Il terrorismo dei coloni di Hebron

Il terrorismo dei coloni di Hebron

I NEW YORK METS E IL BUSINESS DEL TERRORISMO

Di Aaron Levitt, The Electronic Intifada, 20 Novembre 2009[1]

Quando ho saputo la prima volta che i New York Mets[2] stavano tenendo una raccolta di fondi per il – non profit – Hebron Fund al Citi Field[3], a sostegno dei coloni israeliani della città di Hebron nella Cisgiordania occupata, avevo sinceramente pensato che fosse uno scherzo, per quanto scadente. Quando ho capito che si trattava di un evento reale e programmato, ancora quasi non ci riuscivo a credere. Questo perché, a parte l’impatto devastante dell’espansione degli insediamenti sulle prospettive di pace della regione, avevo avuto la sventura di vedere, ripetutamente e direttamente, i frutti dell’azione dell’Hebron Fund.

Durante le estati del 2005 e del 2006, e molto brevemente nel 2008, passai diverse settimane a lavorare come osservatore dei diritti umani nel quartiere Tel Rumeida di Hebron, dimora delle colonie Beit Hadassah e Tel Rumeida sovvenzionate dall’Hebron Fund. All’epoca, mi imbattei in graffiti razzisti con affermazioni come: “Gasate gli arabi” e “Fatimah, stupreremo tutte le donne arabe”. Vidi ripetutamente coloni che gettavano pietre e zolle di terra contro bambine palestinesi mentre andavano alla scuola elementare; urlare insulti razzisti ai palestinesi che camminavano per le strade; dare spinte, calci e sputi ai bambini palestinesi (e in certi casi agli adulti) che si stavano tranquillamente facendo gli affari loro; e scagliare grandi pietre contro le case e i residenti palestinesi dai balconi della colonia.

Ho verificato questo comportamento da parte di uomini e donne, bambini e bambine, dai bambini di età prescolare agli adulti di mezza età. Io stesso sono stato aggredito, un giorno di Shabbat, da un gruppo di sei coloni adolescenti, quando mi frapposi tra loro e la loro vittima designata, un’anziana donna palestinese che era anche la madre orgogliosa di un pilota da combattimento della Marina americana (l’immagine del figlio che guarda il suo aereo stava in bella vista sulla parete del suo soggiorno). I giovani coloni passarono quindi ad aggredire la mia collega, una giovane donna scandinava che stava filmando l’aggressione dall’inizio. Ho sentito parlare e ho letto numerosi rapporti credibili, su violenze molto peggiori di quelle da me sperimentate personalmente, di altri osservatori dei diritti umani che sono stati in zona in periodi differenti e/o più lunghi.

I coloni di Hebron commettono queste violenze con l’espresso scopo di cacciare le famiglie palestinesi da Tel Rumeida, sito della Grotta di Machpelah, o Grotta dei Patriarchi, che è sacra sia per gli ebrei che per i musulmani. I capi dei coloni lo hanno detto in almeno un’intervista, e un giovane della colonia di Beit Hadassah me lo confermò di persona nel Settembre del 2006. Lo sforzo dei coloni è stato straordinariamente efficace: delle 600 e più famiglie palestinesi che vivevano originariamente nel quartiere, ne rimanevano probabilmente lì meno di 100 quando mi trovai lì nel 2008. Se i coloni continueranno ad avere campo libero e ampi finanziamenti, potremo presto aggiungere un nuovo capitolo di ultimata pulizia etnica alla storia travagliata di questa antica città.

Secondo il Codice americano, Titolo 22, Capitolo 38, S 2656f, il nostro paese definisce il terrorismo come una “violenza premeditata e politicamente motivata perpetrata contro obbiettivi non combattenti da parte di gruppi subnazionali o di agenti clandestini”. La violenza dei coloni di Hebron è certamente premeditata. E’, per loro stessa ammissione, politicamente motivata. E’ perpetrata solo contro obbiettivi non combattenti (soprattutto contro bambini), ed è ovviamente opera di un gruppo subnazionale – i coloni stessi.

Il business dei coloni di Hebron è il terrorismo, puro e semplice; non il quasi-terrorismo, il cripto-terrorismo, il neo-terrorismo o il terrorismo potenziale, o qualcosa di simile al terrorismo, ma proprio quella cosa. E il business dell’Hebron Fund è quella di finanziare il terrorismo. Questo non significa che tutti, o anche la maggior parte dei donatori sostengano coscientemente queste azioni; molti possono essere vittime innocenti ingannate dall’inoffensivo materiale pubblicitario del Fondo. Ma anche se lo staff del Fondo e i membri del suo direttivo cercano di mantenere una parvenza di rispettabilità, loro sono tutta un’altra cosa.

Quest’anno, la cena dell’Hebron Fund onorerà il colono e portavoce di Hebron Noam Arnon (la cui immagine viene presentata con altri “leader dell’Hebron Fund e della comunità di Hebron” sul sito web dell’Hebron Fund). Nel 1990, Arnon disse alla radio israeliana che tre militanti ebrei, condannati per le auto-bombe che uccisero tre palestinesi e mutilarono due sindaci palestinesi, erano “eroi” che avevano sacrificato sé stessi “per la sicurezza degli ebrei”. Nel 1995, Arnon venne ancora citato dall’Associated Press quando definì Baruch Goldstein, un altro colono che massacrò 29 palestinesi a Hebron mentre pregavano e ne ferì più di altri 100, una “persona straordinaria” cui era stata negata “la giustizia della storia”.

La cena del 2008 dell’Hebron Fund onorò il membro del direttivo Myrna Zisman, che accettò il premio a nome di Yifat Alkoby, una “donna straordinaria” che ricevette l’attenzione internazionale nel 2006 quando venne filmata mentre chiamava ripetutamente “puttane” una donna palestinese e le sue figlie, e diceva loro di stare nella loro “gabbia” mentre cercavano di rifugiarsi in casa, una casa munita di sbarre alle finestre per proteggersi dagli attacchi ricorrenti dei coloni.

Potrei dire qualcosa su come i Mets, in quanto amata istituzione di New York City, non dovrebbero concedere le loro strutture, o il loro nome, a queste attività, e questo è vero. Potrei dire qualcosa sulla straordinaria ironia di ospitare un evento del genere in cima alla Rotonda di Jackie Robinson[4], e anche questo è vero. Ma ciò che più conta è che nessuna squadra americana, nessuna attività americana e nessun individuo americano dovrebbe fornire sostegno al terrorismo, o aiutare quelli che lo forniscono. A meno che, e fino a quando, i Mets invertiranno la loro decisione terribilmente sconsiderata di ospitare questo evento, questo è precisamente quello che hanno scelto di fare.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile all’indirizzo: http://electronicintifada.net/v2/article10903.shtml
[2] Squadra di baseball.
[3] Stadio dei New York Mets
[4] L’ingresso principale del Citi Field, in onore del campione Jackie Robinson: http://it.wikipedia.org/wiki/Jackie_Robinson_(baseball)

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