Don Ennio Innocenti: il profetismo biblico-cristiano

Don Ennio Innocenti: il profetismo biblico-cristiano

Con il seguente articolo, don Ennio Innocenti – uno dei più importanti scrittori cattolici contemporanei – inizia la propria collaborazione a questo blog.

IL PROFETISMO BIBLICO-CRISTIANO

di Don Ennio Innocenti, Giugno 2010

Dappertutto si nota la prevalenza di miti naturalistici, con intreccio di cosmogenesi e teogenesi, implicanti le idee fondamentali di degrado, caduta, ciclo perenne, perenne contrasto, proliferazioni di divinità particolaristiche.
Le grandi civiltà (dalla Cina all’Egitto) organizzano le scienze del linguaggio, dei riti (alchemici e divinatori), delle costellazioni del cielo, delle leggi sociali, ma la cosmovisione non si libera dallo schiavizzante ciclo dell’eterno ritorno, anche se compaiono importanti tendenze monoteistiche.
Dalla regione centrale di Ur, Abramo, un riflessivo pastore, in grande disagio spirituale, si muove con la sua grande carovana verso occidente, affrontando impreviste difficoltà e incontrando poi a Salem, in Palestina, un re sacerdote che lo benedice in nome del Dio Altissimo, cui Abramo rende omaggio. Abramo si spinge fino in Egitto, ma ritorna deluso sui suoi passi in Palestina, quietandosi nel colloquio col Dio Assoluto, padrone del Cielo, della vita e della storia, che gli promette una posterità immensa e universale.
I posteri di Abramo, gli Ebrei, però si radicano per secoli in Egitto assorbendone largamente la umiliante cosmovisione, finché una straordinaria rivelazione convince un ebreo-egizio, Mosè, di mettersi alla guida di una rinascita della sua gente che, di fatto, riacquista coscienza della propria vicendevole solidarietà etnica, storica e religiosa nel culto di Dio trascendente, creatore, presente nella vita degli uomini e padre di chi a lui si affida.
In nome del Dio comunitariamente accettato, Mosè conduce con asprezza la sua gente incostante, che riesce a farsi largo tra popoli decadenti; dopo di lui, la necessità di organizzarsi, per far fronte a minacce mortali, induce le tribù mosaiche, guidate da sacerdoti che garantivano il culto, ad assumere modelli politici contaminati da presupposti ed usanze naturalistici e politeistici, deviando dal Patto con Dio. L’ultima guida sacerdotale, Samuele, istituisce una monarchia che subito si dimostra disarmonica con la fondamentale esigenza religiosa di salvaguardare il Dio Unico, sigillo dell’identità e della missione storica del popolo uscito dall’Egitto.
Ne segue una serie di re, sempre in crisi, sempre in tensione con le coscienze religiose più illuminate, incapaci di mantenere unito il regno, divisosi tra Giuda e Samaria, conseguentemente di affermarne l’autonomia e, finalmente, di impedirne la distruzione (Samaria nel 721, Giuda nel 587).
Tuttavia, la luce divina delle coscienze più religiose mai cessò, anche dopo la distruzione del regno, di indicare la via all’autentica liberazione e missione che trovò finalmente verifica in Gesù e nella corrente storica da lui originata, pervasiva ormai di tutte le regioni della terra, sebbene in perenne tensione tra salvaguardia della verità fondamentale e compromessi temporalistici ed idolatrici.
Racconteremo brevemente queste tensioni, sia prima di Gesù, sia dopo di lui.

Prima di Gesù

L’istituzione monarchica ebraica durò circa cinque secoli; il popolo ebraico sopravvisse successivamente sotto dominio straniero: romano, il dominio, quando nacque Gesù.
Il primo re, Saul, regnò dal 1050 al 1012; il secondo fu David (+971), il terzo Salomone (+930). Dopo di lui il regno si scisse (Giuda e Israele): nella seguente tabella viene mostrata la successione dei re nei due rispettivi regni.

Re di Giuda                 Re di Israele
Roboam   929-913        Ieoroboam I  929-909
Abia         912-910        Nadab          909-908
Asa          910-870        Baasa            908-885
Iosafat      870-849        Ela                885-884
Ioram       849-842        Zimri             884
Ochozia    842               Omri             884-873
Athalia      842-836       Achab           873-854
Ioas          836-797       Ochozia         854-853
Amasia     797-789        Ioram            853-842
Azaria      789-738        Ichu               842-815
Iotam       738-736        Ioachaz          814-798
Achaz      736-721        Ioas               798-783
Ezechia    721-693        Ieroboam II   783-743
Manasse  693-639        Zacharia        743
Amon      639-638        Sellum           743
Iosia        638-609        Menahem      742-738
Ioachaz   609                Faceia           738-737
Ioaqim    609-598         Facce           737-732
Ioakin     598                Osea             732-724
Sedecia  598-587         Caduta di Samaria 721
Caduta di Gerusalemme 587

Durante questi secoli non mancarono mai grandi personalità religiose che, al di fuori dei ranghi sacerdotali (sempre compromessi col potere politico) e quasi calcando le orme del più grande di essi, Elia, richiamarono re e popolazioni all’osservanza del patto fondamentale col Dio Unico, Creatore dell’universo e Dominatore così dell’essere come della storia, ora minacciando la punizione divina (perché la missione accettata di liberazione universale doveva assolutamente essere compiuta), ora incoraggiando le residue buone volontà con promesse consolatorie d’imminente verifica.
Alcuni di questi predicatori (chiamati profeti) annunciavano senza scrivere (per quanto ne sappiamo), altri invece scrivevano (e di vari conserviamo gli scritti).
I profeti si susseguono senza interruzione, quale ministero costante: (I Sam. 3,1; in tal senso Act. 3,24; Hebr. 11,32). Sotto David, Gad (I Sam. 22,5 ecc.) e Nathan (II Sam. 7,2 ecc); sotto Salomone, Ahias (I Reg. 11,29 ecc.); sotto Roboamo, Semeia (ibid. 12,22 ecc.); Addo, (II Par. 12,25); un “uomo di Dio”, sotto Ieroboam (I Reg. 13); Iehu, sotto Bassa (ibid. 16,1); Hanani, sotto Asa (II Par. 19,2; 20,14; 37); Elia (v.); Michea, figlio di Iemia, (I Reg. 22); Eliseo, (v.); Giona, sotto Ieroboam II, (II Reg. 14,25). Seguono i profeti dei quali possediamo gli scritti (profeti scrittori, a differenza dei precedenti detti profeti d’azione), in ordine cronologico: Amos, Osea, Isaia, Michea, Nahum, Sofonia, Abacuc, Geremia, Baruc (a parte, sotto Iosia, la profetessa Holda: II Reg. 22, 14-20); durante l’esilio babilonese: Ezechiele, Daniele; dopo il ritorno dall’esilio: Aggeo, Zaccaria, Abdia, Gioele, Malachia, Giona.
Ma anche dopo l’esilio, ritornati che furono gli esuli, si succedono vari profeti scrittori, alcuni rimasti anonimi, come il cosiddetto Deuteroisaia, l’autore del libro della Sapienza, il compositore del Cantico dei Cantici, tutti e tre direttamente preparatori della rivelazione proclamata da Gesù.
E’ d’importanza capitale cogliere il senso essenziale e continuo della predicazione profetica. Abramo si era quietato in un affidamento totale al Dio unico e paterno; Mosè aveva fatto la straordinaria scoperta del nome di Dio e, sperimentata la sua provvidenziale presenza, aveva proposto alla sua gente avvilita un patto col Dio: diventare per sempre il suo Popolo tra tutti i popoli. L’infedeltà costante da parte degli Ebrei a questo infrangibile patto, liberamente sancito, è la ragione della predicazione profetica.
I profeti tentano di calare il patto nelle coscienze confuse e inquinate degli Ebrei in modo che ognuno senta il Dio Unico vicino, presente, inevitabile, prezioso.
Essi mirano, non solo alle politiche e alle leggi, per renderle coerenti col Patto, ma proprio alle virtù personali, al colloquio personale con Dio, alla liberazione della coscienza personale dalla schiavitù delle passioni disordinate oltre che dalle schiavizzanti superstizioni.
Vorrebbero, perfino, almeno alcuni, che gli Ebrei fossero caritatevoli e non solo verso i vicini, ma anche verso i lontani, essendo il Dio Unico Creatore misericordioso per tutti.
Essi devono prendere atto che il popolo ebreo non si lascia educare e, finita l’autonomia politica, che il proseguimento necessario della sacra missione pattuita deve essere realizzato in una edizione non già politica e collettiva, ma spirituale e personale.
Essi parlano sempre più chiaramente di una persona specialissima, l’Eletto che impersonerà lo Spirito Divino e diventerà pastore di popoli, il Servo che si addosserà le colpe di tutti e realizzerà il culto perfetto e universale.
Essi prevedono che il Servo Eletto realizzerà l’auspicio che il re-sacerdote di Salem pronunciò su Abramo, ma verrà ucciso, senza peraltro venir meno, dominando la storia. Uno dei salmi descrive la sua crocifissione; il libro della Sapienza prevede che proprio avventandosi contro di lui il disegno divino rifulgerà in lui.
L’esempio della carità perfetta, indovinato nei simboli matrimoniali del profeta Osea, è celebrato nel Cantico dei Cantici, il quale assicura che l’Amore si dimostrerà più forte della morte.
Tutte queste caratterizzazioni diventavano meglio comprensibili se attribuite a una sola persona fisica, senz’altro misteriosa, ma sussisteva l’incertezza, pensando non pochi che tale sublime missione potesse essere compiuta dal popolo ebreo divenuto docile strumento divino, finché Gesù dimostrò che le profezie si adempivano proprio in Lui personalmente rifiutato, odiato e voluto crudelmente morto dai guardiani della vigna ebraica.

Dopo Gesù

Gesù, riconosciuto come l’Eletto Agnello di Dio dal Battezzatore del Giordano, mostrò ai discepoli che Mosè ed Elia davano per certo il sacrificio che lo attendeva; Egli stesso richiamò la profezia di Daniele davanti al Sinedrio che lo giudicò reo di morte. Risorto, come aveva predetto, spiegò la necessità della sua sofferenza e indicò a Pietro analogo cammino.
Gli Apostoli evangelizzarono in tutte le direzioni, ma il messaggio autentico non poteva certo essere subito assimilato dalla dirigenza ecclesiastica dappertutto costituita, sicché non fa meraviglia che si sia presto profilata una tensione fra i nuovi profeti cristiani e la nuova dirigenza, la quale procedette ad un controllo tendenzialmente repressivo che si completò nel III secolo.
La tensione provocata dai profeti cristiani accompagnò peraltro l’evangelizzazione e l’impianto ecclesiastico in ogni secolo e si accentuò nel secondo millennio, soprattutto per iniziativa di mistici, in reazione al temporalismo ecclesiastico.
In questo lungo cammino si nota una costante presenza profetica della Madre di Gesù, caratterizzata da soave persuasività materna per gli umili e i popoli, da efficace protezione e da potente incoraggiamento: migliaia di santuari mariani (mille solo in Italia) ne raccontano i fasti.
In età moderna questa speciale presenza profetica mariana spicca nel processo di liberazione dei cristiani europei dalla minaccia mussulmana, nel processo di liberazione dei popoli americani da sanguinarie manifestazioni idolatriche, nel processo di liberazione mondiale dall’oppressione comunista. Specialmente in quest’ultimo bisecolare processo la Madre di Gesù si è dimostrata molto critica nei confronti della dirigenza ecclesiastica. Cominciò con moniti penitenziali generali in apparizioni francesi (giungendo a denunciare ultimativamente a La Salette che Roma era diventata una cloaca), per poi mostrare il fallimento generalizzato della pastorale moderna con le terrificanti e incombenti visioni dell’inferno, prospettiva, questa, già predetta da Gesù in termini apocalittici.
L’Alta Profetessa indicò il rimedio, annunciò scadenze, minacciò punizioni (condizionate al rifiuto delle inequivocabili richieste), precisò Essa stessa le responsabilità decisive del Pontefice Romano, promotore dell’autentica fede vissuta dai credenti.
I Papi, prigionieri di una rete di rapporti ecclesiastici e politici, non hanno aderito alle richieste della Profetessa, adducendo una serie di ragioni, e vari di essi hanno mostrato timore di essere coinvolti nella prevista punizione (specie Giovanni Paolo I e Giovanni Paolo II). Questa consiste in uno scatenamento generalizzato dell’odio persecutorio fino all’assassinio, compiuto con barbara violenza, dello stesso Pontefice Romano.
Analogamente alle punizioni annunciate dai profeti dell’Antico Testamento, anche la punizione ora prevedibile come imminente (non a caso il Capo del Governo italiano ha dichiarato che negli ultimi tempi le minacce contro il Papa si sono moltiplicate) non è l’ultima parola del celeste messaggio.
Alla profezia di Daniele che vede l’assassinio del Divino Messaggero, segue la redenzione dell’umanità.
Alla profezia di Cristo, che vede l’annientamento della fatidica città di Salem, segue l’evangelizzazione mondiale.
Alla profezia di Fatima, che vede culminare la persecuzione d’una Chiesa storica disobbediente nell’assassinio del Pontefice Romano, segue la promessa d’un trionfo mistico e d’un periodo di pace.

One Comment
  1. Dear Mr. Carancini,

    I am very interested in Fr. Innocenti's work, and have many questions about the same. However, I think it would be best for me to ask these in a private email. Could you please reply to this comment, so that I can then respond privately? Thank you very much.

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