I campi dell’Aktion Reinhardt: l’insostenibile narrativa ufficiale

I campi dell’Aktion Reinhardt: l’insostenibile narrativa ufficiale

Odilo Globocnik nel 1938
GASARE, BRUCIARE E SEPPELLIRE: LE RELATIVE CAPACITÀ ATTRIBUITE AI CAMPI DELL’AKTION REINHARDT
Di Thomas Dalton[1]
Mettiamo il caso, parlando in via ipotetica, che qualcuno voglia progettare e attuare un procedimento sistematico per lo sterminio di centinaia di migliaia di persone, in un periodo di tempo breve, utilizzando gas venefico. Come potrebbe riuscirvi? Questo è il problema che deve essersi presentato a certi individui di alto rango del regime nazista, verso la fine del 1941 – se dobbiamo credere alla versione convenzionale dell’Olocausto.
O forse fu molto tempo prima. In realtà, i media occidentali riferivano da diversi anni prima che i tedeschi volevano “sterminare” gli ebrei. Il 16 agosto 1933, il New York Times scrisse che “600.000 [ebrei] in Germania hanno la prospettiva di uno sterminio certo (p. 11)”. Tre anni dopo quello stesso giornale dibatteva una petizione che condannava le “intollerabili sofferenze di milioni di ebrei nell’olocausto europeo”, e chiedeva “misure energiche per salvare questi milioni di sventurati dalla totale distruzione” (31 maggio 1936; p. 14). Nel 1938, il London Times scrisse della “terribile persecuzione degli ebrei in Germania”, rimarcando che la Germania era “un paese che sembrava disposto…a sterminare una parte della sua popolazione” (14 dicembre; p. 11). Nel giugno del 1940, il New York Times riferì che “sei milioni di ebrei sono destinati alla distruzione”, e che essi erano di fronte al “pericolo della distruzione fisica” (25 giugno; p. 4). Dico subito che, nonostante tali dicerie, non abbiamo prove chiare che né Hitler né nessun altro dei nazisti al vertice cercassero di uccidere milioni di ebrei; sembra invece che il loro piano fosse la deportazione e l’espulsione, assieme a vaste misure di lavori forzati.
Ma presupponendo che essi volessero lo sterminio fisico, prendiamo in considerazione la prospettiva di qualche sconosciuto individuo di medio livello delle SS a cui era stato dato il compito di progettare uno schema rapido ed efficiente di sterminio. Probabilmente, costui si trovava ad operare a Lublino, e faceva riferimento a Odilo Globocnik, quando nell’ottobre 1941 arrivò da Himmler l’”ordine verbale” di mettere a punto un tale sistema. Il nostro amico deve essersi trovato in un terribile pasticcio: come ci ricorda Raul Hilberg, non c’era né un piano né un budget per una tale attività[2]. Né c’era alcun ordine scritto, da parte di Himmler, Goebbels, Hitler, o di qualsiasi altro. A quanto pare, gli era semplicemente stato detto di “farlo succedere”, o qualcosa del genere (chiunque abbia mai lavorato in un grande apparato burocratico può sicuramente capire la situazione del poveruomo).
Alla fine del 1941, il Reich aveva visto un enorme aumento del numero di ebrei sotto il suo controllo. Ad un certo punto degli anni ’30, vivevano nella Germania vera e propria 600.000 ebrei, sebbene con l’avvento di Hitler ne fuggivano a migliaia ogni anno. Con l’Anschluss dell’Austria nel marzo del 1938, ne entrarono nel Reich altri 200.000 – ma anche molti di questi fuggirono. Tutto ciò non era certo motivo di preoccupazione per la classe dirigente nazista; loro non desideravano maggiormente che mandare via gli ebrei. Fu a questo punto, in realtà, che vennero fuori i primi piani concreti per espellerli. Goebbels scrisse nel suo diario dell’11 aprile che “Il Führer vuole gli ebrei totalmente cacciati dalla Germania. In Madagascar, o in qualche altro posto. Giusto!”[3].     
Con la rapida presa di possesso tedesca della Polonia nel settembre 1939, altri 1.700.000 ebrei finirono sotto il controllo nazista. Insieme ai circa 250.000 che ancora vivevano in Germania e in Austria, il totale arrivava a circa 2 milioni. Vennero fatti circolare alcuni progetti su come affrontare il crescente problema ebraico, inclusi il progetto Nisko (per una riserva ebraica in Polonia), la deportazione di massa o la ghettizzazione, e il piano Madagascar.
Mentre si formava l’alleanza dell’Asse e la guerra si allargava, i tedeschi conquistarono ulteriori territori (i Paesi Bassi, all’inizio di maggio 1940, la Francia, alla metà di giugno) insieme a migliaia di altri ebrei. Longerich riferisce (2010: 163-164) che le stime interne allora effettuate crebbero da 3.25 milioni alla fine di giugno, a 4 milioni alla metà di agosto, fino a circa 6 milioni (!) alla fine del 1940. E così, nel 1941, la classe dirigente nazista si ritrovò con il problema rappresentato da 6 milioni di ebrei[4].
Di questo totale, circa un terzo – per la precisione: 2.284.000 – risiedeva nei cinque distretti della Polonia conosciuti come Governatorato Generale[5]. Secondo la storiografia ortodossa, Globocnik e la sua squadra vennero incaricati di “sterminarli”. Questo piano è stato chiamato Aktion Reinhardt (AR) da coloro che sostengono tale tesi, e secondo costoro riguardò principalmente la costruzione di tre campi nella Polonia sudorientale: Belzec, Sobibor e Treblinka. Se dobbiamo credere al Museo Americano dell’Olocausto, essi alla fine riuscirono ad uccidere 1.700.000 persone nell’arco di circa 18 mesi[6].
Ma torniamo al nostro sfortunato uomo delle SS. Quando fosse arrivato nell’ottobre 1941 l’ordine verbale, egli avrebbe immediatamente iniziato dei piani per costruire le installazioni di sterminio. Così, cerchiamo di ricostruire il suo percorso mentale. Al nostro uomo viene dato l’ordine vago di uccidere sistematicamente, per poi smaltire, oltre 2 milioni di persone in un certo breve (ma non precisato) periodo di tempo. Diciamo che il tempo assegnatogli quadrava con la durata reale – i 18 mesi – in cui i campi furono operativi, e che lui stimasse di uccidere queste persone in un anno e mezzo. Così doveva progettare un sistema per uccidere, in totale, qualcosa come 130.000 ebrei al mese, o circa 4.200 al giorno, per 18 mesi giusti (inverno incluso, naturalmente).
Dei molti metodi di uccisione a lui disponibili (arma da fuoco, annegamento, soffocamento, assideramento ecc.), il nostro uomo decide inspiegabilmente di gasarli con il monossido di carbonio delle esalazioni di motori diesel. Tralascio qui tutte le assurdità di questo metodo[7], e ipotizzo in via puramente teorica che [tale metodo] potesse funzionare, e che potesse uccidere locali pieni di persone, nel giro di, diciamo, 30 minuti.   
Progettare un solo grande campo di sterminio sarebbe in qualche modo rischioso, così supponiamo che lui decida per due campi – buoni per avere una struttura di supporto, in caso di bisogno. Probabilmente, entrambi avrebbero una conformazione simile, e ognuno sarebbe destinato a gestire metà del compito, vale a dire, circa 2.100 persone al giorno. Così, egli progetta una struttura standard di gasazione a monossido di carbonio: un edificio con tre camere, ognuna, diciamo, di metri 4×5. Supponendo (prudenzialmente) 5 persone per metro quadro, ogni camera poteva gasare 100 persone; così, 3 camere possono gestire 300 persone alla volta.
Allora il nostro uomo calcola un ciclo temporale di due ore – 30 minuti per caricare (simultaneamente) le tre camere, 30 per la gasazione, e un’ora per rimuovere i 300 corpi. Lo sgombero sarebbe relativamente facile: nessun velenoso Zyklon B nelle vicinanze, niente maschere antigas, solo aprire le porte e trascinare via i cadaveri. Calcolando sette di tali cicli al giorno – una giornata di lavoro di 14 ore circa, si ottiene il desiderato tasso giornaliero di 2.100. È uno schema perfetto: due semplici campi costruiti in località remote lungo linee ferroviarie, nessun altra struttura richiesta, il lavoro fatto in un anno e mezzo.
Ah, aspettate…ancora una cosa: lo smaltimento dei cadaveri. Duemila cadaveri al giorno sono tanti. Richiederebbero diversi acri di fosse comuni per contenerli tutti, e anche questo nasconderebbe le prove, ma non le distruggerebbe. Meglio costruire convenienti, e capienti, crematori. Sapendo che ci vuole un’ora per cremare completamente, fino alle ceneri, un corpo, il nostro progettista avrebbe bisogno di 100 muffole (camere di cremazione), che operino 20 ore al giorno, per gestire il carico. Prendiamo Auschwitz. Lì i crematori più grandi – i Krema II e III – avevano ognuno 15 muffole. Così, il nostro uomo ha bisogno dell’equivalente di sette crematori come il Krema II per eseguire il lavoro. In ognuno dei campi. E di coke per alimentarli. Ciò per quanto riguarda l’affermazione “nessun budget, nessun progetto”.
*****
Sono tutte ipotesi, ma secondo la versione tradizionalista della storia, deve essere accaduto qualcosa del genere. Confrontiamo ora tutto ciò con i “fatti” così come sono presentati dagli esperti.
Belzec viene, presuntamente, concepita come abbiamo ipotizzato: un edificio con tre camere. Le dimensioni delle camere, tuttavia, sono controverse – o 12 o 32 metri quadri per camera, a seconda dei testimoni. L’ortodossia sostiene che i tedeschi potevano stipare 10 persone per metro quadro, riuscendo così a gasare o 360 o 960 persone per ogni ciclo. Con un ciclo di due ore, e operando 24 ore su 24 – come asseriscono gli esperti – Belzec poteva così uccidere fino a 4.320 (o 11.520) persone al giorno.
Sobibor venne progettato in modo molto simile, tranne il fatto che – per qualche ragione sconosciuta – le tre camere erano ognuna di 16 metri quadri. Con calcoli analoghi, il campo poteva uccidere 5.760 persone al giorno.
I due campi messi assieme, allora, producevano 10.000 (o 17.300) morti al giorno, al massimo.
Confrontate questi numeri con il detto compito: una cifra combinata di 4.200 cadaveri al giorno. Un’esagerazione, potreste dire. O forse il nostro uomo era solo prudente. Dopo tutto, le camere a gas sono poco costose. Tuttavia, siamo rimasti finora nell’ambito del possibile.
Ma esaminiamo quest’altro assillante problema: quello dello smaltimento dei cadaveri. Secondo i testimoni, né Belzec né Sobibor avevano neppure un crematorio. Decisero invece la soluzione delle sepolture di massa: per nove mesi pieni nel primo dei due campi, per cinque nel secondo. Poi, cambiarono idea, e decisero di riesumare e bruciare, all’aperto, tutti i cadaveri seppelliti – con una media di oltre 3.000 corpi al giorno. L’incoerenza di tutto ciò parla da sé[8].
Così, a condizione di ignorare il problema (insormontabile) dello smaltimento, i due campi nelle loro (presunte) configurazioni iniziali, sembrano poter facilmente assolvere il compito. La loro capacità è del 200-400% superiore a quella richiesta per fare il lavoro in 18 mesi. Tutto ciò suggerisce che i nazisti avrebbero avuto la possibilità di accelerare le cose, di ultimare il raccapricciante progetto in nove mesi, o forse persino in sei, se la situazione lo avesse richiesto.
Ma le cose presero una svolta bizzarra solo pochi mesi dopo. Piuttosto che affrontare l’enorme problema dello smaltimento, Globocnik e la sua squadra presero invece due decisioni inspiegabili: (1) aumentarono la capacità di gasazione di entrambi i campi, e (2) decisero di costruire un terzo campo (Treblinka), di eguale capacità (tre camere), sempre però senza capacità di smaltimento.
L’assurdità di questa situazione è difficile da sottovalutare. La decisione di costruire Treblinka fu presa probabilmente in marzo o aprile (la costruzione iniziò in maggio), e la decisione di raddoppiare il numero delle camere di Belzec arrivò poco dopo[9]; lì, nel giugno del 1942, furono in funzione sei camere. E appena un mese più tardi, forse in luglio, la squadra di nazisti optò per raddoppiare le camere di Sobibor e, nello stesso tempo, per arrivare a sei (o forse a 10, dipende dai testimoni) camere di dimensioni doppie a Treblinka – che aveva appena iniziato a essere operativa.
Così, a settembre la situazione delle gasazioni era davvero sconcertante. Supponendo un’attività di 24 ore su 24, Belzec avrebbe potuto gasare 14.000 persone al giorno (se il lettore pensa che stia esagerando, consideri questa affermazione dell’Holocaust Encyclopedia del 2001, a p. 178: “Belzec fu il primo campo a essere dotato di camere a gas permanenti, che avevano la capacità di uccidere 15.000 persone al giorno”), Sobibor, 11.500. e Treblinka, supponendo solo le sei grandi camere (32 metri quadri), una sbalorditiva media giornaliera di 23.000. La somma totale: 49.000 gasazioni al giorno, massima capacità. Al mese, tutto ciò arriva a quasi 1.500.000. E tutto questo senza neanche una muffola.
Ricordiamo, ancora una volta, il compito da assolvere: 4.200 [cadaveri] al giorno, o 130.000 al mese. Con il tasso suddetto, l’intero Governatorato Generale sarebbe stato svuotato di ebrei in 6 settimane, e l’intera zona di influenza del Reich – i 6 milioni – liquidata in quattro mesi[10].
Due ulteriori punti: primo, anche se i numeri suddetti vengono ridotti, non cambia l’assurdità della situazione. Ad esempio, se noi calcoliamo un abbondante ciclo temporale di 3 ore, e solo sei cicli al giorno, nel settembre 1942 la capacità combinata sarebbe stata ancora di quasi 25.000 [cadaveri] al giorno, o di circa 730.000 al mese – più di cinque volte la capacità richiesta.
Secondo: se noi confrontiamo le capacità con le (presunte) gasazioni effettive, il livello di esagerazione diventa sempre più evidente.
  • Belzec ebbe un picco mensile di gasazioni (agosto 1942), in cui vennero liquidate 4.300 persone al giorno; in tutti gli altri mesi non si superarono mai le 2.700 unità giornaliere. E tuttavia la sua capacità era di oltre 14.000 al giorno.
  • Il picco delle gasazioni di Sobibor vi fu proprio all’inizio, durante la fase delle sue tre camere, quando raggiunse un picco di 670 gasati al giorno – contro la sua capacità iniziale di 5.760. Dopo l’ampliamento a sei camere, la gasazione effettiva cadde sotto i 400 al giorno, pur se la capacità aumentò a 11.500.
  • A Treblinka, la capacità giornaliera di 23.000 (o di 38.400, supponendo 10 camere) è paragonabile a una cifra “effettiva” media di 4.900 al giorno nei primi quattro mesi di operazioni. Ma durante il 1943, le cifre giornaliere non superarono mai il numero di 1.000: un mero 3-4% della capacità.
Tutto ciò comporta una ben misera pianificazione da parte della squadra di Globocnik – per non parlare della stupenda svista di non avere nessun piano per lo smaltimento dei corpi. Supponendo, cioè, che fossero vincolati allo sterminio.
È più probabile, naturalmente, che i tre campi furono installazioni di disinfestazione e strutture di transito. Essi sarebbero stati costruiti per disinfestare e ospitare temporaneamente gli ebrei e altri coscritti ai lavori forzati che erano in viaggio verso i campi di reinsediamento o i ghetti nei territori sovietici conquistati ancora più a est. Le “camere a gas” citate dai testimoni sarebbero state sia vere docce, o camere di disinfestazione per vestiti e biancheria. Ci si poteva aspettare solo un piccolo numero di morti accidentali, e così non c’era bisogno di piani per grandi quantità di corpi da smaltire – per quanto il numero reale potesse aver superato quelli previsti.
Proprio come ad Auschwitz, i campi dell’Aktion Reinhardt ebbero un’incredibile super-capacità di “camere a gas”, e un’incredibile sotto-capacità di crematori (o di altri piani appropriati di smaltimento). Nessuno avrebbe pianificato in modo intenzionale un tale schema. Così, vi sono tante più ragioni per sospettare che qualcosa nella narrativa convenzionale sia davvero sbagliata.
Fonti
Berg, F. 2003. “Diesel Gas Chamber: Ideal for Torture, Absurd for Murder” [La camera a gas diesel: ideale per torturare, assurda per uccidere]. In Germar Rudolf (curatore), Dissecting the Holocaust [Esaminare l’Olocausto].
Dalton, T. 2009. Debating the Holocaust: A New Look at Both Sides [Discutere l’Olocausto: un nuovo sguardo a entrambe le parti]. Theses and Dissertation Press.
Dalton, T. 2010. “Goebbels on the Jews”. Inconvenient History, vol. 2, n°1.
Graf, J., Kues, T., e Mattogno, C. 2010. Sobibor: Holocaust Propaganda and Reality. TBR Books.
Hilberg, Raul. 2003. The Destruction of the European Jews. Yale University Press.
Longerich, P. 2010. Holocaust: the Nazi Persecution and Murder of the Jews [Olocausto: la persecuzione e l’omicidio nazista degli ebrei]. Oxford University Press.
Piper, F. 1994. “Gas chambers and crematoria”. In Gutman and Berenbaum (curatori), Anatomy of the Auschwitz Death Camp [Anatomia del campo della morte di Auschwitz].

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://www.inconvenienthistory.com/archive/2011/volume_3/number_1/gassing_burning_and_burying.php
[2] “Quello che iniziò nel 1941 fu un processo di distruzione non progettato in anticipo, non organizzato a livello centrale da nessuna agenzia. Non c’erano piani né budget per misure distruttive” (New York Newsday, 23 febbraio 1983; Parte II, p. 3). E ancora: “Il processo di distruzione…non prese il via, tuttavia, da un progetto di base….Il processo di distruzione fu un’operazione attuata passo a passo, e l’amministratore poteva raramente provvedere a più di un passo alla volta” (The Destruction of the European Jews [La distruzione degli ebrei europei], 2003; pp. 50-51.
[3] Per molti altri esempi del genere dal suo diario, vedi il mio articolo “Goebbels on the Jews” [Goebbels sugli ebrei] (Dalton, 2010).
[4] Il numero esatto degli ebrei sotto l’influenza tedesca è molto difficile da confermare. Come nota Longerich, la cifra dei ‘sei milioni’ deve avere incluso tutti i territori alleati, le regioni coloniali e così via. È significativo il fatto che esso non includeva nessun ebreo russo, poiché quell’offensiva non iniziò fino al giugno 1941. A quanto pare, allora, al picco rappresentato dall’inizio del 1942, i tedeschi devono avere avuto accesso a 7 milioni di ebrei o anche più.
[5] Secondo la versione tedesca dell’Encyclopedia of the Holocaust; vedi la citazione in Graf e altri (2010: 244).
[6] Sito web del US Holocaust Memorial Museum, enciclopedia in rete, voce “Operation Reinhard”. Proprio come i tre campi erano effettivamente veri, anche l’Aktion Reinhardt era vera. Essa prese il nome da Fritz Reinhardt, Staatssekretär del Ministero delle Finanze, che organizzò l’amministrazione e la logistica della raccolta degli averi delle persone deportate e le trasmise al Ministero delle Finanze affinché venissero utilizzati a beneficio del Reich. In quanto i tre campi erano “centri di raccolta” per i lavori forzati e per i programmi di reinsediamento [degli ebrei deportati] gran parte dell’Aktion Reinhardt venne in realtà condotta in questi campi, ed essi potevano essere stati in un certo qual modo progettati e costruiti per tale scopo.
[7] Vi sono molti problemi a questo riguardo, inclusi: (1) i motori diesel producono concentrazioni molto basse di monossido di carbonio; (2) c’erano fonti molto più semplici ed economiche di CO che motori di qualunque genere, e che producevano concentrazioni più alte; (3) è difficile pompare gas di scarico in un volume chiuso (stanza); (4) non ci sono prove forensi che confermino il fatto che tale metodo sia stato applicato. Vedi Berg (2003) per i dettagli.
[8] Per una dettagliata spiegazione dei problemi posti dalle cremazioni all’aperto, vedi il mio libro Debating the Holocaust [Discutere l’Olocausto] (Dalton 2009), pp. 140-144.
[9] L’aumento reale della capacità, in base all’area di superficie, equivaleva a un fattore o di 3.3 (presupponendo le tre camere originali più piccole) o di 1.25 (rispetto a quelle più grandi). Ulteriore anomalia: ci viene detto che le tre camere originali di Belzec vennero smantellate; perché non lasciarle sul posto, insieme alle nuove camere, se era davvero richiesta una maggiore capacità? 
[10] Sebbene, naturalmente, all’epoca dell’espansione nell’autunno 1942, un milione di ebrei russi fosse stato già fucilato, e un altro milione ucciso nei campi e nei ghetti, in base al resoconto tradizionale. Così, non ci sarebbero stati 6 milioni attorno da gasare.
2 Comments
  1. Sei un grande Andrea, veramente un cercatore di verità.

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  2. grazie 🙂

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