Davvero Gheddafi è un “dittatore sanguinario”?

Davvero Gheddafi è un “dittatore sanguinario”?

Combattenti islamisti liberati l’anno scorso da Gheddafi in cambio della rinuncia alla violenza
Che Gheddafi sia un “dittatore sanguinario”, da quando stanno provando a rubare alla Libia le sue risorse naturali, è diventato ormai un luogo comune. Ma è davvero così? Navigando in rete, si fanno al riguardo scoperte interessanti. Ad esempio, mentre cercavo ieri l’altro delle foto del Libyan Islamic Fighting Group, mi sono imbattuto nella seguente, sorprendente notizia: “LIBYA FREES 214 ISLAMISTS, INCLUDING THREE TOP FIGURES, WHO HAD BEEN FIGHTING FOR AN ISLAMIC STATE” (La Libia libera 214 islamisti, incluse tre figure di vertice, che avevano combattuto per uno stato islamico).
La notizia è del 24 marzo 2010, e venne pubblicata da un sito – il blog sionista e islamofobo Islamization Watch[1] – non certo sospetto di simpatie per il colonnello. Traduco l’articolo a seguire, perché vale la pena di leggerlo per intero:
TRIPOLI (AFP) – La Libia ha liberato 214 islamisti dal carcere, incluse tre figure di vertice del Libyan Islamic Fighting Group, ha detto martedì il figlio del leader libico Muammar Gheddafi.
Seif al-Islam

“Oggi, lo stato libico annuncia la liberazione di 214 prigionieri appartenenti a diversi gruppi islamisti, tra cui vi sono 34 membri del LIFG, inclusi i tre leader del gruppo” – il boss in capo Abdelhakim Belhaj, il responsabile militare Khaled Shrif, e l’ideologo Sami Saadi, ha detto Seif al-Islam nel corso di una conferenza stampa nella capitale libica Tripoli”.

“Con il rilascio di questi leader, abbiamo ultimato il nostro programma di dialogo e riconciliazione”, ha aggiunto, in riferimento a una politica della “mano tesa” verso gli islamisti iniziata nel 2007 dalla Fondazione Gheddafi, che lui dirige.
“Dall’inizio di questo programma, sono stati liberati 705 islamisti, mentre 409 sono ancora in prigione, e 232 di costoro saranno presto liberati”, ha aggiunto Islam.
Nel 2007, Al-Qaeda annunciò che il LIFG si era unito alla rete jihadista. Ma l’anno scorso, la Fondazione Gheddafi ha annunciato che gli islamisti detenuti nelle prigioni libiche che avevano avuto in precedenza legami con Al-Qaeda avevano rinunciato a quei legami.
“Questo è un evento storico”, ha detto Islam, aggiungendo che le autorità continueranno a rilasciare prigionieri fino a quando quelli detenuti ancora in carcere saranno liberati.
In ottobre, sono stati liberati 88 islamisti, inclusi 45 membri del LIFG.
Islam ha detto che un totale di 165 membri delle forze di sicurezza sono stati uccisi nel corso degli anni negli scontri con gli islamisti, mentre sono morti 177 rivoltosi.
“Siamo al punto di concludere un periodo tragico” nella storia del paese.
Abu Laith al-Libi

Il LIFG un tempo veniva diretto dall’Asia centrale da Abu Laith al-Libi, uno dei primi luogotenenti, ucciso nel 2008 da un missile americano nella zona tribale del Pachistan nord-occidentale, del leader di Al-Qaeda Osama bin Laden.

Il gruppo venne creato agli inizi degli anni ’90 da certi libici che erano stati in Afghanistan a combattere gli invasori sovietici negli anni ’80, e che erano rimasti lì dopo che i sovietici ne erano stati scacciati.
Esso annunciò la sua esistenza nel 1995, dicendo che il suo obbiettivo era rovesciare il regime guidato da Gheddafi per sostituirlo con uno islamista radicale.
FINE
Christopher Boucek

Calcolo? Propaganda? Forse[2], ma è difficile crederlo, alla luce del fatto che un altro osservatore parimenti non sospettabile di simpatie per Gheddafi – l’analista Christopher Boucek[3], del Carnegie Endowment for International Peace[4] — ha giudicato tale programma di riabilitazione sociale dei terroristi privo di monitoraggio!

Racconta infatti costui – nell’articolo “Islamist terrorists are running loose in Libya. Why isn’t the US paying attention?[5] (I terroristi islamisti scorazzano liberi in Libia. Perché gli Stati Uniti non vi prestano attenzione?) – che l’anno scorso venne invitato dalla Fondazione Gheddafi a visitare la Libia “insieme a un gruppo di giornalisti e altri ricercatori per conoscere il cosiddetto programma di riabilitazione dei terroristi del paese”.
Spiega lo studioso:
“Era un concetto relativamente semplice. I combattenti islamisti imprigionati potevano ottenere la libertà in cambio del riconoscimento della legittimità del governo e della rinuncia alla violenza”.
E prosegue:
Ex detenuti appena usciti da Abu Salim

“Ero presente nella famigerata prigione di Abu Salim, a Tripoli, il giorno in cui più di 200 detenuti vennero rilasciati. Era un colpo d’occhio caotico vedere come i prigionieri uscivano semplicemente di prigione ognuno per la sua strada per unirsi alle loro famiglie. Non era prevista nessuna prassi per preparare i prigionieri al rilascio, né per aiutarli a reintegrarsi nella società, né strumento alcuno per monitorare le loro attività future o per assicurarsi che non avrebbero partecipato ad attività terroristiche”.

Insomma, “C’erano pochi segnali che molti ex detenuti avevano rinunciato davvero alle loro precedenti convinzioni”.
Ma c’è di più:

Da quando è iniziata la rivolta libica, c’è stata una raffica di messaggi senza precedenti da parte di Al-Qaeda a sostegno del loro sforzo di rovesciare l’odiato regime di Gheddafi…[adesso] il numero degli islamisti ex carcerati in libertà è persino più alto, poiché il regime quest’anno ha avventatamente rilasciato un maggior numero di prigionieri nel vano tentativo di calmare la sollevazione prima che prendesse piede [e questo sarebbe un comportamento sanguinario?] – e altri sono fuggiti di prigione quando sono scoppiati gli scontri”.

Tutto ciò induce Boucek a porsi inquietanti interrogativi:

“Dove stanno ora questi islamisti? E cosa stanno facendo? … Non sappiamo praticamente nulla sulla composizione dell’opposizione libica”.

La conclusione dello studioso è che “Washington deve fare tutto ciò che è in suo potere per assicurare che qualunque futuro governo libico sia un partner nel combattere il terrorismo”, anche se dalle sue parole traspare un certo scetticismo al riguardo.
A quanto pare quindi, se c’è qualcuno, in Libia, che cavalca la tigre del terrorismo, questo non sembra certo Gheddafi. 

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