare la banca Rothschild, a quel tempo la maggior concentrazione mondiale di capitale finanziario.
«Quando Rhodes arrivò ai giacimenti diamantiferi di Kimberley, c’erano più di un centinaio di piccole compagnie che sfruttavano le quattro “vene” principali, inondando il mercato di diamanti ed eliminandosi a vicenda. Nel 1882 un agente dei Rothschild visitò Kimberley e raccomandò una fusione su larga scala; nel giro di tre anni il numero delle compagnie era ridotto a tre. Un anno dopo la banca finanziava la fusione della De Beers Company di Rhodes con la più grossa Kimberley Central Company. Ora c’era una sola compagnia: la De Beers.
«Si pensa in genere che Rothschild possedesse la De Beers, ma non è così. Nathaniel de Rothschild possedeva un numero di azioni superiore a quello di Rhodes; nel 1899 le azioni di Rothschild erano il doppio di quelle di Rhodes. Nel 1888 Rhodes scriveva a Lord Rothschild: “So che, avendo lei alle spalle, posso fare tutto quello che ho detto. Ma se lei è di diverso avviso, non ho nulla da dire”. Così quando, nell’ottobre 1888, Rhodes si trovò nella necessità di avere un appoggio finanziario per un nuovo progetto africano, sapeva senza incertezze a chi rivolgersi» (pp. 188-189).
Rhodes, che aveva appena ottenuto una concessione da parte di Lobengula, re dei Matabele, per sfruttare i giacimenti d’oro che riteneva “praticamente inesauribili”, e sui quali aveva messo gli occhi, rivelò a Rothschild le sue vere intenzioni tutt’altro che amichevoli nei confronti del re dei Matabele.
Costui, scrisse Rhodes, è «il solo ostacolo all’Africa centrale, perché, una volta impadronitici del suo territorio, il resto è facile (…) La chiave è la terra dei Matabele, con l’oro, e dell’oro si ha notizia non soltanto per sentito dire … Pensi, questo giacimento d’oro, acquistabile due anni fa per circa 150.000 sterline, adesso si vende a dieci milioni» (p. 189).
Rothschild, chiosa Ferguson, «rispose accettando».
Nel 1889 Rhodes fu tra gli azionisti fondatori della British South Africa Company, che scatenò la guerra contro Lobengula.
L’intera campagna fu combattuta da mercenari al soldo di Rhodes e pagata dagli azionisti della British South African Company e De Beers Company.
«Affinché nessuno avesse dubbi sulla mente che aveva preparato l’intera operazione, al territorio conquistato venne dato il nome di Rhodesia. Ma dietro Rhodes agiva la potenza finanziaria di Rothschild» (p. 190).
Il rapporto di Rhodes con i Rothschild era così stretto che egli giunse a nominare Lord Rothschild suo esecutore testamentario, specificando che la sua eredità dovesse venir usata per consolidare l’idea imperiale britannica e i suoi possedimenti coloniali.
A sua volta Rothschild garantì a Rhodes:
«Il nostro primo e principale desiderio per quanto concerne i problemi del Sudafrica è che lei rimanga a capo della gestione di questa colonia e che possa portare avanti quella grande politica imperiale che è stata il sogno della sua vita» (p. 191).
Rhodes sognava di sottomettere tutto il continente africano al dominio britannico.
«Il dominio inglese in India – chiosa Ferguson – era cominciato con la Compagnia delle Indie; ora il dominio inglese in Africa avrebbe avuto come fondamenta i suoi interessi finanziari. Del resto, in una lettera a Rothschild, arrivò a definire la De Beers “un’altra Compagnia delle Indie”» (p. 192).
Il 2 giugno 1877, l’anno stesso della sua iniziazione massonica, Rhodes redige la prima stesura della sua “Confession of Faith” (che nel tempo conoscerà alcune aggiunte e modifiche), la quale è un vero e proprio atto di fede imperialistico anglo-massonico.
Della versione modificata di questo testo (con gli errori di ortografia e di grammatica contenuti nell’originale), pubblicata sul sito dell’Università dell’Oregon (1877: Cecil Rhodes, “Confession of Faith”, pages.uoregon.edu), ci limitiamo a riportare alcuni passaggi altamente significativi.
Rhodes afferma d’essere diventato massone proprio in questo stesso giorno e, dichiarandosi stupito che un gran numero di uomini possa dedicarsi a cerimonie così ridicole e assurde, quando la massoneria possiede una grande ricchezza, un grande potere e una grande influenza, dimostra di aver capito perfettamente qual è la forza della massoneria e quale deve essere il suo ruolo nella vita politica.
«Sostengo che noi siamo la razza migliore (finest) al mondo, e che più mondo abitiamo, meglio è per la razza umana. Immaginate quelle parti che sono attualmente abitate dai più spregevoli (despicable) esemplari di esseri umani, quale cambiamento ci sarebbe se fossero sottoposti all’influenza anglo-sassone». Aggiunge di sognare la formazione d’una società segreta (secret society) col solo scopo di portare il mondo intero civile sotto il dominio britannico, una società che abbia suoi membri in ogni parte dell’Impero britannico, nelle università e scuole, e addentellati nella politica.
«L’Africa è ancora lì, pronta per noi, è nostro dovere prenderla. È nostro dovere cogliere ogni opportunità di acquisire più territorio e dovremmo tener presente questa sola idea, che più territorio significa semplicemente più razza anglo-sassone …».
Ma ancora più significativa, ancorché più delirante, è la prima clausola del testamento redatto nel 1877, che lasciava in eredità la sua ricchezza (a quel tempo il suo patrimonio ammontava a sole 10.000 sterline), a queste precise condizioni:
«A e per l’istituzione, la promozione e lo sviluppo di una società segreta, il cui vero scopo e oggetto sarà l’estensione del dominio britannico (British rule) in tutto il mondo, il perfezionamento di un sistema di emigrazione dal Regno Unito e di colonizzazione da parte dei sudditi britannici di tutte le terre, i cui mezzi di sostentamento sono ottenibili con energia, lavoro e intraprendenza, e in particolare l’occupazione da parte dei coloni britannici dell’intero continente africano, della Terra Santa, della valle dell’Eufrate, delle isole di Cipro e Candia, dell’intera America del Sud, delle isole del Pacifico non possedute in precedenza dalla Gran Bretagna, di tutto l’arcipelago malese, della costa della Cina e del Giappone, il recupero finale degli Stati Uniti d’America come parte integrante dell’Impero britannico, l’inaugurazione di un sistema di rappresentanza coloniale nel Parlamento imperiale, che possa tendere a saldare i membri disgiunti dell’Impero, ed infine la fondazione di una potenza così grande da rendere impossibili le guerre e promuovere gli interessi dell’umanità» (Ivi).
Era il trionfo della “Pax Britannica”!
Un ulteriore importante oggetto di ricerca è il coinvolgimento degli ebrei nella massoneria internazionale, e di conseguenza anche nel sistema plutocratico e nella politica imperialistica britannica.
Sul ruolo della massoneria nella lotta per l’emancipazione degli ebrei, i quali di buon’ora trovarono nelle logge l’ambiente propizio per affermare i propri diritti alla cittadinanza, e sugli intrecci politici tra fratellanza e giudaismo, cfr. A.F. Six, Freimaurerei und Judenemanzipation, Hamburg, 1938; H. Riegelmann, Freimaurerei und Judentum, Z.f.P., 30 (1940), pp. 364-389.
È accertato che non pochi ebrei abbiano fatto parte della fratellanza massonica inglese, qualcuno addirittura prima della fondazione della Grande Loggia d’Inghilterra. Cfr. J.M. Shaftesley, Jews in English Regular Freemasonry, 1717-1860, «Transactions & Miscellanies (Jewish Historical Society of England)» 25 (1973-1975), pp. 150-209 (In appendice una lunga lista, ancorché provvisoria, di massoni ebrei inglesi del ‘700 e primo ‘800); A. Newman, Anglo-Jewry in the 18th Century: A Presidential Adress, ivi (1978-1980), pp. 1-10 (si veda, dello stesso, il testo della conferenza: Jews in English Freemasonry, 14 April 2015. JCR-UK, jewishgen.org); L. Zeldis, Some Sephardic Jews in Freemasonry, «Pietre-Stones Review of Freemasonry» (freemasons-freemasonry.com).
Bastino qui gli esempi emblematici di alcuni membri della famiglia Rothschild e di Moses Montefiore. Nathan Mayer Rothschild fu iniziato nel 1802 nella Lodge of Emulation di Londra.
James ed Anselm Rothschild appartenevano al Suprême Conseil de France.
Ferdinand Rothschild fu cofondatore della loggia di Waddesdon (Buckinghamshive), che venne poi chiamata Ferdinand Rothschild Lodge n. 2420 (Internationales Freimaurer-Lexikon, col. 1344; The Rothschild Masonic Lodge, islam-radio.net).
Moses Montefiore era membro della Mount Moriah Lodge di Londra (ivi, col. 1055).
Nel 1864 i massoni ebrei inglesi fondarono a Londra la Montefiore Lodge n. 1017 e nel 1888 a Glasgow venne fondata una seconda Montefiore Lodge.
Nel 1996 fu impiantata a Tel Aviv una terza loggia, la Montefiore Lodge of Installed Masters n. 78 (L. Zeldis cit.).
Di Nathan Mayer Rothschild, sul quale c’è tutta una letteratura, Wolf Mayer-Christian scrive che «con l’esercizio senza scrupoli della sua potenza finanziaria e con le sue speculazioni egli diventa lo spavento della Banca d’Inghilterra» (L’alleanza anglo-giudaica. Lo sviluppo e l’azione del dominio capitalistico sul mondo cit., pp. 34-35), mentre di Montefiore mette in evidenza la grande considerazione che godeva presso la classe dominante britannica (la Regina Vittoria lo nominò baronetto), ma anche i legami parentali con Nathan Mayer:
«Moses era dunque cambia-valute e banchiere. Per anni la sua attività si era limitata a oscuri affari finanziari che gli procurarono successi tanto più grandi in quanto egli era imparentato doppiamente col Re inglese della finanza di quel tempo, Nathan Mayer Rothschild. Le loro mogli erano sorelle, inoltre il fratello di Montefiore, Abraham aveva in moglie la figlia di Amschel Mayer Rothschild, Henriette. In base a questa parentela i Rothschild ottennero per il cognato l’ammissione alla Borsa come agente di cambio.
«Essi non dovettero pagare meno di 1200 sterline. Già dopo un tempo relativamente breve Montefiore, come agente borsistico dei Rothschild, aveva guadagnato tanto da poter abbandonare l’attività di agente, per dedicarsi completamente ai suoi piani politici, cioè alla vittoria dell’emancipazione giudaica» (pp. 45-46).
Alla luce di tutto ciò appare pienamente giustificato l’impiego dell’espressione “imperialismo anglo-giudeo-massonico” per designare la prassi criminale imperialistica della plutocrazia britannica nel XIX secolo.
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