Mario Michele Merlino, l’infiltrato per antonomasia

Mario Michele Merlino, l’infiltrato per antonomasia

A quanto pare, nella storia della strategia della tensione, Mario Michele Merlino[1] rappresenta l’”infiltrato per antonomasia”. Su di lui ho trovato, nel libro SOVRANITÀ LIMITATA – Storia dell’eversione atlantica in Italia[2], di Antonio Cipriani e Gianni Cipriani, da me più volte citato, dei brani interessanti. Ne scelgo tre, che vanno a comporre, uno dopo l’altro, un ritratto davvero significativo. I primi due si riferiscono ai fatti di Valle Giulia. Il terzo ai moti di piazza del 10 dicembre 1964 (i grassetti nel testo sono miei).



Pio D’Auria e Mario Merlino

 “La «battaglia di Valle Giulia», del 1° marzo 1968, rappresenta la data d’inizio della contestazione studentesca, quel movimento destinato a segnare un capitolo nodale nella storia del dopoguerra. Il Sessantotto, fondamentale dal punto di vista politico e sociale, è altrettanto importante perché rappresenta anche uno dei primi momenti dell’applicazione della teoria dell’infiltrazione nei movimenti di estrema sinistra, con lo scopo di alzare il livello dello scontro. Quel giorno a Valle Giulia, confusi tra gli studenti della facoltà di architettura c’erano gli uomini di Avanguardia nazionale e di Ordine nuovo, impegnati a fomentare disordini. In prima fila, tra i più agguerriti contro i poliziotti, c’erano Pio D’Auria e, soprattutto, Mario Merlino, l’infiltrato per antonomasia, che compare a più riprese in quegli anni vestendo di volta in volta i panni del fascista, dell’anarchico, dello studente extraparlamentare di sinistra, del nazimaoista, ma sempre in azione per alimentare incidenti. La battaglia di Valle Giulia può essere definita il momento in cui si passa dalla fase di preparazione psicologica a quella della strategia della tensione”[3].

Valle Giulia, 1 marzo 1968

“Arrivarono quindi i fatti del 1° marzo a Valle Giulia e la strategia proseguì per tutto l’anno, infiammando le piazze dove studenti e operai protestano. Sono gli stessi personaggi in contatto con Delle Chiaie che continueranno ad apparire in ogni manifestazione, costituendo l’elemento catalizzatore della violenza. Il sempre presente Merlino, a capo del circolo XXII marzo, partecipò davanti all’ambasciata francese a un sit-in di protesta del movimento studentesco romano, volantinando uno scritto che diceva: «Rifarsi alle punte più avanzate: Daniel Cohen [sic[4]] Bendit e gli arrabbiati di Nanterre». Con Merlino c’erano Delle Chiaie, Di Luia, Facchinetti e l’ex parà e legionario Buffa. Mentre la polizia disperdeva gli studenti, quel gruppetto contribuì a far salire la tensione bruciando con le molotov due auto in sosta. Si trattò dei primi infiltrati nel movimento, al servizio di apparati coperti dello stato. Merlino lo ritroveremo, come filo conduttore, fino alla strage di piazza Fontana. Sarà lui a far scatenare le cariche della polizia il giorno della visita di Nixon a Roma lanciando una bottiglia molotov contro la vetrina del negozio Minnesota. Lo stesso ruolo di provocazione lo svolgerà in altre manifestazioni di piazza a Roma e in quella degli operai a Battipaglia. Poi, diventato ormai troppo noto, dovrà continuare la sua opera tra gli anarchici, presentando ai soci del circolo 22 marzo anche un altro uomo di Delle Chiaie, Pio D’auria”[5].

Moise Tshombé

“La tattica del disordine pubblico, comunque proseguiva con ottimi risultati. Il 10 dicembre 1964, a reprimere i moti di piazza, ci pensarono le squadre speciali comandate dal vicequestore Emilio Santillo e gruppi di picchiatori di Ordine nuovo e Avanguardia nazionale. Quella volta la «piazza» protestava contro la visita in Italia di Moise Ciombé, capo del reazionario governo del Congo, assassino per conto della Cia del leader rivoluzionario Patrice Lumumba. Ciombé, ex mercenario dell’Union Miniere belga, che aveva avallato l’illegale secessione del Katanga, era giunto a Roma su invito di Paolo VI. Accanto ai poliziotti c’erano i fascisti armati con gli stessi manganelli neri della polizia. Uno dei più attivi era Mario Merlino, impegnato nell’indicare alla polizia gli studenti da inseguire e manganellare[6].

[2] Edizioni Associate, Roma, 1991.
[3] Pp. 113-114.
[4] Il nome corretto è Cohn Bendit
[5] P. 116.
[6] P. 48.

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