Speciale caso Priebke: la Stanza di Montanelli del 17.12.1998

Caso Priebke. Nel “porcaio
mediatico” – come lo ha giustamente definito Carlo Mattogno – che nei
giorni scorsi si è scatenato in occasione della morte dell’ex capitano tedesco,
figura, naturalmente, anche il
Fatto Quotidiano di Marco Travaglio. Costui, che non perde occasione
per far notare di essere discepolo di Indro
Montanelli e per magnificarne la
figura, si è però guardato bene dal ricordare ai propri lettori ciò che pensava
Montanelli del caso Priebke. Personalmente, non ho mai stimato Montanelli, ma
mi sembrava giusto rievocare quanto scrisse all’epoca sulla ben nota
controversia, per far capire non solo la differenza che pur sempre esiste tra
il “maestro” e certi suoi—ultra-sionisti – discepoli, ma anche quanto in questi
ultimi anni si sia appiattito in Italia il dibattito pubblico, a tutto
vantaggio della lobby-che-non-esiste. Oggi, certe prese di posizione da parte
di un “grande” giornalista su un argomento del genere sembrano pura utopia. E allora,
rileggiamoci certe risposte della “Stanza” di Montanelli …
CHIEDO
UN TRATTAMENTO UMANITARIO PER PRIEBKE (La Stanza di Montanelli del 17.12.1998):
  
Caro
Montanelli, Credo che lei, denunziando come atti insensati il processo e la
condanna di Priebke, abbia bene interpretato il pensiero della maggioranza
(purtroppo, come al solito “silenziosa”) degl’ italiani. Tuttavia,
dopo la sentenza, anche i piu’ pessimisti tra noi, compreso chi scrive, avevano
pensato che l’ergastolo fosse un “atto dovuto” a conferma di un
principio generale di imprescrittibilita’ dei delitti contro l’umanita’ ; ma
che, una volta ribadito questo principio, sarebbe intervenuto un atto di
clemenza che proprio per ragioni umanitarie non si puo’ negare a un ottantacinquenne
piuttosto male in arnese, come del resto dispone l’ articolo 27 della
Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso
di umanita’ …” eccetera. Ma chi la conosce, in Italia, la Costituzione?
Nemmeno, a quanto pare, il presidente Scalfaro, che pure la invoca, in media,
tre volte al giorno. E veniamo al dunque, cioe’ all’ attualita’ . Ricoverato d’
urgenza, per un collasso, nel Policlinico Militare, ben tre medici universitari,
chiamati a visitare Priebke hanno dichiarato che il paziente denunzia
“strutture cerebrali in rapido e progressivo deterioramento”, e che
la sua condizione generale e’ “tassativamente incompatibile con qualsiasi
regime detentivo”. Il caso e’ ora nelle mani dei giudici del Tribunale di
Sorveglianza, i quali dovranno decidere prima di Natale se concedere a Priebke
un trattamento cristiano, consentendogli di terminare i suoi giorni in un alloggio,
sia pure sorvegliato, ma decente; o tornare a sbatterlo nella sua cella di
ergastolano, in modo da affrettare la “soluzione finale” del suo caso
alquanto imbarazzante per la Giustizia italiana, cioe’ per il poco che di essa
rimane. Lei, caro Montanelli, che con la sua penna tanto puo’ …

Qui finisce, o meglio io faccio finire la
lettera di cui rispetto l’ anonimato, visto che mi e’ stato espressamente
richiesto, e comincia la mia risposta. Sui poteri della mia penna, caro amico,
non si faccia illusioni. Se la mia penna potesse qualcosa, il processo a
Priebke, a cinquant’ anni di distanza dal verdetto della Corte marziale che lo
aveva scagionato, non si sarebbe fatto, e comunque non si sarebbe concluso come
si concluse per volonta’ di due uomini che ora lo hanno sulla coscienza,
ammesso che abbiano una coscienza: il procuratore Intelisano, ma ancora piu’ di
lui il ministro della Giustizia Flick che con un atto di arbitrio fece revocare
la sentenza che praticamente confermava quella di cinquant’ anni fa, e ne ordino’
non la revisione, ma il rovesciamento. Dove ora sia finito Flick non lo so:
spero che sia finito davvero, in tutti i sensi. Al suo posto c’ e’ Diliberto,
che personalmente non conosco, che sara’ anche un comunista e col quale mi sono
trovato in vivacissimo contrasto sul caso Ocalan; ma che su quello del Giudice Unico
ha preso una posizione precisa e vi si e’ impegnato con fermezza e senza
ambiguita’ . È a lui che ora mi rivolgo per chiedergli di assumerne una
altrettanto chiara e coraggiosa sul caso Priebke, vergogna della Giustizia
italiana. Proprio perche’ ex – comunista, lui puo’ farlo. Ed e’ questo che noi,
anticomunisti da sempre, ora ci aspettiamo dai post – comunisti in buona fede.
Io non gli chiedo – anche perche’ non so a nome di quanti italiani potrei farlo
– di revocare l’ergastolo a Priebke, ma solo di applicargli quel trattamento
umanitario che anche la Costituzione concede a chi, come lui, non chiede di
“rifarsi una vita”, ma solo di procurarsi una morte decente, cioe’
senza il “bojolo” e le altre umiliazioni che accompagnano la giornata
le altre umiliazioni che accompagnano la giornata (io ne so qualcosa) del
galeotto. Coraggio, signor ministro. Se lei e’ un uomo, come a me e’ sembrato
che sia, batta un colpo.
Pagina
41 (17 dicembre 1998) Corriere della Sera

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