Germar Rudolf: In difesa di Ursula Haverbeck

IN DIFESA DI URSULA HAVERBECK

Germar Rudolf ∙ 31 marzo 2020

Quando nel marzo 2015 i media tedeschi iniziarono a incitare il popolo tedesco contro la dottoressa Haverbeck chiamandola “nonna nazista” perché sosteneva, sulla base di documenti pubblicati, provenienti dagli archivi del campo di Auschwitz, che la versione convenzionale della storia del campo non poteva essere esatta, decisi di schierarmi dalla sua parte e dimostrare in un libro che aveva ragione. Chiedemmo a Carlo Mattogno di realizzare il progetto, ma non andò a buon fine. Aveva già troppi progetti in cantiere. Tuttavia, un amico e sostenitore del Dr. Haverbeck (e io) aveva già svolto parte del lavoro e lo aveva pubblicato su Internet come file PDF nel 2018. Decisi, quindi, sulla base di questo testo e in collaborazione con questo amico (e con l’assistenza di Carlo Mattogno), di integrare nei nostri Holocaust Handbooks un’edizione ampliata e migliorata di questa versione Internet come Volume 34. Dopo che, all’inizio di quest’anno, è apparsa l’edizione tedesca, ho tradotto questo libro in inglese dal 6 al 17 aprile in soli 12 giorni, grazie al lockdown indotto dal COVID. I dettagli del libro sono:

Erich Böhm, Germar Rudolf, Garrison and Headquarters Orders of the Auschwitz Concentration Camp (Ordini della guarnigione e della sede centrale del campo di concentramento di Auschwitz – N.d.T.), Castle Hill Publishers, Uckfield, 2020, 172 pagine, 6″×9″ brossura, bibliografia, indice, Holocaust Handbooks, volume 34, accessibile gratuitamente all’indirizzo www.HolocaustHandbooks.com; Codice ISBN: 978-1-59148-243-7. L’edizione attuale può essere acquistata in formato cartaceo o eBook all‘indirizzo https://armreg.co.uk/product/garrison-and-headquarters-orders-of-the-auschwitz-camp/. Per la descrizione del libro, si veda l’annuncio del libro in questo numero.

Questo articolo contiene solo la mia prefazione al libro. I riferimenti alla letteratura, inclusi nel testo e nelle note a piè di pagina rimandano alla bibliografia del libro, che non è compresa in questa premessa.

“Lo sappiamo attraverso i negazionisti dell’Olocausto: questa è una lettura altamente selettiva. Leggono semplicemente quello che vogliono leggere. Scelgono alcuni dettagli e cercano di generalizzarli”.
Prof. Dr. Norbert Frei (Bongen 2015b) 

All’inizio del 1991 mi fu chiesto dall’avvocato difensore di Düsseldorf Hajo Herrmann, di redigere, in qualità di chimico, una perizia che doveva essere presentata come prova in un procedimento penale contro uno dei suoi clienti. Tale rapporto aveva lo scopo di chiarire se le pretese gasazioni di massa, avvenute ad Auschwitz per mezzo dello Zyklon-B, avessero lasciato delle tracce chimicamente rilevabili nelle pareti delle presunte camere a gas, se tali tracce fossero state rilevabili fino ad allora (1991) e, qualora entrambe le condizioni fossero state soddisfatte, se si potessero trovare tali tracce in quel luogo.[1]

Quando, all’inizio del 1992, la prima versione della mia perizia fu completata, il collegio di difesa diretto da Hajo Herrmann decise di realizzarne delle fotocopie e di spedirle ad alcune delle personalità tedesche più in vista e ad alcuni professori potenzialmente interessati.[2]

Tra questi ultimi c’era il Prof. Dr. Werner Georg Haverbeck. Dopo aver letto la mia perizia, il Prof. Haverbeck mi scrisse, tra l’altro, le seguenti righe in una lettera datata 31 gennaio 1992:

“Considero la ricezione del Suo studio uno dei momenti salienti dell’intuizione che si possono ancora sperimentare in questo periodo. Condivido, con molti colleghi nell’ambito della storia contemporanea, gioia e gratitudine per l’attività di ricerca che Lei ha avviato e, naturalmente, soprattutto per quanto riguarda il risultato della Sua corretta indagine scientifica”. 

Quando il Prof. Haverbeck morì nel 1999, la sua vedova, la dottoressa Ursula Haverbeck, ne raccolse il lascito. È stata, per esempio, vicepresidente del “Verein zur Rehabilitierung der wegen Bestreitens des Holocaust Verfolgten”, VRBHV (“Associazione per la riabilitazione dei perseguitati per aver negato l’Olocausto” – N.d.T.) un’organizzazione per i diritti umani, bandita come incostituzionale nel 2008 dal Ministro dell’interno tedesco.[3]

Gli attuali governanti di Berlino insistono sul fatto che la fede nell'”Olocausto” è costituzionalmente necessaria, anche se è vero l’esatto contrario. Ecco gli articoli 4 e 5 della Legge fondamentale della Germania, che è la sua costituzione surrogata:

Articolo 4 

  • La libertà di fede e di coscienza nonché la libertà di professare un credo religioso o filosofico, sono inviolabili.
  • La pratica indisturbata della religione deve essere garantita. […]

È quindi chiaramente incostituzionale costringere chiunque a una qualsiasi professione di fede. Più avanti leggiamo:

Articolo 5 

(1) Ogni persona ha il diritto di esprimere e diffondere liberamente le proprie opinioni con la parola, lo scritto e le immagini, e di informarsi senza impedimenti da fonti generalmente accessibili. Sono garantite la libertà di stampa e la libertà di informazione attraverso trasmissioni e film. Non ci sarà censura.

(2) Questi diritti troveranno i loro limiti nelle disposizioni delle leggi generali [Nota Bene], nelle disposizioni per la protezione dei giovani e nel diritto all’onore personale.

  • Le arti e le scienze, la ricerca e l’insegnamento sono liberi. La libertà di insegnamento non esimerà nessuno dalla fedeltà alla Costituzione.

La legge tedesca contro il revisionismo storico – cioè l’articolo 130 del Codice penale tedesco – vieta solo alcune opinioni su argomenti strettamente limitati. Perciò, non si tratta di una “legge generale”, ma chiaramente di una “legge speciale”, e tali leggi sono espressamente considerate incostituzionali. A prescindere da ciò che tentino di fare e da quanto strenuamente discutano, nemmeno i giudici dell’Alta Corte Costituzionale Federale Tedesca possono cambiare questo dato di fatto, anche se ci hanno provato non molto tempo fa.[4]

Inoltre, la maggior parte delle pubblicazioni revisioniste sono il risultato della scienza e della ricerca, e sono quindi immuni da qualsiasi limite previsto dalle leggi generali. Tuttavia, la magistratura federale tedesca, vieta fondamentalmente e categoricamente di riconoscere le pubblicazioni dissidenti come contributi di natura accademica, ma nemmeno questo avviene, dopo una presa in considerazione dei fatti della questione, ma in modo apodittico e senza alcuna prova, anzi attraverso la soppressione violenta delle prove, perché chiunque tenti di presentare una mozione per sottoporre delle prove nelle aule dei tribunali tedeschi imparerà che, in linea di principio, tutte queste mozioni sono respinte, e se un collegio di difesa manifesta, inoltre, la temerarietà di presentare tali mozioni, nel tentativo di sostanziare la visione storica dell’imputato,  può anche aspettarsi di essere perseguito, inclusi gli avvocati della difesa! Sì, in Germania è VIETATO difendere sé stessi (o il proprio cliente) in questa faccenda con argomenti fattuali! Questo non è chiaramente il segno distintivo di uno Stato di diritto![5]

Sono quindi il Ministero dell’interno tedesco in qualità di rappresentante dell’esecutivo tedesco, l’Alta Corte Costituzionale Federale tedesca come capo della magistratura tedesca e il legislatore tedesco (Bundesrat e Bundestag) a promulgare tali leggi, che si sono chiaramente dimostrate incostituzionali! L’unica cosa che impedisce loro di scomparire nell’oblio è il fatto che impongono con la forza la loro politica alla Germania, sotto la minaccia delle armi. Coloro che non rispettano le regole vengono semplicemente mandati in prigione. Questa è la democrazia alla tedesca!

Anche se la dottoressa Haverbeck non poteva più lavorare nell’anzidetta organizzazione per i diritti umani, ora dissolta, ciò non le impediva di esprimere opinioni iconoclaste sull’Olocausto. L’apice del suo impatto pubblico fu raggiunto nel marzo 2015, quando il canale televisivo “ARD”, di proprietà del governo tedesco, durante il suo articolo di approfondimento “Panorama”, trasmise degli spezzoni di una lunga intervista con la dottoressa Haverbeck, in cui quest’ultima ebbe l’opportunità di presentare le sue vedute a un pubblico di milioni di persone.[6] Per questa ragione, fu successivamente condannata a dieci mesi di reclusione senza condizionale (Feldmann 2015). Poiché rifiuta di tacere su questo argomento anche durante la sua reclusione, la dottoressa Haverbeck è ancora oggi in carcere, mentre scrivo queste righe, all’età di 91 anni. E chiunque protesti contro tale misura può subito raggiungerla dietro le sbarre. Non occorre guardare alla Cina per trovare gravi violazioni dei diritti umani da parte di regimi dittatoriali…

Nel contesto del presente studio, l’aspetto rilevante dell’intervista di Panorama con la dottoressa Haverbeck è costituito dai suoi ripetuti riferimenti a un libro dell’Istituto di Storia Contemporanea di Monaco (Institut für Zeitgeschichte, IfZ), che contiene il testo di centinaia di ordini della guarnigione e del quartier generale dell’ex campo di Auschwitz in oltre 500 pagine (Frei et al., 2000). La dottoressa Haverbeck citò ripetutamente questo libro durante quell’intervista, nel suo sforzo di comprovare le sue vedute revisioniste su Auschwitz. L’editore principale del libro, lo storico Dr. Norbert Frei, non fu, ovviamente, contento di questo utilizzo della sua edizione originale (Bongen 2015b). Alcune delle ragioni addotte dal Dr. Frei nel 2015 sul perché ritiene che le argomentazioni del Dr. Haverbeck siano errate corrispondono a quelle già contenute nell’introduzione all’edizione originale. Sono perciò elencate e discusse nella parte principale del presente libro.

Tuttavia, alcune dichiarazioni del Dr. Frei, non sono collegate agli ordini emessi dall’amministrazione del campo di Auschwitz e non essendo, perciò, trattate nella parte principale di questo libro, saranno affrontate qui di seguito.

Quella che segue è una domanda posta dal giornalista diARD” Bongen, seguita dalla risposta del Dr. Frei:

[Bongen]: “Gli estremisti di destra fanno ripetutamente riferimento a studi di scienziati presumibilmente rispettabili che negano l’uso dello Zyklon B per gasare le persone. Che cosa se ne deve dedurre? 

[Frei]: Queste informazioni, spesso anche definite “perizie”, scritte da presunti esperti delle scienze esatte, a un esame più attento, si rivelano regolarmente produzioni ordinate da simpatizzanti della negazione dell’Olocausto.

Era una stoccata polemica contro di me e la mia perizia (Rudolf 1993/2017a). Tuttavia, come chimico laureato, sono senza dubbio un esperto delle scienze esatte nel campo in questione. Allora perché “presunto”? Inoltre, le perizie legali sono sempre e senza eccezioni ordinate dal tribunale, o dall’accusa o dalla difesa. È anche ovvio che in una controversia un perito chiamato a testimoniare sia solidale sui dati di fatto (ma non necessariamente politicamente) con le opinioni di quella parte che più si avvicinano a quelle a cui l’esperto è giunto coscienziosamente e con il meglio delle sue conoscenze. Quindi possiamo ribaltare la situazione:

“Queste informazioni, che sono spesso indicate anche come ‘perizie’ da presunti esperti storici, a un esame più attento, si rivelano regolarmente, produzioni ordinate da simpatizzanti dell’ortodossia dell’Olocausto”. 

Inoltre, molti storici che non mettono ufficialmente in discussione l’insegnamento ortodosso sull’Olocausto giungono sempre alle conclusioni politicamente auspicabili perché altrimenti si ritroverebbero a fare i conti con la fine della loro carriera (come è finita la mia, o non è mai incominciata), e in molti Paesi anche con il carcere (cfr. le dichiarazioni di alcuni storici nell’Appendice a Rudolf 2016). Io stesso sono stato minacciato da un giudice di essere perseguito penalmente come perito testimone in aula, se avessi osato presentare i risultati della mia ricerca al tribunale (vedere Rudolf 2016, pp. 105 sgg.). Pertanto, la frase si dovrebbe anche formulare in questo modo:

“Queste informazioni, che sono spesso indicate anche come ‘perizie’ da presunti esperti storici, a un esame più attento, si rivelano regolarmente, essere produzioni ordinate da simpatizzanti dell’ortodossia dell’Olocausto o spergiuri che rendono false testimonianze forzate sotto la minaccia di una punizione”. 

Ma, a prescindere dalle simpatie di un autore o dal gruppo sociale che possa fare pressione su di lui, alla fine contano solo gli argomenti, ed è qualcosa che gli storici ortodossi come il dottor Frei non sembrano riconoscere. Nei discorsi accademici, gli attacchi personali e i colpi polemici sotto la cintura, nella migliore delle ipotesi, risultano dequalificanti.

Un’altra domanda posta al dottor Frei è stata:

“I negazionisti di Auschwitz usano la correzione apportate alle targhe del Memoriale di Auschwitz per dimostrare che il numero di persone uccise nei campi di concentramento nazisti era di gran lunga inferiore. Una volta si parlava di quattro milioni di vittime. Dopo il crollo dell’Unione Sovietica [1990], il numero delle vittime ebree uccise ad Auschwitz­ è stato ridotto di tre milioni, quindi il numero totale di sei milioni di vittime ebree avrebbe dovuto essere ridotto di conseguenza. Qual è la Sua opinione in merito? 

[Frei]: Il numero di circa quattro milioni di vittime è circolato subito dopo la fine della guerra nel 1945, attraverso le indagini e i calcoli di capacità di una commissione d’inchiesta sovietica e di una commissione polacca. Questo numero fu poi adottato dal Museo Statale di Auschwitz e non fu corretto fino alla fine del regime comunista. Sulla base degli elenchi di trasporto esistenti, tuttavia, la ricerca occidentale è arrivata a cifre inferiori già dagli anni ’60. In base alle fonti disponibili, si considera ora certo un numero minimo di 1,1 milioni di ebrei uccisi ad Auschwitz; tuttavia, potrebbero forse essere perite solo in quel campo fino a 1,5 milioni di persone. Dall’apertura degli archivi dell’Europa orientale, avvenuta negli anni ’90, la ricerca sul numero totale delle vittime dell’Olocausto si è avvalsa di fonti precedentemente sconosciute. Nel frattempo, la scienza internazionale è stata in grado di determinare cifre molto precise per i singoli Paesi e le sottosezioni dell’Olocausto, ma in alcuni settori dipende ancora da stime, ad esempio per quanto riguarda le esecuzioni da parte delle SS Einsatzgruppen. Oggi, si presume un totale di almeno 5,6 e fino a 6,3 milioni di vittime”. 

Il problema dell’eccessivo numero delle vittime e del relativo bilancio totale delle vittime dell’Olocausto non può essere limitato ad Auschwitz. In effetti, il numero delle vittime di quasi tutte le scene del crimine del Terzo Reich fu notevolmente esagerato alla fine della guerra e gradualmente ridotto negli anni e nei decenni successivi. Ecco alcuni esempi:

Campo Numero di vittime del passato Numero di vittime

oggi

Fattore di

esagerazione

Auschwitz da 4 a 8 milioni 1 milione da 4 a 8
Treblinka 3 milioni 800.000 4
Bełżec 3 milioni 600.000 5
Sobibór 2 milioni 200.000 10
Majdanek 2 milioni 78.000 26
Chelmno 1,3 milioni 150.000 9
Mauthausen 1 milione 100.000 10
Sachsenhausen 840.000 30.000 28
Dachau 238.000 41.000 6
Totale ca. 17,5-21,5 milioni ca. 3 milioni ca. 6
Sulle fonti si veda in particolare la sezione relativa ai vari campi in Rudolf 2017c e Mattogno 2016e.

A ciò dobbiamo aggiungere le vittime di tutti gli altri campi e ghetti non elencati in questa sede nonché le vittime degli Einsatzgruppen perite in Unione Sovietica e in Serbia. Di conseguenza, è stato affermato, soprattutto dopo la guerra ma anche negli anni e nei decenni successivi, che l’Olocausto in realtà ha mietuto molte più vittime dei “soli” 6 milioni, con 21 milioni che, per quanto ne so io, costituisce il limite massimo (vedere Scott 2017).

Ciò che colpisce di tutte le cifre iniziali del conteggio delle vittime è che sono, senza eccezioni, significativamente superiori a quanto si presume oggi. Se si trattasse di semplici errori, ci si aspetterebbe che queste cifre abbiano la stessa probabilità di deviare dal valore effettivo secondo un andamento crescente e decrescente. Qui, tuttavia, tutte le cifre ufficiali del bilancio delle vittime annunciate inizialmente sono sempre state ben al di sopra delle cifre ufficiali adottate oggi. Ciò è chiaramente tendenzioso.

Lo stesso vale per i pretesi metodi di uccisione seguiti per questi campi. Nella seconda colonna della tabella successiva sono elencate le armi del delitto che, durante o poco dopo la guerra, si sosteneva fossero state usate, ma oggi tale affermazione non è più valida. L’ultima colonna contiene l’arma del delitto che oggi si pretende sia stata usata.

Quale lezione possiamo trarne? I rapporti e le affermazioni sui presunti campi di sterminio del Terzo Reich erano pieni di esagerazioni e invenzioni fin dall’inizio. Ciò premesso, è irresponsabile e assai poco accademico prendere per buona qualsiasi affermazione di orrori avvenuti in questi campi, ed è criminale ostracizzare o addirittura perseguire i diffidenti scettici.

Campo Arma del delitto inventata Arma del delitto
ancora rivendicata
Auschwitz Gas tossici, alta tensione, docce con gas, bombe a gas, martello pneumatico, nastro trasportatore Zyklon B
Treblinka Camera a gas mobile, gas paralizzante, calce viva, vapore bollente, alta tensione Scarico diesel
Bełżec Camera omicidia sotterranea, calce viva, alta tensione, vuoto Scarico diesel
Sobibór Gas di cloro, liquido nero, botola che si apriva nel pavimento della camera a gas Scarico motore
Majdanek Zyklon B CO in bombole
Per Auschwitz si veda Mattogno 2018; per gli altri campi si vedano le rispettive monografie elencate alla fine del presente libro: Treblinka: Mattogno/Graf; Bełżec: Mattogno 2016g; Sobibór: Graf/Kues/Mattogno; Majdanek: Graf/Mattogno.

Oggi la situazione non è diversa da quella esistente alla fine della guerra. Nel frattempo l’isteria della festa dell’odio anti-tedesco dell’immediato dopoguerra si è placata, ma è stata solo sostituita da un’isteria della festa dell’odio anti-revisionista (“negazionista”). Dopo la guerra, non era un reato penale dubitare o addirittura confutare le accuse di atrocità dei campi del Terzo Reich, ma tale è esattamente il caso in molti Paesi oggi. La reazione isterica di molte, se non della maggior parte delle persone, quando qualcuno esprime dubbi sul sacrosanto Olocausto o addirittura commette il sacrilegio di mettere in discussione l’esistenza delle stesse camere a gas, dimostra che non si tratta solo di questioni concrete, ma di tabù dottrinalmente interiorizzati.

Dopo aver letto questa recensione critica degli ordini della guarnigione e del quartier generale di Auschwitz, e di ciò che Frei e i suoi colleghi ne hanno fatto, il lettore capirà quando giudicherò questi storici di corte come segue:

 

“Lo sappiamo dai bugiardi ortodossi dell’Olocausto: la loro interpretazione dei documenti si basa su una lettura altamente selettiva. Leggono semplicemente quello che vogliono leggere. Individuano alcuni dettagli, ne distorcono il significato e poi cercano di generalizzarli”.

— Parafrasando il Prof. Dr. Norbert Frei

* * *

Il presente lavoro sugli ordini della guarnigione e del quartier generale di Auschwitz si basa su una prima visione d’insieme compilata da un laborioso tedesco, che è stata pubblicata online nel 2018 con il titolo Kommandanturbefehle – eine Betrachtung (Ordini del quartier generale – Una considerazione) come file PDF da scaricare gratuitamente. L’autore scelse lo pseudonimo “Ernst Böhm”. Il suo lavoro è stato qui notevolmente ampliato, corretto e rivisto. Per gratitudine per il suo lavoro preparatorio, lo includo come co-autore di questo libro. Non rivelo in questa sede il suo vero nome, perché sappiamo tutti che, finché prevarrà l’attuale regime repressivo di Berlino, tutti in Germania dovranno temere per la propria esistenza, compreso, va notato, lo stesso dottor Frei, se si avventureranno a trovare la verità in questo settore della ricerca. Chiunque contribuisca ad aprire gli occhi a qualsiasi lettore in virtù di tale opera può proteggere se stesso e le proprie famiglie da persecuzioni illegali, ciononostante quando pubblica ciò che ha scoperto.

Preferisco di gran lunga queste persone al tipo di “patrioti” che si vantano del loro patriottismo in pubblico, ma si tengono a distanza di sicurezza da questo argomento tabù. Per la Germania, l’Olocausto è la madre di tutti i tabù, che paralizza gran parte della capacità della sua società di affrontare e risolvere le minacce esistenziali. Ogni Tedesco che non si occupa di questo tabù tradisce i diritti e la sopravvivenza del popolo tedesco. Questi “patrioti” gesticolano un po’ con cartucce a salve e sperano di sfuggire alla condanna e alla persecuzione dei prepotenti del sistema. La prosperità e una carriera confortevole sono evidentemente più importanti per loro di un futuro sicuro per i loro discendenti.

Qualsiasi governo in Germania, indipendentemente dal colore o dalla bandiera sotto cui regna, può essere un governo costituzionale e un governo tedesco solo se permette incondizionatamente e senza limiti la discussione di tutti gli argomenti del passato tedesco senza tabù. Perché solo questa libertà ci permette di scoprire la verità e di farla conoscere.

Tenete gli occhi aperti, perché solo la verità ci renderà liberi!

Germar Rudolf, 31 Marzo 2020

Note finali

       [1]  Sullo sfondo di come è nata la mia perizia, vedere Rudolf 2016a.
     [2]  Per l’edizione attuale della mia perizia vedere Rudolf 2017°.
 
        [3]   Cfr. https://web.archive.org/web/20090618194629 /http://www.bmi.bund.de/cln_104/​​

SharedDocs/Pressemitteilungen/DE/2008/05/bm_verbietet_rechtsextr_Org.html

[4]  Decisione del 4 novembre 2009, BvR 2150/08; cfr.

www.bundesverfassungsgericht.de/pressemitteilungen/bvg09-129.html:

 
              “In generale, le restrizioni alla libertà di opinione sono ammissibili solo in base alle leggi generali,

ai sensi dell’art. 5, par. 2, alt. 1 della Legge fondamentale. Una legge che limita le opinioni é

una legge speciale inammissibile, se non é formulata in modo sufficientemente aperto ed é diretta

sin dall’inizio solo contro determinati atteggiamenti, convinzioni, o ideologie  […] Sebbene il regolamento

dell’art. 130, par. 4 del Codice Penale non sia una legge generale […], anche come legge non generale

è ancora compatibile con l’art.5, par. 1 e 2 della Legge fondamentale come eccezione. In considerazione

dell’ingiustizia e del terrore causati dal regime nazionalsocialista, un’eccezione al divieto di leggi

speciali è intrinseca.” O in altre parole, quando ci va, non ci importa niente della costituzione.

[5]  Sull’illusione che la Germania sia un Paese retto da uno Stato di diritto, vedere il mio documentario “Germany:

Country under the Rule of Law: Role, Model or Illusion?”, Rudolf 2017b.

[6]  Bongen/Feldmann 2015; Bongen 2015a; vedere anche https://www.dailymotion.com/video/x2sb0q6.

   
   
   
Cfr. https://web.archive.org/web/20090618194629/http://www.bmi.bund.de/cln_104/SharedDocs/Pressemitteilungen/DE/2008/05/bm_verbietet_rechtsextr_Org.html
Decisione del 4 novembre 2009, 1 BvR 2150/08; cfr. www.bundesverfassungsgericht.de/pressemitteilungen/bvg09-129.html: “In generale, le restrizioni alla libertà di opinione sono ammissibili solo sulla base di leggi generali ai sensi dell’articolo 5, paragrafo 2, alternativa 1, della Legge fondamentale. Una legge restrittiva delle opinioni è una legge speciale inammissibile, se non è formulata in modo sufficientemente aperto ed è diretta fin dall’inizio solo contro certe convinzioni, atteggiamenti o ideologie. […] Sebbene la regolamentazione dell’articolo 130, paragrafo 4, del codice penale tedesco non sia una legge generale […] anche come legge non generale, è ancora compatibile con l’articolo 5, paragrafi 1 e 2, della Legge fondamentale, in via eccezionale. Di fronte all’ingiustizia e al terrore causati dal regime nazionalsocialista, un’eccezione al divieto di leggi speciali […] è immanente”. O in altre parole: ogni volta che ne abbiamo voglia, non ce ne frega un cazzo della Costituzione.
Sull’illusione che la Germania sia un paese sotto lo stato di diritto vedi il mio documentario Germany, Country under the Rule of Law: Role Model or Illusion?, Rudolf 2017b.
Bongen/Feldmann 2015; Bongen 2015a; Vedi anche https://www.dailymotion.com/video/x2sb0q6.

Autore

Germar Rudolf

Germar Rudolf è nato il 29 ottobre 1964 in Germania, a Limburg a. d. Lahn. Ha studiato chimica all’Università di Bonn, dove si è laureato nel 1989 come Dimplom-Chemiker, che negli Stati Uniti è paragonabile a un dottorato di ricerca. Dal 1990 al 1993 ha preparato una tesi di dottorato in tedesco presso l’Istituto Max Planck per la ricerca sullo stato solido, in collaborazione con l’Università di Stoccarda. Parallelamente e nel tempo libero, Rudolf ha preparato una perizia sulle questioni chimiche e tecniche delle presunte camere a gas di Auschwitz, The Rudolf Report (ora intitolato The Chemistry of Auschwitz),  dove giunge alla conclusione che “le presunte strutture per lo sterminio di massa ad Auschwitz e Birkenau non erano adatte allo scopo come sostenuto”. Di conseguenza, negli anni successivi dovette subire dure misure di persecuzione. Si esiliò quindi in Gran Bretagna, dove fondò la piccola casa editrice revisionista Castle Hill Publishers. Quando, nel 1999, la Germania ne chiese alla Gran Bretagna l’estradizione, Rudolf fuggì negli Stati Uniti. Lì chiese asilo politico, ampliò la sua attività editoriale e nel 2004 sposò una cittadina statunitense. Nel 2005, gli Stati Uniti riconobbero la validità del matrimonio di Rudolf e pochi secondi dopo lo arrestarono e successivamente fu deportato in Germania, dove fu incarcerato per 44 mesi per i suoi scritti accademici. Alcuni degli scritti per i quali fu condannato erano stati pubblicati mentre Rudolf risiedeva negli Stati Uniti, dove le sue attività erano e sono perfettamente legali. Dal momento che non è un criminale secondo la legge degli Stati Uniti, nel 2011è riuscito a immigrare definitivamente negli Stati Uniti, dove si è riunito alla moglie e alla figlia, cittadine statunitensi. Attualmente risiede nello Stato di New York.

Informazioni bibliografiche su questo documento: “Inconvenient History”, 2020, Vol. 12, No. 2

 

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